Un’Altra Succulenta Uscita Di Archivio Per Gli Amanti Della Buona Musica! Commander Cody & His Lost Planet Airmen – Bear’s Sonic Journals Found in the Ozone

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Commander Cody & His Lost Planet Airmen – Bear’s Sonic Journals Found in the Ozone – 2 CD Owsley Stanley Foundation

Come i lettori più attenti avranno notato, in questi ultimi tempi c’è stata una notevole attività discografica di Commander Cody, sia CD “nuovi”, che pubblicazioni di materiale di archivio, ufficiali (come il disco dal vivo del 1971 uscito per la Sundazed nel 2015 e i due titoli della RockBeat https://discoclub.myblog.it/2017/06/13/un-comandante-perduto-ritrovato-commander-cody-and-his-lost-planet-airmen-live-from-ebbets-field-denver-colorado-august-11-1973/ ), ma anche parecchie uscite (semi)legali di materiale radiofonico da etichette di dubbia provenienza, alcuni incisi anche bene e con contenuti interessanti. Sicuramente una etichetta “seria” (ed è strano dirlo parlando di un personaggio come Owsley Stanley, più noto come Bear, che ai tempi in cui era ingegnere del suono e fornitore di sostanze illegali per i Grateful Dead probabilmente era sempre “leggermente” fatto), gestita da moglie, figli, nipoti e pronipoti, che stanno amministrando il suo archivio in modo oculato

.Dopo le uscite dedicate a Doc & Merle Watson, Allman Brothers Band https://discoclub.myblog.it/2018/08/11/le-loro-prime-registrazioni-dal-vivo-di-nuovo-disponibili-allman-brothers-band-fillmore-east-february-1970/ , Jorma Kaukonen & Jack Casady pre Hot Tuna https://discoclub.myblog.it/2019/02/14/nuovi-dischi-live-dal-passato-6-prima-di-essere-gli-hot-tuna-erano-gia-formidabili-jorma-kaukonen-jack-casady-bears-sonic-journals-before-we-were-them-live-june-2/  e il quintuplo New Riders Of The Purple Sage https://discoclub.myblog.it/2020/03/23/anche-prima-di-diventare-una-vera-band-erano-gia-belli-pronti-new-riders-of-the-purple-sage-dawn-of-the-new-riders-of-the-purple-sage/ , questa volta tocca ad un doppio CD dedicato a Commander Cody & His Lost Planet Airmen. *NDB Non è facile da trovare e costa caro, ma cercatelo perché vale la pena.

Si tratta di registrazioni effettuate tra il 27 febbraio e il 29 marzo del 1970, al Family Dog At The Great Highway (per dargli il suo nome completo) di San Francisco, California, di proprietà dell’impresario Chet Helms, grande rivale di Bill Graham con il suo Fillmore West: nei due locali si alternavano grandi serate con i Grateful Dead, che di volta in volta cambiavano i loro opening acts, e Owsley era sempre lì a registrare tutto su nastro, con una costanza ed una qualità che ancora oggi sorprendono all’ascolto. Come di consueto anche il libretto del CD (una ventina di pagine, comprese fronte e retro della copertina) sono ricchissime di notizie ed un vero piacere da leggere. Mi permetto di “rubare” pari pari l’incipit del lungo saggio scritto da Nicholas G. Meriwether, che racconta con grande dovizia di particolari la storia dei primi anni della band ed il contenuto del doppio CD (se proprio siete ricchi sono disponibili anche i download ad alta risoluzione dei sei concerti completi): “Nel 1969 il famoso critico musicale Ralph J. Gleason chiamò San Francisco “la Liverpool dell’Ovest”vedendo la risonanza tra la fonte britannica di un pop innovativo e la varia e vibrante scena che si stava sviluppando nella Bay Area. Il 1969 fu anche l’anno in cui George Frayne e gli altri membri della band arrivarono a Berkeley…”

