Da Solo O In Compagnia Sempre Un Gran Chitarrista! Albert Castiglia – Big Dog

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Albert Castiglia – Big Dog – Ruf Records                                                                      

Ci eravamo lasciati con Albert Castiglia sulle note collaborative dell’ottimo Blues Caravan 2014, un CD+DVD dal vivo registrato insieme ai colleghi di etichetta Christina Sjolberg e Laurence Jones, dove il vero protagonista era il chitarrista della Florida (anche se nato a New York), con il suo solismo tirato e scoppiettante, ed una varietà di temi musicali veramente impressionante http://discoclub.myblog.it/2015/03/11/lunione-fa-la-forza-laurence-joneschristina-skjolbergalbert-castiglia-blues-caravan-2014-live/ . Castiglia non è più una giovane promessa, ha 46 anni, è sulla scena dagli anni ’90, quando ad inizio carriera per vari anni è stato il chitarrista della band di Junior Wells, dove ha imparato il mestiere, suonando in seguito anche con la cantante di Atlanta Sandra Hall e dividendo i palchi con Pinetop Perkins e John Primer. Ma il suo stile è decisamente più aggressivo, orientato verso un blues-rock elettrico e vigoroso che raggiunge la maturazione definitiva in questo suo ottavo album solista (se non ho fatto male i conti), dove il musicista di origini italo-cubane trova il giusto compagno di avventura in Mike Zito, che oltre a produrre questo secondo album per la Ruf di Castiglia, suona anche la chitarra in tutto il disco, firma un brano e porta una ventata di Louisiana sound (dove è stato registrato il tutto) al gusto complessivo dell’album. Si parte subito alla grande con una Let The Big Dog Eat,  dalle chitarre aggressive e fiammeggianti, la voce di Castiglia, sostenuta da Zito, maschia e vigorosa, una ritmica potente che pompa riff come piovesse, l’organo di Lewis Stephens lavora di fino sullo sfondo e il risultato è eccellente.

Don’t Let Them Fool Ya è un southern rock blues firmato da Zito, con chitarre fluide e scorrevoli che rilanciano di continuo il suono della canzone dai due canali dello stereo con una “cattiveria ammirevole”, mentre Get Your Ass In The Van, il primo contributo a firma Castiglia, rientra nella categoria slidin’ blues, quella di Elmore James o Hound Dog Taylor per intenderci, con il bottleneck del nostro che scivola con libidine sul manico della sua chitarra. Drowning At The Bottom è un pezzo di Luther Allison, un classico slow blues di quelli “duri e puri” con le corde della chitarra tese allo spasimo dal buon Albert che rilasciano fiumi di note, e lui che canta anche con un piglio intenso ed autorevole e pure Let’s Make Love In The Morning non scherza, un brano più vicino alle atmosfere dei dischi di Mike Zito, una bella ballata sudista, dove le chitarre acustiche e l’organo affiancano le sinuose linee della solista di Castiglia e un feeling soul à la New Orleans si insinua tra le pieghe della canzone. What I Like About Miami è un eccellente brano di Charlie Pickett (non so se lo ricordate? Un bravo musicista rock della Florida a cui la Bloodshot aveva dedicato una antologia qualche anno fa): tra Stones e classico sound country/roots, aggiunge un tocco Americana al disco, con il suo pigro e ciondolante divenire.

Easy Distance ci riporta al funky-blues pungente tipico di Castiglia, con il basso di Scot Sutherland che crea un groove pulsante su cui la solista del leader è libera di improvvisare linee rapide e sicure. Where Did I Go Wrong è l’omaggio al vecchio maestro Junior Wells (era sull’album You’re Tuff Enough, pubblicato nel 1969, l’anno in cui nasceva Castiglia), un blues lento in puro stile Chicago, con l’armonica dell’ospite Johnny Sansone e il piano di Stephens che aggiungono autenticità e stamina al pezzo; Sansone rimane pure nella successiva Where The Devil Makes His Deals, dove i ritmi si fanno più intensi e duri, con le due soliste di nuovo impegnate a scambiarsi sciabolate e la batteria di Rob Lee che scandisce il ritmo con grande vigore. What The Hell Was I Thinking, con un pianino quasi rock’n’roll, aggiunge un tocco alla Fats Domino, prima che le chitarra riprenda il controllo delle operazioni, con la conclusiva Somehow, firmata a due mani da Albert Castiglia con Cyril Neville, una bella ballata soul, profonda e dal testo di impegno sociale, dedicata alla situazione critica e alle difficoltà dei senzatetto nell’America di oggi (ma anche di ieri): anche qui, come nel resto del disco, si respira quell’aria del Sud degli Stati Uniti, delle foreste tra le paludi della Louisiana evocate fin dalla foto di copertina, anche senza poi essere l’unico tema musicale del disco, veramente bello nel suo insieme, articolato e dai mille spunti sonori, e che conferma il talento di questo signore. Senti che roba! Nella versione di Boz Scaggs c’era Duane Allman alla chitarra (forse il suo assolo più bello https://www.youtube.com/watch?v=oTFvAvsHC_Y).

Vista la stagione, direi caldamente consigliato!

Bruno Conti