Molto Meglio Di Quanto Ci Si Potesse Aspettare, Un Ottimo Live. Molly Hatchet – Battleground

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Molly Hatchet – Battleground – 2 CD SPV/Steamhammer

Li avevamo lasciati nel 2012 con il loro ultimo album in studio Regrinding The Axes : (nel frattempo è uscito anche un bel cofanetto https://discoclub.myblog.it/2018/09/01/per-rivalutare-in-parte-un-gruppo-spesso-bistrattato-molly-hatchet-fall-of-the-peacemakers-1980-1985/ ), a causa della ulteriore morte di altri due componenti della band, praticamente dei vecchi Molly Hatchet è rimasto solo il nome, e le canzoni, visto che questo Battleground è un doppio CD dal vivo che ancora una volta rivisita il repertorio classico del gruppo, attraverso un ripasso delle canzoni più celebri del loro passato più o meno remoto e qualcosa di più recente. Dei musicisti che suonavano nella formazione migliore, quella dal 1978 al 1984 (più l’appendice del doppio Double Trouble Live), praticamente non c’è più nessuno, a parte il tastierista John Galvin, arrivato nel 1984, e l’altro membro “storico” è il chitarrista Bobby Ingram, presente dal 1986. Questo per la cronaca: anzi aggiungiamo che il nuovo vocalist Jimmy Elkins è con loro solo dal 2019, in sostituzione di Jimmy Farrar, scomparso nel 2018, e per completare lo stato di famiglia disastrato, nel 2019 è morto anche uno dei vecchi cantanti Phil McCormack.

Tutto ciò fa sì che per la prima volta da tempo immemorabile i Molly Hatchet hanno una sola chitarra solista, rispetto alle due o tre dei loro tempi d’oro, e quindi il loro southern rock, che comunque era stato sempre nella fascia più “duretta” delle band sudiste vira ulteriormente verso l’hard rock, un po’ come è successo per i Blackfoot, ma con risultati decisamente migliori. Quindi gli irriducibili del genere troveranno di che gioire, a tratti anche per chi ama il southern più raffinato e vario del passato, in quanto non mancano, come detto, le canzoni più celebri e una cover di pregio. I brani sono stati registrati nel tour americano per il 40° Anniversario e in due date europee  in Svizzera e Germania, dove sono sempre molto popolari: Bounty Hunter è una buona partenza, il classico sound della band in evidenza, le soliste sembrano più di una grazie ad un device elettronico chiamato eventide harmonizer che raddoppia il suono della chitarra, Jimmy Elkins  devo ammettere che è un vocalist di buona caratura, non a livello di Danny Joe Brown, ma se la cava egregiamente, Galvin è un buon tastierista e la sezione ritmica fa il proprio dovere; Whiskey Man è un altro dei cavalli di battaglia del primo periodo, ritmo galoppante, e come recitava un vecchio album non si “prendono prigionieri”, Elkins all’armonica e Galvin al piano aggiungono tocchi interessanti al suono.

Why Won’t You Take Me Home fa parte del repertorio anni 2000, ma sembra un pezzo (buono) dei Lynyrd Skynyrd, Son Of the South del 2005, è un po’ più legnosa e scontata, come pure la successiva American Pride. Ovviamente le parti migliori del concerto coincidono con le riprese delle canzoni più celebri: la bella hard ballad Fall Of the Peacemakers da No Guts…No Glory , sempre molto à la Lynyrd,  Edge Of Sundown dal vecchio Double Trouble Live, altra ballata epica, One Man’s Pleasure dove Ingram va di slide alla grande, la solida The Creeper, dal primo omonimo album, nuovamente puro southern .E ancora, nel secondo CD, tra i pezzi più recenti, una lunga ed atmosferica Justice, sempre con un ottimo lavoro della slide e il vocione minaccioso di Elkins, un altro super classico come Beatin’ The Odds, l’unica cover, da sempre presente nel repertorio live dei Molly Hatchet , è una robusta versione di Dreams I’ll Never See degli Allman Brothers, e per concludere in bellezza una straripante Flirtin’ With Disaster. Sarà per l’atmosfera live, e nonostante qualche critica contrastante, ma in definitiva questo Battleground  alla fine non dispiace per nulla.

Bruno Conti