Il gruppo si chiamava Commander Cody & His Lost Planet Airmen (ispirati da due serie televisive di culto) e veniva dalla zona di Detroit, anche se i componenti, a partire da Frayne, che era di Boise, Idaho, venivano in pratica da tutti gli States. Agli inizi George, che si era laureato in Scultura e Pittura (Belle Arti se preferite) all’Università del Michigan, aveva fatto anche l’insegnante, ma poi il richiamo della musica lo aveva travolto e tra le le prime incarnazioni degli Airmen, ancora a Detroit, ce n’era una di 34 elementi che faceva concorrenza alla visione di Andy Warhol per i Velvet Underground, con una sezione di 5 kazoo, una ragazza tutta vestita di nero, con una frusta, che stava sul palco e non faceva nulla, ed un’altra di oltre 90 chili, avvolta solo dalla bandiera americana pure, mentre sullo sfondo scorrevano filmati di estrazioni dentali. Poi le cose si sono normalizzate e quando Frayne e soci arrivano in California (precedendo di poco gli amici Asleep At The Wheel) in poco tempo acquisiscono la reputazione di favolosa (e unica) band dal vivo. George Frayne al piano, e occasionale voce solista, Billy C. Farlow, cantante ed armonicista, Bill Kirchen, chitarra e voce, Andy Stein, violino e sax, Steve Davis, pedal steel guitar, Bruce Barlow basso e Lance Dickerson batteria, completano la line-up, dove manca John Tichy, chitarra ritmica e voce, che rientrerà in formazione per la pubblicazione del primo album di studio alla fine del 1971. Genere musicale? Country, rock (and roll), western swing, rockabilly, americana, blues, zydeco, cajun, mi sa che ne ho dimenticato qualcuno: e tutto è perfettamente bilanciato.

I due CD contengono il concerto completo del 28 marzo 1970, il migliore dei sei, poi ci sono altre 26 canzoni, 41 brani in totale, estratti dalle varie serate, badando ad evitare doppioni e con moltissime canzoni mai più apparse in seguito negli album ufficiali della band, che permettono di apprezzare, con eccellente qualità sonora, i coinvolgenti e scoppiettanti set del gruppo. Si apre proprio in modo ruspante con il soundcheck in diretta di fronte al pubblico, che poi confluisce nel breve strumentale Cajun Fiddle, affidato al violino di Andy Stein e alla pedal steel di Davis, per gli amici “The West Virginia Creeper”.  seguito dal R&R scatenato Good Rockin’ Tonight, il secondo singolo di Elvis per la Sun, con Kirchen, di nuovo Stein e il Comandante che cominciano a scaldare i loro strumenti, mente Farlow mette in mostra la sua voce calda e sicura, a seguire una pimpante Jambalaya per il lato country, e poi il lato R&B, R&R e New Orleans con My Girl Josephine di Fats Domino, l’originale di Barlow What’s The Matter Now, di nuovo di impianto country, con Davis alla steel, non manca neppure il zydeco’n’roll della travolgente Bon Ton Roulet, degna dei futuri sviluppi di Zachary Richard, il rockabilly di Matchbox di Carl Perkins, con Frayne che può fare il Jerry Lee Lewis della situazione, una ballata country spezzacuori come Long Black Limousine, la vivace cover di Only Daddy That’ll Walk The Line che era stata la canzone country del 1968 da un album di Waylon Jennings, e anche Truck Drivin’ Man, loro futuro cavallo di battaglia per i truckers del mondo intero, non scherza quanto a brio, con la steel del “West Virgina Creeper” a.k.a. Steve Davis e Kirchen a scambiarsi licks, Back To Tennessee di Barlow e Frayne, tra boogie e country è un’altra divertente pillola del loro repertorio, e la rilettura melò di Sleepwalk di Santo & Johnny è l’occasione per sentire di nuovo la steel di Davis e fischiettata di Frayne.

Dai rumori di ambiente non sembra esserci molto pubblico, ma il Family Dog era un piccolo locale, che comunque si riscalda al rockabilly/western swing di Midnight Shift e con una trascinante Blue Suede Shoes, per chiudere con un altro country’n’roll di Farlow come la frenetica Lost In Ozone, title track del loro album di debutto, qui finisce il concerto della domenica 28. Senza stare a citare tutti i brani, vi segnalo nella selezione degli altri cinque concerti, il cajun blues di Sugar Bee, una perfetta Mama Tried di Merle Haggard, di nuovo rockabilly a go-go con Boppin’ The Blues, la loro unica futura Top 10, una sempre vorticosa Hot Rod Lincoln, e pure Rip It Up non scherza come ritmo, la pianistica Lawdy Miss Clawdy, la potente (I’m Gonna) Burn That Woman, un Johnny Cash d’annata come Big River, il divertente doo-wop Stranded In the Jungle, un’altra occasione per Farlow di sfoderare il suo miglior Elvis in Baby Let’s Play House, I’m Coming Home di Johnny Horton, puro country, e la loro migliore ballata, la suadente Seeds And Stems (Again), degna antesignana della loro cover di Willin’, la più bella mai sentita a parte quella dei Little Feat. E mi fermo, ma si potrebbe andare avanti per ore. Una fantastica “scoperta”! Nel frattempo sto preparando un bell’articolo (mi lodo da solo) retrospettivo sulla band che leggerete prossimamente.

