Commander Cody & His Lost Planet Airmen: Ballerine, Nani E Tanto Rock’n’Roll E Country! Parte II

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Parte seconda.

Per l’ultimo disco per la Paramount a novembre 1973 i Commander Cody si presentano a Austin, dove, in un tripudio di armadilli in copertina disegnati da Jim Franklin, registrano un grande disco dal vivo che esce a Marzo dell’anno dopo. Ed ecco

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Live from Deep in the Heart of Texas 1974 Paramount/MCA ****1/2, naturalmente siamo all’Armadillo World Headquarters, uno dei dischi classici in concerto degli anni ‘70, con il gruppo in forma strepitosa, di fronte ad una folla adorante (ma gli applausi sembrano mezzi fasulli visto che il locale teneva al massimo 1.500 persone) e l’ultimo disco per il momento con Black alla pedal steel, Una sequenza di brani formidabile che parte con lo strumentale Armadillo Stomp, con tutti gli strumentisti al proscenio, prosegue con Farlow che incanta il pubblico con Good Rockin’ Tonight, l’honky-tonk accelerato di I’m Coming Home di Johnny Horton, una variazione su un loro classico che per l’occasione diventa Down To Seeds and Stems Again Blues, ma rimane una splendida canzone, e molto bella anche la suggestiva cowboy song Sunset On The Sage.

Si prosegue con una serie di canzoni estratte dal loro enorme repertorio, non presenti nei dischi di studio, come Little Sally Walker, dai profumi R&R, Git It che ricorda moltissimo le scorribande degli Sha Na Na, e ancora la sfrenata Oh Momma Momma, leggendaria nei loro concerti, con Frayne che va di barrelhouse e sul lato country la loro cover di Crying Time di Buck Owens, l’allegra Diggy Liggy Lo, con violino e steel sugli scudi, mentre gli altri armonizzano di gusto. Il divertimento continua con una trascinante Riot In Cell Block #9 e un altro dei loro cavalli di battaglia,una dirompente Too Much Fun, e per chiudere in gloria una fantasmagorica Mean Woman Blues.

Dal vivo erano veramente fantastici, confermo perché mi è capitato di vederli di persona ai tempi. A fine 1974, scaduto il contratto con la Paramount, firmano il contratto con la Warner Bros e durante l’anno successivo esce l’omonimo

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Commander Cody and His Lost Planet Airmen1975 Warner Bros ****

Prodotto da John Boylan è probabilmente il loro disco di studio più bello: copertina fantascientifica, e contenuto pure, nel senso che è talmente bello che quasi non ci si crede, uno dei primi esempi di Americana music. Ernie Hagar sostituisce Black alla pedal steel , arriva la sezione fiati dei Tower Of Power e la scelta dei brani è di prima qualità: si parte con Southbound di Hoyt Axton, un perfetto esempio di country-rock con il lavoro del nuovo produttore che evidenzia tutti i particolari sonori in modo superbo. Don’t Let Go è un’altra delle loro formidabili escursioni tra rock’n’roll e R&B, California Okie un sentito omaggio alla musica dello stato che li ospita, altro esempio di country-rock da manuale.

Un minuto di raccoglimento, anzi 3:38 minuti, tanto dura la cover di Willin’ dei Little Feat, a mio parere la più bella mai incisa, cantata a più voci, con delle armonizzazioni da lasciare senza fiato, la pedal steel che quasi ti abbraccia con calore, veramente un capolavoro, l’avrò sentita centinaia di volte nel corso degli anni ma non mi stanco mai, e comunque l’originale dei Feat non scherzava, ma questa è unica, l’epitome della country song per eccellenza. Il resto dell’album prevede The Boogie Man Boogie, un altro omaggio allo swing ed al jump blues, diretto discendente di Hey! Ba-Ba-Re-Bop di Lionel Hampton, con la band che viaggia come un treno, il Comandante Cody in testa con il suo piano fiammeggiante; la più rilassata Hawaii Blues è una deliziosa pillola tra steel scivolanti in mezzo a palme tropicali e western swing, ma è un attimo perché il boogie riprende subito fiato grazie ai fiati (scusate, mi è scappato) scatenati dei Tower Of Power che faticano a tenere testa agli 88 tasti di Frayne nella magnifica House Of Blue Lights.

