Una Piccola Preziosa “Appendice” Di Un Album Comunque Bello. Blackberry Smoke – The Southern Ground Sessions

blackberry smoke southern ground sessions

Blackberry Smoke – The Southern Ground Sessions – 3 Legged Records/Thirty Tigers/Earache Records

I Southern Ground Studios sono a Nashville, una ex chiesa trasformata nel 1968 in studio di registrazione da Fred Foster, il fondatore della Monument Records, e acquistati poi da Zac Brown nel 2012 per farne il proprio quartier generale, oltre che una bellissima location dove incidere della musica “diversa” da quella dei soliti noti della Nashville più commerciale. Tra coloro che vi hanno registrato in tempi recenti le Pistol Annies, ma anche i Blackberry Smoke hanno deciso di farci una capatina per realizzare un mini album, propedeutico all‘ultimo disco della band Find A Light, uscito la scorsa primavera https://discoclub.myblog.it/2018/05/27/il-nuovo-southern-rock-colpisce-ancora-anche-da-nashville-tennessee-blackberry-smoke-find-a-light/ , di cui Charlie Starr e compagni hanno deciso di rivisitare in chiave elettroacustica cinque brani, oltre ad una cover molto sentita, e con l’aiuto di alcuni ospiti scelti con cura. In aggiunta all’amico ed abituale compagno di avventura, il chitarrista e tecnico del suono Benji Shanks, troviamo Amanda Shires, al violino e voce e Oliver Wood dei Wood Brothers, voce e chitarra.

Questa dimensione sonora meno rock e più intima e raccolta, ma non per questo meno coinvolgente, rende ancora più giustizia alle canzoni del gruppo, già di per sé molto valide anche in versione elettrica: sono solo venticinque minuti ma non sempre la maggiore durata corrisponde ad una migliore qualità, come si percepisce sin dall’iniziale Run Away From It All, uno dei brani firmati da Starr con Keith Nelson, un pezzo che cresce in questa dimensione dove le chitarre acustiche e l’organo sono assoluti protagonisti, insieme alle voci dei protagonisti, di questa versione più agreste e bucolica della loro musica, che rimane sudista ma acquisisce un piglio quasi di maggiore bellezza e serenità. Eccellente in questo senso anche Medicate My MInd, dove l’aria da pigra e ciondolante jam session fra amici viene ancor più arricchita dal lavoro delicato delle tastiere di Brandon Still che sottolineano la bella voce di Starr, del tutto a suo agio anche questo ambito più folkeggiante. Quindi arriva Amanda Shires per duettare con Charlie in una deliziosa Let Me Down Easy, dai contorni decisamente tra country e bluegrass, grazie anche ad una resonator malandrina che impreziosisce insieme al violino della Shires quella che di per sé era comunque una bella canzone.

Best Seat In The House è più mossa e conferma questa diversa prospettiva rispetto al suono elettrico di Find A Light, con un gusto maggiore per i particolari e il solito interscambio vincente tra piano, organo e chitarre acustiche; la perla di questo dischetto è comunque una versione molto partecipe e ricca di spunti emozionali di You Got Lucky di Tom Petty, dove il classico riff iniziale di questa bellissima canzone, rallentata ad arte per trasformarla quasi in una ballata dolente e che ne accarezza la melodia, viene ripreso dal violino guizzante di Amanda Shires che si intreccia con il piano elettrico e l’organo di Still e con le chitarre acustiche arpeggiate, oltre ad un mandolino, nella intensa parte finale strumentale, per una rilettura “magica” di questa canzone magnifica che riluce anche negli intrecci vocali tra Starr e Amanda, con il commento finale “that was beautiful”, che non si può non condividere. La chiusura è affidata a Mother Mountain, che in questa diversa veste sonora sembra quasi una perduta traccia della epopea West Coast di CSNY con gli intrecci vocali di Starr e Oliver Wood, ancora una volta raffinati e di grande fascino, sopra il tappeto sonoro delle consuete vibranti chitarre acustiche, in questa canzone ancora più affascinanti che nel resto del disco.

