Replay: Un Grandissimo Disco…Che Per Ora Non “Esiste”! Phish – Sigma Oasis. “Ora Anche In Formato Fisico”

phish sigma oasis

*NDB L’album è stato pubblicato in questi giorni anche come doppio vinile e, ma solo sul sito della band  https://drygoods.phish.com/product/PHCD247/sigma-oasis-cd-dry-goods-exclusive?cp=null anche come CD. Per cui vi riproponiamo la recensione, uscita il 13 aprile.

Phish – Sigma Oasis – JEMP/ATO Records Download

Lo scorso 2 aprile i Phish, band del Vermont che ormai possiamo definire storica esistendo dal 1983, ha deciso di fare una sorpresa ai suoi fans pubblicando senza alcun battage pubblicitario un nuovo album, intitolato Sigma Oasis. Probabilmente la cosa era già nei piani del quartetto (Trey Anastasio, Mike Gordon, Page McConnell e Jon Fishman), ma l’emergenza coronavirus li ha spinti a bruciare le tappe in modo da dare al loro pubblico della nuova musica per questo lungo periodo di quarantena: purtroppo al momento l’album è disponibile soltanto come download (a pagamento) sulle principali piattaforme, e non è ancora stata resa nota una data di pubblicazione di un eventuale supporto fisico. Sarebbe un vero peccato se non potessimo avere a breve anche il CD tra le mani (parlo ovviamente di chi come il sottoscritto predilige ancora la fruizione vecchio stile, “da divano”), perché già dal primo ascolto Sigma Oasis si rivela non solo superiore al precedente e già ottimo Big Boat https://discoclub.myblog.it/2016/10/18/allora-sanno-grandi-dischi-phish-big-boat/ , e neanche semplicemente l’episodio migliore dalla reunion del gruppo avvenuta nel 2009, ma addirittura al livello dei loro lavori più belli come Rift, Hoist o Billy Breathes.

Registrato in presa diretta nel loro studio The Barn, e anche Sputnik Sound (Nashville TN), Brighter Shade Studios (Atlanta GA) e Flux Studios (New York NY), con la co-produzione di Vance Powell (già collaboratore di Chris Stapleton, Sturgill Simpson, Jack White e Buddy Guy), Sigma Oasis è formato da nove brani che i fans americani della band conoscono già in quanto presenti nelle setilist dei concerti del gruppo da diversi anni (in un caso, Steam, addirittura dal 2011, mentre altri due pezzi, Mercury e Shade, erano stati anche insisi per Big Boat ma poi lasciati in un cassetto), ma che per la maggior parte degli ascoltatori sono inediti. Ebbene, sarà perché i nostri conoscono già queste canzoni a menadito, sarà per la bontà assoluta delle composizioni (tutte a firma di Anastasio con il suo consueto paroliere Tom Marshall, e se non sbaglio è la prima volta in un disco dei Phish), ma Sigma Oasis è un album straordinario, un lavoro in cui il mix di rock, funky, ballate, progressive e tendenza alla jam di Anastasio e soci è a livelli eccellenti, in più con una serie di canzoni di prima categoria (non me ne voglia Gordon, ma Trey è sempre stato il compositore migliore del quartetto): un vero disco rock, con brani spesso lunghi e fluenti in cui i nostri suonano come se fossero nel bel mezzo di un concerto, al massimo della loro ispirazione e creatività.

L’album si apre proprio con la title track, una rock ballad fluida dal suono pieno e potente, con reminiscenze dei Grateful Dead (specie nell’insistito riff di chitarra), un ritornello disteso e godibile ed un’ottima coda strumentale: il disco (scusate se ogni tanto lo chiamo così) si mette fin da subito sui binari giusti. Leaves inizia come uno slow pianistico, poi entra una chitarra acustica e la voce di McConnell che duetta con quella di Anastasio e la melodia si sviluppa sontuosa ed in continuo crescendo, con un bellissimo gioco di voci che si rincorrono ed anche l’aggiunta di un background orchestrale, il tutto condito dalla splendida chitarra di Trey e dalle nitide note del pianoforte di Page: sette minuti fantastici. Everything’s Right di minuti ne dura più di dodici, ed è un gustoso midtempo rock dal ritmo cadenzato con un refrain corale ed un tappeto sonoro leggermente funky: Phish sound al 100%, un brano epico che dal vivo può toccare anche minutaggi maggiori, dato che dal sesto minuto diventa una straordinaria jam con McConnell che si alterna superbamente a piano ed organo e Trey che suona in modalità wah-wah.

