Anche La Mietitrice Ha Finito Le Vacanze: Ci Hanno Lasciato Neal Casal E Donnie Fritts.

neal casal death

Mi spiace che questo mio primo post dopo le ferie estive sia in realtà un (doppio) necrologio, ma mi sembra giusto omaggiare due figure scomparse negli ultimi giorni, due musicisti forse non di primissimo piano ma ben noti ai veri appassionati di musica, uno dei quali ci ha lasciato decisamente troppo presto: sto parlando di Neal Casal, musicista e songwriter morto suicida lo scorso 26 Agosto a soli 50 anni. Originario del New Jersey, Casal aveva iniziato verso la fine degli anni ottanta come chitarrista dei Blackfoot, per poi esordire come solista nel 1995 con il bellissimo Fade Away Diamond Time, un ottimo disco di rock californiano con canzoni che qua e là mostravano un’influenza che andava da Neil Young al glorioso suono del Laurel Canyon (ricordo che in quel periodo mi era anche capitato di vederlo dal vivo con la sua band, in una di quelle serate “collettive” che si tenevano a Sesto Calende e nella quale l’headliner era Dave Alvin). Neal pubblicherà una dozzina di album in totale (senza più raggiungere la bellezza dell’esordio) fino al 2011, ma nel frattempo era entrato anche a far parte dei Cardinals, il gruppo di Ryan Adams, con il quale registrò quattro album ed un EP.

Chitarrista molto apprezzato e richiesto come sessionman (Lucinda Williams, Willie Nelson, Tift Merritt, Robert Randolph), Casal ha fatto parte anche dei poco conosciuti Hazy Malaze e Skiffle Players e nel 2014 ha formato il supergruppo Hard Working Americans con Todd Snider, insieme ai quali ha pubblicato tre album. Dal 2012 la sua occupazione principale era però stata quella di chitarrista dei Chris Robinson Brotherhood, un gruppo perfetto per il suo stile tra rock, psichedelia e California, stile che ritroviamo anche nella musica dei Circles Around The Sun, band estemporanea da lui guidata che si occupò di aprire i concerti d’addio dei Grateful Dead nel 2015 con lunghe suite strumentali che vennero in seguito raccolte nell’album Interludes For The Dead. Casal è sempre stato descritto come una persona riservata, introspettiva e sensibile, e probabilmente anche piuttosto fragile visto il gesto estremo che ha posto fine alla sua ancora giovane vita.

donnie fritts death

Donnie Fritts di anni invece ne aveva 76, e ci ha lasciato il 27 Agosto per complicazioni seguite ad un intervento al cuore. Figura quasi leggendaria della musica d’autore americana, Fritts era un vero uomo del Sud: nativo di Florence, Alabama, divenne negli anni sessanta uno dei principali sessionmen dei FAME Studios di Muscle Shoals (ma lavorò parecchio anche a Nashville). Come musicista la sua figura è legata a doppio filo a quella di Kris Kristofferson, del quale fu per lungo tempo tastierista, mentre come autore collaborò con altri luminari del calibro di Dan Penn, Eddie Hinton, Arthur Alexander e Troy Seals, e scrisse brani come Choo Choo Train (Boxtops), Breakfast In Bed (Dusty Springfield, era sul mitico Dusty In Memphis), Easy To Love (Joe Simon) e We Had It All (Waylon Jennings, ma la eseguì più volte dal vivo anche Bob Dylan durante il tour del 1986 con Tom Petty & The Heartbreakers *NDB E anche gli Stones, bellissima versione https://www.youtube.com/watch?v=ObFs54QssSE ).

