Il Titolo Dice (Quasi) Tutto, Per Il Resto Ci Pensa Lui! David Bromberg Band – The Blues, The Whole Blues And Nothing But The Blues

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David Bromberg Band – The Blues, The Whole Blues And Nothing But The Blues – Red House/Ird

Come spara a titoli cubitali in prima pagina il “Delta Times – Dispatch” (?!?(, fittizio giornale inventato dal come sempre ironico David Bromberg (è uno dei tratti salienti e più apprezzati del suo carattere), questa volta parliamo di The Blues, The Whole Blues And Nothing But The Blues: non che nel passato il musicista nativo di Philadelphia (ma da lungo con base a Wilmington, nel Wisconsin, dove ha anche una bottega di liutaio, specializzata nella riparazione di violini) non abbia trattato l’argomento con la sua grande classe e perizia tecnica, ma questa volta le 12 battute classiche vengono sviscerate in tutte le declinazioni conosciute. Il blues elettrico tosto e tirato di scuola urbana, il blues jazzato e swingante, anche con fiati, quello acustico di stampo folk, il country blues, con qualche deviazione anche verso New Orleans e dei tocchi di stile cantautorale. Insomma quello che Bromberg ha sempre fatto nel passato, ma con l’occhio decisamente rivolto al Blues. Il nostro, come è noto, dopo una lunga e gloriosa carriera, soprattutto negli anni ’70 come solista, ma anche come sideman di lusso per Dylan, Jerry Jeff Walker, Willie Nelson, Jorma Kaukonen, più o meno ad inizio anni ’80 sembrava avere appeso la chitarra al chiodo, anche se a fine anni ’80 erano usciti ancora un paio di ottimi album, poi però il silenzio, interrotto nel 2007 dal disco in solitaria Try Me, e soprattutto dai due eccellenti Use Me del 2011 http://discoclub.myblog.it/2011/06/06/in-deciso-anticipo-ma-david-bromberg-use-me-uscita-ufficiale/ e il successivo Only Slightly Mad http://discoclub.myblog.it/2013/12/10/recuperi-fine-anno-parte-1-david-bromberg-band-only-slightly-mad/.

Ora, nel 2016, con una nuova etichetta alla spalle, la Red House, David Bromberg e la sua Band ci provano ancora una volta: e il risultato è notevole, come di consueto per questo signore. Di Bromberg è nota la perizia alla chitarra acustica ed elettrica (ma in passato anche a violino, mandolino, dobro e pedal steel), oltre alla sua enciclopedica conoscenza del repertorio musicale americano (un po come Ry Cooder), sfruttata per andare a pescare sia brani tradizionali come canzoni note e meno note di autori anche importanti, il tutto sempre con quella levità, arguzia e perizia tecnica, che unite al suo stile vocale asciutto, sempre sornione, benché rigoroso quando serve, pronto comunque all’uso di testi salaci e “vignette” divertenti che spesso provengono anche dalla propria penna. Tutti ingredienti che troviamo profusi a piene mani nel nuovo album. Con la brillante produzione di Larry Campbell (bastino ricordare le sue collaborazioni con Levon Helm Dylan), aiutato dalla sua ottima band abituale, aumentata da una sezione fiati, e in un brano da alcune vocalist di supporto, tra cui la moglie di Campbell, Teresa Williams e la moglie di Bromberg, Nancy Josephson (leader della Angel Band), oltre al luminare delle tastiere, il grande Bill Payne dei Little Feat.