Bruno Conti

Western Swing, Country E Divertimento Assicurato. Asleep At The Wheel – New Routes

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Asleep At The Wheel – New Routes – Bismeaux Records

Quando uno pensa agli Asleep At The Wheel si immagina che la band texana abbia registrato cento album (in effetti “solo” una trentina!) e che siano in attività da sempre: il tutto benché la creatura di Ray Benson esista dall’inizio anni ’70, e non sono neppure texani, in quanto Benson nasce a Philadelphia nel 1951, ed a Austin ci arriva solo nel 1973, dopo una serie di concerti all’Armadillo Wolrd Headquarters, su istigazione dei loro mentori, i Commander Cody & His Lost Planet Airmen, che li hanno iniziati alle delizie del Wester Swing, e anche del boogie e del country, non dimenticando Van Morrison su Rolling Stone che li indicò come una delle sue band preferite. Poi da allora di strada ne hanno fatta tantissima, in tutti i sensi, visto che sono una delle band che più girano in tour per gli States, e da parecchi anni sono considerati anche gli eredi di Bob Wills & His Texas Playboys, magari in un ambito leggermente più neo-tradizionalista, ma sempre molto rispettoso delle radici. La formazione, che ha vinto in carriera ben 9 Grammy, è cambiata moltissimo nel corso degli anni, l’unico membro fisso è rimasto il solo Benson, mentre un centinaio di musicisti si sono avvicendati nelle cinque decadi di attività, con un organico sempre tra gli otto e gli undici elementi (al momento sono in 8).

L’ultima arrivata è Katie Shore (insieme ad altri 4 nuovi elementi), violinista, seconda voce solista e autrice anche di alcuni brani in questo New Routes, il primo album da una decina di anni a questa parte in cui il materiale originale non manca, e neppure le cover scelte con cura. Gli ultimi dischi degli AATW erano stati il natalizio Lone Star Christmas e in precedenza l’ottimo tributo corale Still The King: Celebrating The Music of Bob Wills & His Texas Playboys, e prima ancora il disco con l’amico Willie Nelson, nell’album Wille And The Wheel. Questa volta l’amico Willie non c’è, ma ha mandato la sorella Bobbie al piano, per un emozionante omaggio intitolato Willie Got There First, scritto da Seth Avett degli Avett Brothers che poi si sono presentati in forze anche per registrarlo, una splendida ballata cantata a più voci, che chiude in modo splendido questo album, che ha comunque molte altre frecce al proprio arco, ma questo brano è veramente un piccolo capolavoro e vale quasi l’album da solo. Dall’apertura di Jack I’m Mellow, una cover di un scintillante boogie western swing degli anni ’30, cantata in modo malizioso dalla Shore, che si alterna con il suo violino a pedal steel, chitarre e clarinetto per un delizioso tourbillon di musica senza tempo, seguita da Pencil Full Of Lead, uno scatenato boogie and roll degno delle migliori cose dei Commander Cody, con Benson che ha ancora una ottima voce e poi il sax di Jay Reynolds guida la band che swinga di brutto, la canzone è dello scozzese Paolo Nutini, ma sembra un classico degli anni ’50.