Come solista non aveva pubblicato molto, solo cinque dischi, ma sicuramente meritano attenzione Everybody’s Got A Song del 1997 (con una marea di ospiti tra cui John Prine, Lucinda Williams, Kristofferson, Emmylou Harris, Delbert McClinton, Tony Joe White, Willie & Waylon, Don Nix e Spooner Oldham) l’intenso Oh My Goodness del 2015 https://discoclub.myblog.it/2015/10/25/il-ritorno-forse-commiato-grande-donnie-fritts-oh-my-goodness/  e June dello scorso anno, bel tributo alle canzoni di Arthur Alexander https://discoclub.myblog.it/2018/10/09/un-grande-autore-rende-omaggio-ad-una-leggenda-del-soul-donnie-fritts-june-a-tribute-to-arthur-alexander/ .

Riposate In Pace entrambi.

Marco Verdi

Un Grande Autore Rende Omaggio Ad Una Leggenda Del Soul. Donnie Fritts – June A Tribute To Arthur Alexander

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Donnie Fritts – June (A Tribute To Arthur Alexander) – Single Lock Records

La Single Lock Records è una piccola etichetta indipendente americana che ha la sua sede a Florence, Alabama, quindi profondo Sud degli Stati Uniti: tra i fondatori Ben Tanner degli Alabama Shakes, Will Trapp e John Paul White. Tra gli artisti sotto contratto, oltre a White, Dylan LeBlanc, Nicole Atkins e Cedric Burnside, di cui leggerete a parte. Il repertorio pesca dalla zona Shoals dell’Alabama, e quindi rappresenta i famosi Muscle Shoals Studios e una delle vere leggende della musica “southern” americana, ovvero Donnie Fritts, che pubblica il suo secondo album per la Single Lock, dopo l’ottimo Oh My Goodness del 2015, che si pensava potesse essere il suo ultimo album https://discoclub.myblog.it/2015/10/25/il-ritorno-forse-commiato-grande-donnie-fritts-oh-my-goodness/ . Invece, a 75 anni, Fritts è entrato ancora una volta in studio, per una serie di sessioni serali tenute ai Muscle Shoals, per realizzare un tributo al suo grande amico e mentore Arthur Alexander: dieci canzoni legate al grande cantante soul di You Better Move On, e a decine di altri brani che hanno fatto la storia della musica black, proprio a partire dal brano citato, che nel 1962 fu il primo successo ad uscire dall’area di Muscle Shoals, uno dei tre firmati dal solo Alexander.

Poi ne troviamo quattro che sono collaborazioni con Fritts, una firmata anche dal grande Dan Penn, ed infine, Soldier Of Love, comunque legata al repertorio di Arthur. Alle registrazioni dell’album, sempre essenziale ed intimo nelle sue riletture country-soul, ma non privo di momenti più mossi, hanno partecipato, oltre a White e Tanner chitarre, David Hood al basso, Reed Watson alla batteria, Kelvin Holly ancora alle chitarre e lo stesso Fritts al Wurlitzer e alle tastiere. Il risultato, lo ribadisco, è un piccolo gioiellino di equilibri sonori, intimi e confidenziali, con altri più movimentati e raffinati. D’altronde le canzoni sono tutte decisamente belle, l’interprete, per quanto la sua discografia sia veramente molto scarna, è uno che ha scritto, in tutti i sensi, la storia della musica, quindi il disco si ascolta con assoluto piacere: June, come ricorda lo stesso Donnie nelle note del libretto, invero scarne pure quelle, era il nomignolo con cui era conosciuto Arhur Alexander, e la canzone era stata scritta nel 1993 sull’onda emotiva della sua scomparsa, ed appare come toccante brano di apertura in questo album, solo la voce e il piano elettrico di Fritts, sembra una di quelle ballate romantiche in cui è maestro Randy Newman, e anche il timbro vocale è quello,  violino e viola in sottofondo e tanto feeling, deliziosa, una vera perla.