Ancora più funky è Mercury, canzone godibile dal ritornello ripetitivo che però entra in testa subito ed ancora elementi “deaddiani” (periodo Shakedown Street), per altri sette minuti e mezzo di musica ad alti livelli; Shade è un toccante lento pianistico sul genere di classici passati del gruppo come Wading In The Velvet Sea, ancora con un emozionante intervento orchestrale ed Anastasio che canta molto bene una melodia non facile, rilasciando nel finale un assolo decisamente lirico, mentre Evening Song, che con i suoi tre minuti e venti è la più breve del lotto, è una rock song rilassata e dal motivo diretto ed accattivante, di nuovo con piano e chitarra in evidenza ed un ritornello corale molto bello. Con i quasi otto minuti di Steam ci rituffiamo in una miscela robusta ma assai fruibile di rock e funky, un suono che ormai è il marchio di fabbrica dei quattro, con Page e Trey strepitosi ai rispettivi strumenti: si sente che i brani di questo album sono già nel loro repertorio da tempo, in quanto si percepisce la sensazione di una coesione e compattezza del suono perfino maggiori del solito.

A Life Beyond The Dream conferma che i Phish sono un gruppo capace di sfornare anche ballate coi fiocchi, e forse questa è la migliore di tutte: sei minuti e mezzo splendidi, con un motivo intenso e profondo ed un accompagnamento molto anni settanta, con organo ed un coro femminile a dare un tocco southern soul ed un finale maestoso tra rock e gospel. Il CD (ehm…volevo dire lo streaming) si chiude alla grande con gli undici minuti della potente Thread, un pezzo creativo e pieno di idee, cambi di ritmo e melodia a go-go ed ennesima prestazione strumentale di valore assoluto, un brano che denota l’influenza che Frank Zappa ha avuto sui nostri. Sigma Oasis è quindi un lavoro eccellente, tra i migliori dei Phish se non addirittura il migliore: spero vivamente che prima o poi esca anche in CD, così avrò meno remore ad inserirlo nella mia Top Ten annuale.

Marco Verdi

Il Migliore Finora Tra I Cofanetti Di Halloween: Garantisce Il Conte Frankula! Frank Zappa – Halloween ‘81

frank zappa halloween 81

Frank Zappa – Halloween ’81 – Zappa/Universal 6CD Box Set

Terzo cofanetto in quattro anni che si occupa dei concerti che Frank Zappa era solito tenere il 31 ottobre ed il primo novembre di ogni anno (dopo quello del 1977 uscito nel 2017, con però la parte musicale disponibile solo su chiavetta USB, e quello dello scorso anno dedicato al 1973 https://discoclub.myblog.it/2019/10/31/cofanetti-autunno-inverno-5-tutto-il-necessario-per-una-festa-mostruosa-frank-zappa-halloween-73/ ), un’abitudine nata nei primi anni settanta e terminata a metà anni ottanta che aveva come costante la presenza del nostro e della sua band al Palladium Theatre di New York, con l’eccezione delle prime due edizioni al Capitol Theatre di Passaic e l’ultima del 1984 al Felt Forum, sempre a NY. Dopo le maschere di Zappa “normale” e di Frankenzappa, quest’anno tocca al Conte Frankula fare capolino dalla confezione di Halloween ‘81, che dal lato musicale presenta ben tre concerti (quasi) completi, i due show serali del 31/10 e quello dell’1/11, divisi in due CD ciascuno, per un totale di 86 pezzi (ma alcune tracce sono dialoghi) di cui ben 70 inediti: esiste anche una versione singola con gli highlights, con dentro per la “gioia” dei fans la Strictly Genteel suonata il primo novembre e non inclusa nel cofanetto.

