Non So Se Sia Davvero Il Boss Del Blues, Ma Con Le Dita Ci Sa Fare Parecchio! Kenny “Blues Boss” Wayne – Go, Just Do It!

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Kenny “Blues Boss” Wayne – Go, Just Do It! – Stony Plain CD

Se non siete appassionati di blues difficilmente avrete sentito parlare di Kenny “Blues Boss” Wayne (nato Kenneth Wayne Spruell), probabilemente perché il musicista in questione ha speso gran parte dei suoi 75 anni a fare il sideman per conto terzi, suonando il pianoforte per artisti di varia estrazione (tra cui Delaney & Bonnie, Billy Preston e, in anni più recenti, Duke Robillard). Wayne è un pianista sopraffino, le cui influenze vanno da Fats Domino (la sua ispirazione principale) a Ray Charles, Otis Spann, Pinetop Perkins e Professor Longhair e la sua musica presenta elementi di vario genere, dal blues allo swing, dal rock’n’roll al boogie passando per il funky di New Orleans ed il rhythm’n’blues https://discoclub.myblog.it/2011/07/15/bello-e-divertente-kenny-blues-boss-wayne-an-old-rock-on-a-r/ . Originario dallo stato di Washington, Wayne ha vissuto tutta la sua carriera di sideman tra California e Louisiana, ma negli anni ottanta è emigrato in Canada, nazione che lo ha musicalmente adottato consentandogli di esordire finalmente come solista a metà anni novanta. Da allora Kenny ha pubblicato una dozzina di album in cui ha proposto la sua stimolante miscela di boogie, blues, rock’n’roll e quant’altro, e con il nuovo Go, Just Do It! (quinto consecutivo ad uscire per la storica etichetta indipendente canadese Stony Plain) si accoda brillantemente alla serie, intrattenendoci per cinquanta minuti con la sua tecnica pianistica mirabile ed una buona abilità come performer a 360 gradi, rivelando anche discrete doti nel songwriting dato che su tredici brani totali ben dieci portano la sua firma.

Come vedremo, c’è anche qualche episodio sottotono, che resta però in netta minoranza rispetto ai brani in cui il nostro convince: anche la band che lo accompagna è di tutto rispetto, dal bassista Russell Jackson (ex membro del gruppo di B.B. King) al bravo chitarrista giapponese Yuji Ihara al batterista Joey DiMarco, oltre ai fiati suonati da Jerry Cook (sassofono tenore e baritono) e Vince Mai (tromba). Partenza a tutto ritmo con Just Do It!, un brioso funky fiatistico dal tempo cadenzato e Kenny che aggredisce il brano con una buona voce subito raggiunto dalla brava cantante inglese Dawn “Tyler” Watson e con il leader che si destreggia ottimamente al piano elettrico. Di segno diverso You Did A Number On Me, un irresistibile boogie’n’roll con botta e risposta tra Kenny ed un coro femminile, mentre le dita del nostro scorrono sicure sulla tastiera subito doppiate da un assolo di chitarra misurato ma incisivo; il ritmo e l’approccio vivace non calano neanche in Sittin’ In My Rockin’ Chair, una rock song dagli elementi più sudisti che blues ed il solito pianoforte suonato in maniera eccelsa, mentre con You’re In For A Big Surprise, cover di un pezzo di Percy Mayfield, abbiamo uno degli highlights del disco in quanto si tratta di un raffinato slow blues notturno (e indovinate? Pianistico!) in cui la protagonista in duetto con Wayne è la grande voce di Diane Schuur (cantante di rara classe), con la ciliegina di uno splendido assolo di sax. S

orry Ain’t Good Enough vede ancora la Watson duettare con Kenny, ma il brano è un errebi dalle sonorità un po’ troppo soft, più adatte ad una serata in un club alla moda; meglio la fluida ed energica Motor Mouth Woman, un bel blues fiatistico ricco di ritmo e swing. I Don’t Want To Be The President (ancora di Mayfield) è ancora sospesa tra funky ed errebi, ma presenta un intervento del rapper Corey Spruell, figlio di Kenny, che avrei molto volentieri evitato; la ritmata Lost & Found è un po’ meglio ma le manca un po’ di mordente (e c’è un synth di troppo), ma per fortuna arriva la terza cover del disco, una versione viva ed esuberante del classico di J.J. Cale Call Me The Breeze, con un ottimo intervento dell’armonicista Sherman Doucette. Bumpin’ Down The Highway è un eccellente strumentale tra blues, jazz e swing, con i fiati protagonisti e Kenny stranamente defilato, a differenza di That’s The Way She Is, saltellante e vispo brano più boogie che blues, tra i più trascinanti del lavoro e con un ottimo guitar solo del nipponico Ihara; chiusura con il jump blues pianistico T&P Train 400, pieno di vigore e con le dita del nostro che danno del tu alla tastiera, e con la breve ma travolgente Let The Rock Roll, altro strumentale a tutto swing con Kenny che per l’occasione suona un piano da saloon rilasciando uno degli assoli più goduriosi del CD.

Un buon album quindi, non solo blues, che non mancherà di piacere agli amanti del pianoforte: c’è qualche episodio non all’altezza ma, come dicono in America, “when it’s good, it’s really good!”.

Marco Verdi