Ancora  raffinati tocchi di archi, il piano elettrico e una delicata melodia per In The Middle Of It All, una soul ballad  intimista, scritta dal solo Alexander, e apparsa nel suo album omonimo del 1972. You Better Move On l’hanno incisa in tantissimi, vorrei ricordare le versioni di Willy DeVille e degli Stones (e pure i Beatles si sono cimentati con Anna (Go To Him), il suo brano di maggior successo, viene riproposto in una sorta di unplugged version, mentre All The Time, una delle loro collaborazioni autoriali, è una deliziosa ballata country got soul, con le armonie vocali delle Secret Sisters, una sezione ritmica finalmente presente e organo e chitarre acustiche a colorare il suono. Anche I’d Do It Over Again beneficia di un arrangiamento corale, splendido ed avvolgente, con  tastiere, chitarre e voci di supporto semplicemente perfette. Ancora un arrangiamento sontuoso alla Randy Newman  per un’altra soul ballad di grana finissima come Come Along With Me, cantata sorprendentemente bene dal nostro amico che sfoggia una interpretazione da manuale https://www.youtube.com/watch?v=2CvPl12wgOc ; Lonely Just Like Me è un altro dei capolavori assoluti di Alexander, e anche il titolo del suo album finale pubblicato nel 1993, poco prima della sua scomparsa a soli 51 anni, altra versione da manuale, con quel tocco latino che sia DeVille che il Warren Zevon di Carmelita avevano cercato di carpire a Arthur, e gli echi della migliore soul music mai suonata e cantata da chicchessia, una vera chicca sonora anche in questa rilettura magnifica https://www.youtube.com/watch?v=M8ztC3ZFJIY .

Altra delizia per i padiglioni auricolori è Soldier Of Love, suonata e cantata con un impeto ed una intensità pregevoli ,e non si scherza neppure con il deep soul screziato di gospel di una intensa e sgargiante Thank God He Came con le Secret Sisters scatenate a livello vocale in un finale veramente ispirato. A chiudere il CD Adios Amigo, titolo del tributo del 1994 e altra canzone epocale, di nuovo rivista in modo più intimo, solo il Wurlitzer, gli archi e le voci delle sorelle Rodgers https://www.youtube.com/watch?v=nhWkBfDxNAk . Disco commovente e intenso, a dimostrazione che la classe non è acqua.

Bruno Conti

Un “Piccolo” Grande Tributo! Do Right Men: A Tribute To Dan Penn And Spooner Oldham

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Do Right Men:  A Tribute To Dan Penn And Spooner Oldham  – Zip City Records/Tone In Motion

Nel corso del 2016 c’è stato un vero florilegio di pubblicazioni discografiche concernenti tributi agli artisti più disparati: dallo splendido Day Of The Dead ai recenti volumi dedicati a Jerry Garcia, Dr. John e Emmylou Harris. Mentre per la categoria “minori”, ma solo perché i nomi coinvolti non sono di primissimo piano (per quanto sia da vedere) e la etichetta è minuscola, la Zip City Records che pubblica questo Do Right Men, che parafrasa una delle più note canzoni dei due autori che vengono omaggiati in questo CD, e cioè Dan Penn e Spooner Oldham: la canzone ovviamente è Do Right Man, Do Right Woman (la versione “colossale” è quella di Aretha Franklin). Non sempre le canzoni sono scritte solo dai due, nello specifico quella appena citata porta la firma di Chips Moman con Dan Penn, ma i due ne hanno scritte veramente tantissime, una più bella dell’altra. In questo Do Right Men ne troviamo 17, e nel disco cantano (e suonano) anche alcuni dei luminari assoluti della musica del Sud degli States. L’album è stato inciso in vari piccoli studi, evidentemente in base ai budget disponibili, ma come ricorda Dick Cooper, “custode storico” dei Muscle Shoals, lo spirito che si respira è quello delle grandi canzoni che in 50 anni di carriera ci hanno regalato Penn e Oldham, con nuove versioni create per l’occasione.

