A 72 Anni L’Iguana Ha Cambiato Pelle! Iggy Pop – Free

iggy pop free

Iggy Pop – Free – Caroline/Loma Vista/Universal CD

L’ottimo Post Pop Depression del 2016 sembrava potesse essere l’ultimo album della carriera di Iggy Pop https://discoclub.myblog.it/2016/04/29/le-pop-songs-che-ci-piacciono-iggy-pop-post-pop-depression/ , ma per fortuna si trattava della solita promessa da marinaio tipica delle rockstar. Free, nuovissimo lavoro dell’ex Stooges, è però un disco completamente diverso dal genere a cui l’Iguana ci ha abituati: niente schitarrate potenti, niente aggressioni elettriche o canzoni tra punk e hard rock, ma atmosfere soffuse, eleganti e jazzate. Iggy stesso ha detto che Free è un album capitato quasi per caso, con canzoni in cui altri artisti parlano per lui ed alle quali ha solo prestato la voce: ed è vero, in quanto la sua mano come songwriter appare solo in tre dei dieci pezzi totali, mentre la maggior parte dei brani vede la firma del trombettista jazz Leron Thomas, ed in seconda battuta della chitarrista Noveller (al secolo Sarah Lipstate), entrambi anche produttori del disco.

Eppure Free risulta intrigante e stimolante anche se Iggy si muove in territori non certo abituali, con il suo vocione che ben si adatta ai paesaggi sonori moderni ma non eccessivi creati dai vari musicisti (c’è anche parecchio synth, ma usato in maniera intelligente): oltre ai due nomi citati sopra, altri protagonisti dell’album sono Aaron Nevezie e Gregoire Fauque alle chitarre, Kenny Ruby al basso e Tibo Brandalise alla batteria. Qualcuno ha paragonato questo lavoro all’epitaffio musicale di David Bowie, Blackstar, ma qui le canzoni sono meno oblique e più dirette, al punto che alla fine degli appena 33 minuti del disco quasi mi rammarico che sia già terminato. La title track, che apre l’album, è un pezzo breve, quasi straniante ma indubbiamente affascinante, con Iggy che si limita a ripetere un paio di volte la frase “I wanna be free” e poi lascia spazio alla tromba di Thomas (indiscussa protagonista del disco) ed alla chitarra sintetizzata della Lipstate. Un ritmo pulsante introduce Loves Missing, affiancato da una chitarra che si fa largo con riff in stile twang ed Iggy che declama i versi a modo suo (e non manca la tromba): un brano potente e non lontano dallo stile del nostro, anche se non ci sono assalti all’arma bianca ma un’atmosfera piuttosto rilassata. Sonali ha una ritmica particolare e spezzettata, un background sonoro moderno e soluzioni melodiche abbastanza “free” (il titolo del CD non è casuale) grazie anche all’onnipresente tromba, eppure il brano non risulta per nulla ostico (e qui il paragone con Bowie ci può stare).

James Bond si apre con un bel riff di basso subito doppiato dalla voce del leader, per un motivo ripetitivo ma intrigante, che vede il resto della band entrare di soppiatto e confezionare un accompagnamento pop-rock classico, con una chitarrina funkeggiante, rendendo il brano uno dei più orecchiabili del lavoro. Dirty Sanchez, dopo un lungo intro per sola tromba, si sviluppa in maniera un po’ sghemba, un pezzo contraddistinto dal continuo botta e risposta tra i versi quasi urlati da Iggy ed un coro maschile, ed un sottofondo tra jazz e musica tribale; Glow In The Dark vede il nostro cantare in un’atmosfera cupa, quasi plumbea, con la band che si lancia in melodie irregolari e libere guidate dalla solita tromba e con una chitarra elettrica che si fa largo man mano che la canzone prosegue, mentre in Page l’Iguana assume un tono quasi da cantante confidenziale e gli strumenti forniscono un background soffuso e raffinato. Il CD si chiude con ben tre brani totalmente “spoken word” e sottofondo per tromba e synth: We Are The People (un testo inedito di Lou Reed), Do Not Go Gentle Into That Good Night (adattamento di una poesia di Dylan Thomas) e The Dawn, tre pezzi indubbiamente affascinanti anche se di musica ce n’è poca.

Lavoro quindi molto interessante questo Free, non certo di facile ascolto ma in grado di crescere alla distanza, anche se forse non è il disco che consiglierei ad un neofita di Iggy Pop.

Marco Verdi