Jimi Hendrix – 50 Years Live, Parte II

jimi hendrix 1970

Seconda parte.

jimi_hendrix_concerts_1982

Proseguiamo nella disamina: dopo il 1972 c’è una lunga pausa nella pubblicazione di materiale postumo inedito, sembra che improvvisamente, dopo un paio di anni dalla scomparsa di Hendrix, a nessuno interessasse più nulla della sua musica, almeno fino 1982, per il doppio LP The Jimi Hendrix Concerts – 1982 Reprise ****, altra antologia di materiale di diversa provenienza, stranamente prodotto da Alan Douglas, che per una volta non riesce a creare disastri, pescando ancora da registrazioni tra il 1968 e il 1970 da Berkeley, San Diego Sports Arena, Royal Albert Hall, Winterland, New York, nel 1989 esce anche in CD per la Castle con l’aggiunta della bonus Foxey Lady registrata al Forum di Los Angeles https://www.youtube.com/watch?v=M5RieWR63_k , ma non mi risultano edizioni della Hendrix Experience via Sony Legacy, forse per problemi di diritti o perché aspettano il momento adatto.

L’Avvento Del CD, Pubblicazioni dal 1986 Al 2007

Hendrix_JohnnyB

In questo arco di tempo, con l’avvento del compact disc le uscite di materiale postumo inedito si moltiplicano, sia CD in studio che dal vivo, con i diritti che prima sono della Polydor e poi della MCA sempre del gruppo Universal, per poi passare dal 2010 alla Sony Legacy tramite l’acquisizione degli archivi degli eredi della famiglia via la Hendrix Experience, ma andiamo con ordine: nel 1986 esce Jimi Plays Monterey, già ricordato prima nelle edizioni più complete degli anni 2000, nel 1986 esce Johnny Be Goode – Capitol/EMI con due pezzi da Berkeley 1970 e tre dall’Atlanta Pop Festival, ma ne parliamo poi per i più completi Live At Berkeley e Freedom: Atlanta Pop Festival. Nel 1987 esce

hendrix Live_at_Winterland Hendrix TheJHEWinterland

Live At Winterland – Rykodisc/Polydor **** e poi come Winterland – 2011 4 o 5 CD Hendrix Experience ***** Una delle serie di concerti meglio documentata nella discografia di Jimi, insieme alle serate dei Band Of Gypsys: si tratta di sei esibizioni registrate al Winterland Ballroom di San Francisco, il famoso locale di proprietà di Bill Graham, tra il 10 e il 12 ottobre 1968, con brani già apparsi anche su Jimi Hendrix Concerts e l’appena citato Live At Winterland. Nel 5° CD bonus, uscito in esclusiva per l’Amazon.Com americano, ci sono cinque brani della serata al Fillmore Auditorium sempre di San Francisco del 4 Febbraio 1968, dove, con la presenza come ospite di Buddy Miles viene eseguita una lunga Dear Mr. Fantasy dei Traffic divisa in due parti. Inoltre nella data del 10 ottobre c’è Jack Casady al basso in Killing Floor ed Hey Joe, Virgil Gonsalves al flauto in Are You Experienced? dell’11 ottobre, e sempre nella stessa data Herbie Rich all’organo in cinque pezzi. Tra i brani interessanti fa la sua apparizione ben due volte Tax Free, un pezzo di Bo Hansson, musicista svedese con cui Hendrix aveva collaborato l’anno prima (il brano apparirà nel postumo South Saturn Delta), che poi negli anni ‘70 inciderà quattro ottimi album strumentali, tra gli altri Lord Of The Rings e Magician’s Hat. Nel corso delle serate gli Experience eseguiranno Sunshine Of Your Love, Wild Thing, lo Star Spangled Banner, una lunghissima Like A Rolling Stone, oltre a Catfish Blues e Killing Floor, nel concerto di Febbraio. Si ha da avere assolutamente https://www.youtube.com/watch?v=8YsXkIKSsYY . E anche

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Radio One – 1988 Castle Records **** sarebbe tra quelli da avere. L’ho inserito tra i dischi dal vivo, in quanto queste sessions registrate per la BBC, spesso sono live, al Playhouse Theatre di Londra, e provengono dal periodo Febbraio-Dicembre 1967, con molte rare e sfiziose esibizioni: Day Tripper, Wait Until Tomorrow, Catfish Blues, Hound Dog, Hoochie Coochie Man, Burning Of The Midnight Lamp tra le tante. Ma ancora meglio è il doppio CD

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BBC Sessions prima MCA 1998 e poi Hendrix Experience/Sony Legacy 2010 che amplia il contenuto da 17 a 38 brani, anche con pezzi di Bob Dylan e Stevie Wonder https://www.youtube.com/watch?v=JFpYU_wpi3U . Nel 1989 esce anche Live & Unreleased: The Radio Show ***1/2, un cofanetto da 3 CD, sempre della Castle, ma non più disponibile, che conteneva uno spettacolo radiofonico di 6 ore, trasmesso negli Stati Uniti tra il 2 e il 3 ottobre del 1988, che all’interno contava la presenza di molti brani veramente rari, non un bootleg (ma quasi). Tra il 1991 e il 1994 escono le prime edizioni di Woodstock e Isle Of Wight 1970, di cui abbiamo già parlato, mentre nel 1992 viene pubblicato il bellissimo cofanetto

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Stages – 1992 4CD Reprise ****1/2 che comprende un CD per anno, dal 1967 al 1970, due serate complete, una di Stoccolma https://www.youtube.com/watch?v=C7Ft8GxWYVs , Settembre 1967 e quella all’Olympia di Parigi del gennaio 1968 (poi pubblicata insieme ad un concerto a Ottawa dalla Dagger Records) *NDA E qui ci sarebbe da approfondire, ma visto che non li possiedo, mi limito a ricordarvi che si tratta di una serie di CD, pubblicati dalla Experience Hendrix e venduti direttamente in rete, non ritenuti adatti ad essere pubblicati a livello ufficiale, in quanto di qualità sonora diciamo non sempre impeccabile, ne sono usciti 12 tra il 1998 e il 2012, ma come fece incidere Califano sulla sua tomba, “non escluderei il ritorno”. Completano il cofanetto i concerti incompleti di San Diego 1969 e Atlanta International Pop Festival 1970, poi usciti in versione integrale in seguito. Nel 2003 per la MCA e poi nel 2010 esce il concerto completo di

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Live At Berkeley 2003-2010 Sony Legacy Experience Hendrix ****

Stranamente uno dei Live postumi che ha più diviso i critici: alcuni entusiasti, che lo considerano tra i migliori concerti dell’ultimo periodo, si tratta di una serata al Berkeley Community Center del 30 maggio 1970, quindi con Billy Cox al posto di Neil Redding nei nuovi Experience, altri dicono che c’è di meglio, il sottoscritto propende per la prima ipotesi: con ottime esecuzioni di Pass It On che poi diventerà Straight Ahead, Hey Baby (New Rising Sun) e I Don’t Live Today. Ci sarebbero anche il DVD e il Blu-Ray, uscito nel 2012, di Jimi Plays Berkeley, con materiale extra sia audio che video, il tutto restaurato dal vecchio film del 1971 che documenta anche i disordini che ci furono con i movimenti universitari https://www.youtube.com/watch?v=FmlUMuPFzo8 . Direi tra i migliori della ultima fase, superato solo da quello alla Isola di Wight e dal nuovo Live At Maui. A questo punto per completare la disamina mancano gli ultimi due live postumi

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Miami Pop Festival – 2013 Sony Legacy ***1/2 Peccato per la brevità, solo 60 minuti, inclusi i due brani del set pomeridiano che rimpolpano gli otto dello show della sera, però è ancora la prima edizione degli Experience e ci sono ottime versioni di Hey Joe, Tax Free, Hear My Train A-Comin’ e una lunga Red House, oltre ai primi classici https://www.youtube.com/watch?v=_PVjcIO4MT4 . E infine, last but not least, come dicono quelli che parlano bene, e per il momento, perché è impossibile dire che non ci saranno future uscite, ecco

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Freedom: Atlanta Pop Festival – 2015 2 CD Sony Legacy **** registrato a metà del Cry Of Love Tour il 4 Agosto del 1970: si tratta dello spettacolo con la più alta affluenza di pubblico in terra americana, tra le 200 e le 400.000 persone (E Woodstock dirà qualcuno? Il problema è che Hendrix in quella occasione fu l’ultimo ad esibirsi, in pratica alla mattina del quarto giorno e non era rimasta ad assistere, peggio per loro, molta gente). Pochi mesi dopo il CD fu pubblicato in DVD e Blu-Ray il documentario Jimi Hendrix: Electric Church che comprende anche il concerto https://www.youtube.com/watch?v=uNK5-tZ_OgA . Manca nella tracklist Hey Baby (New Rising Sun), omessa pare per problemi di accordatura della chitarra (ma non c’era il cinema verité?), comunque troviamo eccellenti versioni della rara All Along The Watchtower, Red House, Voodoo Child (Slight Return) e una scoppiettante Hear My Train A-Comin’ , con quello che viene considerato uno degli assoli più belli della sua carriera, e qualcuno nel tempo lo ha pur fatto!

Per dovere di cronaca e completezza vi cito un paio di cofanetti che riportano ancora altro materiale del vivo, ma che sono comunque interessanti per chi vuole avvicinare la musica di Jimi Hendrix, allora, prima di tutto

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The Jimi Hendrix Experience – 4 CD 2000/2015 Hendrix Experience Sony ****1/2 Conosciuto anche come il “vellutino”, perché nella prima edizione, pubblicata dalla MCA nel 2000, il frontespizio al tatto dava l’impressione di toccare del velluto crespo, non so dirvi se l’edizione ristampata dalla Sony abbia la stessa consistenza di materiale, comunque magari cercando si trova ancora la vecchia edizione, anche se la nuova è a prezzo speciale. 60 brani in tutto, di cui 21 dal vivo, tutti più o meno usciti nelle ristampe di cui abbiamo parlato finora, anche se a memoria ricordo una Burning Of The Midnight Lamp dell’agosto 1967 al Dee Time di Londra, Fire alla Clark University di Worcester, marzo 1968, e i quattro brani dal 7 al 10 del terzo CD che erano quelli apparsi su In The West e di cui abbiamo parlato https://www.youtube.com/watch?v=1kSYVZXJ85M . Altro Box fantastico è

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West Coast Seattle Boy: The Jimi Hendrix Anthology4 CD Sony Legacy 2010****1/2 qui i brani dal vivo sono meno di una decina, ma è molto interessante il contenuto in studio, sia quello degli anni pre-fama, che i moltissimi inediti e versioni alternative.