Anche Calling A Day Tonight, scritta da Benson e dalla Shore, che poi la canta deliziosamente. è una canzone retrò di grande fascino, e pure Seven Nights To Rocks, scritta da Moon Mullican, è una vera schioppettata di energia, un altro country boogie dall’energia contagiosa con i vari solisti in bella evidenza. Dublin Blues è una cover di un altro texano doc, Guy Clark, altra ballata dolceamara cantata in modo intenso da Benson, ben supportato dalla Shore, molto brava anche in questa canzone; la Shore poi contribuisce anche il quasi cabaret di una insinuante I Am Blue che ricorda certi pezzi di Mary Coughlan, senza dimenticare Pass The Bottle Around, un nuovo brano di Ray Benson, il classico country blues dall’andatura contagiosa con la band che segue il suo leader alla grande. Non manca un omaggio a Johnny Cash con una bellissima rilettura di Big River, tutta grinta e ritmo, con la Shore che fa la June Carter della situazione, oltre a suonare il violino alla grande, e che poi conferma di essere un vero talento anche nella propria Weary Rambler, altra country ballad  di squisita fattura e molto fascinosa pure la cover di un altro autore contemporaneo come Seth Walker per una bluesata e pigra More Days Like This, sempre cantata con classe dalla bravissima Shore.

Che dire, veramente un gran bel disco, piacevole, garbato e consistente, tra i migliori della discografia degli Asleep At The Wheel.

Bruno Conti

Un’Ora Di Divertimento Assicurato! Webb Wilder & The Beatnecks – Powerful Stuff!

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Webb Wilder & The Beatnecks – Powerful Stuff! – Landslide CD

Webb Wilder, nato John McMurry 64 anni fa in Mississippi, è un musicista (ed attore a tempo perso) che non ha mai assaporato neppure per un attimo alcunché di lontanamente paragonabile al successo, e nemmeno ha conseguito una grande notorietà. Eppure è sulle scene da oltre trent’anni, e la sua miscela di rock’n’roll, country, pop, blues e rockabilly avrebbe meritato maggior fortuna. Una decina di album in totale, quasi tutti prodotti da R.S. Field, songwriter e produttore molto noto a Nashville, ma nessuno di essi è mai entrato in nessun tipo di classifica. Ma giustamente Webb se ne è sempre fregato, ed è andato avanti a proporre il suo mix a tutta adrenalina, un tipo di musica che nell’approccio non può non ricordare quella di Commander Cody & His Lost Planet Airmen, anche se il Comandante negli anni d’oro era diversi livelli più in alto, oltre che dal suono molto più country. Ma Wilder non è uno che si tira indietro, è un valido cantante e buon chitarrista, e ha un senso del ritmo notevole, ma anche feeling, idee e creatività.

Powerful Stuff! non è un disco nuovo, e neppure un’antologia, ma una collezione di brani inediti registrati tra il 1985 ed il 1993, comunque in definitiva suona fresco e stimolante come se le canzoni in esso contenute avessero poche settimane di vita. Merito va sicuramente anche alla band che lo accompagnava, The Beatnecks, un trio composto da Donny Roberts alla chitarra, Denny Blakely al basso e Jimmy Lester alla batteria, un combo tutta potenza e feeling, che rende l’ascolto dei sedici brani contenuti in questo CD (alcuni dei quali dal vivo) estremamente piacevole; come ciliegina, abbiamo anche diversi ospiti di gran nome, tra cui il noto bassista Willie Weeks, il grande axeman David Grissom e soprattutto il leggendario Al Kooper all’organo in un pezzo. Inizio a bomba con Make That Move, un rock’n’roll dal ritmo pulsante ed un’atmosfera da garage band anni sessanta, subito seguita dall’elettrica New Day, rock song con tanto di chitarra distorta, ma comunque immediata e con un retrogusto pop. Anche No Great Shakes prosegue sulla stessa linea, puro rock’n’roll con chitarre in primo piano, suono ruspante e gran ritmo, mentre la cadenzata Lost In The Shuffle è un gustosissimo errebi con tanto di fiati ed organo (Kooper è riconoscibilissimo), un brano che dimostra che Wilder non è affatto monotematico.

Powerful Stuff è in linea con il titolo, chitarre, ritmo, grinta e feeling, Ain’t That A Lot Of Love è un soul-rock vibrante e solido, mentre I’m Wild About You Baby è puro boogie, che sarebbe irresistibile se non fosse penalizzato da una registrazione quasi amatoriale (ma è un caso isolato). Non mancano le cover: Nutbush City Limits, versione al fulmicotone del classico di Ike & Tina Turner, suonata con foga da punk band, Catbird Seat di Steve Forbert, oltremodo accelerata ed elettrificata, l’irresistibile rockabilly Hey Mae, un vecchio brano country di Rusty & Doug Kershaw rivoltato come un calzino (sembrano i Blasters) ed una scatenatissima Lucille di Little Richard. Altri highlights sono il gradevole power pop di Animal Lover, decisamente chitarristico, i vibranti rock’n’roll High Rollin’ e Revenoor Man (e qui le similitudini con il gruppo del Comandante George Frayne sono molte), la deliziosa e tersa country ballad Is This All There Is?, davvero bella, e l’incalzante Dead And Starting To Cool. Un ottimo dischetto di rinfrancante rock’n’roll, perfetto se di Webb Wilder non avete nulla, ma anche se siete fra i pochi che lo conoscevano già.

