Una Proposta “Diversa” Ma Affascinante Per La Grande Vocalist Irlandese. Mary Black – Orchestrated

mary black orchestrated

Mary Black Orchestrated – Blix Street Records

Mary Black è una delle cantanti folk irlandesi più brave e popolari, diciamo che in patria ha goduto di un consenso quasi unanime dalla critica e anche vendite più che rispettabili, con i suoi undici album di studio che hanno quasi sempre raggiunto la vetta delle classifiche e tutti hanno avuto la status di disco di platino. Da qualche anno a questa parte, dopo avere annunciato il suo ritiro, Mary Black ha comunque diradato di molto le sue apparizioni discografiche, un album nel 2005 e uno nel 2011, e anche le tournée sono molto più brevi di un tempo, e quasi completamente sul territorio irlandese: però escono molti progetti  particolari che rivisitano il suo songbook, magari con l’aggiunta di bonus, come è stato per Mary Black Sings Jimmy MacCarthy, o per la versione del trentennale di By The Time It Gets Dark, nel 2008 era uscito anche Twenty Five Years Twenty Five Songs,  con il meglio della sua carriera e alcune chicche aggiunte per i fans.

L’ultima “pensata” è questo Orchestrated, in cui la vocalist di Dublino ha scelto le sue canzoni preferite (sia dal proprio repertorio che cover) e le ha rivestite di sontuosi arrangiamenti orchestrali, con l’aiuto di Brian Byrne che ha curato le partiture e diretto la RTÉ National Symphony Orchestra. Ovviamente la ragione per cui si apprezza questo album, che poteva essere un azzardo invece funziona, è la possibilità di potere ascoltare ancora una volta una delle più belle voci in circolazione, e non solo in ambito folk, con un timbro così puro e cristallino che per anni è stata la testimonial di molte case di prodotti hi-fi per audiofili. Ora forse la voce non è più così perfetta, ma ha sempre un fraseggio vocale che è goduria pura. Diciamo che, specie quando l’orchestra entra massicciamente negli arrangiamenti, lo spirito celtico un po’ si perde, ma le canzoni si ascoltano sempre con grande piacere (e forse non è un caso che l’etichetta che da qualche tempo pubblica i suoi dischi, sia la Blix Street, la stessa che cura il patrimonio discografico della scomparsa Eva Cassidy, altra voce superba).

Il disco si apre con una a tratti fin troppo lussureggiante versione di No Urge For Going di Joni Mitchell, con l’orchestra che rischia (quasi) di coprire la splendida voce di Mary; Carolina Rua è una delle sue canzoni più famose e mantiene quello spirito celtico dei suoi brani più riusciti, con intermezzi più intimi, quasi acustici, anche sotto forma di gighe, alternati alle potenti accelerazioni orchestrali, No Frontiers è una meraviglia del creato, una canzone malinconica e sognante dove la voce della Black quasi risplende, con quel timbro caldo ed avvolgente che ci affascina sempre. Poison Tree è un adattamento di un poema di William Blake, eseguita in duetto insieme alla collega australiana Marcia Howard, con un risultato finale turgido, molto da musical di Broadway, bello ma forse con poco calore. The Summer Sent You viceversa è una delle più belle canzoni scritte da Noel Brazil per lei, molto calda, passionale e coinvolgente, poi tocca ad uno dei capolavori assoluti di Richard Thompson The Dimming Of The Day, un altro brano dove la malinconia regna sovrana e l’arrangiamento orchestrale ne evidenzia la maestosità.

Turning Away, scritta dal cantautore scozzese Dougie MacLean, è brano di impianto folk, delicato e quasi danzante, peccato per il finale troppo pomposo e carico dell’orchestra, Bless The Road ha una melodia più dolce e cantabile, perfetta per la voce empatica della Black, mentre l’orchestra non è troppo invadente e lascia trasparire gli accenti celtici. The Loving Time, scritta sempre da Brazil, è stata in passato anche un duetto con una quasi deferente Emmylou Harris https://www.youtube.com/watch?v=Br55Mjve33Q , e pure in questa versione più matura mette in luce quella voce splendida, che è poi il motivo per cui uno compra i dischi di Mary Black; Adam At The Window è l’altra canzone di Jimmy MacCarthy, l’autore di No Frontiers, altra melodia rigogliosa, con una fisarmonica che a tratti fa capolino. Chiude Poison Words, uno dei brani più intimi e raccolti, con chitarra e cello che dopo una breve introduzione acustica lasciano spazio ai soliti florilegi orchestrali.Quindi un disco “diverso” ed affascinante che non mancherà di soddisfare sia i fans quanto chi vorrà avvicinarsi alla musica di questa grande vocalist, un patrimonio della musica irlandese.

Bruno Conti