Meglio Tardi Che Mai! Suzanne Vega – An Evening Of New York Songs And Stories

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Suzanne Vega – An Evening Of New York Songs And Stories – Cooking Vinyl CD

Mi accingevo a scrivere questa recensione verso la fine del mese di aprile, quando all’improvviso, per gli effetti del lockdown, il disco, che era annunciato in uscita per il primo maggio, venne rinviato a data da destinarsi. Alla fine è stato pubblicato pochi giorni fa, e visto che si tratta di un bel dischetto dal vivo eccoci a parlarne. Suzanne Vega non è certo nuova ai dischi Live. In una carriera che ormai tocca quest’anno i 35 anni di attività discografica, compreso questo An Evenng Of New York Songs And Stories, i dischi registrati in concerto arrivano a quota sei (e solo nove in studio nello stesso periodo). La cantante newyorchese (anche se nativa di Santa Monica, in California) non è forse una performer straordinaria, celebre per i suoi spettacoli turbolenti, ma ha comunque un suo charme e gusto nelle esibizioni dal vivo, mutuato dai suoi studi giovanili in danza moderna e dalle sue frequentazioni, ad inizio carriera, dei locali del Greenwich Village, dove proprio al “celebre” Cornelia Street Cafe ha mosso i primi passi, celebrati nelle pubblicazioni della rivista e nei dischi della serie Fast Folk, grazie ai quali ottenne un contratto con l’etichetta A&M, che pubblicò il suo omonimo album di esordio nel 1985.

In un periodo in cui perlopiù imperava un tipo di musica tra il bombastico e il danzereccio, si segnalò per una sua diafana ed eterea bellezza, anche se poi il suo stile da folksinger voce e chitarra acustica, venne adornato dalla eccellente e ricercata produzione affidata a Lenny Kaye (ex Patti Smith Group) e al chitarrista Steve Addabbo, entrambi presenti anche nel successivo Solitude Standing. Due dischi di grande successo, il primo vendette circa trecentomila copie sia negli Stati Uniti che in in Inghilterra, il secondo un milione di copie in USA e 5 milioni in tutto il mondo, generando anche due singoli di enorme successo come Marlene On The Wall e Luka. Uno potrebbe pensare che le grandi hit vengano riservate per la conclusione del concerto e invece, a sorpresa, sono poste entrambe in apertura di questo CD dal vivo, estrapolato da due serate registrate al Cafe Carlyle di New York il 12 e il 14 marzo del 2019. Accompagnata da un piccolo gruppo, un trio per la precisione, con Jeff Allen al contrabbasso, Jamie Edwards alle tastiere, più vibrafono, archi sintetici e altri strumenti assortiti, e dal chitarrista Gerry Leonard, che si occupa anche della produzione, Suzanne Vega sciorina 24 perle delle sua produzione, tutte con argomento che verte sulla città di New York (una in effetti è Walk On The Wild del suo amico Lou Reed e alcune tracce sono solo degli intermezzi parlati).

Niente uso di batteria, ma le canzoni hanno comunque una “elettricità” latente come quella presente in una limpida e vibrante Marlene On The Wall, raffinata canzone d’amore degna discendente di quelle della Joni Mitchell meno cerebrale e ricercata, anche se il testo è poetico ed intricato, con la chitarra elettrica di Leonard e il piano di Edwards a fornire un elegante supporto alla vocalità delicata ma sicura di Suzanne. Che poi in Luka affronta un tema a lei molto caro, quello della violenza e dell’abuso sui bambini, che forse stride nell’ambiente molto upper class del Carlyle, locale frequentato da un pubblico probabilmente non uso agli argomenti della canzone, ma che ha comunque una affinità con le tematiche rappresentate dalla celebre concittadina, e poi la canzone ha in ogni caso una melodia deliziosa ed irresistibile, non intaccata dallo scorrere del tempo. Preceduta dal piccolo siparietto in cui chiede al pubblico quante persone vengono da fuori città, ecco arrivare la dolce New York Is A Woman, un brano del 2007 che sembra uno standard della canzone americana, per poi raccontare la travagliata storia d’amore di Frank And Ava, ovvero Sinatra e Gardner, il tutto si svolgeva in un appartamento della 59° Strada, e l’arrangiamento è più teso e movimentato per rappresentare le baruffe che avvenivano tra i due.

Senza fare un elenco di tutte le canzoni presentate nella serata, vorrei ricordare il valzer sognante della deliziosa Gypsy, sempre da Solitude Standing, la dura presa di posizione di The Pornographer’s Dream, confezionata però a tempo di bossa nova per contrasto al testo molto intenso. New York My Destination dall’impianto jazzy e rilassato, tratta dall’ultimo album Lover, Beloved: Songs from an Evening with Carson McCullers del 2016, e che ricorda certe cose di Carole King, l’omaggio a Lou Reed in una adorabile ed affettuosa rilettura di Walk On The Wild Side che fa il paio con la versione di Sweet Jane dei Cowboy Junkies , preceduta da un breve ricordo del suo primo incontro con Lou, come spettatrice a un concerto, e con un bellissimo assolo della chitarra elettrica di Leonard, la quasi angosciante e sospesa Ludlow Street, su un amore finito male, Tom’s Diner, con il celebre vocalizzo che poi è stato utilizzato come base di partenza della versione hip-hop del duo DNA e la conclusiva Thin Man, dove l’intervento di una base ritmica, un giro di basso marcato e una chitarra elettrica in evidenza che interagisce con le tastiere, crea una atmosfera sonora più complessa ed elaborata che non sarebbe dispiaciuta a Donald Fagen.

In definitiva un bel dischetto dal vivo per chi ama le emozioni meno forti e più rarefatte e distillate.

Bruno Conti