Torna anche il country insaporito di western swing alla Asleep At The Wheel (ma anche Bob Wills, grande influenza su Frayne) di Keep On Lovin’ Her, con il violino scatenato di Andy Stein, e non manca neppure il romanticismo adorabile di una ballata come Devil & Me cantata in modo favoloso da John Tichy, con la pedal steel di Hagar che non fa rimpiangere Black, in grande evidenza anche nello swing sincopato e dai salaci doppi sensi di Four Or Five Times e rendere infine omaggio diretto a Bob Wills con la splendida e vorticosa That’s What I Like About the South, dove Stein ci delizia una volta di più con il suo violino, che conclude un album veramente superbo. Difficile fare meglio, ma il disco successivo ci va molto vicino, anzi direi che siamo alla pari con

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Tales From The Ozone – 1975 Warner Bros ****

Disco che vede il ritorno in formazione del figliol prodigo Bobby Black (ma Hagar aveva fatto più che bene) e una ulteriore serie di canzoni strepitose: produce Hoyt Axton, e tra gli ospiti, oltre ai Tower Of Power, troviamo David Bromberg al dobro, oltre ad una serie di backing vocalist tra cui spiccano Nicolette Larson, Mimi Farina e Ronee Blakley e lo stesso Axton. Si parte subito forte con una pimpante e corale versione, tra classico e “moderno” di Minnie The Moocher di Cab Calloway, seguita dal rockabilly rock di It’s Gonna Be One Of Those Nights dove ancora una volta i Planet Airmen eccellono, Connie è una delle due brillanti country tunes portate da Kevin “Blackie” Farrell, vecchio amico di Bill Kirchen e autore di altre canzoni nei dischi precedenti della band, molto bella anche Tina Louise, una sorta di ballata di frontiera, con mariachi ed atmosfere messicane.

Ma il country è lo stile prevalente in Tales, come sottolinea anche la bellissima cover di I Been to Georgia on a Fast Train di Billy Joe Shaver, e l’altrettanto emozionante cover di Honky Tonk Music dei Dusty Chaps (vi potrei fare il giochino di chi li ricorda alzi la mano? https://www.youtube.com/watch?v=GHa9k-UTaas ). Ottima anche la corale Lightning Bar Blues di Hoyt Axton, con un ritornello irresistibile e intrecci di violino e steel sempre impeccabili, Axton che firma anche il country’n’roll fiatistico di Paid In Advance, con tutte le ragazze a gorgheggiare sullo sfondo, di Tina Louise abbiamo detto,

ma prima troviamo anche una cover di Cajun Baby di Hank Williams Jr. che appartiene alla famiglia di Jambalaya e canzoni simili, e a seguire una delle tipiche canzoni di Leiber-Stoller come la divertente The Shadows Knows dove Frayne si può divertire con il suo vocione, l’allegra e scanzonata Roll Your Own di Mel McDaniel, con Bromberg al dobro a fronteggiare il piano dei Comandante, che lascia il proscenio finale a Andy Stein, ottimo violinista anche tra classico e tzigano nella conclusiva Gypsy Fiddle. Per dirla con Asterix SPQCC (Son Pazzi Questi Commander Cody): prima di sciogliere la band tutta la troupe parte per un tour europeo, dove tra gennaio e febbraio 1976 viene registrato in Inghilterra

Commander cody We've-Got-a-Live-One-Here!