CD breve ma veramente intenso e bellissimo.

Bruno Conti

Un Sentito Omaggio Al Vecchio “Fiddlin’ Man”! VV.AA. – Volunteer Jam XX: A Tribute To Charlie Daniels

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VV. AA. – Volunteer Jam XX: A Tribute To Charlie Daniels – Blackbird 2CD

Come probabilmente molti di voi sapranno, la Volunteer Jam è un mega-concerto patrocinato dalla Charlie Daniels Band che dal 1974 si tiene annualmente a Nashville, una sorta di celebrazione della musica del Sud e non solo, che nel tempo ha visto alternarsi sul palco gruppi e solisti del calibro di Allman Brothers Band, Marshall Tucker Band, Stevie Ray Vaughan, Emmylou Harris, Carl Perkins, Don Henley, Nitty Gritty Dirt Band e molti altri, oltre naturalmente ai padroni di casa. Proposta quasi ininterrottamente fino al 1987 (solo il 1976 fu saltato), questa festa si è poi svolta appena tre volte negli anni novanta, per poi riprendere con cadenza annuale solo nel 2014: quest’anno è stato particolarmente importante, prima di tutto perché si trattava del ventesimo anniversario, e poi perché è stato deciso di trasformare la serata in un tributo allo stesso Charlie Daniels ed ai suoi 81 anni (82 quando leggerete queste righe). Volunteer Jam XX è dunque il resoconto di questo show, un doppio CD (non c’è la parte video, almeno per ora) registrato il 7 Marzo di quest’anno alla Bridgestone Arena di Nashville, una bellissima serata in cui una lunga serie di musicisti rock e country hanno pagato il loro tributo al barbuto cantante e violinista, con alle spalle una house band strepitosa: Jamey Johnson, Audley Freed e Tom Bukovac alle chitarre, Don Was al basso, Chuck Leavell alle tastiere, Sam Bush a violino e mandolino e Nir Z (?) alla batteria, oltre alle McCrary Sisters ai cori.

L’unica cosa che non capisco è perché non sia stato pubblicato il concerto intero, che ci stava comodamente su due CD, ma “solo” 22 canzoni, lasciando fuori performance come quella di Johnson (Long Haired Country Boy) ed ignorando completamente la partecipazione di Alison Krauss. Quello che c’è comunque è più che soddisfacente, anche se non tutte le prestazioni sono allo stesso livello: le canzoni del songbook di Daniels occupano circa l’80% della serata, ma ci sono anche diversi altri brani ormai entrati nella leggenda della musica southern, tra cui più di un omaggio agli Allman. Apertura in perfetto stile southern country con la sanguigna Trudy, ad opera dei Blackberry Smoke, sempre di più una garanzia, seguita dagli Oak Ridge Boys in gran spolvero con una coinvolgente Brand New Star, tra gospel e mountain music, e da Brent Cobb (cugino di Dave) con una liquida Sweet Louisiana, che vede un formidabile Leavell al piano ed il resto del gruppo in tiro, con la slide di Freed a dominare. Sara Evans, gran voce e grinta da vendere, affronta la vibrante Evangeline con ottimo piglio, Justin Moore rifà la robusta southern ballad Simple Man, non male ma ci voleva uno con più personalità, mentre Chris Janson si cimenta con la nota (What This World Needs Is) A Few More Rednecks, e lo fa con un approccio alla Waylon Jennings, puro Outlaw country-rock.

