Un Ulteriore Virtuoso Della 6 Corde! Albert Cummings – No Regrets

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Albert Cummings – No Regrets – Ivy Music Company 

Albert Cummings da Williamstown, Massachussetts, è uno di quelli che si è soliti definire un “bel manico”, chitarrista dal suono poderoso ed in possesso di una tecnica notevole, è uno dei discepoli postumi (se si può usare questa definizione) di Stevie Ray Vaughan. Cummings è tra coloro che sono rimasti folgorati e si sono convertiti sulla strada non di Damasco ma di Houston: da giovane era un ascoltatore e fan della musica country e bluegrass e suonava il banjo, poi la scoperta della musica di SRV (come ho già detto in passate recensioni) gli ha cambiato la vita. Il nostro amico è arrivato alla musica professionale abbastanza tardi, quasi intorno ai 30 anni, perché prima si era dedicato al business di famiglia, quello delle costruzioni, di lusso, fatte su misura e quindi penso che non abbia particolari problemi finanziari (lo so, ho già detto anche questo, ma un ripassino non fa male).

 

Dopo un primo disco del 1999 autogestito, con gli Swamp Yankee, di cui non deve essere particolarmente orgoglioso perché non viene riportato nelle discografie ufficiali, nei suoi primi album, From The Heart del 2003 e True To Yourself dell’anno successivo, suonano, in toto o in parte proprio i Double Trouble, a loro volta “folgorati” dalla bravura di questo ragazzone. Ottimi anche Working Man del 2006 e Feels So Good un gagliardo live del 2008 che tiene fede al famoso detto “ma dovresti sentirlo dal vivo!”. Entrambi questi dischi erano editi dalla Blind Pig e prodotti da Jim Gaines. Il famoso producer di rock-blues è rimasto anche per questo No regrets che viene distribuito a livello autogestito (probabilmente si è finanziato da solo) e conferma tutto quello di buono che si era detto su di lui, inserendo anche elementi country-rock e southern in alcuni brani, a dimostrazione della varietà delle proposte di Cummings.

Se vi piacciono, oltre a Stevie Ray, musicisti come Clapton, Bonamassa, Tommy Castro, Tinsley Ellis, qui c’è pane per i vostri denti: dal funky-rock blues vaughaniano e tiratissimo dell’iniziale Glass House, dove c’è modo per apprezzare anche le ottime qualità vocali di Albert, passando per l’eccellente 500 Miles, dove cominciano ad emergere elementi “sudisti”, con il sound insinuante dell’organo di Rick Steff che aggiunge ulteriore varietà al notevole lavoro della solista, sempre variegata ed inventiva con continui rilanci dei temi sonori. Organo sempre protagonista nella successiva Eye To Eye, arricchita anche da sapori soul sottolineati dal trio dei background vocalists di supporto. Checkered Blues è uno di quei blues’n’roll che non ti danno tregua, ritmo serrato ed energia per una canzone dai sapori antichi, e poi la prima ballata, stupenda, She’s So Tired, con piano, organo e chitarre acustiche che sottolineano il cantato quasi Allmaniano di Cummings e le continue punteggiature liriche della sua solista che alzano il tasso emozionale di questo brano, veramente notevole. Your Day Will Come è un rock-blues serrato che potrebbe ricordare il Clapton primi anni ’70 quando la sua musica si intrecciava con quella di Duane Allman. Cry Me A River è un altro mid tempo che sottolinea questi nuovi elementi sudisti inseriti nel suono, con la presenza dell’organo e delle vocalist sempre pronte a “colorare” il dipanarsi della canzone.

 

Drink Party And Dance ci riporta al più Blues più classico con i pungenti interventi della solista che ci permettono di apprezzare la grande tecnica di Cummings, chitarrista che nel corso degli anni è diventato uno dei migliori in circolazione delle nuove leve, fluente e ricco di inventiva. Foolin’  Me è uno di quei funky-blues che stanno a metà tra Vaughan e Hendrix con wah-wah innestato e ritmi in libertà mentre Where You Belong è un’altra ballata avvolgente di gran classe, quasi Claptoniana ma con elementi country in grande evidenza, cantata con passione e coinvolgimento. Poi c’è l’unica cover del disco, una versione di Early Roman Kings di Dylan dall’ultimo Tempest. No? Mi dicono che si tratta di Mannish Boy di Bo Diddley (ma non l’aveva fatta Muddy Waters e quella di Bo Diddley era I’m A man? Che casino!). Comunque sia il brano è poderoso, con Cummings che strapazza la sua chitarra per estrarne fino all’ultima stilla di Blues, aiutato dall’armonica di Jimmy D. Taylor, il risultato finale rivaleggia con le migliori cose del Bonamassa più Blues e si avvicina all’intensità delle sue esibizioni live. La conclusione, sempre per confermare questo nuovo corso più variegato, è affidata ad una ulteriore ballata, questa volta addirittura solo chitarra acustica e piano e l’ottima voce di Cummings, la delicata Home Town. Per chi ama chitarre ruggenti ma anche buoni sentimenti!

Bruno Conti