Ma veniamo al contenuto del box, tre concerti superlativi che vedono Frank ed il suo gruppo in forma smagliante, e che rendono Halloween ’81 la più riuscita tra le tre ristampe deluxe uscite finora: ciò è dovuto un po’ alla scelta del repertorio, che rende i tre show più godibili di altri pur belli pubblicati di recente (compreso Zappa In New York e The Mothers 1970), con una maggiore presenza di brani cantati e di breve durata, ma gran merito va anche alla splendida band che accompagna il nostro, un mix tra elementi vecchi e nuovi e che vede alle chitarre Ray White e soprattutto un ancora sconosciuto Steve Vai, alle tastiere (e purtroppo anche ai synth, anche se non ne abusano) Tommy Mars e Robert Martin, la sezione ritmica di Scott Thunes al basso e Chad Wackerman alla batteria e Ed Mann alle percussioni. Possiamo quindi ascoltare con grande piacere la consueta miscela tra serietà (poca) e follia, genio e sregolatezza, grande musica e momenti demenziali, con la solita miscela tra rock, jazz, blues, pop, doo-wop ed improvvisazione come solo Zappa sapeva fare.

I primi due CD documentano il primo concerto del 31, alle 8 p.m., che inizia con una potente versione dello strumentale Chunga’s Revenge, in cui Frank dà subito un saggio della sua tecnica chitarristica, e poi mette in fila una serie di brani di alto livello musicale nonostante qualche titolo non proprio convenzionale come Alien Orifice e Broken Hearts Are For Assholes. Gli episodi salienti sono l’orecchiabile e corale The Meek Shall Inherit Nothing, il rap-rock Dumb All Over, il coinvolgente jump blues Suicide Chump, il binomio tra pop music e pazzia di Jumbo Go Away, gli strepitosi nove minuti tra rock ed improvvisazione di Drowning Witch ed i quasi dieci del funkettone City Of Tiny Lites. Non mancano alcuni classici zappiani, come la complessa Envelopes, quasi dissonante, l’irresistibile Flakes (con tanto di parodia di Bob Dylan), il rock’n’roll (almeno all’inizio, poi Frank si mette a cazzeggiare) di Tinsel Town Rebellion, la deliziosa Bobby Brown Goes Down, una canzone regolare e canonica (testo a parte), la relativamente famosa Dancin’ Fool ed un finale che vede l’inatteso omaggio alla Allman Brothers Band con una lucida e solida rilettura di Whipping Post.

I dischetti numero tre e quattro sono relativi al concerto della mezzanotte del 31 (quindi poco dopo la fine dell’altro), che all’epoca venne mandato in diretta televisiva dall’allora neonata MTV. Lo show, che in comune con quello prima ha soltanto Strictly Genteel, inizia con la melliflua Black Napkins e presenta un numero maggiore di classici come ad esempio la divertente Montana, una frenetica Easy Meat (forse qui troppi synth, ma un grande guitar solo), le brevi e dirette Doreen e Joe’s Garage e tre autentici tour de force con The Torture Never Stops, The Illinois Enema Bandit e King Kong che sommano solo loro mezz’ora complessiva. Altri highlights sono la rockeggiante Society Pages, la pimpante ed orecchiabile Charlie’s Enormous Mouth, il country dell’irresistibile Harder Than Your Husband, il quasi hard rock di Bamboozled By Love e Stevie’s Spanking (sentite la chitarra), la godibile Cocaine Decisions, dalla linea melodica quasi rigorosa, lo strepitoso blues di Nig Biz ed un’altra notevole rock jam con The Black Page # 2; finale “strano” con il noto traditional Auld Lang Syne, che normalmente si suona a Capodanno e non certo a Halloween.

Gli ultimi due CD sono infine dedicati allo show del primo novembre (che all’epoca non si sapeva, ma sarà l’ultimo in assoluto per Zappa al Palladium), una sorta di “best of” dei due concerti tenuti la sera prima con una setlist che comprende appunto diversi brani già ascoltati il 31. Le uniche novità sono messe all’inizio, e tra di esse ci sono almeno tre classici zappiani come l’iniziale Zoot Allures e le note I’m The Slime e Cosmik Debris. Non sto ad elencarvi di nuovo i pezzi restanti, ma è doveroso dire che forse ci troviamo di fronte allo spettacolo migliore dei tre, con versioni ancora più convincenti di Easy Meat, Stevie’s Spanking, Cocaine Decisions, The Torture Never Stops ed un’altra Whipping Post di alto livello.

Quest’anno forse a causa del Covid le feste di Halloween saranno bandite e quindi non potrete indossare maschera e mantello da Conte Frankula, ma nessuno vi impedirà di godere della parte musicale di questo Halloween ’81, sia che scegliate l’impegnativo box sestuplo che il più pratico (anche per le vostre tasche) singolo CD.