We’ve Got a Live One Here! 1976 2LP Warner Bros ***1/2

Ci sono delle variazioni nella formazione, John Tichy non è più della partita, sostituito da Rick Higginbotham alla chitarra, mentre viene aggiunto alla line-up il veccgio amico Norton Buffalo, ad armonica, trombone e voce. Dal vivo sono sempre formidabili e nel loro elemento, ci mancherebbe, ma manca forse un po’ del fuoco del Live degli Armadilli. Comunque un commiato più che rispettabile per i Lost Planet Airmen: anche in questo tour appaiono, com’era loro usanza, molte canzoni non apparse su dischi precedenti, dall’apertura con la scintillante One Of Those Nights, che dà il via subito alle danze, fanno la prima apparizione anche Big Mamou, un valzerone in salsa New Orleans cajun che poi accelera come forse neanche Zachary Richard all’epoca, un altro classico è la soave San Antonio Rose dell’amato Bob Wills, il contributo di Norton Buffalo con la frenetica e bellissima 18 Wheels, visto che c’è un altro chitarrista in formazione, ogni tanto all’occorrenza Kirchen suona il trombone, come pure Norton Buffalo, l’ultima canzone che appare per la prima volta nel doppio è Milk Cow Blues, dove appunto i fiati sono in evidenza sempre con questo effetto Louisiana.

Le altre canzoni, comunque tutte suonate alla grande, già le conosciamo: Semi Truck dedicata a tutti i camionisti, con un florilegio di chitarre, Smoke!Smoke!Smoke!, con il Comandante che si “Ingigionisce” (si può dire!), la splendida Mama Hated Diesels dove armonizzano alla grande, come pure in Seeds And Stems, ma anche tanto boogie e R&R, Back To Tennessee, Rock That Boogie, Don’t Let Go, Too Much Fun, Hot Rod Lincoln e in ambito country Lost in The Ozone.

Da allora a oggi, tra quello di nuove Commander Cody Band, alla pubblicazione di molto materiale di archivio, è uscito parecchio a livello discografico, anche se poi quelli che contano sono i primi sette album in sei anni, comunque ecco un rapido

Best Of The Rest 1977-2020

Rock’N’Roll Again del 1977 è un buon album (su CD Wounded Bird): dei “vecchi” rimane solo Bobby Black, mentre la voce solista è sempre George Frayne, con un aiuto da Nicolette Larson, ma si sente la mancanza di un cantante vero, stesso discorso per Flying Dreams del 1978, con miriadi di ospiti, Jeff Baxter, Buzzy Feiten, Danny Gatton, Neil Larsen, il solito Bobby Black, vocalists a go-go, cover dei Beatles, della Band, ma non ci siamo proprio.

Vengono nel 1980 al Rockpalast di Essen, e nel 2009 esce postumo un CD o DVD, c’è Bill Kirchen alla chitarra e alla voce di tanto in tanto, buono ma non eccelso, 3 stellette e mezzo di stima, lo stesso anno esce anche il disco di studio Lose It Tonight, giudizio un bel bah! Nel 1986 esce Let’s Rock per la Blind Pig, un po’ meglio, con il ritorno di Bruce Barlow e Kirchen, che divide le parti vocali con Austin De Lone e Cody, qualche remake, un paio di brani di “Blackie” Farrell, per un disco discreto. A questo punto cominciano a uscire dei dischi con materiale d’archivio: la Relix ne pubblica un paio Aces High, con materiale live 1979-1989 e soprattutto Sleazy Roadside Stories con un concerto inedito del dicembre 1973 all’Armadillo World Headquarters, registrato il mese dopo Deep In The Heart Of Texas, ma temo non si trovino più.

Tra le cose d’archivio, sempre del periodo Lost Planet Airmen, uscite più di recente e quindi spero reperibili, vi segnalo Live In San Francisco 1971 della Sundazed, Live In The Ozone 1973 Usa Tour della Cleopatra/Purple Pyramid, e Live From Ebbetts Field, Denver Colorado Aug 11 1973, oltre allo strepitoso Found In the Ozone, ricordato all’inizio dell’articolo, tutti più o meno imperdibili e immancabili tasselli per ricordare una delle più grandi e sottovalutate band di culto della musica americana degli anni ‘70. Saluti al Comandante!