Vediamo chi c’è, sia come canzoni che come musicisti: si apre con una versione acustica di I’m Your Puppet, uno dei primi brani scritti dalla coppia, cantato in origine da James & Bobby Purify (ma anche da Marvin Gaye e Tammi Terrell, e molti altri), qui la canta Buddy Causey, uno degli “originali” dei Muscle Shoals, tra country e blue-eyed soul, di recente con problemi di salute, e che quindi canta con un filo di voce, ma con tonnellate di feeling, una versione acustica, solo chitarra e il magico Wurlitzer di Spooner Oldham. A dispetto dell’età invece Bonnie Bramlett (proprio quella di Delaney & Bonnie) ha ancora una voce della Madonna, e lo dimostra in una versione potente della hit dei Box Tops, Cry Like A Baby, in coppia con Christine Ohlman, al basso Shonna Tucker, l’ex Drive-by Truckers; primo colpo al cuore con una versione magnifica di Dark End Of The Street, una delle più belle canzoni soul di tutti i tempi nella versione di James Carr, la canta Russell Smith dei grandissimi Amazing Rhythm Aces (una band che negli anni ’70 era seconda solo alla Band e ai Little Feat nell’ambito rock americano), la voce è ancora magica, e il basso di David Hood e il Wurlitzer di Oldham ci riportano a quell’era magnifica. Jackson Highway era l’indirizzo degli studi Muscle Shoals a Sheffield, ma anche il nome di una band sudista dove suonano i fratelli Dennis & Russell Gulley, Johnny Neel alle tastiere e un ottimo Britt Meachum alla slide, Battle Cry è un pezzo recente, del 2002, scritto per loro da Penn/Oldham e Donnie Fritts, ragazzi se viaggiano.

Altro capolavoro assoluto, A woman left lonely, scritta per Janis Joplin, e qui cantata in modo splendido da uno dei secreti meglio custoditi (purtroppo) della musica americana, Kate Campbell, una southern ballad colossale. In You Really Know How To Hurt A Guy, eseguita dai Brambleman Allstars, il nome più noto è Gary Talley, che era la chitarra solista dei Box Tops, ma la canzone si trova in varie compilation della Fame, cantata da Jimmy Hughes, versione discreta, mentre Sandy Jackson non la conosco, anche se dovrebbe essere parente di Jimmy Johnson, e nella buona versione di Do Right Man, Do Right Man ci sono anche Billy Earheart degli Amazing Rhythm Aces, oltre a Hood e Johnson, ovviamente la versione di Aretha rimane inarrivabile. Mark Narmore, se la cava egregiamente con una versione gospel di I Met Her In Church, come pure l’altrettanto sconosciuto (per me) Marc Phillips, alle prese con Uptight Good Woman, che in originale cantava Solomon Burke. Viceversa la versione di You Left The Water Running è splendida, voce solista Jimmy Hall dei Wet Willie, alla chitarra Steve Cropper, e scusate se è poco! Out Of Left Field la canta con immutata intensità Donnie Fritts, ancora in grande spolvero, con Zero Willpower scritta dal magico trio Penn/Oldham/Fritts per Irma Thomas cantata qui da Ron Williams e Charlie Burgin (scomparso proprio in questi giorni), voce soul autentica e anche Debbie Blond per la sua versione di Sweet Inpiration se la cava, anche se l’originale…Lonely Women Make Good Lovers cantata da Shonna Tucker evidenzia gli elementi più country dei compositori, molto gradevole comunque. Travis Wammack ci dà dentro di brutto per una Too Rock For Country, scritta da Dan Penn con Lonnie Mack e a chiudere Hello Memphis di Albert Junior Lowe, uno swamp blues rock di buona fattura. Ho saltato Is A Bluebird Blue? di tali Nmbr 11 di cui non si sentiva la mancanza. Per il resto un piccolo gioiellino da cercare assolutamente, con tutte le canzoni che hanno scritto potrebbero farci un’altra ventina di tributi.

Bruno Conti