Questa è la “storia” di Jimi Hendrix, quattro anni vissuti intensamente e poi 50 anni di grande musica dal vivo per uno dei più grandi di sempre, e non è ancora finita.

Bruno Conti

Jimi Hendrix – 50 Years Live, Parte I

jimi hendrix live monterey

Il 18 settembre del 1970, poco più di 50 anni fa, Jimi Hendrix moriva a Londra nel Samarkand Hotel, anche lui uno del Club dei 27, per una probabile intossicazione da barbiturici (ma il fatto non è stato mai chiarito con certezza). Ma per questa retrospettiva, in contemporanea con l’uscita di Live At Maui, di cui leggete la recensione in altra parte del Blog https://discoclub.myblog.it/2020/11/19/uno-anzi-due-degli-ultimi-grandi-concerti-della-sua-carriera-jimi-hendrix-live-in-maui/ , vorrei occuparmi in parole, musica ed immagini, come esplicita anche il titolo, di cinquanta anni di musica dal vivo del mancino di Seattle, sicuramente il più grande chitarrista di tutti i tempi, ma anche un performer tra i più straordinari espressi dalla musica rock, e vogliamo ricordarlo attraverso i suoi dischi Live più importanti, praticamente (quasi) tutti pubblicati postumi, proprio dal 1970 in avanti. La storia di Hendrix è nota, come pure la sua discografia di studio, tre dischi in tutto, ma che dischi, Are You Experienced?, Axis: Bold As Love e Electric Ladyland, pubblicati nel biennio 1967-1968, album formidabili, vere pietre miliari che hanno cambiato la storia della chitarra elettrica e del rock tout court. Nello stesso periodo, anzi già dal 1966, Hendrix iniziava anche la sua parabola concertistica, con esibizioni in giro per il mondo, che però, come appena ricordato, vedranno la luce per la maggior parte solo a livello postumo e negli anni ‘60, a livello ufficiale, non verrà pubblicato nulla.

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Pubblicazioni Del 1970

Nell’ultimo anno di vita di Hendrix, però escono alcuni dischi epocali, il primo ad uscire, il 25 marzo, è il famoso Band Of Gypsys,il concerto dal vivo registrato tra il 31 dicembre del 1969 e il 1° gennaio del 1970, quattro esibizioni pubblicate poi nel corso delle decadi in svariate versioni, che partendo dal disco singolo originale sono culminate lo scorso anno con il colossale

jimi hendrix songs for groovy children box

Songs For Groovy Children: The Fillmore East Concerts – 2019 5CD Sony Legacy ****1/2

un box set bellissimo dove sono raccolte 43 canzoni suonate nelle due serate, anche se ne mancano cinque dal totale di quelle eseguite, e una è stata abbreviata per apparire nel cofanetto, ma comunque siamo di fronte a una spettacolare dimostrazione complessiva di forza ed eleganza del trio di Jimi Hendrix, Billy Cox e Buddy Miles https://www.youtube.com/watch?v=8c7hPSPHlwY . Se volete saperne di più trovate l’articolo completo qui https://discoclub.myblog.it/2019/12/02/cofanetti-autunno-inverno-11-dopo-quasi-50-anni-le-due-strepitose-serate-della-banda-degli-zingari-al-completo-jimi-hendrix-songs-for-groovy-people-the-fillmore-east-conc/ .

Woodstock_Original_Soundtrack_1970woodstock back to the garden

Il 27 di maggio esce il triplo vinile Woodstock: Music from the Original Soundtrack and More 3LP Atlantic Cotillion 1970****, con Hendrix che appare in 3 brani estrapolati dalla sua esibizione del mattino del 18 agosto 1969 https://www.youtube.com/watch?v=4TgbWOy6Buk , e poi nel corso degli anni, nelle varie edizioni che si sono susseguite e culminate con il megabox da 38 CD Woodstock – Back to the Garden: The Definitive 50th Anniversary Archive, dove però mancano due canzoni del set completo di Jimi perché la famiglia non ha concesso i diritti, mentre in quella da 10 CD addirittura ci sono solo tre brani. Se volete la leggendaria esibizione completa dovete cercare

Jimi hendrix Live_at_Woodstock

Jimi Hendrix – Live At Woodstock – 2019 2 CD Sony Legacy **** oppure il doppio DVD o Blu-Ray singolo, con la parte video e con una durata di oltre tre ore e mezza https://www.youtube.com/watch?v=TKAwPA14Ni4 , di cui però non so dirvi se sia ancora in produzione.

historic performances

Il 26 agosto in comproprietà con Otis Redding, esce il famoso Historic Performances Recorded at the Monterey International Pop FestivalReprise 1970 *****. Un vinile, con una facciata per ciascuno, registrato nel giugno 1967, solo quattro canzoni per Hendrix, che però fa la storia con due epocali versioni di Like A Rolling Stone di Bob Dylan e Wild Thing dei Troggs https://www.youtube.com/watch?v=E2aQ4gVsSL8 , immortalate anche nel famoso documentario di D.A Pennebaker Monterey Pop, dove la chitarra suonata dietro la schiena, con i denti e alla fine incendiata è entrata nella iconografia della musica rock, oltre ad essere una performance di grande fascino, con il giovane ed ancora poco conosciuto negli USA Jimi che incanta il pubblico presente. Anche di questo se volete esiste l’esibizione completa come

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Live At Monterey (The Definitive Edition) – 2014/2017 CD DVD o Blu-Ray Sony Experience Hendrix Legacy ****1/2 l’Ideale sarebbero le versioni in DVD o Blu-Ray che hanno parecchi extra https://www.youtube.com/watch?v=fe82eYRjiBU , tre documentari aggiunti, e una parte supplementare dal vivo con due brani registrati a Chelmsford in Inghilterra, Like A Rolling Stone e Stone Free, da un concerto del 25 febbraio 1967, la data più antica conosciuta di una ripresa audio e video della Jimi Hendrix Experience.

Pubblicazioni del 1971

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Ad Aprile esce Woodstock Two, il doppio vinile, sempre Atlantic Cotilion, con altre tre canzoni dell’esibizione al Festival. Ad agosto esce Experience – Ember Records ***1/2, con 4 pezzi registrati alla Royal Albert Hall di Londra il 24 febbraio del 1969, il seguito More Experience uscirà a marzo del 1972. Mettendo insieme i due si ottiene il film dello stesso titolo, di provenienza dubbia: comunque al concerto londinese parteciparono anche Chris Wood e Dave Mason dei Traffic, e durante la serata venne eseguita Sunshine Of Your Love dei Cream.

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Ad ottobre esce il triplo vinile Isle Wight/Atlanta Pop Festival – 1971 Columbia ****, che comprende nella parte dell’Isola di Wight tre canzoni di Hendrix. Anche in questo caso, passando per varie edizioni uscite nel corso del tempo si arriva a Blue Wild Angel: Live at the Isle of Wight – 2002/2014 Sony Experience Hendrix Legacy **** 2CD oppure DVD, dove, stranamente (ma con la case discografiche non c’è mai da fidarsi molto) nel doppio CD ci sono 18 brani e nel video 15, anche se ne esisterebbe una edizione Sound And Vision che raccoglie entrambi i formati. Si tratta dell’ultima esibizione di Jimi in terra d’Albione il 31 agosto del 1970, tre settimane prima della morte. Un altro dei concerti all’inizio non considerati tra i migliori e poi rivalutato nel corso del tempo: ci sono versioni dell’inno nazionale inglese God Save The Queen, seguita dal breve “inno non ufficiale” Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, All Along The Watchtower, tanto sua quanto di Bob Dylan, nonché una ciclopica versione di oltre 22 minuti di Machine Gun, dove a un certo punto si sente una interferenza dei walkie-talkie del servizio sicurezza  .

Pubblicazioni del 1972

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Nel corso dell’anno, oltre al citato More Experience, esce anche Hendrix In The West – 1972LP – 1988 CD Polydor/ 2011 Hendrix Experience ****1/2, a mio parere uno tra i più belli dei dischi postumi dal vivo pubblicati nella discografia di Jimi, che ho consumato sia nella versione in vinile che poi in quella in CD https://www.youtube.com/watch?v=eZQOnynN2G8&t=72s . Peccato che nella sequenza delle ristampe la tracklist sia stata ritoccata alcune volte, pur non essendo mai stata molto chiara la esatta provenienza delle canzoni, otto in tutto, una sorta di greatest hits di Hendrix dal vivo, compilato e prodotto all’epoca da Eddie Kramer, con tre brani dal Berkeley Community Theatre del maggio 1970, due dall’Isola di Wight, uno, o forse tre, dalla San Diego Sports Arena nel maggio 1969, ma due probabilmente erano alla Royal Albert Hall nel febbraio 1969, una ferocissima versione di Voodoo Child (Slight Return) e una sublime di Little Wing, dove nella coda del brano Jimi, in modalità wah-wah fa “parlare” dolcemente la sua chitarra, nella versione secondo me più bella mai registrata di questa canzone stupenda, sempre a mio parere, una delle più belle di tutti i tempi (non solo tra quelle di Hendrix). *NDB La versione, peraltro di grande fascino, che ogni tanto vi capita di ascoltare in qualche spot pubblicitario è quella di Stevie Ray Vaughan https://www.youtube.com/watch?v=An4uDegHB8s . Tra le chicche di In The West anche una lunga Red House, pure questa superba. Per scrivere questo articolo mi sono andato a riascoltare tutti i CD della produzione di Hendrix e oltre ad essere stato un piacere immenso, mi sono reso conto ancora una volta della genialità unica di questo musicista.

Fine prima parte, segue.

Bruno Conti

Cofanetti Autunno-Inverno 11. Dopo Quasi 50 Anni Le Due Strepitose Serate Della “Banda Degli Zingari” Al Completo. Jimi Hendrix – Songs For Groovy Children The Fillmore East Concerts

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Jimi Hendrix – Songs For Groovy Children The Fillmore East Concerts – 5 CD Sony Legacy Boxset

La storia di questi quattro concerti è una delle più travagliate del percorso musicale di Jimi Hendrix. I Band Of Gypsys sono in un certo senso la prosecuzione dei Gypsy Sun and Rainbows, la band che Jimi aveva assemblato per partecipare al Festival di Woodstock, dopo lo scioglimento degli Experience, reso effettivo nei primi mesi del 1969. Nel gruppo che suonò a Woodstock c’era il vecchio amico Billy Cox al basso: una amicizia nata durante il servizio militare e poi coltivata anche con saltuarie collaborazioni musicali, che approdano, dopo Woodstock, nell’idea di formare un nuovo ensemble, i Band Of Gypsys, che avrebbe permesso a Hendrix di coltivare anche la sua passione per la musica “nera” senza abbandonare l’idea di sperimentare, sempre presente nella sua visione della musica, e quindi viene approcciato Buddy Miles, già batterista degli Electric Flag e leader di un proprio gruppo Buddy Miles Express, che nel 1968 aveva pubblicato un disco Expressway To Your Skull, che nelle note di copertina riportava un breve poema di Jimi, che poi produsse il disco successivo Electric Church, in entrambi gli album Miles era anche il cantante.