Bruno Conti

Commander Cody & His Lost Planet Airmen: Ballerine, Nani E Tanto Rock’n’Roll E Country! Parte I

commander cody 1970

La pubblicazione del recente doppio album Found In The Ozone della serie Bear’s Sonic Journals ha creato un rinnovato interesse per Commander Cody, soprattutto nel periodo d’oro in cui si accompagnava con i Lost Planet Airmen . Per cui abbiamo deciso di dedicargli una retrospettiva, incentrata soprattutto sugli anni dal 1967 al 1976, ma anche, in modo più succinto, su quanto successo in seguito. Riguardo al titolo dell’articolo, per le ballerine, il country e il R&R confermo, i nani ammetto che forse me li sono inventati, ma servono per inquadrare un’epoca in cui nel rock, anche a livello scenico, succedeva di tutto.

1967-1970 Le origini di una “piccola leggenda”.

George Frayne assume il proprio alias di Commander Cody già nel 1967, ispirato dai film di Serie B o dai serial in più episodi: in uno di questi c’era un personaggio chiamato “Commando Cody”, mentre in una serie King Of The Rocket Man, un episodio si chiamava Lost Planet Airmen, fate 1+1 e con un po’ di fantasia ecco Commander Cody & His Lost Planet Airmen. A questo punto, come appena detto, siamo dunque nel 1967, e ci troviamo ancora ad Ann Arbor nel Michigan: l’anno in cui Andy Warhol operava a New York con la sua Factory che includeva anche i Velvet Underground. Per non essere da meno Frayne, che era arrivato in Michigan dalla natia Boise, Idaho, via Long Island, per studiare all’Università (ed in effetti poi si laureò in Belle Arti ed aveva già pronta anche una carriera come insegnante) studiò la sua contromossa: si sa che un’altra delle Arti che gli piaceva praticare era la musica, ed avendo incontrato nel biondo elegante John Tichy uno spirito affine, che poteva unire la sua chitarra al pianoforte di George, entrambi innamorati di country e R&R, trovano anche il violinista Andy Stein, l’unico studente di musica, in grado di suonare pure il sax e il nucleo della band era nato.

E siccome erano tutti anche dei pazzerelloni, trovato il nome si sarebbe dovuto trovare anche un genere, ma si pensò di farli tutti contemporaneamente e non solo: visto che la troupe che girava attorno a Warhol pareva esigua, nelle prime edizioni del gruppo c’erano 34 elementi, 5 suonatori di kazoo (e avrei voluto vederli), una ragazza (ballerina?) in reggiseno e slip, con stivaloni neri, una bella frusta, che però stava seduta e non faceva nulla (non so perché mi ricorda la TV italiana), una ragazza di quasi 100 chili avvolta nella bandiera americana che faceva capriole per il palco (!), mentre sullo sfondo scorrevano immagini di estrazioni dentali, e in tutto ciò, come ricorda lo stesso Frayne, “a nessuno fregava niente”. Però almeno i nostri amici ci credono, la band si crea un repertorio e quando arrivano nella terra promessa, almeno per la musica, ovvero la California, Bay Area, San Francisco, sono anche diventati “bravini”. Billy C. Farlow è la voce solista e all’occorrenza armonicista, Bill Kirchen, chitarra e voce, del Comandante e Stein abbiamo detto, Tichy rientrerà più avanti, a completare la formazione ci sono Steve Davis alla pedal steel, Bruce Barlow al basso e Lance Dickerson alla batteria, per un totale di sette elementi.