Marco Verdi

Dopo Frankenzappa Questa Volta Tocca Al Conte Frankula: Il Nostro Baffuto Amico Pubblica Il 2 Ottobre Un Nuovo Box. Frank Zappa – Halloween 81: Live At The Palladium, New York City

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Frank Zappa – Halloween 81: Live At The Palladium, New York City – Zappa Records/Universal Box 6 CD + Maschera Count Frankula.

Il nostro amico quando era in vita amava molto le serate di Halloween, durante le quali organizzava spesso serie di eventi che si protraevano per più giorni ed erano ricorrenti nel corso degli anni. Purtroppo Frank Zappa ci ha lasciato ormai da quasi 27 anni, ma questa tradizione è stata perpetrata dai componenti della famiglia, in particolare dal figlio Ahmet, che quest’anno ha preparato un cofanetto che presenta i concerti al NY Palladium del 31 ottobre e 1° novembre 1981, 3 esibizioni complete per un totale di 86 brani, di cui 78 mai pubblicati prima. Quindi dopo Halloween 1977 e 1973 arriva ora questo Halloween 81, confezione da 6 CD corredata anche da un libretto di 56 pagine, con nuove note scritte per l’occasione, e dalla maschera di Frankula, ovvero il buon vecchio Frank nelle fattezze del Conte Dracula.

Ci sarà anche una versione singola, dove per non farsi mancare nulla, e per la gioia dei fans, è contenuto un brano Strictly Genteeel, dalla serata del primo novembre, che è esclusivo al CD singolo. E’ proprio vero che le case discografiche non si smentiscono mai: anche a livello di prezzi, dato che il cofanetto, sempre a livello molto indicativo, dovrebbe costare tra i 130 e i 150 euro.

Ecco il contenuto completo.

[CD1: 10/31/81 – 8pm Show 1]
1. Chunga’s Revenge
2. “The Finest Night Of The Year”
3. You Are What You Is – Take 1
4. You Are What You Is – Take 2
5. Mudd Club
6. The Meek Shall Inherit Nothing
7. Dumb All Over
8. Heavenly Bank Account
9. Suicide Chump
10. Jumbo Go Away
11. Envelopes
12. Drowning Witch
13. What’s New In Baltimore?
14. Moggio
15. We’re Turning Again
16. Alien Orifice

[CD2: 10/31/81 – 8pm Show 1 – cont’d]
1. Teen-age Prostitute
2. Flakes
3. Broken Hearts Are For Assholes
4. The Blue Light
5. Tinsel Town Rebellion
6. Yo Mama
7. Bobby Brown Goes Down
8. City Of Tiny Lites
9. “We’re Not Gonna Stand For It!”
10. Strictly Genteel
11. Dancin’ Fool
12. Whipping Post

[CD3: 10/31/81 – 12am Show 2]
1. Black Napkins
2. “A Historical Event”
3. Montana
4. Easy Meat
5. Society Pages
6. I’m A Beautiful Guy
7. Beauty Knows No Pain
8. Charlie’s Enormous Mouth
9. Fine Girl
10. Teen-age Wind
11. Harder Than Your Husband
12. Bamboozled By Love
13. Sinister Footwear II
14. Stevie’s Spanking
15. Commercial Break

[CD4: 10/31/81 – 12am Show 2 – cont’d]
1. Cocaine Decisions
2. Nig Biz
3. Doreen
4. Goblin Girl
5. The Black Page #2
6. Tryin’ To Grow A Chin
7. Strictly Genteel
8. The Torture Never Stops
9. “The Real Show Keeps Going”
10. Joe’s Garage
11. Why Does It Hurt When I Pee?
12. The Illinois Enema Bandit
13. “The Halloween Tradition”
14. King Kong
15. Auld Lang Syne

[CD5: 11/01/81]
1. Zoot Allures
2. “The Last Of Our Halloween Shows”
3. I’m The Slime
4. Pound For A Brown
5. Dave & Al
6. Cosmik Debris
7. Montana
8. Easy Meat
9. Dumb All Over
10. Heavenly Bank Account
11. Suicide Chump
12. Jumbo Go Away
13. Envelopes
14. Drowning Witch

[CD6: 11/01/81 – cont’d]
1. What’s New In Baltimore?
2. Moggio
3. We’re Turning Again
4. Alien Orifice
5. Teen-age Prostitute
6. Sinister Footwear II
7. Stevie’s Spanking
8. Cocaine Decisions
9. Nig Biz
10. Goblin Girl
11. The Black Page #2
12. Whipping Post
13. Broken Hearts Are For Assholes
14. The Torture Never Stops

Alla prossima.