Marco Verdi

Non So Se Fanno Scandalo, Ma Buona (E Strana) Musica Sicuramente Sì. Claudettes – Dance Scandal At The Gymnasium

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The Claudettes – Dance Scandal At The Gymnasium! – Yellow Dog Records

Devo dire che questi mi mancavano:anche se hanno già nel loro carnet tre album di studio (compreso questo Dance Scandal At The Gymnasium), e un mini Live solo per il download digitale, mi erano sfuggiti finora. D’altronde non si può sempre ascoltare tutto, manca veramente il tempo, ma questi Claudettes mi avevano incuriosito: definiti in vari modi, forse “Brother Ray Meets The Ramones…Chopin Meets The Minutemen” mi sembra il più fantasioso, i quattro in effetti  fondono tocchi di blues, pop anni ’60, punk e psychobilly alla Cramps, ma anche jazz e molto altro, visto che la nuova cantante della formazione Berit Ulseth ha studiato alla New School For Jazz di New York, e il pianista e tastierista, nonché cantante (lo fanno un po’ tutti nella band) e leader indiscusso, Johhny Iguana, ha un passato con Junior Wells, Carey Bell, Otis Rush e Koko Taylor, è apparso anche con i Chicago Blues-A Living History e nel recente Muddy Waters 100, con diversi luminari delle 12 battute, ma pure in una punk-rock band come oh my god, e per registrare questo nuovo album sono andati a Valdosta in Georgia, con la produzione di Mark Neill che era alla consolle per Brothers dei Black Keys.

Completano la formazione il bassista/chitarrista (e cantante) Zach Verdoom e il batterista Matthew Torre, mentre tutte le canzoni le firma un certo Brian Berkowitz, che è poi il vero nome di Johnny Iguana, dai tempi della sua giovinezza in quel di Philadelphia. I dischi non si trovano facilmente, forse perché escono per la piccola Yellow Dog Records, ma meriterebbero di essere conosciuti. Nel nuovo Dance Scandal At The Gymnasium ci sono 12 canzoni che toccano i generi più disparati: da Don’t Stay With Me dove si apprezza la voce leggera e piacevole di Berit Ulseth, che segue le folate delle tastiere di Iguana e l’accompagnamento variegato dei suoi pards, in questo strano incrocio tra rock, R&B deviato e virtuosismo strumentale; che viene replicato pure nella successiva November, che potrebbe passare per alternative rock misto a retrogusti pop anni ’60, strano ma intrigante. Give It All Up For Good è una ritmata ulteriore variazione sui temi musicali sghembi dell’album, con Johnny che lavora di fino al piano, il tutto con tempi musicali veramente inconsueti https://www.youtube.com/watch?v=TFDi3SACOzY . Naked On The Internet va  quasi di boogie-rockabilly-punk con le voci di Iguana e Ulseth che gorgheggiano in coppia mentre il piano imperversa. Pull Closer To Me è una ballata esile e gentile con la voce deliziosa di Berit (e dei suoi soci) a rinverdire vecchi fantasmi di un pop raffinato anni sessanta, mentre nella title track Iguana si lancia in florilegi pianistici quasi classicheggianti prima di trascinare tutto il resto del gruppo in una follia musicale a tempo di strano ed intricato R&R.