Quindi sia affinità elettive, tutti e tre erano neri, che musicali, l’amore per  il soul, il funky, ma anche il rock, come anche di amicizia: un altro fattore importante nella nascita di questa nuova formazione era anche il fatto che Jimi Hendrix doveva un disco alla Capitol per quel contratto incautamente firmato ad inizio carriera, e quindi decise di organizzare una serie di concerti al Fillmore East di New York, registrarli e poi estrarre dai risultati un disco dal vivo da presentare alla Capitol per soddisfare le clausole del contratto. Cosa che venne fatta, ma essendo Hendrix un grande perfezionista, il tutto venne organizzato in pompa magna, anche per presentare una serie di nuove canzoni che stava creando in quel periodo, oltre a tre canzoni previste per Buddy, e alcune cover e vecchi cavalli di battaglia rivisti nella nuova ottica black della formazione, il tutto venne forgiato in una lunga serie di prove che durarono dalle 12 alle 18 ore ogni giorno nella settimana che precedette i concerti.

jimi hendrix songs for groovy children box

Quindi il 31 dicembre 1969 e il 1° gennaio del 1970 si tennero quattro concerti al Fillmore East di New York, da cui venne estrapolato un LP singolo con 6 canzoni, pubblicato il 25 marzo del 1970, quando la band si era peraltro già sciolta, anche a seguito del concerto del 28 gennaio al Madison Square Garden, quando Hendrix litigò con una donna nel pubblico e il gruppo dopo due sole canzoni lasciò il palco. Comunque di  questi concerti nel corso degli anni sono uscite varie edizioni: il primo Band Of Gypsys aveva 6 canzoni (9 nella edizione in CD), Band Of Gypsys 2 altre sei, Live At the Fillmore East il doppio CD pubblicato nel 1999, un totale di 16 brani, e infine Machine Gun The Fillmore East First Show, uscito nel 2016, ne riportava 11. Questo nuovo cofanetto Songs For Groovy Children contiene un totale di 43 pezzi, nella sequenza originale dei 4 concerti, con 26 tracce “inedite”; alcune apparse nella versione video, altre eliminate da precedenti versioni, e rimixate per la nuova edizione da Eddie Kramer, l’ingegnere del suono del disco originale, altre ancora da cui erano state tolte nell’editing le presentazioni oppure versioni più lunghe e ancora altre già apparse in box e ristampe varie più recenti, e infine 7 brani mai pubblicati prima in nessun formato. Forse è la ristampa migliore delle tantissime uscite nel corso degli anni a cura della Famiglia Hendrix, e comunque la testimonianza di un artista ancora al culmine del suo periodo più ispirato, colto in uno degli aspetti che preferiva, quello dei concerti dal vivo. Vediamo il contenuto, ricordando che nella recensione del CD di Machine Gun del 2016 così scrivevo: “Però quel First Show nel titolo fa presupporre che nel tempo ci saranno sicuramente dei seguiti, prima che fra qualche anno esca un cofanetto The Complete Fillmore Shows che conterrà l’integrale delle due serate, garantito!” Meglio di Nostradamus o facile profeta?

Il primo CD riporta esattamente le 11 canzoni appunto del primo concerto del 31 dicembre: all’epoca  tutte mai pubblicate prima in nessuno disco di Jimi Hendrix: Power Of Soul è subito una esplosione di funky-rock-soul spaziale con Jimi impegnato ad estrarre dal  wah-wah le sue solite sonorità impossibili, mentre le parti vocali sono affidate alla accoppiata Hendrix e Buddy Miles, che ha anche un gran daffare alla batteria, mentre Cox con il suo stile impeccabile al basso tiene ancorato il ritmo, ottima anche la guizzante Lover Man, ancora con wah-wah a manetta, poi le cose si fanno serie con una lunga e potentissima Hear My Train A Comin’, ovvero il blues secondo Hendrix, inarrivabile ed inarrestabile con la sua chitarra sempre impegnata in traiettorie quasi impossibili per gli altri axemen dell’epoca: l’assolo, manco a dirlo è formidabile. Changes il primo brano di Buddy Miles, è la futura Them Changes (celebre anche nella versione dal vivo con Santana del 1972), introduce il funky-rock più carnale ed immediato del batterista vicino alla soul music, ma ovviamente con Hendrix in formazione che imperversa con la sua Fender tra un verso e l’altro e poi parte per la tangente, comunque mai scontato.

Izabella è uno dei brani di Hendrix contro la guerra, futuro singolo per la Reprise nell’aprile 1970, classico brano rock del canone hendrixiano, mentre Machine Gun, canzone che nasce come appendice delle improvvisazioni sullo Star Spangled Banner a Woodstock, diventa uno dei classici assoluti di Jimi, con la chitarra in modalità wah-wah che parte subito per l’iperspazio sostenuta dalle scariche ferine della batteria di Buddy Miles, anche questa con un testo di protesta contro la guerra del Vietnam, brano che veniva già eseguito dall’estate 1969, per la prima volta a Berkeley, presente in tutti i quattro set delle due giornate, con la canzone che si dipana in un crescendo inarrestabile, quasi lavico, della magica solista del mancino di Seattle.

Stop, scritta da Ragovoy e Shuman, era apparsa per la prima volta in un disco di Howard Tate (uno dei grandi “incompresi” della soul music) in un disco del 1967, veicolo ideale per l’accoppiata Buddy Miles e uno stranamente infervorato Hendrix che in un call and response vigoroso  la prendono di petto con una veemenza che l’originale di Tate non aveva, mentre Parliament/Funkadelic,Eddie Hazel, Isley Brothers futuri e molti altri prendono nota. Ezy Rider uscirà solo l’anno dopo nel postumo The Cry of Love, un altro brano dall’andatura vorticosa, con un eccellente lavoro anche di Miles alla batteria e la furiosa scarica di chitarra di un ispiratissimo Jimi, alla faccia di alcune critiche dell’epoca che non parlarono particolarmente bene del LP (uscito però solo con sei brani), anche se poi nel corso degli anni è stato giustamente considerato uno dei migliori concerti live all-time. Come ribadisce il primo slow blues della serata, una sinuosa e raffinatissima cover del brano di Elmore James Bleeding Heart, che Hendrix aveva già inciso nell’era pre-Experience con Curtis Knight, e poi eseguita nel concerto alla Royal Albert del febbraio 1969, e registrata in alcune versioni di studio pubblicate in diversi CD postumi; anche Earth Blues rimarrà inedita per moltissimi anni, prima di venire pubblicata negli anni 2000, un gagliardo brano tra R&B e rock psichedelico nella migliore tradizione delle canzoni di Hendrix, che chiude il primo set con Burning Desire, altro brano inedito che avrebbe dovuto forse apparire nel disco di studio mai completato dei Band Of Gypsys, Jimi saluta, ringrazia e augura Buon Anno al pubblico presente con questa ulteriore perla del suo songbook, quasi 10 minuti di un brano che ricorda molto il suono degli Experience dei primi due dischi, vibrante e sempre pronto a trasformarsi in jam furiose e ricche di continui cambi di tempo ed improvvisazioni  da lasciare senza fiato.

Per il secondo set, quello destinato a portarli nel nuovo anno, ci sono molte aggiunte al menu della serata: si parte con il conto alla rovescia del pubblico, e poi con una versione di Auld Lang Syne, il celebre brano che si eseguiva nelle festività, fatto ovviamente alla Jimi Hendrix, poi arriva subito Who Knows, un altro dei brani nuovi, forse il più tipizzante di quella fusione tra soul e rock, destinato ad aprire la prima facciata del vinile del 1970, con il tipico interscambio vocale tra i due e un ritmo scandito che lo rende quasi irresistibile nel suo dipanarsi, grazie al lavoro eccellente del basso di Cox che alza la quota funky alle stelle, mentre Hendrix maltratta la sua Telecaster come solo lui sapeva fare in un flusso solista di grande intensità, poi ribadito in una tiratissima Fire, uno dei riff più devastanti della storia del rock, e grande empatia tra Miles, Cox e Hendrix che timbra un altro assolo di quelli da sballo, segue Ezy Rider e poi una versione eccelsa di Machine Gun, se non sbaglio l’unico brano, insieme a Changes, presente in tutti i quattro set delle due serate, quasi 14 minuti devastanti che rendono ancora più acido e sperimentale il pezzo,  e che precede una versione colossale e pantagruelica di Stone Free, riconosciuta dal pubblico alla prima nota, parte forte subito e poi accelera in maniera quasi parossistica, prima di entrare nei regni della pura improvvisazione con una lunghissima sezione strumentale che prevede anche assoli di basso e batteria, forse appena prolissa a tratti, ma è sempre un bel sentire. Poi arriva una nuova versione di Them Changes, come la presenta Jimi, più lunga e con gli elementi soul più evidenti, anche se Hendrix si prende i giusti spazi da par suo; Message To Love è un altro dei brani nuovi che andrà sull’album in uscita a marzo, altro brano dal riff circolare molto marcato, non particolarmente memorabile, decisamente migliore la seconda versione di Stop, ancora più grintosa di quella del primo set e a chiudere la nottata una veemente ed impetuosa Foxey Lady, sempre uno dei brani più amati ed eseguiti dal mancino.