Bruno Conti

Rimandato E Ora Finalmente Pubblicato, Tra Doors, Zappa E Jazz-Rock. Robby Krieger – The Ritual Begins At Sundown

robby krieger the ritual begins at sundown

Robby Krieger – The Ritual Begins At Sundown – Mascot/ Players Club

*NDB Annunciato tempo fa, e poi rinviato di ben quattro mesi, finalmente la settimana prossima esce questo CD. Visto che la recensione era pronta dall’epoca ho preferito (ri)proporvela così come l’avevo scritta prima dell’esplosione della pandemia.

Per parafrasare una delle frasi più famose di Highlander, “alla fine ne rimarrà una sola”, evidenziando la campagna acquisti che sta effettuando la Mascot/Provogue, la quale settimana dopo settimana sta mettendo sotto contratto molti dei più importanti chitarristi in circolazione in ambito rock, blues e dintorni; l’ultimo arrivato è Robby Krieger, il grande solista dei Doors, che esordisce per la etichetta euro-americana con questo The Ritual Begins At Sundown, in uscita a breve, un disco strumentale, il nono (così dice la sua biografia) della carriera del musicista californiano, sempre incentrato in un ambito che potremmo definire jazz-rock-fusion. Scritto e co-prodotto con il suo grande amico Arthur Barrow, con cui collabora sin dalla metà degli anni ‘70: Barrow, che suona il basso nell’album, si è portato appresso parecchi altri alunni zappiani, dal tastierista Tommy Mars al batterista Chad Wackerman (che per un refuso nella cartella stampa viene chiamato Joel, e ovviamente in rete l’errore è diventato virale), e ancora anche i fiatisti Jock Ellis al trombone e Sal Marquez alla tromba.

A completare la line-up ci sono poi diversi musicisti impiegati ai fiati: AeB Byrne, una gentile donzella al flauto e Chuck Manning e Vince Denim al sax, oltre a Joel Taylor che si alterna alla batteria con Wackerman (forse da qui nasce il nome errato del drummer), per un disco che vista la presenza massiccia dei fiati ha un suono che in parecchi brani vira pure verso il funky, ma per la maggior parte sembra ispirato proprio dal sound dello Zappa di fine anni ‘70, prima metà anni ‘80, quello di dischi come Joe’s Garage, You Are What You Is, Them Or Us, ma anche lo strumentale Shut Up ‘N Play Yer Guitar, periodo in cui spesso suonavano con Frank anche Mars e Wackerman. L’ultimo album pubblicato da Krieger Singularity, è uscito dieci anni fa nel 2010 (anche se nel 2017 l’ineffabile Cleopatra ha pubblicato un raffazzonato disco In Session, che constava di brani pescati dagli album più disparati, soprattutto tributi vari, in cui Robby si limitava a suonare la chitarra, e che per motivi che sfuggono la mia comprensione è stato pure candidato ai Grammy), ma lo stile, come vi dicevo poc’anzi è rimasto il suo solito. A partire dal jazz-rock in salsa funky dell’iniziale What Was That?, con profluvio di fiati, le tastiere liquide di Mars e il basso rotondo di Barrow che fanno da sfondo alle divagazioni di Krieger che dimostra la sua eccellente tecnica chitarristica con un assolo appunto molto zappiano, con grande controllo di toni e suoni, fluido e complesso e alternato a quello del sax di Manning (o è Denim?).

