Ottimo Power Pop, Grintoso Ma Raffinato Al Contempo. Nada Surf – Never Not Together

nada surf never not together

Nada Surf – Never Not Together – Barsuk Records/City Slang

Diciamo che I Nada Surf, terzetto di New York City, non sono la band più prolifica sulla faccia del pianeta: in attività dall’inizio anni ’90, ma discograficamente solo dal 1996, a tutt’oggi hanno pubblicato solo “nove album”, compreso questo Never Not Together. Inseriti nel filone alternative/indie rock (che a me sembra un non genere, per fare una parafrasi del titolo dell’album), i due amici Matthew Caws, voce e chitarra e Daniel Lorca, basso,  più il batterista Ira Elliot, con loro dal 1995, e l’aiuto saltuario dell’altro chitarrista Doug Gillard e del tastierista Louie Lino, si potrebbero ascrivere idealmente al power pop, altro stile non facilmente etichettabile, ma che mi pare si possa tradurre come pop intelligente, raffinato, a tratti “poderoso”, con folate chitarristiche e riff appoggiati su melodie classiche che mischiano appunto pop e rock, e che partendo da Beatles, Beach Boys, Byrds, passando per Big Star, Nick Lowe/Dave Edmunds/Rockpile, e sull’altro lato dell’atlantico Dwight Twiley e Flamin’ Groovies, arriva fino a Matthew Sweet e Tommy Keene.

Brani come l’iniziale, soffusa So Much Love, sono dei piccoli gioiellini dove la parola orecchiabile non è una bestemmia, ma un vanto, un inno affettuoso all’amore, anche universale, attraverso un brano che fa di pochi accordi la propria forza, sarebbe perfetto se le radio trasmettessero ancora bella musica, con un capo e una coda https://www.youtube.com/watch?v=e4qEfgkhTjc ; Come Get Me è anche meglio, sembra proprio qualche pezzo perduto di Nick Lowe, o Dave Edmunds, visto che tutto il disco è stato registrato proprio ai Rockfield Studios in Galles, dove Edmunds muoveva i suoi primi passi, comunque il brano dei Nada Surf ha una chitarrina elettrica ripetuta ed insinuante che con una serie di brevi e deliziosi assoli fissa nella memoria dell’ascoltatore una sensazione di perduti ricordi e  piaceri, anche grazie alla voce sottile ma amabile di Caws https://www.youtube.com/watch?v=TqHd5hloKlA . Un pianino introduce la deliziosa e arguta Live, Learn And Forget che porta il classico pop anni ’60 fino ai frenetici ritmi degli anni 2000, con una serenità e nonchalance quasi disarmante, tra muraglie di chitarre e tastiere sempre gentili e mai troppo invadenti. Just Wait, tra acustiche arpeggiate, tastiere sognanti  e coretti quasi ingenui, è una canzone che parla quasi con affetto del rito di passaggio dall’adolescenza alla maturità, ha un fluido giro di basso che ancora il ritmo ( caratteristica presente anche negli altri brani), mentre il resto della band colora il suono https://www.youtube.com/watch?v=3G0aUzLmYQU ; Something I Should Do sta all’intersezione tra jingle-jangle e il rock chitarristico dei primi Echo & The Bunnymen, con un ritmo più incalzante, chitarre molto più presenti e vagamente “epiche”, direi indie ed alternative perché no, con qualche piccolo accenno di distorsione e il ritmo che accelera sempre di più, tra synth analogici ed umani, intermezzi parlati che nel finale declamano il motto dell’album “Empathy is good, lack of empathy is bad, holy math says we’re never not together”.

 

La lunga Looking For You parte con un coretto quasi sinistro, su cui si innesta una melodia dolce e trasognata quasi a tempo di valzer, poi il brano si irrobustisce sulle ali di archi sintetici e di due bellissimi e vibranti assoli di chitarra, il primo di Caws, il secondo del collaboratore Doug Gillard; Crowded Star con le sue chitarre elettriche arpeggiate all’inizio, ha quasi rimandi al prog britannico anni ’70, quello più gentile ed incantato dei primi Genesis, anche se la voce quasi in falsetto di Caws non ha naturalmente la forza di Peter Gabriel https://www.youtube.com/watch?v=5aXIFQH6aAw , mentre Mathilda parte su una acustica nuovamente arpeggiata e un approccio quasi alla Paul Simon, poi incanta con una serie di interessanti e intricati cambi di tempo, improvvise fiammate rock che si acquietano e riprendono forza in una continua alternanza di atmosfere sonore. Il messaggio finale, adatto ai nostri tempi, è una Ride In The Unknown che ci riporta al power pop più grintoso dei primi brani e ha anche qualche rimando al dream pop e psych-rock degli australiani Church con una chitarra quasi tangenziale https://www.youtube.com/watch?v=D5sDGuyc28c .

Bruno Conti