Nel terzo set, datato 1° gennaio 1970, dopo la presentazione dei protagonisti, si riparte con una eccellente Who Knows sempre scandita dal favoloso groove del basso di Billy Cox e poi lasciata all’estro di Jimi, sempre inesauribile nelle sue continue improvvisazioni alla chitarra, con wah-wah in grande spolvero e la band saldamente legata, come conferma un’altra versione formidabile di Machine Gun, che è un poco la Voodoo Chile della serata con la sua atmosfera tesa e quasi inquietante. Changes e Power Of Soul precedono Stepping Stone, un altro brano presentato per la prima volta nel corso del concerto e poi uscito come singolo ad aprile, un’altra delle tipiche canzoni ascendenti del canone hendrixiano, veloce e frenetica, benché non tra le sue migliori. Tornano anche Foxey Lady più psichedelica che mai, Stop, Earth Blues e Burning Desire, che chiude il terzo set. Per nel quarto e ultimo set, il più lungo con i suoi 13 brani, Jimi Hendrix regala al pubblico presente molti dei suoi cavalli di battaglia: si parte con Stone Free, più breve ma decisamente più fremente di quella del giorno prima, poi quasi tutte le canzoni vengono presentate in versioni più lunghe ed improvvisate, da una solidissima Power Of Soul a Changes che si allunga ad ogni nuova apparizione nei concerti, una Message To Love più convinta, stranamente la sola Machine Gun appare in una versione più breve, “appena” 11 minuti e 52 secondi, comunque sempre viscerali e quasi disperati nella loro efficacia. Anche Lover Man, dedicata al pubblico femminile presente, fa il suo debutto, altro brano breve e compatto, che precede Steal Away, altra canzone “inedita” del soulman Jimmy Hughes, affidata alla voce di Buddy Miles, si trasforma in un blues lento ed appassionato che precede Earth Blues, altra canzone molto eseguita nei quattro concerti:

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Poi partono i bis e qui iniziano i fuochi di artificio (ma nel corso dei concerti Jimi aveva anche inserito brevi citazioni di Third Stone From the Sun e The Wind Cries Mary, a voi scoprirle): in sequenza appaiono Voodoo Child (Slight Return) quella vera, presentata come il loro inno nazionale, una orgia di wah-wah impazziti, magnifica come al solito, We Gotta Live Together, è l’ultimo brano inedito affidato alla voce di Buddy Miles, che ne è anche l’autore e cerca il singalong del pubblico presente, in questo ulteriore esempio del psychedelic soul  che avrebbe dovuto essere la cifra stilistica della band, se avesse proseguito nella propria avventura. Altro riff memorabile, che ci riporta ai fasti dell’inizio di carriera di Hendrix a Monterey, è una poderosa Wild Thing, come non potevano neppure mancare il primo singolo Hey Joe, altra canzone epocale e per finire in gloria, una impetuosa Purple Haze, con il suo verso che illustra in poche parole una intera carriera “Excuse me while I kiss the sky”.

Cofanetto magnifico, una delle più belle ristampe in un anno ricco di uscite importanti.

Bruno Conti

Che Natale Sarebbe Senza Un “Nuovo” Jimi Hendrix? Il 22 Novembre Esce Il Box Songs For Groovy Children: The Fillmore East Concerts

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Jimi Hendrix – Songs For Groovy Children: The Fillmore East Concerts – 5 CD Box Set Sony Legacy – 22-11-2019

Lo scorso anno, naturalmente sempre più o meno nel periodo natalizio, era stato pubblicato https://discoclub.myblog.it/2018/12/03/correva-lanno-1968-2-jimi-hendrix-experience-electric-ladyland-deluxe-edition-50th-anniversary-box/ , l’anno prossimo che cadrà il cinquantesimo anniversario della morte di Jimi Hendrix non oso pensare a cosa penserà la famiglia per l’evento (spero comunque in qualcosa di interessante), ma per il momento occupiamoci di questo cofanetto di 5 CD che raccoglie l’integrale dei quattro concerti che Hendrix tenne con i Band Of Gypsys a cavallo tra il 31 dicembre 1969 e il 1° gennaio del 1970, due set per ogni giorno, per un totale 43 canzoni eseguite, tra cui almeno due dozzine mai pubblicate prima nelle varie edizioni discografiche che si sono succedute nel corso degli anni: leggete che cosa scrivevo nella mia recensione del 2016 a Machine Gun: The Fillmore East First Show 12/31/1969 ” Però quel First Show nel titolo fa presupporre che nel tempo ci saranno sicuramente dei seguiti, prima che fra qualche anno esca un cofanetto The Complete Fillmore Shows che conterrà l’integrale delle due serate, garantito!”. Sono stato quindi facile profeta, ma facciamo una breve cronistoria delle varie edizioni: nel marzo del 1970 esce il vinile di Band Of Gypsys con sole 6 canzoni, poi ampliato a nove per la prima edizione in CD del 1991, nel frattempo nel 1986 era uscito un vinile Band Of Gypsys 2 con altri 6 pezzi, curato da Alan Douglas, nel 1999 viene pubblicato Live At The Fillmore East, un doppio CD con 16 brani, sempre estratti dai quattro concerti e infine nel 2016 quel Machine Gun citato poc’anzi.

Ma la storia di questi concerti leggendari inizia molto prima nel tempo: infatti nel 1965 Hendrix, allora sconosciuto, firma un contratto con la PPX per la pubblicazione di un album di studio e poi per tre anni di esclusiva dei suoi servigi discografici(vicenda che si concluse molti anni dopo, con la pubblicazione di un album di cui vi ho parlato in questo Post https://discoclub.myblog.it/2015/04/04/puoi-usare-il-nome-il-cognome-si-curtis-knight-the-squires-featuring-jimi-hendrix-you-cant-use-my-name/ ), ma nel frattempo si era fatta viva anche la Capitol che avrebbe avuto diritto alla distribuzione di un album (in deroga al contratto con la Polydor/Track in Inghilterra e la Warner negli USA) e per evitare ulteriori beghe legali Jimi decise di consegnare un album dal vivo, forse meno laborioso da essere realizzato di uno di studio. Ma essendo Jimi Hendrix, il più grande chitarrista del mondo, decise di organizzare due serate al Fillmore East di New York per un totale di 4 concerti, tutti registrati con apparecchiature professionali, il massimo che consentiva la tecnica dell’epoca, da cui vennero estratti i miserrimi 6 pezzi che costituirono Band Of Gypsys. La band con Billy Cox al basso e Buddy Miles alla batteria era comunque formidabile e nel corso delle perfromances vennero eseguiti, come detto, ben 43 brani in totale, tra cui cui moltissime chicche, canzoni rare, cover e molto altro.

Vediamo le cose più interessanti che saranno presenti nel box in uscita il prossimo 22 novembre: Intanto Izabella, Ezy Ryder e Burning Desire, erano canzoni ancora inedite; altri brani mai eseguiti prima (credo, controllerò per la recensione al momento dell’uscita) c’erano anche Earth Blues e Stepping Stone. Non mancano versioni straordinarie di Machine Gun, Foxey Lady, Voodoo Child (Slight Return),Wild Thing,Hey Joe e Purple Haze, oltre ad alcune chicche assolute, queste mai uscite, a parte forse nei bootleg, di Stop di Howard Tate Steal Away di Jimmy Hughes, due grandi brani soul, oltre ad una rara Bleeding Heart di Elmore James, in una delle tipiche fiammeggianti versioni del mancino di Seattle. Il tutto sarà corredato da un libretto fotografico con scatti d’epoca di Amalie Rothschild, Jan Blom e Marc Franklin, mentre nelle note ci sarà anche un breve saggio dell’autore e filmmaker Nelson George, oltre alle reminiscenze di Billy Cox.  Per la parte tecnica all’opera Eddie Kramer e John McDermott  Come al solito qui sotto potete leggere la lista completa dei brani contenuti nel cofanetto.

 [CD1]
1. Power of Soul
2. Lover Man
3. Hear My Train a Comin’
4. Changes
5. Izabella
6. Machine Gun
7. Stop
8. Ezy Ryder
9. Bleeding Heart
10. Earth Blues
11. Burning Desire

[CD2]
1. Auld Lang Syne
2. Who Knows
3. Fire
4. Ezy Ryder
5. Machine Gun
6. Stone Free
7. Changes
8. Message to Love
9. Stop
10. Foxey Lady

[CD3]
1. Who Knows
2. Machine Gun
3. Changes
4. Power of Soul
5. Stepping Stone
6. Foxey Lady
7. Stop
8. Earth Blues
9. Burning Desire

[CD4]
1. Stone Free
2. Power of Soul
3. Changes
4. Message To Love
5. Machine Gun
6. Lover Man
7. Steal Away
8. Earth Blues

[CD5]
1. Voodoo Child (Slight Return)
2. We Gotta Live Together
3. Wild Thing
4. Hey Joe
5. Purple Haze

Appuntamento a fine novembre.

Bruno Conti

In Studio O Dal Vivo, Non Ne Sbaglia Uno. Tommy Castro And The Painkillers – Killin’ It Live

tommy castro killin' it live

Tommy Castro And The Painkillers – Killin’ It Live – Alligator/Ird

Tommy Castro viene da San Jose, California, dove è nato nel 1955, ma è sempre in giro per gli Stati Uniti (e ogni tanto anche in Europa) a proporre la propria musica dal vivo, anche se nella sua carriera solista iniziata negli anni ’90 (prima suonava con i Dynatones), questo Killin’ It è già il suo terzo disco dal vivo. Il quarto CD registrato con i Painkillers, in una discografia che conta su una quindicina di album, più un paio di EP: da alcuni anni si è accasato con la Alligator, etichetta che ormai da un po’ di anni non sbaglia un disco, e anche questo CD non fa eccezione. Se amate del blues robusto, a forte componente rock, con elementi soul  e southern, non vi potete esimere, anche questa nuova prova di Castro centra l’obiettivo. Registrato nel tour del 2018 Tommy ha pescato da registrazioni effettuate con il suo quartetto tra New York, Michigan, California e in Texas, al leggendario Antone’s: niente ospiti per l’occasione,  solo il bassista Randy McDonald, il batterista Bowen Brown e il tastierista Michael Emerson, che sono diventati uno delle formazioni più gagliarde in circolazione. La scelta del repertorio spazia un po’ in tutta la sua produzione, con due cover, Leaving Trunk di Sleepy John Estes, cavallo di battaglia di Taj Mahal, ma suonata spesso anche da Derek Trucks e Gov’t Mule, nonché Them Changes di Buddy Miles, il celebre brano presente anche nel Live con Santana ed estratto da Stompin’ Ground  l’ultimo album del nostro amico https://discoclub.myblog.it/2017/10/09/delaney-bonnie-e-pure-eric-clapton-avrebbero-approvato-tommy-castro-the-painkillers-stompin-ground/ .

Quindi niente fiati questa volta, ma l’impressione da blues and soul revue è tipica sempre nelle produzioni di Tommy Castro, fin dall’annuncio iniziale “Party Time, It’s Saturday Night Everybody”, l’atmosfera è subito gioiosa e spumeggiante, con una Make It Back To Memphis che sta giusto a metà strada tra il sound della J. Geils Band (anche senza l’armonica di Magic Dick) e il Texas sound di un pimpante Delbert McClinton, grazie ad un ritmo ondeggiante, alla bellissima voce di Castro e al pianino debordante di Emerson, poi nel finale entra la chitarra di Tommy e non ce n’è più per nessuno, il divertimento è assicurato. Can’t Keep A Good Man Down tratta dall’omonimo album del 1997 non è da meno, con una pulsante sezione ritmica e la solista che comincia a  lanciare traccianti rock-blues sul pubblico presente, si capisce perché il musicista californiano è considerato uno dei migliori chitarristi in circolazione, come viene ribadito nelle volute funky di Leaving Trunk, che nella versione di Taj Mahal aveva Ry Cooder e Jesse Ed Davis alle chitarre, ma il nostro amico fa di tutto per non farli rimpiangere, con il suo timbro grasso e pungente, mentre Emerson passato all’organo lo sostiene con brio.