Bill Played Saxophone mescola doo-wop, retro pop, rock alla Joe Jackson, in melodie complesse ed affascinanti dove anche le armonie vocali quasi alla Beach Boys sono formidabili https://www.youtube.com/watch?v=0Ki2bdZeN7sInfluential Farmers nuovamente presa a 100 all’ora, ma con improvvisi rallentamenti ed altrettanto repentine ripartenze è ancora più difficile da etichettare, direi sentire per credere e, forse, cercare di capire la musica dei Claudettes https://www.youtube.com/watch?v=WHAg_n0–jQDeath And Traffic fin dal titolo è “strana” come illustra poi la musica, sempre lontana dalle ovvietà ma che richiede un ascolto attento anche per apprezzare questa sorta di pop intellettuale https://www.youtube.com/watch?v=SIfG8AG3bwI ; Johnny Iguana e Berit Ulseth poi ci danno (quasi) tregua nelle derive ancora pop-rock di una lussuriosa Total Misfits, veramente notevole.Taco Night Material suona come avrebbero potuto essere i Commander  Cody  se avessero avuto una voce femminile in formazione e Frank Zappa come autore delle musiche, giuro, parola di giovane marmotta https://www.youtube.com/watch?v=mhMdX5iwY6s . E Utterly Absurd potrebbe infine essere un altro modo per definire la musica della band: insomma se volete fare un esperimento in un mondo parallelo dove il pop è fuori da ogni schema provate questo Dance Scandal At The Gymnasium, potrebbe sorprendervi  assai piacevolmente.

Bruno Conti

Un Comandante “Perduto”, Ritrovato. Commander Cody And His Lost Planet Airmen – Live From Ebbets Field Denver, Colorado August 11 1973

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Commander Cody And His Lost Planet Airmen  – Live From Ebbets Field Denver, Colorado August 11 1973 – S’more Entertainment/Rockbeat Records

Ecco l’altro Live album radiofonico pubblicato dalla Rockbeat di recente, si tratta di un concerto trasmesso nell’estate del 1973 e registrato a novembre a Austin, pochi mesi prima  quindi di quello ufficiale che poi uscirà nel 1974 come Live From Deep In The Heart Of Texas. Un disco dal vivo magnifico,, tanto che in quel periodo, magari esagerando, la rivista Billboard votò Commander Commander Cody & His Lost Planet Airmen, perché di loro parliamo, la migliore R&R band sul pianeta. Sicuramente erano un gruppo eccezionale, già in quell’estate del 1973, con il formidabile suonatore di pedal steel (uno dei migliori mai sentiti) Bobby Black, entrato da poco in formazione, e con tre album già nel loro carnet, tra cui Country Casanova: agli amanti consiglio, oltre a quello dal vivo citato prima, anche l’omonimo album pubblicato nel 1975, che oltre ad una copertina memorabile (e non è l’unica) contiene una versione di Willin’ di Lowell George, che a mio modesto parere è forse la più bella mai realizzata di questa splendida canzone, forse anche meglio di quella dei Little Feat. Per completare l’excursus personale mi è capitato di vedere Commander Cody a fine anni ’70 a Londra, non con la formazione originale, ma vi posso assicurare che era ancora un grande spettacolo e durante il concerto proiettavano, a dimostrazione che erano altri tempi, pure un cartone animato con i personaggi stilizzati sulle fattezze dei musicisti della band.

Ma nel 1973 siamo quasi allo zenit della loro carriera: Billy C. Farlow è un vocalist ( e saltuariamente) armonicista di grande voce e carisma, Bill Kirchen un chitarrista e cantante scintillante, Bobby Black, si è detto, tra i migliori alla pedal steel guitar in circolazione, George Frayne, alias Commander Cody, un pianista travolgente, Andy Stein, a violino e sax, è un altro musicista di grande spessore, e pure la sezione ritimica, Bruce Barlow, basso e Lance Dickerson, batteria, con John Tichy, aggiunto alla chitarra, non perde un colpo. Il repertorio poi è quanto di più variegato uno si possa aspettare: boogie, R&R, western swing, jump blues, country (rock), tutti eseguiti con una forza, un vigore ed una classe invidiabili. Partoriti da una idea di George Frayne, in quel di Ann Arbor, Michigan, dopo anni di gavetta nei locali della zona, si erano trasferiti in California, dove la loro carriera era decollata (con gli album e qualche singolo che entreranno anche nelle zone alte della classifica) e dove saranno raggiunti da un’altra band che usava anche il western swing tra le proprie armi di seduzione con gli ascoltatori, ossia gli Asleep At The Wheel: Bob Wills, Merle Travis, Merle Haggard, ma anche nomi ignoti del rockabilly o stelle del R&R come Elvis Presley erano nel DNA dei Commander Cody, che avevano comunque anche un repertorio di materiale proprio di consistente qualità, ed erano, come detto, una formazione portentosa dal vivo, come testimonia il concerto inciso in questo CD, anche con una qualità sonora direi più che buona.