Gli Steep Canyon Rangers sono molto bravi, e la loro Texas è un rockabilly-bluegrass decisamente coinvolgente (e suonato alla grande), ma Eddie Montgomery, metà del duo Montgomery Gentry (Troy Gentry è tragicamente scomparso lo scorso anno in un incidente aereo) è fondamentalmente un mediocre, e la sua My Town pure; per fortuna che arriva Lee Brice il quale, pur non essendo un fenomeno, rilascia una buona versione della famosa The Legend Of Wooley Swamp. Il primo CD si chiude con una sorpresa: Devon Allman e Duane Betts, figli di Gregg e Dickey (ed è un bene che i rapporti tra di loro siano migliori di quanto non fossero quelli tra i genitori) si cimentano con due classici dei rispettivi padri, una fluidissima Blue Sky ed una Midnight Rider emozionante, un doppio omaggio più che riuscito e direi toccante. Il secondo dischetto inizia con i Lynyrd Skynyrd e la loro immortale Sweet Home Alabama, che si prende uno dei maggiori boati da parte del pubblico (splendida versione tra l’altro), dopodiché abbiamo un doppio Travis Tritt con due suoi classici, Modern Day Bonnie And Clyde e It’s A Great Day To Be Alive: Travis è sempre stato uno bravo, ed anche in quella serata non delude, grande voce e grinta da vero southern rocker. Molto bene anche Chris Young con la trascinante Drinkin’ My Baby Goodbye, tra country e rock’n’roll, mentre l’esperto Ricky Scaggs alle prese con We Had It All One Time non brilla particolarmente, anche per un lieve eccesso di zucchero; poi arriva Billy Gibbons e stende tutti con una roboante La Grange, sempre una grande canzone (ed il carisma di Billy non lo scopriamo oggi).

Gli Alabama non mi sono mai piaciuti molto, troppo pop la loro proposta musicale, ma alle prese con il superclassico di Daniels The South’s Gonna Do It Again tirano fuori le unghie e ci regalano una delle prestazioni più convincenti del doppio, tra rock e swing (ed anche la loro Mountain Music non delude, pur restando un gradino sotto). E’ finalmente la volta del festeggiato (e della sua band), che sa ancora tenere il palco con sicurezza, prima con una formidabile Tennessee Fiddlin’ Man e poi con la leggendaria The Devil Went Down To Georgia. Il gran finale è ancora un omaggio agli Allman con One Way Out (un classico sia per Sonny Boy Williamson che per Elmore James, ma anche un evergreen per la band di Macon), lunga e maestosa versione con tutti sul palco in contemporanea, ed un assalto chitarristico da urlo da parte dei vari axemen presenti. Finalmente anche Charlie Daniels ha avuto il suo tributo, e per di più nel suo ambiente naturale: lo stage della Volunteer Jam.

Marco Verdi

Il “Nuovo” Southern Rock Colpisce Ancora, Anche Da Nashville, Tennessee. Blackberry Smoke – Find A Light

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Blackberry Smoke – Find A Light – Three Legged Records/Thirty Tigers/Earache

La band di Atlanta, Georgia (ma operante in quel di Nashville, Tennesse) è ormai un nome assodato nell’ambito del “nuovo” southern rock, con all’attivo sei dischi di studio, compreso questo Find A Light, diversi EP e un triplo dal vivo che probabilmente, insieme a The Whippoorwill e all’ultimo Like An Arrow https://discoclub.myblog.it/2016/10/31/anche-i-nuovi-sudisti-tornano-colpire-blackberry-smoke-like-an-arrow/ , secondo molti, sono gli album migliori dei Blackberry Smoke. Il gruppo di Charlie Starr, voce e chitarra solista, autore di tutti i brani, con qualche aiuto qui e là, ha comunque sempre avuto elementi country nella propria musica, tanto che ogni tanto vengono catalogati come “contemporary country”, ma anche rock classico, ovviamente quello sudista, senza dimenticare blues, boogie, roots music, voi lo pensate loro lo fanno.