Lose Lose era un brano scritto con Joe Louis Walker presente nel disco del 2015, uno slow blues di quelli tiratissimi e lancinanti dove la chitarra di Castro fa i numeri in un fluentissimo assolo ricco di una forza e una tecnica strabilianti, notevole anche il vibrante shuffle Calling San Francisco, tratto da un vecchio album del 1999, sempre cantato e suonato in grande spinta da tutta le band, che poi accelera vorticosamente a tempo quasi di rock and roll per una potente Shakin ‘The Hard Times Loose dove impazza il batterista Bowen Brown e sembra di sentire appunto una rock’n’soul revue devastante. Un attimo di quiete per godere della bella ballata soul Anytime Soon, che anche vocalmente ricorda il miglior McClinton, con breve solo di grande finezza in punta di dita, She Wanted To Give It To Me è tratta dal disco del 2014 con i Painkillers The Devil You Know, un brano scritto con Narada Michael Walden dal groove funky accentuato, chitarra dal suono nuovamente “grasso” e pungente e ottimo lavoro dell’organo, ancora con quell’aria da party music che spesso trasuda dai brani di Castro; ottima anche Two Hearts altro blues up-tempo con retrogusto soul e il “solito” assolo furioso della Gibson del nostro amico, che per chiudere sceglie Them Changes, un classico del rock-blues, che oltre che con Carlos Santana Buddy Miles era solito suonare nella Band Of Gypsys di Hendrix, versione gagliarda, con lungo assolo di organo nella parte centrale e la solista di Castro che imperversa nel resto del  brano, e spazio anche per i classici assoli di basso e batteria, come in tutti i Live che si rispettano, e questo lo è!

Bruno Conti

Correva L’Anno 1968 2. Jimi Hendrix Experience – Electric Ladyland Deluxe Edition 50th Anniversary Box

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Jimi Hendrix Experience – Electric Ladyland Deluxe Edition 50th Anniversary- Sony Legacy 3CD/Blu-ray – 6 LP/Blu-ray

Come ricordavo nel Post sul box del White Album dei Beatles, Electric Ladyland di Jimi Hendrix occupa “soltanto” il 55° posto nella classifica dei migliori dischi di tutti i tempi stilata dalla rivista Rolling Stone (nella stessa classifica Are You Experienced è nella Top 10) ma è sicuramente uno dei classici album da 5 stellette, un altro disco doppio come quello dei Beatles, l’ultimo disco di studio a venire pubblicato durante la vita di Jimi: Band Of Gypsys era un live e Cry Of Love uscirà postumo. La storia del disco fu tribolata sin dalla scelta della copertina che Hendrix voleva fosse questo scatto di Linda Eastman, non ancora McCartney, di alcuni bambini seduti insieme agli Experience sotto la statua di Alice Nel Paese delle Meraviglie nel Central Park di New York. L’etichetta americana però la rifiutò pubblicando uno scatto della testa dell’artista in primo piano durante in concerto, virata in giallo e rosso, mentre la Track inglese optò, con grande smacco di Hendrix, per una foto che ritraeva 19 ragazze completamente nude nella copertina apribile, e che fu rifiutata da molti negozi britannici che non vollero esporla.

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Il disco, uscito negli USA e in Gran Bretagna il 16 ottobre del 1968, fu comunque un grande successo: 1° posto negli Stati Uniti con 2 milioni di copie vendute, e solo 6° posto con appena 100.000 copie nel Regno Unito, ma a livello critico fu al tempo (quasi) unanimemente considerato uno dei capolavori assoluti, e da allora molti lo hanno ancor più rivalutato. Sedici brani per poco più di 75 minuti di musica, con almeno quattro/cinque brani destinati a diventare immortali, come Crosstown Traffic, le due versioni “spaziali” di Voodoo Chile Voodoo Child (Slight Return), Burning Of The Midnight Lamp e soprattutto la cover di All Allong The Watchtower di Bob Dylan (a mio modesto parere, nella discografia di Hendrix, insieme a Little Wing, uno dei dieci brani più belli della storia del rock), uno dei rarissimi casi, forse unico, in cui una rilettura di un artista diverso dell’autore, di quelli “importanti”, ha superato l’originale, tanto che lo stesso Dylan ha adottato, a modo suo e nel corso degli anni, quella di Jimi come la stesura definitiva di questa canzone. E nell’album ci sono comunque altre tracce da tesaurizzare e le vediamo tra un attimo.

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Nella nuova versione, per il 50° Anniversario, la Sony Legacy ha proposto questa edizione quadrupla, dove al disco originale, in una nuova masterizzazione di Eddie Kramer, l’ingegnere del suono che curò anche la prima edizione in LP, sono stati aggiunti un secondo dischetto con le Early Takes, ovvero 20 brani tra demos e studio outtakes registrati tra marzo e giugno del 1968, oltre ad un concerto tenuto alla Hollywood Bowl di Los Angeles il 14 settembre del 1968, mentre nel Blu-ray c’è il documentario The Making Of Electric Ladyland, già edito, ma qui integrato con del materiale aggiuntivo, oltre a tre differenti versioni per audiofili del disco originale, tra cui quella in 5.1 Dolby surround, che da quello che ho letto in giro qui e là per siti e forum, sono state accolte in modo ondivago, bene per alcuni, non in maniera del tutto positiva per altri, ma questo non dovrebbe inficiare la validità del cofanetto (anche se…), che è anche corredato da un librettone di 48 pagine, con la duplicazione dei testi scritti a mano da Hendrix, alcuni poemi, le sue istruzioni per la casa discografica e molte foto inedite delle sessions per l’album.

Veniamo quindi ad esaminare i contenuti. Il primo disco lo conosciamo tutti, ma è sempre un piacere andarlo a riascoltare: l’apertura, grazie all’uso delle tecnologie già disponibili all’epoca, è il suono di un extraterrestre o degli Dei che scendono sulla terra, grazie ai primitivi ma eccitanti suoni di …And The Gods Made Love, che nel 1968 erano assolutamente innovativi e quasi impensabili, subito seguiti da una sorta di delicata e melliflua ballata soul futuribile come Have You Ever Been (To Electric Ladyland), che anticipa il sound che avrebbe preso la musica nera da lì a poco, tra falsetti ed effetti speciali, con la chitarra di Jimi già unica e subito riconoscibile, mentre il basso, come in quasi tutto il disco, con la progressiva distanza per dissapori vari con Noel Redding, è affidato sempre a Hendrix. Crosstown Traffic, con la formazione degli Experience al completo e Dave Mason dei Traffic alle armonie vocali, fu il secondo singolo ad uscire ed è uno dei classici pezzi rock del gruppo, un riff fantastico, la batteria di Mitch Mitchell che impazza, un kazoo usato insieme alla chitarra alla ricerca di soluzioni sonore inconsuet,e ma semplici e il tocco inconfondibile della sua solista. Che viene subito spinta verso vette inarrivabili per tutti i chitarristi di allora (e anche di oggi) nel tripudio orgiastico degli oltre 15 minuti di Voodoo Chile, un blues elettrico all’ennesima potenza, con Jack Casady dei Jefferson Airplane al basso e Steve Winwood all’organo: si parte da Rollin’ Stone di Muddy Waters, e passando per John Lee Hooker B.B. King in pochi istanti siamo nella stratosfera del rock, in un brano che rilancia e rilancia di continuo l’improvvisazione pura in modo sontuoso ed imprevedibile, che dire, goduria sonora allo stato primordiale, una vera meraviglia, con Casady e Winwood che non sono solo comprimari ma parte attiva di un momento magico di quella notte del 2 maggio del 1968.

La seconda facciata, meno esplosiva, si apre con Little Miss Strange, un brano scritto e cantato da Noel Redding, un brano rock piacevole ma non particolarmente memorabile, anche se ulteriori sprazzi delle genialità di Hendrix sono percepibili anche in questo pezzo più leggero, dove comunque la chitarra è sempre alla ricerca di suoni ed effetti accostabili alla imperante psichedelia, Long Hot Summer Night è una collaborazione con Al Kooper, altro grande tastierista in auge in quel periodo, qui impegnato al piano, sempre in bilico tra blues, soul e il rock innovativo che fluiva a getto continuo dalla fertile immaginazione di Hendrix, che poi si reinventa un classico jump blues di New Orleans come Let The Good Times Roll di Earl King,  che fu un successo per Louis Jordan, qui rivoltato come un calzino e trasformato in una scintillante e travolgente Come On (Part I), dove Jimi aggiunge un nuovo testo e soprattutto ben quattro diversi assolo di chitarra nei quattro minuti del brano, con Noel Redding e Mitch Mitchell che propongono un ritmo travolgente per le improvvisazioni che iniziano a pigiare a fondo sul pedale del wah-wah. Che viene nuovamente utilizzato in maniera magistrale in Gypsy Eyes, lato B di Crosstown Traffic, batteria con compressione e in grande spolvero, suono che fluttua da un canale all’altro dello stereo ed effetti sonori sempre diversi creati dalla maestria del mancino del Seattle, in pieno trip creativo, che continua anche nella magnifica, malinconica e sognante Burning Of The Midnight Lamp, un brano registrato nel 1967 ancora con la produzione di Chas Chandler, con Hendrix che oltre ad impazzare con il suo wah-wah, suona anche un inconsueto clavicembalo e si affida ai cori delle Sweet Inspirations.

La terza facciata (ma è tutto su un CD, ragiono solo ricordando gli ascolti del vecchio LP doppio), è quella più sperimentale, dedicata alle jam sessions in libertà, dove si esplorano altri aspetti dello straordinario talento chitarristico di Hendrix, in grado di variare in modo incredibile il proprio menu sonoro, con dei mezzi che erano lontanissimi dalle possibilità fornite dall’attuale tecnologia: proprio Mike Finnigan, l’organista che suona nei primi due brani di questo terzo lato dell’album, racconta che quando venne chiamato da Jimi, di cui aveva ascoltato i primi due album, era in soggezione all’idea di incontrare questo grande innovatore, e pensava di trovare cataste di potenti amplificatori e aggeggi elettronici che permettevano di creare quel sound incredibile, trovandosi invece, con enorme stupore, davanti a un musicista che usava solo un piccolo amplificatore Fender Showman da 30 watt, da cui usciva tutto un mondo di suoni. In Rainy Day, Dream Away, una breve jam di neanche 4 minuti, che inizia con l’organo di Finnigan e un colpo di tosse, la chitarra di Hendrix è affiancata dal corno di Freddie Smith, mentre alla batteria siede Buddy Miles, nel finale Jimi fa letteralmente “parlare” la chitarra, con una improvvisazione al wah-wah, dove il suo cry baby assume veramente tonalità quasi da voce umana. Il secondo brano è anche meglio: la lunga 1983… (A Merman I Should Turn to Be) dove il musicista americano, sfruttando appieno le possibilità dello studio di registrazione, crea quasi una sinfonia rock di oltre 13 minuti, abilmente aiutato dal flauto di Chris Wood dei Traffic,  e sulle ali di un testo con accenni di fantascienza futuribile, immagina universi sonori impensabili per qualsiasi altro musicista dell’epoca, e  suoni che probabilmente avrebbero influenzato anche l’imminente svolta elettrica del Miles Davis di Bitches Brew, grazie ad una fantasia e ad una perizia tecnica veramente ammirevoli, Moon, Turn the Tides… Gently, Gently Away, è solo una breve coda basata su effetti sonori creati ad hoc, per chiudere questo onirico e visionario tuffo nel futuro.

