Un “Falso” Ante Litteram, Però Anche Un Bel Disco. Jimmy Reed – At Carnegie Hall + Found Love

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Jimmy Reed – At Carnegie Hall + Found Love – Soul Jam Records

Questo disco (anzi questi dischi, perché nel CD ne sono contenuti due), può essere considerato un classico caso di “fake” ante litteram, quando si chiamavano ancora bufale o falsi se preferite: nel 1962 esce per la Vee Jay (la stessa etichetta che pubblicò il primo album americano dei Beatles, quel Introducing…The Beatles che poi scomparirà dalla discografia ufficiale del quartetto di Liverpool, ma anche una sorta di antenata della mia “amata” Cleopatra). La Vee Jay era una etichetta di Chicago, concorrente della Chess, specializzata nella pubblicazione di dischi di blues, di gruppi vocali, di jazz, rock e R&B, per esempio per l’etichetta incidevano Memphis Slim, John Lee Hooker e Jimmy Reed. In effetti già nel 1958 era uscito I’m Jimmy Reed, un LP che assemblava diversi singoli incisi tra il 1953 e il 1958 dal bluesman nativo di Dunleth, Mississippi, Found Love, l’altro disco che troviamo in questo CD, esce nel 1960, e nel 1961 viene pubblicato anche At Carnegie Hall che diventa un grande successo.

Anche quest’ultimo raccoglieva materiale registrato tra il 1955 e il 1961: e fin qui nulla di male, in quanto in quel periodo praticamente quasi tutti gli artisti facevano uscire LP che raccoglievano canzoni uscite in precedenza come 45 giri, ma quelli della Vee Jay si superarono presentando questo At Carnegie Hall come una ricreazione di un ipotetico concerto dal vivo (anche se in effetti, per la precisione, le parole Live o In Concert non vengono mai citate) alla famosa sala da concerto di New York, concepito realizzando una scaletta di fantasia, che però raccoglieva in pratica gran parte dei successi del bluesman americano. Da allora in poi tutte le edizioni in vinile, e poi in CD, riportano, nel retro ovviamente, la scritta which despite its title was actually recorded in the studio”, quindi consideriamolo una sorta di Greatest Hits dell’artista, anche di raccolte se ne esistono molte altre, considerando che però nella edizione della Soul Jam Records sono state aggiunte ulteriori 6 bonus, portando il totale dei brani a un rispettabile 29 canzoni.

Quindi chi compra questo CD di Jimmy Reed ha comunque una occasione unica per conoscere una delle grandi leggende delle 12 battute (e nel CD c’è un bel libretto che ne racconta le vicende con dovizia di particolari) che se nella storia del blues non riveste la stessa importanza, che so, di Robert Johnson, Muddy Waters, Howlin’ Wolf, John Lee Hooker, i tre King, B.B., Albert e Freddie, per citarne alcuni, con quel suo stile particolare che ruotava intorno alla sua voce pigra, diciamo laidback, lo stile ipnotico della chitarra, e gli sbuffi penetranti dell’armonica, che Reed suonava all’unisono con la chitarra, ha composto quella che viene considerata una lunga serie di standard del blues, in una carriera che si è conclusa alla sua morte nel 1976 a Oakland, Ca., a soli 50 anni. E quindi nel CD scorrono una serie di classici assoluti, dove Reed, accompagnato tra gli altri da Eddie Taylor e William “Lefty” Bates alle chitarre, Willie Dixon, Curtis Mayfield (!) e lo stesso Taylor al basso, e Earl Phillips alla batteria, oltre alla moglie Mary Reed alle armonie vocali.

Il CD ci regala brani come Bright Lights, Big City, Baby What You Want Me To Do, Big Boss Man, Shame, Shame, Shame, ma anche lo splendido blues lento I’m Mr. Luck, con eccellente lavoro della solista, l’intensa e cadenzata What’s Wrong Baby?, l’ipnotica Found Joy, dove il cantato ricorda il giovane Bob Dylan, lo shuffle vivace Kind Of Lonesome, potete anche cambiare i titoli, perché lo stile era alla fine intercambiabile, Reed aveva quei due o tre formati sonori su cui inseriva poche ma incisive variazioni, qualche assolo basico ma essenziale alla formula, qualche rara accelerazione come in I’m A Love You o rallentamento come nella narcotica Blue Blue Water, che conclude Carnegie Hall, o la brillante Found Love che dà il titolo al secondo disco, e tra le bonus la quasi scatenata Shame Shame Shame. Nel CD, che ha un suono decisamente buono nell’insieme, anche se magari non memorabile, qui e là troviamo pure dei brani strumentali . Un disco da 4 stellette, magari mezza stelletta in meno nel giudizio rispetto ai contenuti è per il “trucchetto” del finto concerto.