Slide Home, con il flauto della Byrne in evidenza, è più etereo e spaziale, con la slide che disegna traiettorie sempre molto ricercate, mente l’unica cover presente, ca va sans dire di Frank Zappa, è una gagliarda Chunga’s Revenge, sempre con lo stile del baffuto musicista ben in mente e reso con la giusta carica da tutti i musicisti, con Robby che ci regala un altro assolo dove brillano la sua tecnica e il suo feeling sopraffini. Ma prima troviamo un’altra funky tune molto seventies jazz-rock come The Drift, dove gli arrangiamenti sono impeccabili anche se un po’ di maniera e a tratti datati, benché gli assoli siano sempre ben realizzati; Yes The River Knows presenta un altro assolo da urlo di Krieger, su un tema musicale dai ritmi più lenti, ma comunque di notevole suggestione, The Hitch vira verso un suono più rock e sincopato con qualche deriva errebì, con Hot Head che fa riferimento più alla fusion di gruppi come Spyrogyra, Yellow Jackets o dei vecchi LA Express di Tom Scott e Robben Ford (di cui Krieger a tratti ricorda il tocco, o è viceversa?), con un assolo di piano elettrico di Mars che rimanda anche ai Doors di Riders On The Storm https://www.youtube.com/watch?v=pHaFBYk9c_o . Dr. Noir è vicina al suono più jazzy dei primi album di Krieger, con gli sbuffi di organo e l’uso all’unisono di fiati e chitarra, che poi rilascia un altro assolo di notevole spessore e pure Bianca’s Dream rimane più o meno su queste coordinate sonore, lasciando alla conclusiva Screen Junkie una maggiore ricerca di temi vicini al buon Frank, senza però i tocchi di genio di Zappa.

Bruno Conti

Saranno Anche Fuori Di Testa, Ma Quando Suonano Sono Serissimi! The Texas Gentlemen – Floor It!!!!

texas gentlemen floor it

The Texas Gentlemen – Floor It!!!! – New West CD

Tornano a distanza di tre anni dal loro debutto TX Jelly i Texas Gentlemen https://discoclub.myblog.it/2017/11/27/un-bellesempio-di-follia-musicale-con-metodo-the-texas-gentlemen-tx-jelly/ , un quintetto di pazzi scatenati proveniente, mi sembra ovvio, dal Lone Star State, e composto dai due leader, il cantante e chitarrista Nik Lee ed il cantante e pianista Daniel Creamer, dall’altro chitarrista Ryan Ake e dalla sezione ritmica formata da Scott Edgar Lee Jr. al basso e Paul Grass alla batteria. Nonostante abbia parlato di esordio i cinque non sono certo di primo pelo, dal momento che stiamo parlando di un gruppo di sessionmen che si sono messi insieme quasi per gioco (hanno suonato anche con una leggenda vivente come Kris Kristofferson), ma da quando hanno iniziato ad incidere per conto proprio hanno dimostrato di fare sul serio. TX Jelly era un disco completamente fuori dagli schemi, in cui i nostri affrontavano qualsiasi genere musicale venisse loro in mente, dal rock al country al pop al blues al funky al folk e chi più ne ha più ne metta, il tutto proposto con un’attitudine scanzonata e divertita ed indubbiamente coinvolgente.

Musica creativa e non scontata quindi, e questo loro secondo album Floor It!!!! prosegue nello stesso modo, con una serie di canzoni in cui affiorano diversi stili anche all’interno dello stesso brano, e dove si nota rispetto al lavoro precedente una maggiore inclinazione verso la pop song di qualità, con uso anche di archi e fiati seppur senza esagerare. A volte essere troppo eclettici può essere considerato un difetto, ma quando come nel caso appunto dei Texas Gentlemen ci sono la bravura nello scrivere e nel suonare, la creatività e l’abbondanza di idee è certamente un vantaggio. I TG si divertono, e riversano questo loro divertimento sull’ascoltatore. Floor It!!!! dura più di un’ora e presenta una serie di brani medio-lunghi, ma grazie proprio al fatto che uno non sa mai cosa aspettarsi dalla canzone seguente il disco riesce a non annoiare. La breve Veal Cutlass, poco più di un minuto, è puro dixieland anni trenta, un pezzo un po’ spiazzante che confluisce nel vibrante strumentale Bare Maximum, un misto di rock’n’roll e funky che si pone nel mezzo tra Little Feat e Frank Zappa, con i fiati a rinforzare un suono già bello tosto; Ain’t Nothin’ New è una ballata ariosa e sognante, guidata dal piano e con un motivo lineare e godibile (e qui il paragone è coi Phish), bella e creativa.