La quarta facciata si apre con Still Raining, Still Dreaming che riprende il tema musicale che stava sfumando in Rainy Day…, con Buddy Miles di nuovo alla batteria, Larry Faucette alle percussioni, Freddie Smith ancora al corno e Finnigan all’organo, e Hendrix nuovamente impegnato a creare sonorità esaltanti con il suo wah-wah parlante quasi preternaturale. House Burning Down è un brano che neppure troppo velatamente fa riferimento alle tensioni razziali in corso in America in quel periodo  «Look at the sky turn a hell fire red, somebody’s house is burnin’ down down, down down», e nel quale la chitarra di Jimi riproduce nel finale il suono di una casa che sta crollando, mentre prima le continue stilettate della sua solista sono sempre al servizio del suo funky-rock-blues , come dire, “hendrixiano”! Se tutto il resto del disco non fosse già straordinario, a questo punto arriva All Along The Watchtower, dove la re-immaginazione di un brano già molto bello di suo, raggiunge vertici sublimi quasi ai limiti dell’impensabile, come ha dichiarato lo stesso Bob Dylan, una canzone che non si può descrivere, si può solo ascoltare in totale riverenza per un talento assoluto che in soli tre anni ha cambiato la storia del rock. E il disco finisce in gloria con un’altra orgia di wah-wah e rock allo stato puro, come Voodoo Child (Slight Return), un brano di una potenza devastante dove gli Experience originali, Noel Redding Mitch Mitchell danno una mano a Hendrix per un tuffo nelle profondità più buie del rock-blues contemporaneo.

Il secondo CD contiene gli Early Demos, ovvero per dargli il suo titolo completo, At Last…The Beginning: The Making Of Electric Ladyland, The Early Years:prima la genesi di come fu creato questo album, attraverso una serie di  diverse registrazioni in solitaria di Jimi Hendrix al Drake Hotel di New York, dove risiedeva a quell’epoca e sul suo Teac registrava le idee e le sensazioni di come avrebbe voluto sviluppare le sue canzoni. Alcune finiranno sul disco finito, altre verranno completate ed usate negli anni successivi, altre ancora usciranno solo postume. Ecco quindi scorrere, solo voce e chitarra elettrica, alcune delle prime scheletriche stesure di brani come 1983…(A Merman I Should Turn To Be), Angel, lo strumentale Cherokee Mist, una brevissima Hear My Train A Comin’, Voodoo Chile, già quasi completa nei suoi oltre dieci minuti, anche se il testo è diverso, incompleto e Hendrix prova diverse soluzioni, anche Gypsy Eyes è solo una sketch embrionale, come pure Somewhere, dove appare anche una armonica ad evidenziarne lo spirito blues, ma la voce è solo una traccia guida e Jimi suona la chitarra acustica. Long Hot Summer Night appare in tre versioni diverse, nessuna particolarmente memorabile corre l’obbligo di dire, anche la brevissima Snowballs At My Window appare particolarmente trascurabile e My Friend è un altro blues acustico destinato probabilmente solo ai fanatici hendrixiani. And The Gods Made Love (At Last…The Beginning) è il primo provino di studio. Da qui in avanti le cose si fanno più interessanti:Angel Caterina, una variazione su una parte del tema di 1983 Little Miss Strange, entrambe prevedono la presenza di Buddy Miles alla batteria e Stephen Stills che appare al basso solo nella seconda, vengono da una seduta di registrazione ai Sound Studios di New York del marzo 1968, e sono canzoni ben delineate ed affascinanti, anche se finiscono od iniziano alquanto brutalmente.

Le due takes di Long Summer Night, solo la chitarra di Hendrix e il piano di Al Kooper la prima, e più definita benché strumentale la seconda, arrivano da una seduta ai Record Plant Studios. Rainy Day, Dream Away Rainy Day Shuffle, sono due registrazioni diverse di giugno del 1968, complete, ma ancora senza la parte magica della chitarra con wah-wah parlante della stesura definitiva, Finnigan e Freddie Smith sono presenti a rendere interessanti ma non definitive le versioni. Viceversa molto bella una lunga take in libertà, di pura improvvisazione, solo Jimi Hendrix e Mitch Mitchell a provare la parte strumentale di 1983…(A Merman I Should Turn To Be). Il terzo CD comprende il concerto Live At The Hollywood Bowl del 14 settembre 1968, uscito come bootleg ufficiale per la Dagger Records, l’etichetta della famiglia Hendrix che pubblica le registrazioni live postume dell’artista di Seattle. Il concerto è bello ed interessante, e con la Jimi Hendrix Experience non poteva essere diversamente, ma la qualità della registrazione è decisamente scarsa, a voler essere generosi e per usare un eufemismo, non particolarmente memorabile. Il repertorio viene da tutti i tre album del trio: Voodoo Child (Slight Return) è nella versione monstre da oltre dieci minuti, che è poi un composito delle due, Red House è sempre uno dei blues elettrici più belli di sempre, Hey Joe non delude, c’è anche una cover di Sunshine Of Your Love dei Cream, oltre a Foxey Lady,una ferocissima Fire, I Don’t Live Today, ma la voce e gli strumenti spesso vanno in saturazione. Purtroppo anche quella che pareva una notevole versione di Little Wing, che pure viene stoppata per problemi tecnici e a causa di un pubblico irrequieto, quasi non si sente a causa della registrazione scadente. A chiudere, l’inno Star Spangled Banner e una Purple Haze sempre molto pasticciata a livello sonoro. Del Blu-ray abbiamo ricordato i contenuti, ma per concludere diciamo che se questo è sicuramente un capolavoro assoluto nel primo disco e non si discute, per il resto si poteva fare molto meglio, visti i 50 euro e passa che ti chiedono per il cofanetto. 

Burno Conti

Se Fosse Uscito Nel 1970 Sarebbe Stato Un Gran Disco, Ma Pure Oggi Non Scherza! Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky

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Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky – Experience/Sony Legacy

Poco meno di due mesi fa, nella rubrica delle anticipazioni discografiche, avevo pubblicato un Post http://discoclub.myblog.it/2018/01/26/uscite-prossime-venture-2-un-altro-hendrix-nuovo-esce-il-9-marzo-jimi-hendrix-both-end-of-the-sky/  dedicato a questo ennesimo “nuovo” album di Jimi Hendrix Both Sides Of The Sky. Devo dire che di tutto il materiale e dei dischi postumi, anche box, che si sono succeduti nel corso degli anni dedicati al mancino di Seattle, e ne sono usciti alcuni veramente belli, questo ultimo è uno dei più interessanti in assoluto, curato come al solito da Eddie Kramer.

Per cui riprendo quanto scritto all’epoca e lo rielaboro alla luce dell’ascolto che ho potuto fare del materiale contenuto nel CD. Vediamo, brano per brano le tredici canzoni, 65 minuti di musica in tutto:

:1. Mannish Boy La prima registrazione in assoluto in studio del trio Hendrix, Buddy Miles Billy Cox, prima ancora di chiamarsi Band Of Gypsys, alle prese con uno dei grandi brani di Muddy Waters.  Uno dei classici blues psichedelici di Jimi: nel corso dei suoi concerti eseguiva periodicamente anche (I’m Your) Hoochie Coochie Man, in effetti lo troviamo nelle BBC Sessions. Il brano, registrato ai Record Plant Studios di New York il 22 Aprile 1969, ha il classico sound delle prime registrazioni con gli Experience, anche se è suonato con una diversa sezione ritmica, classico suono hendrixiano con scat voce-chitarra tipico del suo solismo ma senza particolari acrobazie sonore, si fa per dire, visto che si parla di Hendrix, comunque un brano solido e completamente rifinito.

2. Lover Man Altro pezzo di studio, registrato due settimane prima degli storici concerti di Capodanno al Fillmore East di New York. Il brano, pubblicato anche in un singolo in vinile a tiratura limitata, uscito sempre in questi giorni. Si trova in vari dischi postumi, da quello all’Isola di Wight a Hendrix In The West, come anche nel box quadruplo, quello in vellutino del 2000 per intenderci, versione non molto diversa da questa, anche se c’è Mitch Mitchell alla batteria, mentre in questa ci sono le velocissime scariche percussive di Buddy Miles. Altra classica canzone del songbook del mancino di Seattle, con i suoi inconfondibili riff e quelle accelerazioni chitarristiche che hanno influenzato generazioni di musicisti. Bella versione comunque, molto funky-rock.

 3. Hear My Train A Comin’  Questo è uno dei pezzi più famosi di Hendrix tra quelli non “ufficiali”, registrato in varie versioni, ma mai apparso in nessun disco ufficiale di studio, solo in dischi postumi dal vivo: la colonna sonora di Jimi Hendrix, Rainbow Bridge, Jimi Hendrix Concerts, il solito “vellutino”, ma anche l’altro box West Coast Seattle Boy. La versione presente in Both Sides Of The Sky è una delle ultime registrazioni in studio dei Jimi Hendrix Experience con Noel Redding Mitch Mitchell, 9 aprile 1969. Versione spettacolare che non ha nulla da invidiare a quelle dal vivo, con Hendrix in grande forma e la sua chitarra che rilascia una serie di assoli lancinanti con il wah-wah a manetta innestato, come solo il nostro amico sapeva fare nei momenti più ispirati, cioè quasi sempre, detto per inciso, grande anche il lavoro della sezione ritmica, come nei brani migliori di Electric Ladyland, forse la vetta assoluta della sua purtroppo troppo breve carriera.