L’apertura è affidata a Walkin’ Blues, uno dei classici assoluti, attribuito a molti, ma come ricorda lo stesso Bromberg nelle note del CD, ripreso dalla versione di Robert Johnson. Per l’occasione il brano diventa un blues elettrico urbano, quasi scuola Chicago, con doppio assolo di chitarra, il primo del secondo solista Mark Cosgrove, il secondo dello stesso David, impegnato anche alla slide, grande lavoro di Payne al piano, e il sound rimanda proprio ai Little Feat appena ricordati, con la sezione ritmica eccellente formata da Butch Amiot al basso e Josh Kanusky alla batteria. Il pezzo successivo viene definito di autore ignoto, in quanto di How Come My Dog Don’t Bark When You Come ‘Round? esiste anche una versione di Dr. John, ma Bromberg dice non trattarsi della stessa canzone, in quanto questa ha un testo diverso, salace ed ironico (quasi zappiano a tratti, quando faceva i suoi blues parlati) tipico del buon David, che musicalmente si avvicina al sound di un suo vecchio datore di lavoro, quel Jorma Kaukonen degli Hot Tuna, che vengono citati per l’uso del violino da parte di Nate Grower (in ricordo di Papa John Creach) anche se l’arrangiamento di Campbell prevede pure un uso corposo della sezione fiati, con ben quattro elementi, oltre a Payne alle tastiere, e quindi un suono quasi da big band, delizioso. Il George “Little Hat” Jones autore di Kentucky Blues, non è la nota stella del country, ma un quasi omonimo degli anni ’30 e il pezzo è un gustoso e saltellante country-blues, come evidenziato dal titolo, di nuovo con Nate Grower protagonista al violino, mentre David è all’acustica e Mark Cosgrove al mandolino, giocoso. Un altro brano assai godibile è la versione di Why Are People Like That, una canzone scritta dal musicista di New Orleans Bobby Charles, ma interpretata anche da Muddy Waters nel suo Woodstock Album, quello dove apparivano musicisti della Band, e la fusione tra la chitarra pungente e bluesy di Bromberg, l’assolo di piano elettrico geniale di Payne e l’uso costante dei fiati lo rendono un ponte ideale tra blues classico e musica della Louisiana. Per non doversi misurare con l’immane bravura di Ray Charles e del suo piano, il nostro amico trasforma la sua A Fool For You, in un delicato folk blues per sola voce, con arditi falsetti, e chitarra acustica, strepitosa.

E anche il trattamento che viene riservato a Eyesight To The Blind è geniale. Molti ricorderanno il pezzo di Sonny Boy Williamson nella versione elettrica che ne faceva Eric Clapton nella colonna sonora di Tommy, ma anche in una versione torrida live di oltre venti muniti, con Carlos Santana, nel Crossroads II Live In The Seventies. Per l’occasione diventa un delizioso swing blues, incentrato sul violino di Grower e l’organo di Payne, notevole anche l’assolo in punta di fioretto di David alla chitarra. 900 Miles è un altro brano pescato dalla tradizione country e folk, la faceva anche Woody Guthrie, ma qui viene rifatto come se fosse un pezzo blues alla Howlin’ Wolf, duro e tirato, con un sound rock-blues gagliardo e la slide di Bromberg di nuovo in azione, mentre Yeld Not To Temptation era un brano scritto da Deadric Malone portato alla fama da Bobby Blue Bland, ma David dice di essersi ispirato alla versione che ne facevano Tracy Nelson, Marcia Ball Irma Thomas in uno splendido disco che si chiamava Sing It: in effetti la canzone è quella dove appare la formazione più ampia, i cinque fissi del gruppo, con Payne di nuovo eccellente all’organo, la sezione fiati e le tre vocalist aggiunte, oltre a Campbell e a un percussionista, e il brano profuma di gospel e blues in pari misura, splendido. I fiati rimangono anche per la successiva You’ve Been A Good Ole Woman, ma con l’aggiunta di violino e mandolino il vecchio pezzo di Bessie Smith, diventa simile ad uno classici del periodo fine anni ’70 della David Bromberg Band, di nuovo tra swing, New Orleans sound e i divertiti doppi sensi aggiunti dal nostro amico alla canzone.

Delia, altro traditional, compariva già nel primo splendido album di Bromberg, ma qui appare come un duetto tra lo stesso David e Larry Campbell, alla slide acustica, per un brano tradizionale che racconta di un assassinio avvenuto la viglia di Natale del 1900 e di cui viene usata una versione arricchita da un verso di Townes Van Zandt, versione intima ed intensa, un classico del folk blues. La title-track, scritta da Gary Nicholson e dal grande Russell Smith (facciamo il giochino, chi ricorda gli Amazing Rhythm Aces alzi la mano?), è un altro brano full band, con Marco Benevento al piano e la sezione fiati Lou Marini, Steve Bernstein Birch Johnson (e citiamoli, sono bravissimi) aggiunta, di nuovo un tuffo nel suono classico della band di Bromberg dei tempi d’oro, grande blues fiatistico. Gli ultimi due brani portano la firma del titolare dell’album,This Month che è una vera jam elettrica e pulsante, uno slow blues tirato, con Bromberg, Cosgrove Payne che vanno di brutto, e come traccia finale You Don’t Have To Go, un perfetto shuffle con uso di slide, violino e piano che riassume alla perfezione lo spirito del disco “Blues, solo blues, nient’altro che blues”!. Fatto in modo splendido!

Bruno Conti