Anche Train To Avesta è un’ottima slow song pianistica tra roots e pop, come se i Jayhawks si fossero fatti produrre da Jeff Lynne; l’intro pianistico di Easy St. rimanda all’Elton John d’annata, ma il resto è puro pop alla McCartney con un leggero sapore vaudeville, fresco e decisamente gradevole: finora di Texas c’è davvero poco, ma non è che mi lamenti. Sir Paul resta a livello di influenza anche in Hard Rd., altro riuscito pezzo di puro pop guidato dal piano e con una orchestrazione alle spalle, a differenza dello strumentale Dark At The End Of The Tunnel, che nonostante si lasci ascoltare senza grandi problemi sembra più una backing track alla quale i nostri si sono dimenticati di aggiungere le parole che una canzone fatta e finita, anche se non mancano cambi di ritmo e di tema musicale. Meglio la cadenzata ballad Sing Me To Sleep, sempre col piano in evidenza ed un gradevole refrain, anche se sembra mixata in maniera un po’ rozza.

Last Call è pop-rock con orchestra, un genere molto poco texano ma proposto con un elevato gusto per la melodia ed un buon ritornello corale, mentre She Won’t è un delicato brano elettroacustico che mescola folk e pop in modo disinvolto. Il CD si chiude con i due pezzi più lunghi (inframezzati da Skyway Streetcar, solare ballata dal sapore californiano guidata ottimamente da piano e chitarre), ovvero i sette minuti di Charlie’s House, delicato slow al quale gli strumenti elettrici, i fiati e gli archi conferiscono potenza (e con un bel finale in crescendo), e gli otto della title track, che parte in maniera coinvolgente in stile rock-boogie sudista (ma con somiglianze anche con Marc Bolan & T-Rex) e poi aggiunge di tutto dal pop al gospel con una parte finale tra i Beatles ed una leggera psichedelia. Già TX Jelly era un album pieno di idee e di soluzioni accattivanti, ma con Floor It!!!! i Texas Gentlemen sono riusciti a proporre qualcosa di completamente diverso, e con la massima nonchalance.

Marco Verdi

Una Line-Up Durata Pochissimo, Ma Abbastanza Per Farci Un Cofanetto! Frank Zappa – The Mothers 1970

frank zappa the mothers 1970

Frank Zappa – The Mothers 1970 – Zappa/Universal 4CD Box Set

A pochi mesi di distanza dal bellissimo box The Hot Rats Sessions, che celebrava i 50 anni appunto dell’album Hot Rats https://discoclub.myblog.it/2020/01/18/cofanetti-autunno-inverno-17-uninfornata-completa-di-topi-caldi-frank-zappa-the-hot-rats-sessions/ , gli eredi di Frank Zappa hanno deciso di omaggiare le cinque decadi trascorse dal 1970 con un altro cofanetto (questa volta più piccolo, in formato “clamshell”): The Mothers 1970 prende in esame un periodo molto particolare della carriera del musicista americano, in quanto mette in evidenza una delle formazioni meno conosciute delle Mothers Of Invention, e di sicuro quella durata meno, appena sette mesi (da maggio a dicembre). Zappa infatti aveva sciolto la sua famosa backing band prima di Hot Rats (che uscì infatti come disco solista), ma decise di riformarla nella primavera del 1970, richiamando il tastierista Ian Underwood, unico membro originale, ed aggiungendo il noto batterista inglese Aynsley Dunbar (già nei Bluesbreakers di John Mayall, ed in seguito con un lungo elenco di musicisti, tra i quali David Bowie, Lou Reed ed i Journey), il bassista Jeff Simmons (che fu la “causa” della poca durata del gruppo, in quanto fu il primo a lasciarlo), il pianista George Duke (che resterà con Zappa fino al 1976) e soprattutto i due vocalist Mark Volman e Howard Kaylan, entrambi ex Turtles e che da lì a poco inizieranno una carriera di successo in duo come Flo & Eddie.

In sette mesi questa line-up delle Mothers riuscirà comunque a registrare un disco, Chunga’s Revenge, e ad andare in tournée, ed oggi possiamo anche noi fruire di un assaggio di quell’intenso periodo appunto con questo cofanetto, che ci presenta quattro CD completamente inediti, il primo in studio e gli altri tre dal vivo. Diciamo subito che se siete dei neofiti per quanto riguarda Zappa, o comunque non dei fans assoluti, The Mothers 1970 forse non è la proposta dalla quale cominciare, in quanto all’interno troviamo poco della musica, per esempio, di Hot Rats, ma anche i famosi live di Halloween e al Roxy sono su un altro pianeta. Qui infatti le lunghe composizioni zappiane, talvolta perlopiù strumentali, lasciano spazio a brani più brevi e nei quali i membri del gruppo si divertono a fare caciara buttandola quasi sul comico, rendendo il tutto forse più fruibile da un punto di vista musicale ma in generale di minor spessore. Comunque non è che tutto il cofanetto sia all’insegna del cazzeggio, anzi i momenti di grande musica non mancano specie nel primo dischetto (quello in studio), che si occupa delle sessions che porteranno poi a Chunga’s Revenge (e che come ingegnere del suono avevano un giovane e non ancora famoso Roy Thomas Baker), anche se le takes qui presenti sono tutte inedite e soprattutto riguardano brani che non finiranno sul disco con la sola eccezione di Sharleena, una raffinata pop ballad quasi canonica e perfino orecchiabile.