4. Stepping Stone Anche questo pezzo venne eseguito dal vivo nei concerti al Fillmore della Band Of Gypsysqui presentato in una “rara” versione, diversa da quella che fu anche brevemente pubblicata come singolo all’epoca, prima di essere subito ritirata. Classico pezzo rock molto tirato, anche se non una delle vette dell’opera del nostro amico, comunque un’altra gradita aggiunta alla sua opera ominia

5. $20 Fine Si tratta di un brano scritto da Stephen Stills, che suona l’organo e canta in questa canzone, con Jimi Hendrix che sovraincise diverse parti di chitarra, mentre alla batteria c’era Mitch Mitchell e al piano  era presente anche Duane Hitchings dei Buddy Miles Express. Il tutto fu registrato nel settembre del 1969 e fa parte delle diverse collaborazioni che i due musicisti ebbero in quegli anni. Il pezzo è cantato da Stills e ricorda molto quelli che poi sarebbero usciti sul suo primo disco solo: classico brano rock del musicista di CSN&Y impreziosito dalle trame soliste di Hendrix e con lo stesso  Stephen Stills che fa molto lo Steve Winwood della situazione,

6. Power Of Soul è una studio session del brano registrata nel gennaio 1970, tre settimane dopo i concerti del Fillmore, un pezzo che venne completato in studio da Hendrix e Eddie Kramer agli Electric Lady Studios il 22 Agosto del 1970. Un altro dei brani che facevano parte dei concerti al Fillmore East della Band Of Gypsys, in questa versione estesa ci sono decine di chitarre sovraincise, come era tipico delle tracce in lavorazione all’epoca, con Jimi che sfruttava fino in fondo le possibilità degli studi di registrazione e lo stile che risente del suono funky/R&B usato nel periodo con Cox e Miles.

7. Jungle Altra rarità,:si tratta di una variazione sul tema del Villanova Junction Blues incluso nella colonna sonora di Woodstock: uscita in svariati bootleg, questa è una delle versioni più compiute pubblicate. Un pezzo strumentale, solo Jimi e Buddy Miles, di cui prima dell’uscita di Both Sides Of The Sky si diceva che ci fossero forti influenze dello stile di Curtis Mayfield,  cosa che peraltro non mi sembra di avere percepito. Forse uno dei brani meno interessanti del CD, non brutto, perché non c’è nulla di brutto nell’album, ma non esiziale.

8. Things I Used To Do Una rilettura del celebre pezzo di Guitar Slim è l’occasione per ascoltare una delle varie collaborazioni che si vocifera esistano tra Hendrix e Johnny Winter, qui presente alla slide, con Billy Cox al basso e Dallas Taylor, della band di CSN & Y, alla batteria. Anche questa traccia nel corso degli anni è apparsa in vari bootleg e illustra ancora una volta il grande amore di Hendrix per il blues classico, con un Jimi stranamente misurato alla chitarra e Winter che imperversa con la sua solita verve alla slide, molto bello.

 9. Georgia Blues Altra chicca, uno slow blues di quelli magnetici e magnifici, che segna una sorta di reunion con Lonnie Youngblood, qui alla voce, che era il cantante di Curtis Knight & The Squires, già nel periodo pre-Jimi Hendrix Experience. Youngblood suona anche il sax in un lungo solo durante la parte strumentale e John Winfield appare all’organo, assieme a Jimmy Mayes alla batteria e Hank Anderson al basso, registrazione del marzo 1969.. Quasi otto minuti di pura magia sonora con Hendrix che lavora di fino alla solista come solo lui sapeva fare, unico ed inimitabile. Anche questo brano è parente stretto dei brani più jam apparsi nelle facciate centrali del vinile di Electric Ladyland

10. Sweet Angel Una deliziosa versione strumentale di Angel, registrata durante le sessioni per Electric Ladyland nel gennaio 1968 agli Olympic Studios di Londra, con Jimi alla chitarra, al basso e al vibrafono e Mitch Mitchell alla batteria, la melodia del brano è presente in modo completo, ma l’arrangiamento è più complesso senza stravolgerlo troppo rispetto alle “edizioni” già conosciute, diciamo una alternative version affascinante per i fan più accaniti.

11. Woodstock E’ proprio la canzone di Joni Mitchell, che Stephen Stills, qui sempre all’organo, portò alle jam sessions che stava avendo con Hendrix in quel periodo, 30 settembre 1969. Questa versione venne registrata prima di quella con Crosty, Stills, Nash & Young: Buddy Miles sedeva alla batteria e la canzone ricorda moltissimo quella poi incisa da C.S.N. & .Y con Jimi al basso: comunque il pezzo è molto bello e valeva la pena di sentirlo. Pare che esista molto altro materiale registrato dai due, vedremo se uscirà mai in versione ufficiale

.12. Send My Love To Linda  Altro pezzo inedito registrato con Billy Cox Buddy Miles per l’ipotetico album di studio dei Band Of Gypsys, mai completato e neppure questa volta mi pare, visto che si tratta di vari segmenti di diverse takes, registrate nel gennaio 1970, unite assieme non dico a caso, ma quasi. Oltre a tutto inizia solo voce e chitarra e poi nella parte finale, quella strumentale, arrivano anche il basso e la batteria e qui il brano si fa veramente interessante con notevoli improvvisazioni della solista che ne giustificano la presenza in questo CD.

13. Cherokee Mist  Altra improvvisazione chitarristica, quasi otto minuti, con Mitchell alla batteria e Hendrix che suona anche il sitar guitar ed imperversa con il suo feedback avvolgente in tutto il brano. Se non ricordo male già apparsa nel quadruplo box Jimi Hendrix Experience, quello con il “vellutino” http://discoclub.myblog.it/2013/08/02/per-la-seconda-volta-ma-sempre-un-classico-rimane-jimi-hendr/ ! Anche se la versione qui presente, del maggio 1968 ai Record Plant. oltre ad essere una delle tracce più interessanti della raccolta, pura psichedelia sonora come solo Jimi Hendrix sapeva fare, è anche uno dei brani più indicativi di quella che sarebbe potuta divenire la musica del mancino di Seattle nell’immediato futuro, ma non lo sapremo mai.

Come al solito qualcuno potrà obiettare che stiamo scavando sempre più a fondo nel barile della musica di Hendrix, ed è vero, ma fin che i risultati sono questi apprezziamo e consigliamo: come detto nel titolo del Post, se fosse uscito nel 1970 sarebbe stato un bel disco, ma pure oggi fa la sua porca figura, non solo per fan accaniti.

Bruno Conti

Uscite Prossime Venture 2. Un Altro Hendrix “Nuovo”? Esce Il 9 Marzo. Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky

jimi hendrix both sides of the sky

Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky – Experience/Sony Legacy – 09-03-2018

Terzo capitolo della serie delle ristampe di materiale “inedito” di studio di Hendrix dopo i recenti  Valleys Of Neptune e People, Hell & Angels (e mille altri dal vivo e in studio). Come al solito curato dal lato tecnico dallo storico ingegnere del suono Eddie Kramer, questo Both Sides Of The Sky mi sembra uno dei dischi postumi più interessanti di Hendrix da molti anni a questa parte, e a parte qualche disco Live, tra i migliori in assoluto. Vediamo i contenuti, brano per brano: 13 pezzi, di cui 10 mai pubblicati prima?

1. Mannish Boy La prima registrazione in assoluto in studio del trio Hendrix, Buddy Miles Billy Cox, prima ancora di chiamarsi Band Of Gypsys, alle prese con uno dei grandi classici di Muddy Waters.

2. Lover Man Altro pezzo di studio, registrato due settimane prima degli storici concerti di Capodanno al Fillmore East di New York

3. Hear My Train A Comin’ Questo è uno dei pezzi più famosi di Hendrix, registrato in varie versioni, ma mai apparso in nessun disco ufficiale di studio, se non in dischi postumi

4. Stepping Stone Anche questo pezzo venne eseguito dal vivo nei concerti di Band Of Gypsys, qui presentato in una “rara” versione.

5. $20 Fine Si tratta di un brano scritto da Stephen Stills, che suona l’organo e canta in questa canzone, con Jimi Hendrix che sovraincise diverse parti di chitarra, mentre alla batteria c’era Mitch Mitchell e alle tastiere era presente anche Duane Hitchings dei Buddy Miles Express. Il tutto fu registrato nel settembre del 1969

6. Power Of Soul è una studio session del brano registrata nel gennaio 1970, tre settimane dopo i concerti del Fillmore, un pezzo che venne completato in studio da Hendrix e Kramer agli Electric Lady Studios il 22 Agosto del 1970

7. Jungle Altra rarità:si tratta di una variazione sul tema del Villanova Junction Blues incluso nella colonna sonora di Woodstock. Si dice (non l’ho sentita in questa versione) che in questa canzone ci siano forti influenze dello stile di Curtis Mayfield

8. Things I Used To Do Una rilettura del celebre pezzo di Guitar Slim è l’occasione per ascoltare una delle varie collaborazioni che si vocifera esistano tra Hendrix e Johnny Winter, qui presente alla slide, con Billy Cox al basso (ma Eddie Kramer ha detto che c’era Noel Redding, vedremo) e Dallas Taylor, della band di CSN & Y, alla batteria

 9. Georgia Blues Altra chicca, che segna una sorta di reunion con Lonnie Youngblood, qui alla voce, che era il cantante di Curtis Knight & The Squires, nel periodo pre-Jimi Hendrix Experience

10. Sweet Angel Una versione strumentale di Angel, registrata durante le sessioni per Electric Ladyland, con Jimi alla chitarra, al basso e al vibrafono e Mitch Mitchell alla batteria

11. Woodstock E’ proprio la canzone di Joni Mitchell, che Stephen Stills portò alle jam sessions che stava avendo con Hendrix. Questa versione venne registrata prima di quella con Crosty, Nash & Young: Buddy Miles sedeva alla batteria. Esiste molto materiale registrato dai due, vedremo se uscirà mai in versione ufficiale

.12. Send My Love To Linda Altro pezzo inedito registrato con Billy Cox Buddy Miles per l’ipotetico album di studio dei Band Of Gypsys, mai completato

13. Cherokee Mist Altra improvvisazione chitarristica, con Mitchell alla batteria e Hendrix che suona anche il sitar. Se non ricordo male già apparsa nel quadruplo box Jimi Hendrix Experience, quello con il “vellutino” http://discoclub.myblog.it/2013/08/02/per-la-seconda-volta-ma-sempre-un-classico-rimane-jimi-hendr/ !

Che dire? Molto, molto interessante, questa volta. Esce il 9 marzo.

