Tom Petty Avrebbe Approvato! Coffis Brothers – In The Cuts

coffis brothers in the cut

Coffis Brothers – In The Cuts – Blue Rose Music

Si pronuncia come “caffè” al plurale, ma si scrive Coffis Brothers, ovviamente sono fratelli, Jamie e Kellen, vengono dalle Santa Cruz Mountains, nord California, questo In The Cuts è il loro quarto album, incidono per la Blue Rose Music (da non confondere con la quasi omonima etichetta tedesca), la stessa che pubblica anche i dischi di https://discoclub.myblog.it/2020/05/25/altro-che-facile-compitino-portato-a-termine-questo-e-piuttosto-un-vero-atto-damore-steve-forbert-early-morning-rain/ , il CD non è di facile reperibilità, viene venduto direttamente da loro o sul sito della etichetta https://www.coffisbrothers.com/product-page/in-the-cuts e per chiosare direi che sono bravi, almeno a giudicare da quello che ho ascoltato. Sono stati prodotti da Tim Bluhm, storico leader dei Mother Hips e compagno di etichetta, niente di nuovo, ma ottimo roots rock con rimandi a Byrds, Tom Petty e Jayhawks e anche, in piccolo, ad altre band di fratelli, come gli Everly Brothers. Chitarre spiegate e belle armonie vocali sono le cose che si notano fin dal primo ascolto, ma pure l’uso dell’armonica e delle tastiere, affidate al cantante principale Jamie Coffis, mentre il fratello Kellen Coffis è uno dei due chitarristi, insieme all’ottimo Kyle Poppen, anche alla 12 corde, per quel jingle-jangle sound che ogni tanto affiora; completano la formazione Aidan Collins al basso e Sam Kellerman alla batteria. Sono stati scomodati anche gli Avett Brothers e il primo Neil Young, quindi direte voi, con tutti questi nomi che ballano, “sound derivativo”, ma se deriva bene in fondo che ce ne frega!

In ogni caso questo In The Cuts si apre con Beating Myself Up, riff stonesiano all’inizio, che poi si stempera in un potente brano rock classico, con chitarre e organo a ruotare intorno alle eccellenti armonie vocali dei due fratelli, la sezione ritmica in grande spolvero e continui rilanci della solista, mentre anche Makes No Difference, alla luce di quanto detto è decisamente pettyana, quello del primo periodo influenzato anche dal jingle jangle dei Byrds, con le chitarre riverberate a rincorrersi sui canali dello stereo, mentre tastiere ed armonica completano la coloritura sonora, In My Imagination è un mid-tempo piu gentile e rilassato, un omaggio anche testuale al sound ed alle atmosfere della California, con qualche richiamo nelle celestiali armonie vocali anche a Beatles e Beach Boys.Real Thing di nuovo con chiari riferimenti a Petty ed ai suoi Heartbreakers anche nelle inflessioni vocali (ma si è capito), è comunque più grintosa e tirata, sempre con chitarre e organo impegnati in continui fendenti reciproci, quota rock che si innalza vieppiù nel power pop travolgente e feroce di una potente Too Good To Let Go, dove la band tira di brutto e la solista rilascia un paio di sventagliate veramente “cattive” il giusto.

Take Me è un vivace pezzo country-rock, con una melodia incisiva che ricorda Jayhawks e Avett Brothers evocati poc’anzi, con i coretti caratteristici del gruppo comunque in bella evidenza, per poi tornare una volta di più in Other Side al sound del nostro amato biondo della Florida, sempre faro imprescindibile delle scelte stilistiche sonore del quintetto che peraltro armonizza costantemente come se non ci fosse un domani. Anche Do You Think About Me è sempre su queste coordinate sonore, tra power pop melodico e delicati influssi westcoastiani perfettamente inquadrati dalla produzione curatissima e ricca di dettagli di Bluhm, con tutti gli strumenti perfettamente delineati come pure l’uso squisito delle voci. Right Love ha un sound molto sixties, dolce e nostalgico, sempre con quei coretti immancabili e un assolo di chitarra assolutamente incantevole come la canzone, per poi scatenare la potenza di fuoco della band nell’incitazione didascalica di Play It Loud, che ci incita ad eseguire quanto richiesto a furor di chitarre.

We Will Meet Again faceva già parte del repertorio del gruppo prima dell’apparire del virus, ma forse vuole essere comunque una esortazione alla speranza in questa ballatona avvolgente, prima della chiusura affidata alla vivace Bye Bye Susie, una canzone che ai tempi avrebbe fatto parte delle cosidette “answers song”, con continue citazioni degli amati Everlys, e con un delizioso uso della slide da parte di Kyle Poppen. Vi dovete fidare, perché di video dei brani recenti non se ne trovano, oppure potete ascoltare le canzoni dell’album seguendo questo link https://www.coffisbrothers.com/music.

Bruno Conti