Nel nuovo album confluiscono tutte queste anime, grazie alla produzione autogestita (dopo l’esperimento non riuscito del tutto con Brendan O’Brien in Holding All The Roses) e quindi il disco ha la freschezza e la carica dei dischi migliori, grazie anche alla presenza di alcuni ospiti: da Amanda Shires, signora Isbell, seconda voce e violino (solo nel piacevole video promo), in uno dei pezzi più country (e più belli) dell’album, con l’amico  Benji Shanks al dobro, una Let Me Down Easy acustica e deliziosa, firmata con Keith Nelson, a Robert Randolph, co-autore di I’ll Keep Ramblin’, una traccia che fin dal titolo profuma di southern rock doc, tipo Lynyrd Skynyrd, con chitarre fumanti e una parte centrale dove Starr duetta in modalità gospel con le Black Bettys, Sherie e Sherita Murphy, come faceva Ronnie Van Zant con le Honkettes, poi gran finale e Randolph con la sua pedal steel a imperversare, mentre pure Brandon Still al piano ci mette del suo.  E ci sono anche i Wood Brothers nella conclusiva Mother Mountain, brano che grazie alle sue intricate armonie vocali rimanda ai migliori C.S.N.&Y acustici.

Ma anche il resto del CD è ottimo: dall’inziale Flesh And Bone, dove i Blackberry Smoke indulgono nella loro passione per i Led Zeppelin o per gli amici Black Crowes, con un poderoso R&R con uso slide, oppure nel perfetto southern Run Away From It All, un corposo mid-tempo dove le chitarre di Starr e di Paul Jackson si incrociano con gusto sopraffino, più duro e tirato nella grintosa The Crooked Kind, ma anche nell’omaggio agli Allman Brothers, con il suono elettroacustico della eccellente Medicate My Mind dove si rivive in parte il sound di Brothers And Sisters, con il dovuto rispetto per gli “originali” che erano inarrivabili, ma la band si disbriga sempre con classe e notevoli intrecci tra le chitarre e l’organo di Still. I’ve Got This Song è una della loro classiche ballate, dove risalta il violino dell’ospite Levi Lowrey, per una ennesima traccia che illustra il lato più rurale della band, e se avete a disposizione qualche highway (più probabile una superstrada, ma va bene lo stesso) vi potete sparare in macchina a tutto volume l’ottima Best Seat In House, american rock di buona grana.

Seems So Far vira di nuovo verso un country-rock classico con belle armonie vocali e melodie ariose e piacevoli, per quanto ovviamente già sentite; Lord Strike Me Dead ha un tiro che ricorda i migliori Black Crowes o i Beatles dei pezzi più rock dell’ultimo periodo e Nobody Gives A Damn, di nuovo votata al classico boogie-rock sudista con chitarre, piano e voci ad inseguirsi, è più o meno su quella lunghezza d’onda, con le soliste in bella evidenza. Till The Wheels Fall Out era un brano che Charlie Starr aveva dato ai Junkyard per il loro disco dello scorso anno High Water, ma poi ha deciso di inciderla anche con i Blackberry Smoke, mai regalare una buona canzone con leggerezza. E tra le tredici che compongono questo Find A Light ce ne sono parecchie.

Bruno Conti

“Finalmente” Un Nuovo Gruppo Di Southern Rock! Preacher Stone – Remedy

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Preacher Stone  – Remedy – NoNo Bad Dog Productions

Nella terza (o quarta) ondata dei gruppi southern rock, chiamiamola quella 2.0, i migliori, secondo chi scrive, sono sicuramente Blackberry Smoke e Whiskey Myers, ma poi c’è tutta una foltissima pattuglia di band, nate per lo più negli anni 2000, che affollano il sottobosco della scena musicale americana, e delle quali ci siamo spesso occupati su questo pagine, e di cui, per brevità, non citerò i nomi, ma gli appassionati più accaniti le conoscono, e per gli altri spero abbiamo seguito i consigli del sottoscritto. Oggi parliamo dei Preacher Stone, band del North Carolina (patria tra i tantissimi, degli Avett Brothers, di Ryan Adams, Doc Watson, Nina Simone, Charlie Daniels, per restare nell’ambito sudista, ma anche luogo di nascita di John Coltrane e Thelonius Monk, quindi uno stato “importante” a livello musicale), e dalla Carolina del Sud viene pure la Marshall Tucker Band, un altro dei gruppi più importanti nel genere: nel loro sito si autodefiniscono “new hard southern rock” e questo Remedy (come un famoso brano dei Black Crowes con cui non c’entra comunque) è il loro quarto album. Purtroppo, come i precedenti, e basta leggere il nome della loro etichetta per capirlo, il disco non è facilmente reperibile, ma visto che la musica è comunque di buona fattura, ne parliamo lo stesso, anche se ormai il CD è stato pubblicato da alcuni mesi, ma la musica, come è noto, non ha scadenza (o non dovrebbe).