Il concerto si apre con Good Rockin’Tonight, un pezzo di jump blues, tra gli antenati del R&R, con la band e i suoi solisti, Stein, Black, Kirchen e il Comandante, subito scatenati e a velocità supersoniche, What’s The Matter Now, un pezzo di Billy Farlow è più country swing degli originali, con Bobby Black e Andy Stein magnifici a pedal steel e fiddle, per non parlare di Commander Cody, serafico al piano e ancora Kirchen alla chitarra. Truck Drivin’ Man è uno dei super classici del country, nel repertorio anche di New Riders e Flying Burrito, con la guizzante pedal steel di Black ancora sugli scudi, per non dire del violino, mentre 4 or 5 Times è un western swing di Bob Wills eseguito alla perfezione. Down And Out un traditional fatto a tempo di country-rockabilly, sempre trascinante, Mama Hated Diesels una di quelle country ballads splendide e malinconiche che erano nelle loro corde, con la weeping steel di Black in evidenza. (Little) Sally Walker, anche nel live texano ufficiale, un altro R&R fulminante con Kirchen e Black scatenati, ma anche Stein al sax, poi il country-rock divertente e scanzonato di Ain’t Nothin’ Shakin (But The Leaves) e la strappalacrime (ed ironica) ballata All I HaveTo Offer You (Is Me), subito superata  in un altro momento ludico come Diggy Liggy Lo, una frenetica country tune che faceva anche la Nitty Gritty.

Smoke That Cigarette, da Country Casanova, è il tipico momento di Commander Cody, boogie allo stato puro, seguita da Rave On, uno dei classici di Buddy Holly e del R&R, che poi imperversa anche nelle successive Rock That Boogie, un pezzo loro, e nella immortale Jailhouse Rock, poi, all’interno di un broadcast radiofonico, si lanciano in un western swing intitolato Truckin’ & Fuckin’ (?!?) a tutta steel, un ulteriore cavallo di battaglia come Wine Do Yer Stuff, altra ballatona country, che precede il brano di Merle Haggard Mama Tried, sempre suonata alla grande, un po’ di blues and roll con la potente Lawdy Miss Clawdy e il finale con la melanconica Sunset On The Sage. Live di Commander Cody in circolazionece ne sono parecchi, questo è uno dei migliori!

Bruno Conti

Da Londra Al Texas, E’ Pur Sempre Rock’n’Roll! Bill Kirchen & Austin De Lone – Transatlanticana

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Bill Kirchen & Austin De Lone – Transatlanticana – Red House/Ird CD

Non è la prima volta che Bill Kirchen, chitarrista e leader insieme a George Frayne dei Commander Cody & His Lost Planet Airmen durante il loro periodo d’oro, ed il pianista Austin De Lone, tra i membri fondatori del gruppo di culto degli Eggs Over Easy http://discoclub.myblog.it/2016/07/01/unabbondante-ed-ottima-colazione-base-uova-musica-eggs-over-easy-goodncheap-the-eggs-over-easy-story/, collaborano insieme, infatti avevano già inciso due album, nel 1977 e 1983, come componenti di un quartetto denominato Moonlighters. Da quel momento in poi, Kirchen ha perseguito una carriera solita regolare e con vari album basati sul classico suono Americana di cui la band del Comandante è stata una delle pioniere, mentre De Lone è quasi sparito dai radar, realizzando solo un disco nel 1991, De Lone At Last, peraltro ottimo. Ora i due, che evidentemente non avevano mai perso i contatti, pubblicano questo album nuovo di zecca, Transatlanticana, un disco di puro rock’n’roll, ma anche country, errebi, boogie e perfino gospel, un melting pot sonoro che poi è la sintesi coerente di quanto i due hanno sempre proposto in passato: la cosa semmai che sorprende è la freschezza e la vitalità di queste dodici canzoni, divise tra originali e cover, con i due in forma smagliante, e se la cosa può essere normale per Kirchen che non ha mai smesso di fare musica (non però a questi livelli, almeno ultimamente), stupisce che De Lone, inattivo da parecchio tempo, non abbia la minima traccia di ruggine e suoni come se non avesse mai smesso di farlo.