E cominciano ad aprire i concerti di chiunque li voglia, tra il Fillmore West di Bill Graham e il Family Dog del suo rivale Chet Helms. A questo punto andate a riprendervi la recensione dello splendido doppio CD Commander Cody & His Lost Planet Airmen – Bear’s Sonic Journals Found in the Ozone 1970 Owsley Stanley Foundation **** https://discoclub.myblog.it/2020/09/15/unaltra-succulenta-uscita-di-archivio-per-gli-amanti-della-buona-musica-commander-cody-his-lost-planet-airmen-bears-sonic-journals-found-in-the-ozone/  e vi saranno chiare le ragioni dell’inizio della leggenda della band: 41 brani formidabili, tra country, rock, western swing, rockabilly, jump, blues, cajun e la futura Americana, registrati da Owsley “Bear” Stanley, mitico soundman dei Grateful Dead. A questo punto la reputazione dei loro concerti dal vivo comincia a spargersi e vengono contattati dalla Paramount che li mette sotto contratto nel 1971 per realizzare il primo album. Integrando gli ascolti fatti per recensire il doppio, mi sono (ri)ascoltato bene il vecchio catalogo ed ecco il responso, naturalmente personale sui loro album.

1971-1974 Il Periodo Paramount.

Ad affiancare George Frayne come produttore c’è Bob Cohen (che negli anni successivi lavorerà, ma solo come musicista, con Lesley Duncan, Jesse Winchester e Tim Hardin. Il risultato è l’eccellente

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Lost In The Ozone – 1971 Paramount/MCA ***1/2

Rientrato in formazione anche John Tichy, che canta in due brani, il gruppo ha una formidabile serie di vocalist: Billy C. Farlow voce solista, Billy Kirchen in altri due pezzi, e anche Commander Cody ne canta una, ed insieme a Barlow creano delle splendide armonie vocali. Il grande successo dell’album è Hot Rod Lincoln, una cover affidata a Frayne che entra nella Top 10 dei singoli, e che rimarrà anche l’unica hit delle loro carriera, mentre l’album a fatica arriva al n°82 di quelle degli album, vendendo comunque un rispettabile numero di copie (erano altri tempi). La canzone è un boogie frenetico strepitoso, tra country e western swing, con il vocione recitante di Cody, e la chitarra elettrica, il violino e la pedal steel ad impazzare.

Nel disco ci sono anche tre brani dal vivo, da sempre uno dei loro punti di forza, a maggior ragione nel 1971, quando erano una delle migliori band in concerto: da Berkeley arrivano What’s The Matter Now?, una pigra country song old style, scritta da Farlow, che le canta deliziosamente, con piano, pedal steel, chitarra e violino perfetti, senza dimenticare le fantastiche armonizzazioni vocali, e poi il R&R devastante di Twenty Flight Rock di Mastro Eddie Cochran, e qui non ce n’è per nessuno, il sax di Stein in grande spolvero e la chitarra di Kirchen completano l’opera, niente male, per usare un eufemismo, il boogie woogie Beat Me Daddy, Eight to the Bar da Ann Arbor, con piano, pedal steel, sax e armonica a menare le danze, perfino Barlow va di basso, canta Tichy.

Tra i brani in studio la scatenata Back To Tennessee della coppia Frayne/Farlow è un altro ottimo esempio del loro stile inconfondibile, tra country e R&R, Wine Do Yer Stuff è un honky tonk a tutta steel e piano, grande Farlow alla voce. Mentre in Seeds And Stems (Again) cede il microfono a Kirchen per una ballatona country, che se non avessi letto il nome dell’autore avrei giurato fosse di Willie Nelson, Tichy si disbriga alla grande nel valzerone Family Bible, questa sì scritta da Willie benché accreditata ad altri. Daddy’s Gonna Treat You Right canta coralmente dalla band non ha nulla da invidiare alla Nitty Gritty o ai Flyng Burrito. Home In My Hand è un potente brano tra country e rockabilly, di nuovo affidato a Kirchen, mentre Lost In The Ozone è un western swing degno dei migliori Asleep The Wheel, loro grandi amici e protetti, manca Midnight Shift, con Farlow che va di Elvis prima maniera, come piace a lui.