Nella formazione ci sono sei elementi, Ronnie Riddle, voce solista, armonica e mandolino, e Marty Hill, chitarra solista, slide e dobro, sono i due leader e compositori principali (non ci sono cover nel CD), a completare la line-up troviamo Ben Robinson alla seconda chitarra, Johnny Webb alle tastiere, e la sezione ritmica composta da Jim Bolt e Josh Wyatt. Hill è anche il produttore del disco, che è stato registrato in quel di Asheville, città del NC da dove vengono anche Warren Haynes e la recente scoperta Rayna Gellert, ma loro sono di Charlotte: il disco contiene undici brani in tutto, che si aprono sul classico suono di una poderosa Blue Collar Son, puro Lynyrd Snynyrd sound con la voce potente di Riddle (ma è parente di quello della Marshall Tucker Band?), le chitarre arrotate e l’organo immancabile nel southern rock di qualità. Formula che viene ripetuta anche nella successiva Lazarus, con la slide di Hill in bella evidenza, a fianco delle tastiere di Webb e della seconda chitarra di Robinson, co-autore del brano. Più che hard southern rock mi sembra quello “classico” e migliore, con gli strumenti e la voce mai sopra le righe, un bel tiro, ma il suono è raffinato, per il genere ovviamente; come conferma una ottima ballata elettroacustica come The Sign, dove le melodie avvolgenti del brano vengono innervate dall’eccellente lavoro delle chitarre elettriche. Lo dico o non lo dico? Niente di nuovo, ma se l’aderire a schemi già rodati e conosciuti fino all’eccesso in ambito sudista viene fatto con passione e bella scrittura si apprezza sempre; anche il boogie-rock di Living The Dream lo abbiamo sentito mille volte sui dischi dei Lynyrd o degli ZZ Top, e pure in quelli recenti dei Whiskey Myers o dei Blackberry Smoke, ma non per questo ci piace di meno.

La band in questo album conferma a tratti anche una propensione per le buone melodie, un brano come Grace ha nel DNA pure elementi country e gospel, grazie alla presenza di voci femminili di supporto, ma il piatto forte sono sempre gli assoli di chitarra, lirici e ficcanti. La title track, dopo una partenza attendista e “lavorata” si getta di nuovo sui ritmi gagliardi del southern più ruspante, con eccellente finale delle twin guitars, un classico del genere; e pure Country Comes To Town, firmata collettivamente da tutto il gruppo, non tradisce lo spirito R&R classico, forse manca quel piccolo quid che fa il fuoriclasse, ma i sei ci mettono molto impegno e regalano buone sensazioni. She Loves è un bel mid-tempo d’atmosfera, con un piacevole interplay tra le chitarre soliste e le tastiere, organo e piano elettrico, sempre presenti, mentre la voce di Riddle è una garanzia. Silence Is Golden, nonostante la presenza di un mandolino è una delle più dure, ma sempre in un ambito che ricorda gruppi come la Charlie Daniels Band o gli Outlaws, e il ritmo non scema neppure nella successiva Lucky, a tutto wah-wah, con i Lynyrd Skynyrd modello da seguire con fede. Rimane la conclusiva Levi’s Song, altra ballata evocativa, forse un filo scontata. ma che conferma la qualità di questo sestetto , tutto cappelli, barbe e capelli, ma anche all’occorrenza dal cuore tenero. Gli appassionati del genere, se già non frequentano, possono aggiungere un nuovo nome alla lista: ce ne sono mille, facciamo mille e uno!

