Una Bella Opportunità Per Chi Ancora Non Lo Conoscesse! Don Williams – In Ireland: The Gentle Giant In Concert

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Don Williams – In Ireland: The Gentle Giant In Concert – Country House Records CD o DVD

Don Williams, musicista texano soprannominato The Gentle Giant per il suo stile pacato, in contrasto con l’aspetto fisico imponente (e quindi nulla a che vedere con il noto gruppo prog britannico), è oggi considerato quasi un outsider, ma c’è stato un lungo periodo in cui era uno degli artisti più popolari in ambito country. Negli anni settanta e parte degli ottanta Williams ha inanellato una serie impressionante di successi, diversi singoli entrati nella Top Ten country (e quasi una ventina di essi al numero uno), e lo stesso vale per gli album, specie nella decade 1973-1983. Col tempo la sua stella si è affievolita, ma lui non ha mai smesso di incidere né ha cambiato stile: un country gentile e garbato, brani dalla struttura classica e sempre molto piacevoli, suonati in maniera diretta e valorizzati dalla bellissima voce del nostro, un baritono dai toni caldi e morbidi che è sempre stata la ciliegina sulla torta. Canzoni semplici ma importanti dal punto di vista della scrittura, alcune diventati degli evergreen nel panorama country americano: You’re My Best Friend, ‘Til The Rivers All Run Dry, I Recall A Gypsy Woman, It Must Be Love, I Believe In You, Love Me Over Again sono solo alcuni dei titoli di una carriera ricca di soddisfazioni per un artista di cui oggi si parla molto poco.

In Ireland: The Gentle Giant In Concert è la testimonianza (uscita separatamente anche in DVD) dei concerti tenuti da Williams a Dublino e Belfast nel 2014, a seguito di Reflections, suo ultimo album di studio: un CD molto piacevole della durata di un’ora circa nella quale Don rivisita alcune delle pagine migliori del suo repertorio, accompagnato da un’ottima band di cinque elementi, nella quale spiccano la chitarra solista misurata e mai invadente di Billy Sanford e l’eccellente Chris Nole al piano. Diciannove canzoni, con molti dei classici di Williams, qualche sorpresa e ben sei pezzi scritti dal noto songwriter Bob McDill (uno le cui canzoni sono state incise da gente come Ray CharlesWaylon JenningsJoe CockerJerry Jeff Walker ed Alan Jackson), il tutto davanti ad un pubblico caldo e che conosce a memoria molti dei brani proposti. Canzoni come la fluida e scintillante Good Ole Boys Like Me, che apre benissimo il disco con le sue sonorità da classica country ballad anni settanta (e grande uso di pianoforte), subito seguita da Some Broken Hearts Never Mend, uno dei maggiori successi del nostro, andatura western, bella melodia, gran voce e classe pura. Qualcuno potrebbe trovare lo stile di Williams un po’ soporifero (come nella soft ballad She Never Knew Me), ma Don riesce ad equilibrare bene la scelta delle canzoni ed il risultato finale è indubbiamente piacevole.  

I momenti migliori sono, a mio parere, la mossa Younger Days, dallo squisito motivo solare (la vedrei bene in un disco di Jimmy Buffett), la saltellante Elise, nella quale il nostro fa uscire il Texas che è in lui, l’intensa How Did You Do It, la bellissima If Hollywood Don’t Need You, che potrebbe provenire da un album di Willie Nelson, il quasi cajun Imagine That e la romantica (ed applauditissima) ‘Til The Rivers All Run Dry. Poi ci sono grandi canzoni più note in versioni altrui, come Tulsa Time, meno rock’n’roll e più country di come la faceva Eric Clapton, e Amanda, un intenso slow che è stato anche un noto successo di Waylon JenningsIl concerto termina in crescendo con una bella serie di classici, dalla splendida You’re My Best Friend, che il pubblico irlandese conosce a menadito, a Lord I Hope This Day Is Good, pura western music (e che classe), per finire con l’irresistibile I Recall A Gypsy Woman, dove Don ricalca le orme del miglior Jennings, e con la vibrante e ritmata Louisiana Saturday Night (di Tom T. Hall), altro singalong perfetto per uscire di scena tra gli applausi.                                                         

Applausi, bisogna dirlo, meritatissimi.

Marco Verdi