Un solido esordio, doppiato l’anno dopo a maggio con

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Hot Licks, Cold Steel & Truckers’ Favorites – 1972 Paramount/MCA ***1/2

Altro grande album che conferma tutto quanto di buono mostrato nel primo album, ed introducendo in Bobby “Blue” Black uno dei più grandi suonatori di pedal steel della storia del country-rock, a livello di Sneaky Pete Kleinow, Rusty Young, Al Perkins, Buddy Cage, e via così. Solito misto di materiale originale e cover, in questo caso più le seconde: di inni dedicati ai guidatori di trucks ce ne sono ben tre, la corale e scoppiettante Truck Stop Rock, il super classico Truck Drivin’ Man, dove si inizia ad apprezzare la guizzante steel di Black, e la splendida Semi-Truck dell’accoppiata Farlow/Kirchen.

Ma non mancano devastanti escursioni nel “vero” R&R con una vorticosa Rip It Up, con Cody molto impegnato al piano, ma anche gli altri non scherzano, e pure in una Tutti Frutti registrata dal vivo non si risparmiano. Sul lato country brillano Cravin’ Your Love, Kentucky Hills Of Tennessee, Diggy Liggy Lo che faceva anche la Nitty Gritty, e una superba Mama Hated Diesels degna delle migliori canzoni di Merle Haggard. Non mancano un paio di escursioni tra blues e R&B con It Should’ve Been me e la divertente e super funky Watch My .38, definita Ozone Music.

Passa un altro anno ed esce

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Country Casanova – 1973 Paramount/MCA ***1/2

Disponibile anche in Stereo 8 (particolare non trascurabile), visto il titolo l’album entra nelle classifiche country, anche se Everybody’s Doin’ It chissà perché venne censurato dalle radio di settore, inspiegabilmente, in fondo “fuckin” non lo ripeteranno in questa cover di western swing più di una trentina di volte.

Altro pezzo in cui Frayne impazza è in una grandiosa cover di Smoke! Smoke! Smoke! (That Cigarette), e boogie e western swing regnano, come da titolo, anche in Rock That Boogie. Eccellente anche il trattamento alla Commander Cody di Rave On di Buddy Holly, con squisiti siparietti sonori dei vari solisti. La quota country è assicurata dalla title track, uno strano ma efficace country funk con pedal steel d’ordinanza di Black e colossale groove di basso di Barlow; Shall We Meet (Beyond the River), cantata da John Tichy aggiunge forti elementi gospel al classico country della band, che riprende vigore nel western swing a tutta steel di My Window Faces The South, come pure in One Man’s Meat (Is Another Man’s Poison) e Sister Sue, sempre scritta da Tichy, ma decisamente più orientata verso il rock, con pianino caliente di Frayne, e ottima anche Honeysuckle Honey un’altra piccola perla di country & western swingato.

Fine della prima parte.

Bruno Conti

Un’Altra Succulenta Uscita Di Archivio Per Gli Amanti Della Buona Musica! Commander Cody & His Lost Planet Airmen – Bear’s Sonic Journals Found in the Ozone

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Commander Cody & His Lost Planet Airmen – Bear’s Sonic Journals Found in the Ozone – 2 CD Owsley Stanley Foundation

Come i lettori più attenti avranno notato, in questi ultimi tempi c’è stata una notevole attività discografica di Commander Cody, sia CD “nuovi”, che pubblicazioni di materiale di archivio, ufficiali (come il disco dal vivo del 1971 uscito per la Sundazed nel 2015 e i due titoli della RockBeat https://discoclub.myblog.it/2017/06/13/un-comandante-perduto-ritrovato-commander-cody-and-his-lost-planet-airmen-live-from-ebbets-field-denver-colorado-august-11-1973/ ), ma anche parecchie uscite (semi)legali di materiale radiofonico da etichette di dubbia provenienza, alcuni incisi anche bene e con contenuti interessanti. Sicuramente una etichetta “seria” (ed è strano dirlo parlando di un personaggio come Owsley Stanley, più noto come Bear, che ai tempi in cui era ingegnere del suono e fornitore di sostanze illegali per i Grateful Dead probabilmente era sempre “leggermente” fatto), gestita da moglie, figli, nipoti e pronipoti, che stanno amministrando il suo archivio in modo oculato