Bruno Conti

Anche I “Nuovi” Sudisti Tornano A Colpire! Blackberry Smoke – Like An Arrow

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Blackberry Smoke – Like An Arrow – 3 Legged Records/Earache

Al sottoscritto l’album dello scorso anno Holdin’ All The Roses era piaciuto abbastanza http://discoclub.myblog.it/2015/02/08/ed-eccoli-i-migliori-alfieri-del-nuovo-rock-sudista-blackberry-smoke-holding-all-the-roses/ , anche se devo ammettere che la produzione di Brendan O’Brien era forse troppo levigata e allo stesso tempo pompata: però era servita a fare arrivare l’album al 1° posto delle classifiche country (quello di oggi!, naturalmente!) e nella Top 30 di Billboard, e pure addirittura nella Top 20 inglese (infatti il prossimo anno faranno dieci date solo nel Regno Unito). A seguito di questo i Blackberry Smoke hanno proseguito con le loro tournée lunghissime e quasi interminabili, la scorsa estate in giro per gli States con i Gov’t Mule nello Smokin’ Mule Tour (ora sono in tour con l’ottima Steepwater Band) http://discoclub.myblog.it/2016/09/02/tanto-ritornano-fortuna-steepwater-band-shake-your-faith/ . Ma prima, a fine giugno, erano passati anche dalle nostre parti (con due serate in Italia, Milano e Roma) realizzando un eccellente riscontro di pubblico: mi sono meravigliato infatti , perché alla data milanese c’era parecchia gente, forse complice anche il fatto che avevano saltato la Svizzera, la Francia e la Germania. Un buon concerto (anche se la “spalla”, i SIMO, avevano suonato meglio di loro, secondo molti dei presenti, compreso chi scrive), inferiore però a quello ufficiale presentato in Leave A Scar http://discoclub.myblog.it/2014/08/28/altro-grande-doppio-southern-dal-vivo-anche-triplo-blackberry-smoke-leave-scare-live-north-carolina/ , ma comunque con un paio di cover a sorpresa, Led Zeppelin Your Time Is Gonna Come e Arthur “Big Boy” Crudup That’s Allright Mama, in ricordo di Scotty Moore, il chitarrista di Elvis, appena scomparso il giorno prima del concerto.

Ma meravigliava anche (o forse no) il fatto che gran parte del pubblico presente conoscesse a memoria le canzoni della band, cantandole spesso a squarciagola. Comunque nell’occasione Charlie Starr si è confermato leader indiscusso, voce solista, ma autore anche del 90% degli assoli di chitarra, trascinatore del gruppo di soci barbuti da Atlanta, Georgia, ben coadiuvato dal tastierista Brandon Still, dal secondo chitarrista Paul Jackson e dai fratelli Turner, che costituiscono una solida sezione ritmica, anche in questo nuovo album Like An Arrow. Nella serata milanese non avevano eseguito (purtroppo) la loro classica cover di Dreams, il brano degli Allman Brothers, ma a conferma del legame con Gregg Allman, loro mentore (che sembra avere superato i problemi di salute), Starr lo ha invitato a duettare con lui nella conclusiva Free On The Wing, classico mid-tempo sudista con un liquido piano elettrico e la slide di Starr in evidenza, uno dei migliori brani del disco e forse quello più legato al classico southern-rock, di cui peraltro i Blackberry Smoke sono buoni praticanti, non dimenticando mai corpose iniezioni di country music, del sano boogie e anche la componente più pop (forse meglio, rock classico) presente nei loro dischi.

