Che Natale (O Santo Stefano) Sarebbe Senza Un Bel Box Dei Dead? Grateful Dead – RFK Stadium 1989

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Grateful Dead – RFK Stadium 1989 – dead.net Store – Rhino/Warner 6CD Box Set

Ormai ci ho fatto il callo: con puntuale cadenza semestrale, solitamente in primavera ed autunno, esce un nuovo cofanetto dei Grateful Dead, e qualche volta anche qualcosa di più in altri periodi dell’anno, ma diciamo che almeno due uscite ogni 365 giorni sono garantite. Lo scorso Maggio avevo celebrato lo splendido Cornell 5/8/1977, estratto del super box Get Shown The Light, ed ora mi trovo a parlarvi di un’altra eccellente uscita riguardante il gruppo di San Francisco: RFK Stadium 1989  è un boxettino di sei CD che contiene due concerti completi tenutisi nella location e nell’anno del titolo (a Washington DC), rispettivamente il 12 e 13 Luglio, un cofanetto in tiratura limitata di 15.000 copie ed in vendita solo sul sito della band (quindi per una volta non esiste la consueta versione ridotta disponibile su larga scala, anche se mentre scrivo queste righe i box disponibili sono ancora più di 4.000). Gli anni che vanno dal 1987 al 1990 sono tra i migliori in assoluto per quanto riguarda l’attività live dei Dead, che avevano ritrovato sia uno stato di forma smagliante (a differenza del periodo a metà della decade, anche a causa dei problemi di salute di Jerry Garcia, problemi che si ripresenteranno nei novanta portandolo alla morte prematura nel 1995) sia il successo commerciale con l’ottimo album In The Dark del 1987, unico della loro storia ad entrare nella Top Ten. In quegli anni, un po’ come Elvis che negli anni settanta aveva raggiunto la piena maturità vocale, i Dead erano in grado di suonare qualsiasi cosa, ed erano famosi per proporre scalette completamente diverse da una serata all’altra quando si esibivano nella stessa location per più di una volta.

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Questo è esattamente quello che accade in questi due concerti registrati nella capitale nell’estate del 1989, con i nostri in grande spolvero e che suonarono due setlists differenti al 100%: Garcia era sempre di più un chitarrista formidabile, le sue prestazioni erano uno spettacolo nello spettacolo, ma anche i suoi compagni non perdevano un colpo, dalla chitarra ritmica di Bob Weir al basso di Phil Lesh alla doppia batteria di Mickey Hart e Bill Kreutzmann, fino alle tastiere di Brent Mydland (che qui è alle sue ultime esibizioni, in quanto morirà l’anno dopo per overdose, sostituito da Vince Welnick e, provvisoriamente, da Bruce Hornsby, che è già presente in questo box come ospite speciale in due canzoni a sera). Un box decisamente godibile quindi, un lungo viaggio nel songbook dello storico gruppo, inciso tra l’altro molto bene, con gli unici due difetti dell’uso saltuario del sintetizzatore da parte di Mydland e delle voci non sempre intonate, specie nelle armonie dove spesso ognuno va per conto suo (ma è risaputo che questo è sempre stato il tallone d’Achille dei Dead). Per chi scrive la scaletta migliore è quella della prima serata, in quanto sono presenti quattro tra i miei brani preferiti della band: la bellissima Touch Of Grey, che apre il concerto (e con Garcia che rilascia subito un assolo dei suoi), le splendide Mississippi Half-Step Uptown Toodeloo, con Mydland ottimo al piano, ed una Sugaree con Horsby alla fisarmonica, oltre al finale con la struggente Black Muddy River. Ma ovviamente ci sono anche altri highlights, come una lunga ed intensa Ship Of Fools, la sempre vibrante Eyes Of The World (perfetta per le jam liquide del gruppo), ed una cristallina cover del classico dei Traffic Dear Mr. Fantasy, con Jerry incontenibile.

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La cover dylaniana Just Like Tom Thumb’s Blues viene affidata a Lesh, che per una volta non fa danni dal punto di vista vocale (ed il pezzo ne esce molto bene), mentre i contributi migliori di Weir alla serata sono una fluida Cassidy (grande ancora Garcia), il sempre coinvolgente rock’n’roll di Chuck Berry Promised Land ed una guizzante e solare Man Smart, Woman Smarter (un classico calyspo inciso tra gli altri da Harry Belafonte ed i Carpenters), in duetto vocale con Mydland. Il secondo show, accanto a canzoni discrete ma “normali” come Let It Grow, Looks Like Rain, I Will Take You Home (anteprima dall’album Built To Last, che uscirà qualche mese dopo) e Throwing Stones, offre comunque diverse performances solide, come l’apertura Hell In A Bucket, che forse non sarà una grande canzone ma garantisce un avvio potente (e Jerry è formidabile). Poi i nostri piazzano un uno-due notevole con la classica Cold Rain And Snow ed una sopraffina rilettura di Little Red Rooster (Willie Dixon): il blues non era tra le specialità dei Dead, ma qui suonano eccome, specie un Garcia insolitamente alla slide. Altri momenti di impatto sono la cadenzata Tennessee Jed, un’altra tra le migliori del binomio Garcia-Hunter, la splendida e raramente eseguita To Lay Me Down e la suite Terrapin Station, in quella serata ridotta a “soli” 13 minuti ma sempre molto bella. C’è spazio anche per un po’ di psichedelia con The Other One, ed il finale è a tutto rock’n’roll con una scintillante Good Lovin’ dei Rascals e la trascinante U.S. Blues. Un (altro) ottimo cofanetto per i Grateful Dead: varrebbe la pena di fare uno sforzo per accaparrarselo.

Marco Verdi