Bruno Conti

Un Altro Tassello Nell’Infinita Storia Delle 12 Battute. Eddie Taylor – In Session: Diary Of A Chicago Bluesman 1953-1957

eddie taylor in session

Eddie Taylor – In Session – Diary Of A Chicago Bluesman 1953-1957 – Jasmin Records

Dopo l’interessante compilation dedicata alle prime registrazioni di Roy Buchanan The Genius Of The Guitar http://discoclub.myblog.it/2016/08/24/completare-la-storia-roy-buchanan-the-genius-of-the-guitar-his-early-recordings/ , l’etichetta inglese Jasmine ora ne pubblica una dedicata ad un altro chitarrista (e cantante) che in vita non ha ricevuto i riconoscimenti che avrebbe meritato. Pur non essendo stato dello stesso livello tecnico di Buchanan, Eddie Taylor è stato ciò nonostante uno dei solisti più importanti della scena del blues nero elettrico di Chicago, fin dagli inizi degli anni ’50: anche se era nativo di Benoit, Mississippi, Taylor ha dapprima operato come sessionmen in diverse registrazioni di importanti bluesmen (che vediamo fra un attimo) prima di pubblicare il suo primo album per la Testament solo nel 1966, e poi diverse interessanti uscite tra gli anni ’70 e ’80, fino alla sua morte avvenuta a Chicago nel 1985, a soli 62 anni. Il nostro non viene ricordato negli annali del Blues come uno dei nomi basilari, ma è stato fondamentale nello sviluppo dell’opera, ad esempio, di Jimmy Reed, di due anni più giovane di lui, al quale ha insegnato tutti i trucchi della chitarra, e di cui è stato a lungo collaboratore. Senza addentrarci ulteriormente nelle cronache del blues, diciamo anche che queste registrazioni, nonostante la qualità sia variabile a seconda della provenienza originale, è per la maggior parte più che accettabile, spesso sorprendente, considerando gli anni in cui sono stati registrate tutte le canzoni.

Eddie Taylor, con la sua chitarra (e in qualche brano anche voce) è l’unica presenza costante in tutti i pezzi, alcuni, secondo le note, non pubblicati ai tempi della registrazione ed inseriti in stretto ordine cronologico. I primi due brani vengono da un 45 giri del maggio 1953 attribuito a John Brim, anche lui nella storia del blues di Chicago, ma che francamente non ricordavo, poi ascoltando il primo brano, Ice Cream Man, mi sono ricordato che la canzone appariva nel primo disco dei Van Halen, lo stile chitarristico di Taylor è ovviamente meno dirompente di quello di Eddie, ma, grazie anche alla presenza di Little Walter all’armonica, fa la sua bella figura https://www.youtube.com/watch?v=-FXzfXBHXW8 , come pure la successiva Lifetime Blues. Poi c’è il primo brano con Jimmy Reed, You Don’t Have To Go, con Reed all’armonica e voce e Taylor e John Littlejohn alle chitarre, più un certo Albert King alla batteria, ma non credo sia “quel” King. Classico Chicago Blues elettrico degli esordi. Seguono sette brani del febbraio 1954, quattro a nome Sunnyland Slim, che canta e suona il piano, e tre attribuiti a Floyd Jones, ma la formazione è comunque la stessa in tutte le canzoni, con i due artisti citati, più Eddie Taylor, Snooky Pryor all’armonica, Alfred Wallace alla batteria, ottime Going Back To Memphis e The Devil Is A Busy Man (bel titolo) di Sunnyland Slim, e pure la mossa Shake It Baby, mentre quando guida il vocione di Jones, si apprezzano gli  ottimi slow Schooldays On My Mind e Ain’t Times Hard,, che sembrano dei brani perduti di Muddy Waters, con eccellente lavoro di Taylor alla chitarra e Pryor all’armonica.

Ancora due brani di Brim del 1954 e due tracce di Little Willie Foster, un nome che mi “mancava”! Finalmente i primi due pezzi del gennaio 1955 a nome Eddie Taylor, un 45 giri per l’etichetta Vee-Jay, dove già si notano la grinta e la chitarra del musicista di Benoit. A fine ’55 c’è anche la prima collaborazione con John Lee Hooker, una Wheel And Deal dove ci sono sia Reed che Taylor, e del grande Hook più avanti nel CD ci sono altri due brani, tra cui Dimples, uno dei suoi più grandi successi in assoluto, ma solo anni dopo, negli anni ’60 e in Inghilterra, in pieno boom del British Blues,che su questo pezzo ci costruirà un genere, il primo beat inglese https://www.youtube.com/watch?v=lhitRUFOVts . Nel CD ci sono ancora due pezzi di Jimmy Reed, tra cui spicca You Got Me Dizzy, nonché altre otto canzoni a nome Eddie Taylor, tra cui ricordiamo Big Town Playboy, Don’t Knock At My Door e il “lentone” Lookin’ For Trouble dove si apprezza anche la voce del nostro https://www.youtube.com/watch?v=oYWJDzqERKw  e pure Ride ‘Em On Down, che alla luce delle ultime notizie farà parte di Blue And Lonesome, il “nuovo” disco dei Rolling Stones dedicato ad alcuni classici del Chicago blues. Quindi, anche se la registrazione è tipicamente anni ’50, ma buona comunque, non si tratta di un disco per soli archivisti, ma di un altro tassello nell’infinita storia delle 12 battute.

Bruno Conti