.Dopo le uscite dedicate a Doc & Merle Watson, Allman Brothers Band https://discoclub.myblog.it/2018/08/11/le-loro-prime-registrazioni-dal-vivo-di-nuovo-disponibili-allman-brothers-band-fillmore-east-february-1970/ , Jorma Kaukonen & Jack Casady pre Hot Tuna https://discoclub.myblog.it/2019/02/14/nuovi-dischi-live-dal-passato-6-prima-di-essere-gli-hot-tuna-erano-gia-formidabili-jorma-kaukonen-jack-casady-bears-sonic-journals-before-we-were-them-live-june-2/  e il quintuplo New Riders Of The Purple Sage https://discoclub.myblog.it/2020/03/23/anche-prima-di-diventare-una-vera-band-erano-gia-belli-pronti-new-riders-of-the-purple-sage-dawn-of-the-new-riders-of-the-purple-sage/ , questa volta tocca ad un doppio CD dedicato a Commander Cody & His Lost Planet Airmen. *NDB Non è facile da trovare e costa caro, ma cercatelo perché vale la pena.

Si tratta di registrazioni effettuate tra il 27 febbraio e il 29 marzo del 1970, al Family Dog At The Great Highway (per dargli il suo nome completo) di San Francisco, California, di proprietà dell’impresario Chet Helms, grande rivale di Bill Graham con il suo Fillmore West: nei due locali si alternavano grandi serate con i Grateful Dead, che di volta in volta cambiavano i loro opening acts, e Owsley era sempre lì a registrare tutto su nastro, con una costanza ed una qualità che ancora oggi sorprendono all’ascolto. Come di consueto anche il libretto del CD (una ventina di pagine, comprese fronte e retro della copertina) sono ricchissime di notizie ed un vero piacere da leggere. Mi permetto di “rubare” pari pari l’incipit del lungo saggio scritto da Nicholas G. Meriwether, che racconta con grande dovizia di particolari la storia dei primi anni della band ed il contenuto del doppio CD (se proprio siete ricchi sono disponibili anche i download ad alta risoluzione dei sei concerti completi): “Nel 1969 il famoso critico musicale Ralph J. Gleason chiamò San Francisco “la Liverpool dell’Ovest”vedendo la risonanza tra la fonte britannica di un pop innovativo e la varia e vibrante scena che si stava sviluppando nella Bay Area. Il 1969 fu anche l’anno in cui George Frayne e gli altri membri della band arrivarono a Berkeley…”

Il gruppo si chiamava Commander Cody & His Lost Planet Airmen (ispirati da due serie televisive di culto) e veniva dalla zona di Detroit, anche se i componenti, a partire da Frayne, che era di Boise, Idaho, venivano in pratica da tutti gli States. Agli inizi George, che si era laureato in Scultura e Pittura (Belle Arti se preferite) all’Università del Michigan, aveva fatto anche l’insegnante, ma poi il richiamo della musica lo aveva travolto e tra le le prime incarnazioni degli Airmen, ancora a Detroit, ce n’era una di 34 elementi che faceva concorrenza alla visione di Andy Warhol per i Velvet Underground, con una sezione di 5 kazoo, una ragazza tutta vestita di nero, con una frusta, che stava sul palco e non faceva nulla, ed un’altra di oltre 90 chili, avvolta solo dalla bandiera americana pure, mentre sullo sfondo scorrevano filmati di estrazioni dentali. Poi le cose si sono normalizzate e quando Frayne e soci arrivano in California (precedendo di poco gli amici Asleep At The Wheel) in poco tempo acquisiscono la reputazione di favolosa (e unica) band dal vivo. George Frayne al piano, e occasionale voce solista, Billy C. Farlow, cantante ed armonicista, Bill Kirchen, chitarra e voce, Andy Stein, violino e sax, Steve Davis, pedal steel guitar, Bruce Barlow basso e Lance Dickerson batteria, completano la line-up, dove manca John Tichy, chitarra ritmica e voce, che rientrerà in formazione per la pubblicazione del primo album di studio alla fine del 1971. Genere musicale? Country, rock (and roll), western swing, rockabilly, americana, blues, zydeco, cajun, mi sa che ne ho dimenticato qualcuno: e tutto è perfettamente bilanciato.