Il titolo del CD è ispirato dal fatto che è stato inciso in due locations diverse, Londra (città “adottiva” di De Lone, che è comunque americano) ed Austin, Texas, addirittura con due sezioni ritmiche distinte (Paul Riley al basso e Malcolm Mills alla batteria in Inghilterra, David Carroll al basso e Rick Richards alla batteria in America), anche se il suono rimane perfettamente unitario in tutte le canzoni, regalando all’ascoltatore circa tre quarti d’ora di piacevole e pura American music; ci sono anche degli ospiti, come l’ottimo steel guitarist Bobby Black, il noto chitarrista e cantautore Gurf Morlix e, in un brano, la voce del texano doc Butch Hancock. Hounds Of The Bakersfield è una scintillante country song di Kirchen dedicata a Merle Haggard (il titolo gioca con il celebre romanzo di Conan Doyle The Hound Of The Baskervilles con protagonista Sherlock Holmes e con la città californiana dalla quale ha avuto origine il suono tipico proprio di Haggard, oltre che di Buck Owens): il suono è spettacolare, la voce di Bill perfetta, come anche il gran dispiegamento di chitarre. Wine, Wine, Wine è il rifacimento di un vecchio pezzo del Comandante Cody, un honky-tonk suonato in maniera splendida e con lo spirito di una vera rock’n’roll band, come nella miglior tradizione dello storico combo guidato da Frayne (quello degli anni settanta, non la pallida controfigura degli ultimi anni), con Black strepitoso alla steel ed Austin che comincia a far sentire le sue dita. Proprio De Lone è il protagonista della ritmata Let’s Rock, che esce per un attimo dai bar di Austin (città) ed entra nei pub di Londra, anche se il suono è americano al 100% (come d’altronde era quello degli Eggs Over Easy): ottimi i duetti tra piano e chitarra, una caratteristica di tutto il disco.

Oxblood è scritta da Butch Hancock, e vede proprio il vecchio texano alternarsi al canto con Bill, con la sua voce polverosa e dylaniana, per un rockabilly tipico dei suoi, che ci fa venire la voglia di un disco nuovo da parte sua, dato che, non pubblica nulla da dieci anni come solista e da sette come membro dei Flatlanders. Think It Over è un successo minore di Jimmy Donley, un rock’n’roller morto suicida nel 1963 all’età di 33 anni, ed è una limpida ballata anni cinquanta, decisamente gradevole ed immediata, un puro piacere per le orecchie, così come la rivisitazione di Warm And Tender Love (una delle prime hits di Percy Sledge), che in questa versione conserva solo marginalmente lo stile errebi dell’originale, diventando una lussuosa e cristallina rock ballad (piccola curiosità: solo in questo brano, inciso a Sausalito in California, c’è una terza sezione ritmica, formata da Mike Godwin al basso e da Paul Revelli alla batteria). Nei seguenti tre pezzi De Lone diventa protagonista assoluto, sia come autore che esecutore e cantante: No Need For Knocking è uno splendido e trascinante rock’n’roll, con il pianoforte che è una goduria a parte, All Tore Up è un boogie pianistico alla Jerry Lee Lewis, impossibile stare fermi, mentre Already Walking è un limpido folk-rock, molto più Eggs Over Easy di ogni altro brano del CD. Kirchen si prende la rivincita con i tre pezzi finali: Back In The Day, scritta dalla moglie Louise, è una bellissima canzone rock, diversa dal genere del Comandante e con un’andatura quasi epica ed il solito magistrale pianoforte, oltre ad un motivo ricco di pathos, mentre Somebody’s Going Home è un gustosissimo gospel-rock registrato con alcuni backing vocalists di sostegno, un brano inatteso sullo stile degli Staples Singers, davvero ottimo; chiude il CD una deliziosa versione del classico di Bob Dylan The Times Tey Are A-Changin’, con un ritmo molto più acceso dell’originale ed una formidabile performance di De Lone al piano, degna conclusione di un album fresco e corroborante.

C’è ancora in giro qualcuno che pensa che il rock’n’roll sia morto: a loro bisognerebbe far ascoltare Transatlanticana almeno dieci volte al giorno, per un mese.

Marco Verdi