Comunque Lo Si Giri Un Gran Bel Disco! Samantha Fish – Chills & Fever

samantha fish chills & fever

Samantha Fish – Chills And Fever – Ruf Records

All’incirca ogni paio di anni la giovane chitarrista e cantante di Kansas City si presenta con un nuovo album e ogni volta cerca di stupire il proprio pubblico con proposte sempre fresche, varie ed accattivanti. Dopo i primi due album prodotti da Mike Zito (ma c’era stato anche un disco dal vivo autoprodotto Live Bait, che l’aveva fatta conoscere ai tipi della Ruf), inframezzati da un paio di album della serie Girls With Guitars, nel 2015 Samantha Fish si era trasferita in quel di Memphis, Tennesse (ma non solo, anche Louisiana e Mississippi) per registrare sotto la produzione di Luther Dickinson l’eccellente Wild Heart, un disco che univa lo stile più rock ed immediato dei primi due dischi, con le radici roots e blues del nuovo album, dove accanto alle notevoli doti di chitarrista metteva in mostra anche un costante miglioramento dal lato vocale, con influssi soul nel suo cantato http://discoclub.myblog.it/2015/06/10/giovani-talenti-si-affermano-samantha-fish-wild-heart/ .

Passano altri due anni e per questo nuovo Chills And Fever la troviamo in quel di Detroit, Michigan, sede ai tempi della gloriosa Tamla Motown, ma anche di una florida scena rock, e poi, in tempi più recenti, di una nuova ondata di talenti in ambito garage-rock e neo-soul: con la produzione di Bobby Harlow, vecchio sodale di Jack White agli inizi della loro carriera a Detroit, nei Go,  impegnato anche con altre band del circuito alternativo locale, tra cui i Detroit Cobras, gruppo etichettato come “Garage Rock Revival, e che, anche se non pubblicano nuovi album da una decina di anni, sono tuttora in attività, come testimonia la loro presenza nel nuovo disco della Fish: ben quattro di loro, Joe Mazzola alla chitarra ritmica, Steve Nawara al basso, Kenny Tudrick alla batteria e Bob Mervak, al piano elettrico e organo, innervati da un paio di fiati ingaggiati in quel di New Orleans, Mark Levron alla tromba e Travis Blotsky al sax. Lei si è infilata in un corpetto sexy, un paio di pantaloni leopardati e armata della sua chitarra elettrica ci regala un ennesimo disco di valore, dove tutti gli elementi citati ci sono, ma il risultato è un album dove il suono si nutre di soul, R&R, qualche deriva garage e punk, ma solo nell’attitudine, visto che il CD ha un sound molto raffinato e ricco di elementi vintage, attraverso una nutrita serie di cover che pescano nel passato, con la voce della brava Samantha sempre più autorevole e ricca di mille nuances.

L’apertura è affidata ad una scintillante He Did It, un vecchio brano delle Ronettes che era anche nel repertorio dei Detroit Cobras, con i vorticosi interventi della chitarra, un ritmo incalzante, i fiati sincopati, la voce pimpante della Fish, veramente splendida, e un’aria di festa e good time music che mettono subito l’ascoltatore in una gioiosa condizione d’animo. La title track, anche se forse non provoca “brividi e febbre”, è una vera delizia nu-soul, più che alla versione di Tom Jones di inizio anni ’60,  si ispira allo stile sexy e felpato della Amy Winehouse del periodo in cui era accompagnata dai Daptones, con piano elettrico e fiati che affiancano la voce felina della brava Samantha, che inchioda anche un breve e misurato solo della sua solista in modalità wah-wah; e pure Hello Stranger, con un organo alla Timmy Thomas, ed uno splendido e raffinatissimo arrangiamento soul, rimanda all’originale di Barbara Lewis, un’altra musicista nativa di quell’area, con la voce della nostra amica sempre accattivante e un intervento della solista di gran classe. It’s Your Voodoo Working, è stata una hit minore per tale Charles Sheffield, cantante R&B misconosciuto della Louisiana, una ulteriore piccola perla di questo Chills And Fever, musica che fa muovere mani e piedi, senza dimenticare il lavoro sempre di fino della chitarra.

Hurt’s All Gone, scritta da Jerry Ragovoy, la faceva Irma Thomas, ed è uno splendido midtempo di stampo soul, con fiati e chitarra sempre incisivi, mentre ignoro di chi fosse You Can’t Go, ma è un altro vorticoso errebi dove tutto fila a meraviglia, soprattutto la chitarra di Samantha. Either Way I Lose era nel repertorio di Nina Simone, e questa versione cerca di mantenere, riuscendoci, lo stile raffinato della grande cantante nera, Never Gonna Cry è un’altra oscura rarità di tale Ronnie Dove (?!?), una malinconica love ballad di stampo sixties, che fa il paio con Little Baby, un brano che ha il ritmo e la stamina della famosa Shout degli Isley Brothers, incalzante e irresistibile, con il lavoro della solista sempre perfetto. Che altro aggiungere? Crow Jane è il vecchio pezzo di Skip James, con la Fish alla cigar box guitar, per l’unica concessione al blues puro, ma anche le restanti Nearer To You, You’ll Never Change, la lunga Somebody’s Always Trying, con un assolo di chitarra micidiale, e la cover del vecchio successo di Lulu I’ll Come Running Over, quasi alla Blues Brothers, sono altri ottimi esempi di soul e R&B suonati e cantati con piglio e convinzione, Non si sa se apprezzare di più il lavoro della voce, della chitarra o la produzione di Harlow. Comunque lo si giri un gran bel disco.

Bruno Conti