Lo Springsteen Della Domenica: E’ Per Serate Come Questa Che Lo Chiamano “The Boss”! Bruce Springsteen & The E Street Band – Memorial Coliseum, Los Angeles 1985

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Bruce Springsteen & The E Street Band – Memorial Coliseum, Los Angeles Sept. 27 1985 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 3CD – Download

Se dovessimo stilare una classifica dei concerti grazie ai quali si è creata la leggenda di Bruce Springsteen come performer, un ipotetico ordine cronologico comprenderebbe gli show all’Hammersmith Odeon di Londra nel 1975, quelli all’Agora Ballroom di Cleveland, al Capitol Theatre di Passaic ed al Winterland di San Francisco nel 1978, il Nassau Coliseum di New York nel 1980 ed i quattro spettacoli conclusivi del tour di Born In The U.S.A., tenutisi dal 27 Settembre al 2 Ottobre 1985 al Memorial Coliseum di Los Angeles. In quel periodo Bruce era nel momento di maggior popolarità della sua carriera, l’album Born In The U.S.A. lo aveva fatto conoscere in ogni lato del globo ed i due anni di tour a supporto dell’album avevano alimentato al massimo la leggenda del nostro di straordinario performer, e la E Street Band era considerata da più parti come la migliore band al mondo. Si era nel pieno dei Big Eighties, un periodo di ottimismo e prosperità, una sorta di nuova “Golden Age”, e qualcuno molto in alto (leggi Casa Bianca) aveva tentato senza successo di far salire il Boss sul carro dell’edonismo tipico di quell’epoca.

Bruce dal canto suo continuava a macinare concerti su concerti, e quel tour in particolare aveva regalato momenti indimenticabili (basti ricordare il suo primo show in Italia, a San Siro, ancora oggi considerato irripetibile), e le già citate quattro serate conclusive avevano contribuito a far crescere il suo mito in modo esponenziale. Il famoso cofanetto uscito l’anno seguente, Live 1975-85, pescava a piene mani dal terzo di quegli spettacoli (quello del 30 Settembre), ma questa nuova uscita della serie live del Boss si occupa del primo show, svoltosi il 27. Ed il triplo CD (o download, se preferite) è un’esperienza assolutamente strepitosa, una libidine unica della durata di due ore e venti minuti, con Bruce ed i suoi che sono una vera e propria macchina da guerra in formato rock. Inutile dire che tutti sono in forma impressionante soprattutto se si considera che si era a fine tour, e la scaletta preme al massimo sul pedale del rock’n’roll, dandoci senza dubbio uno dei migliori episodi della serie, per di più con un’incisione davvero spettacolare. L’album Born In The U.S.A. è prevedibilmente suonato quasi per intero (10 pezzi su 12, mancano soltanto Darlington County e No Surrender), con versioni decisamente trascinanti della title track, di Working On The Highway, Glory Days e I’m Goin’ Down, oltre ad una toccante My Hometown che è anche meglio di quella in studio.

Il resto del concerto è una sorta di Greatest Hits dell’epoca, ma con riletture impetuose, muscolari e roboanti di alcuni dei momenti più celebrati del songbook springsteeniano, come Badlands, Out In The Streets, Atlantic City elettrica, The Promised Land, Because The Night e Born To Run. Se dovessi proprio trovare un difetto, direi che la scaletta non scava più di tanto nel profondo del repertorio del Boss (solo quattro brani degli anni settanta, cinque se contiamo anche Because The Night), ma l’intensità con la quale sono eseguite le canzoni presenti compensa alla grande eventuali mancanze. Le ballate non sono molte, solo The River e Thunder Road (oltre alla già citata My Hometown), ma sono proposte in maniera sublime, e poi ci sono anche alcune cover come una splendida ed emozionante Trapped di Jimmy Cliff, l’inno americano non ufficiale This Land Is Your Land (Woody Guthrie), dal grande pathos, e l’anteprima mondiale della versione del Boss della potente War di Edwin Starr (quella uscita poi su singolo è di tre sere dopo). Ma soprattutto c’è anche tantissimo rock’n’roll, con brani come Seeds, una Cadillac Ranch più trascinante che mai, una Ramrod da sballo ed un finale sensazionale con un medley incredibile fra Twist And Shout e Do You Love Me (il classico dei Contours) della durata di 18 minuti, due rarità che all’epoca erano uscite come b-sides (lo scatenato rock’n’roll Stand On It. che fa ballare anche il servizio d’ordine, ed una scintillante Janey Don’t You Lose Heart, che non è un capolavoro ma qui sembra bellissima) e, come conclusione, una travolgente Travelin’ Band dei Creedence.

Un triplo CD senza un attimo di respiro, un concerto da leggenda, assolutamente imperdibile.

Marco Verdi