Bruno Conti

Ci Sono Voluti Più Di Cinquant’Anni, Ma Questo E’ Un Signor Disco Dal Vivo! Steve Winwood – Greatest Hits Live

winwood greatest hits

Steve Winwood – Greatest Hits Live – 2 CD Wincraft Records

Ve ne avevo anticipato l’uscita ancora alla metà di luglio, ma il 1° settembre è finalmente uscito questo doppio CD dal vivo di Steve Winwood. Come ricordavo in quel Post pare incredibile ma, in oltre 50 anni di carriera, Winwood non aveva mai pubblicato un disco dal vivo a nome suo: ne ha fatti con i Traffic, con i Blind Faith, con gli Airforce di Ginger Baker e i Go di Stomu Yamash’ta, oltre allo splendido doppio CD e DVD con Eric Clapton Live At Madison Square Garden, uscito nel maggio del 2009, quindi poco prima della nascita del Blog, e quindi non avevo potuto parlarvene. Ma ora rimedia con questo eccellente Greates Hits Live che fin dal titolo ci ricorda che si tratta di una carrellata su tutti i suoi grandi successi (e non solo) attraverso 23 brani che coprono tutto l’arco della sua carriera, dagli esordi con lo Spencer Davis Group fino a Fly, unico brano tratto dal suo ultimo album in studio Nine Lives, uscito nel 2008, dove era proprio accompagnato da alcuni degli stessi musicisti che suonano in questo doppio CD, ovvero Jose Neto alla chitarra, Richard Bailey alla batteria, Paul Booth al sax, flauto e Hammond (quando Winwood passa alla chitarra), più il percussionista Edson “Cafe” da Silver. Musicisti non notissimi ma solidi e professionali che regalano all’album, inciso benissimo, un sound molto caldo ed espansivo, rodato dai vari tour effettuati da Steve e compagni, e da cui sono stati estratti i brani inseriti in questo disco dal vivo.

Che come richiede l’iconografia della migliore musica rock è un classico doppio Live. Non depone a favore della discografia mondiale che Steve Winwood se lo sia dovuto pubblicare sulla propria etichetta personale, la Wincraft, distribuita dalla Thirty Tigers negli Stati Uniti, ma forse ha preferito così per essere più libero nelle scelte. Veniamo al concerto che si apre su I’m A Man, un brano che faceva parte del repertorio dello Spencer Davis Group (uscito come singolo in Inghilterra, e che dava il titolo al loro secondo album americano del ’67, di cui ricordo una versione formidabile nel primo album dei Chicago), scritta da Jimmy Miller e lo stesso Steve, qui in una versione dal sapore funky e latineggiante all’inizio, con ampio uso di percussioni, fino all’entrata dell’organo Hammond di Winwood che inizia a lavorare di fino e poi lascia spazio al sax di Booth, poi si passa al classico riff di Them Changes, un brano molto Hendrixiano di Buddy Miles (già nello show del Madison Square Garden con Clapton), dove si apprezza molto la voce grintosa e senza tempo di Winwood (come in tutto il disco peraltro), anche se l’uso del sax, in certi momenti, è fin troppo invadente, ma l’assolo di chitarra è notevole. Fly, come si diceva in fase di presentazione, è il brano più recente, una delle classiche ballate del musicista inglese, che dimostra di non avere perso la capacità di scrivere belle canzoni e cantarle ancora meglio, interessante anche l’arrangiamento con organo, sax e flauto che si incrociano come nei brani dei Traffic. mentre con Can’t Find My Way Home Had To Cry Today, i due pezzi dei Blind Faith, si entra nel vivo del concerto, anche se le versioni odierne non sono belle come gli originali, comunque si tratta di brani immortali, felpata e avvolgente la prima, molto grintosa la seconda, con la band che entra in un mood più rock e le chitarre cominciano a scaldarsi.

Mentre The Low Spark Of High-Heeled Boys è il primo brano dei Traffic in scaletta, stranamente, nonostante i suoi otto minuti, comunque più breve della versione originale, in ogni caso una versione jazzata e raffinata, seguita da Empty Pages, uno dei brani più belli di John Barleycorn e di tutta la discografia del nostro, bellissima, con l’organo che scivola maestoso, sostenuto dal sax e dalla voce senza tempo di Winwood (veramente 69 anni e non sentirli) che intona questa melodia con piglio deciso. Back In The High Life Again fa parte del periodo più leggero e “modaiolo” dello Steve anni ’80, ma comunque in questo arrangiamento elettroacustico, con Steve al mandolino, guadagna molti punti, e anche Higher Love, tratta dallo stesso disco del 1986, ha quel tocco funky e blue-eyed soul tipico del musicista di Birmingham (ok, Handsworth). Poi si torna al passato con un a grande versione di Dear Mr. Fantasy, dove si apprezza anche lo Steve Winwood chitarrista, che non ha nulla da invidiare all’organista, con il celebre brano dei Traffic, uno dei brani classici del rock britannico, dal crescendo entusiasmante, fino alle esplosioni ripetute della solista che mulina di brutto nella parte centrale e finale. E anche Gimme Some Lovin’ è un altro dei cavalli di battaglia del repertorio del nostro amico, un pezzo dove è impossibile rimanere fermi senza seguire quel riff irresistibile e che gli ha guadagnato ad inizio carriera la nomea di Ray Charles bianco. A questo punto finisce il primo CD, ed alcuni dei brani più noti ce li siamo già giocati nella sequenza inconsueta in cui sono stati impostate le canzoni.

Il secondo CD si apre con Rainmaker, un altro dei brani di Low Spark, uno dei pezzi più “atmosferici” della band inglese, con Booth che riprende il lavoro del flauto di Chris Wood per una versione complessivamente affascinante. E anche Pearly Queen, uno dei pezzi più rock dei Traffic non scherza, ottima versione, come pure quella del celeberrimo strumentale Glad (a lungo sigla della trasmissione radiofonica Per Voi Giovani), anche questo estratto da John Barleycorn e dal riff notissimo, con sax e organo a duettare con libidine. A sorpresa poi tocca alla seconda cover del doppio Live, una versione di Why Can’t We Live Together, notissimo brano di Timmy Thomas del 1972, tra R&B e jazz light, molto adatto allo stile di Winwood che ne dà una versione molto bella, sospesa e sorniona, con organo, chitarra acustica e voce che sembrano nuotare sul groove della canzone. 40,000 Headmen era.sul 2° omonimo disco dei Traffic, quando Dave Mason era ancora in formazione, ed è firmata anche da Jim Capaldi, un brano quasi folk-rock psichedelico che mantiene lo spirito innovativo dell’originale. In questo balzare avanti e indietro nel tempo, a questo punto del concerto tocca a Walking In The Wind, uno dei brani più funky e sinuosi del songbook dei Traffic, era su When The Eagle Flies, caratterizzato da un giro di basso ricorrente e dalle svisate del B3 di Winwood, e poi a Medicated Too, sull’ultimo disco della prima fase dei Traffic, altro pezzo tra i più rock-psych della band inglese, con la chitarra in bella evidenza. John Barleycorn Must Die è uno dei capolavori del gruppo, un brano folk tradizionale che è diventato a sorpresa una sorta di inno transgenerazionale e che ancora oggi non manca di emozionare, una sorta di anticipazione all’epoca dei Led Zeppelin più pastorali e del folk britannico.

Per la parte finale del concerto Winwood si concede al sound più americano e di successo commerciale della sua carriera solista:prima con While You See A Chance Arc Of A Diver, le due canzoni tratte da quel disco del 1980, quello inciso in solitaria con una forte preponderanza del suono del synth, tanto che il disco venne etichettato anche come synthpop e new wave, oltre che blue-eyed soul, ma le canzoni erano belle e hanno ben sopportato il passar del tempo, grazie ad una melodia solare e radiosa, che risalta anche in queste versioni più d’assieme e  dal piglio rock’n’soul, e poi con quella voce può cantare quello che vuole, e in questa porzione del concerto, probabilmente tratta da altre date, appaiono anche delle belle voci femminili di supporto. Diciamo che la scelta delle sequenza dei brani del CD non è forse felicissima perché i brani migliori mi sembra siano andati tutti (con qualche pezzo mancante nella tracklist ideale, qualcuno ha detto Presence Of The Lord?, però l’ha scritta Eric, allora Sea Of Joy, ma non si può avere tutto dalla vita). Comunque prima della fine c’è tempo ancora per una vivacissima e  molto funky Freedom Overspill, con wah-wah, e tocco magico dell’organo e sax a dividersi gli spazi e per Roll With It, in una versione quasi da soul revue, molto calda e ritmata. Insomma un bel doppio dal vivo, con tutte le anime della musica di Steve Winwood ben rappresentate, anche se, ripeto, il sottoscritto avrebbe messo i brani del concerto in un’altra sequenza, ma è un piccolo appunto, per il resto ottimo ed abbondante!

Bruno Conti

Il Primo Disco Dal Vivo Di Steve Winwood? Ebbene Sì, Esce Il 1° Settembre. Steve Winwood – Greatest Hits Live

winwood greatest hits

Steve Winwood – Greatest Hits Live – 2 CD/4 LP Wincraft – 01-09-2017

Lo ribadisco, per quanto possa sembrare incredibile, questo è il primo disco dal vivo ufficiale di Steve Winwood, per essere onesti come solista: perché ovviamente, nel corso degli anni, sono usciti album Live praticamente di quasi tutte le formazioni in cui ha militato, Spencer Davis Group escluso. Sono state pubblicate registrazioni dei Blind Faith (per quanto solo in DVD), Traffic, Airforce (il supergruppo con Ginger Baker), dei Go di Stomu Yamash’ta, il Live At Madison Square Garden con Eric Clapton, ma mai a nome proprio. E quindi il buon Steve per colmare la lacuna ha deciso di pubblicare un bel doppio dal vivo con la propria etichetta personale, la Wincraft.

Le canzoni sono estratte dagli archivi personali dello stesso Winwood e registrate nel corso delle ultime tournée, anche se al momento non è dato sapere dove e quando: quindi non un unico concerto, ma una serie di brani scelti da Steve dal suo immenso songbook, e che toccano tutte le fasi della sua carriera, iniziata ben 54 anni fa nel 1963, quando il ragazzo prodigio Stevie Winwood esordiva a 15 anni nello Spencer Davis Group. Ecco la lista completa dei brani.

[CD1]
1. I’m A Man
2. Them Changes
3. Fly
4. Can’t Find My Way Home
5. Had To Cry Today
6. Low Spark of High Heeled Boys
7. Empty Pages
8. Back In The High Life Again
9. Higher Love
10. Dear Mr Fantasy
11. Gimme Some Lovin’

[CD2]
1. Rainmaker
2. Pearly Queen
3. Glad
4. Why Can’t We Live Together
5. 40,000 Headmen
6. Walking In The Wind
7. Medicated Goo
8. John Barleycorn
9. While You See A Chance
10. Arc Of A Diver
11. Freedom Overspill
12. Roll With It

Come vedete tra i brani eseguiti c’è anche Them Changes il brano di Buddy Miles che veniva suonato dalla Band Of Gypsys di Jimi Hendrix, oltre ai classici dei Blind Faith, Spencer Davis Group, Traffic e quelli tratti dei suoi dischi solisti.

Bruno Conti