I due CD contengono il concerto completo del 28 marzo 1970, il migliore dei sei, poi ci sono altre 26 canzoni, 41 brani in totale, estratti dalle varie serate, badando ad evitare doppioni e con moltissime canzoni mai più apparse in seguito negli album ufficiali della band, che permettono di apprezzare, con eccellente qualità sonora, i coinvolgenti e scoppiettanti set del gruppo. Si apre proprio in modo ruspante con il soundcheck in diretta di fronte al pubblico, che poi confluisce nel breve strumentale Cajun Fiddle, affidato al violino di Andy Stein e alla pedal steel di Davis, per gli amici “The West Virginia Creeper”.  seguito dal R&R scatenato Good Rockin’ Tonight, il secondo singolo di Elvis per la Sun, con Kirchen, di nuovo Stein e il Comandante che cominciano a scaldare i loro strumenti, mente Farlow mette in mostra la sua voce calda e sicura, a seguire una pimpante Jambalaya per il lato country, e poi il lato R&B, R&R e New Orleans con My Girl Josephine di Fats Domino, l’originale di Barlow What’s The Matter Now, di nuovo di impianto country, con Davis alla steel, non manca neppure il zydeco’n’roll della travolgente Bon Ton Roulet, degna dei futuri sviluppi di Zachary Richard, il rockabilly di Matchbox di Carl Perkins, con Frayne che può fare il Jerry Lee Lewis della situazione, una ballata country spezzacuori come Long Black Limousine, la vivace cover di Only Daddy That’ll Walk The Line che era stata la canzone country del 1968 da un album di Waylon Jennings, e anche Truck Drivin’ Man, loro futuro cavallo di battaglia per i truckers del mondo intero, non scherza quanto a brio, con la steel del “West Virgina Creeper” a.k.a. Steve Davis e Kirchen a scambiarsi licks, Back To Tennessee di Barlow e Frayne, tra boogie e country è un’altra divertente pillola del loro repertorio, e la rilettura melò di Sleepwalk di Santo & Johnny è l’occasione per sentire di nuovo la steel di Davis e fischiettata di Frayne.

Dai rumori di ambiente non sembra esserci molto pubblico, ma il Family Dog era un piccolo locale, che comunque si riscalda al rockabilly/western swing di Midnight Shift e con una trascinante Blue Suede Shoes, per chiudere con un altro country’n’roll di Farlow come la frenetica Lost In Ozone, title track del loro album di debutto, qui finisce il concerto della domenica 28. Senza stare a citare tutti i brani, vi segnalo nella selezione degli altri cinque concerti, il cajun blues di Sugar Bee, una perfetta Mama Tried di Merle Haggard, di nuovo rockabilly a go-go con Boppin’ The Blues, la loro unica futura Top 10, una sempre vorticosa Hot Rod Lincoln, e pure Rip It Up non scherza come ritmo, la pianistica Lawdy Miss Clawdy, la potente (I’m Gonna) Burn That Woman, un Johnny Cash d’annata come Big River, il divertente doo-wop Stranded In the Jungle, un’altra occasione per Farlow di sfoderare il suo miglior Elvis in Baby Let’s Play House, I’m Coming Home di Johnny Horton, puro country, e la loro migliore ballata, la suadente Seeds And Stems (Again), degna antesignana della loro cover di Willin’, la più bella mai sentita a parte quella dei Little Feat. E mi fermo, ma si potrebbe andare avanti per ore. Una fantastica “scoperta”! Nel frattempo sto preparando un bell’articolo (mi lodo da solo) retrospettivo sulla band che leggerete prossimamente.

Bruno Conti