Waiting For The Thunder è un solido southern rock chitarristico con riff ripetuti e gagliardi, l’organo che cuce il sound e si prende i suoi spazi e le soliste assai indaffarate nella parte centrale, mentre Let It Burn è un bel boogie dal retrogusto country, tipo Marshall Tucker o Charlie Daniels, con il piano nella parte del violino, con The Good Life che è una delle loro classiche ballate di stampo country, dolce ed avvolgente senza essere melensa, con un bel break chitarristico nella parte centrale. What Comes Naturally attinge anche al blues, sempre colorato di country e rock, pigro e ciondolante quanto basta, Running Through Time è un’altra ballata, questa volta più mossa e vicina agli insegnamenti dei maestri Allman Brothers, belle armonie vocali e un arrangiamento raffinato, con le tastiere sempre ben presenti e le chitarre che lavorano di fino; Like An Arrow, la title-track è un altro solido pezzo rock ricco di saliscendi sonori e richiami al rock anni ’70 meno bieco, commerciale, ma il giusto, e pure Ought To Know appartiene alla stessa famiglia, magari non brillantissimo e originale, ma con una buona melodia e la voce piacevole di Starr sempre in evidenza.

Sunrise In Texas è uno dei brani migliori, una bella slide acustica (o un dobro) e un pianoforte ad aprirla, poi il pezzo che cresce lentamente in un piacevole e coinvolgente crescendo che culmina nell’immancabile, ma non per questo meno gradito, assolo di chitarra wah-wah, l’ABC del miglior southern rock. E niente male pure il country-folk dell’ottima Ain’t Gonna Wait, con un mandolino a guidare le danze e tutta la band a seguirlo, Poi si ritorna al rock poderoso alla Lynyrd Skynyrd (anche nel titolo) della vigorosa Workin’ For A Workin’ Man, ritmo e sudore sudista con chitarre a manetta, ottimo e Believe You Me ha qualche elemento funky che li avvicina al sound dei fratelli Robinson dei Black Crowes, entrambi grandi amici di Charlie Starr. Un buon album, meno commerciale e più solido del precedente, che li conferma alla guida delle nuove leve del southern-rock, insieme ai “rivali” Whiskey Myers del recente Mud.

Bruno Conti

SIMO & Blackberry Smoke. Serata “Sudista” Il 29 Giugno Al Carroponte Di Sesto S. Giovanni (Mi): Un Ripasso!

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Di solito, salvo rare eccezioni, non vi ricordo eventuali concerti di band straniere sul suolo italico, ma questa volta, vista la particolarità delle due band americane che si presentano insieme, vale la pena di questo promemoria. I Blackberry Smoke, quintetto southern rock di Atlanta, Georgia, sono già stati nel nostro paese, sempre a Milano, all’Alcatraz, lo scorso 22 ottobre 2015, anche in quella occasione apriva un altro eccellente gruppo americano, i Record Company. Eredi della grande tradizione “sudista” che da Allman Brothers Lynyrd Skynyrd arriva fino a bande come i Whiskey Myers e appunto i Blackberry Smoke. Qui sotto potete rileggervi, come ripasso, la recensione del loro ultimo album, 

http://discoclub.myblog.it/2015/02/08/ed-eccoli-i-migliori-alfieri-del-nuovo-rock-sudista-blackberry-smoke-holding-all-the-roses/

che incorpora anche il link per leggere quella del notevole disco dal vivo Leave a Scar, Live: North Carolina

Questa volta ad aprire per la band di Charlie Starr, saranno i SIMO, poderoso power trio rock-blues con venature psichedeliche, guidati dal chitarrista e cantante JD Simo, vengono da Nashville, Tennesse e sono stati autori ad inizio anno del loro strepitoso secondo album, pubblicato dalla Mascot, Let Love Show The Way, di cui potete leggere a seguire la recensione che avevo scritto a gennaio in occasione dell’uscita del disco

http://discoclub.myblog.it/2016/01/29/ritmi-sudisti-blues-vecchie-chitarre-simo-let-love-show-the-way/

Se non siete di Milano e dintorni i Blackberry Smoke suonano anche a Roma, all’Ippodromo Delle Capannelle, domani 28 giugno. Non ci sono partite in contemporanea, ma, sempre a Milano, la sera del 29 giugno c’è anche il concerto di Vinicio Capossela, a voi l’ardua scelta!

That’s All Folks, Buon Concerto.

Bruno Conti