Ci sono ben tre versioni di Wonderful Wino (una con la basic track e due con Frank voce solista), una godibile rock song sfiorata dal blues che nel 1976 verrà reincisa per l’album Zoot Allures; da segnalare anche due takes della potente Red Tubular Lighter, entrambe contraddistinte dalle evoluzioni chitarristiche di Frank (che, giova ricordarlo, alle sei corde era un portento), il jazz-rock di Lola Steponsky, tra coretti idioti, improvvisazioni strumentali “free” ed assolo finale di batteria, e due jam sessions di otto minuti l’una intitolate rispettivamente Envelopes e Giraffe. Il secondo dischetto presenta per la prima volta in via ufficiale il famoso (e più volte bootlegato) concerto registrato per il programma televisivo olandese Piknik, arrotondando il tutto con cinque pezzi provenienti da uno show a San Rafael in California. Brani in gran parte più brevi del solito in cui vengono coniugati cabaret e grande musica come solo Zappa sapeva fare, con momenti di assoluta leggerezza quando non ilarità e canzoni dagli elementi quasi sixties, doo-wop e pop (Concentration Moon, The Air, Dog Breath, You Didn’t Try To Call Me, il blues demenziale What Kind Of Girl Do You Think We Are?, la trascinante Bwana Dik), alternate a pezzi in cui l’abilità strumentale la fa da padrona (Wonderful Wino, Call Any Vegetable e la prima e seconda parte di King Kong, con grande prestazione di Underwood all’organo).

Come finale, un’inattesa e rigorosa cover del classico dei Turtles Happy Together, chiaro omaggio a Volman e Kaylan (e l’ovazione del pubblico che non crede alle sue orecchie – Frank non era solito suonare brani altrui dal vivo – vale da sola il CD). Il terzo e quarto dischetto documentano altre performance tratte da varie locations del medesimo tour, ricavate in parte da nastri al limite del rovinato ed in parte dal registratore portatile dello stesso Zappa, ma devo dire che è stato fatto un lavoro egregio in quanto il suono è assolutamente professionale. Lo stile è lo stesso del secondo CD, con tanti brani brevi ed alcuni appena accennati e pochi casi in cui le Madri si producono in lunghe jam (ancora Call Any Vegetable e King Kong, ma anche una sorprendente rilettura di Gris Gris di Dr. John). In mezzo a frizzi e lazzi però ci sono diversi pezzi “seri”, come il rock quasi psichedelico di Pound For A Brown, con chitarra ed organo protagonisti, la cadenzata Trouble Every Day, il vibrante blues elettrico Road Ladies, le evoluzioni chitarristiche della purtroppo breve Portuguese Fenders e della notevole Guitar Build ’70, la tonica e adrenalinica Easy Meat, sempre con lo strumento del leader in bella mostra, e lo splendido jazz-rock Turn It Down, un coinvolgente muro del suono di ragguardevole potenza.

Sono già aperte le scommesse su come la famiglia Zappa celebrerà l’anno prossimo il cinquantenario del 1971: io punto un euro sulla versione “definitiva” del progetto 200 Motels, anche se in cuor mio non mi dispiacerebbe la pubblicazione finalmente ufficiale del famoso concerto di Montreux interrotto per “smoke on the water”.

Marco Verdi

Cofanetti Autunno-Inverno 17. Un’Infornata Completa Di “Topi Caldi”! Frank Zappa – The Hot Rats Sessions

frank zappa hot rats sessions

Frank Zappa – The Hot Rats Sessions – Zappa Records/Universal 6CD Box Set

Non so se Hot Rats sia da considerare l’album più importante di Frank Zappa, almeno per quanto riguarda il suo primo periodo: di certo sembrano pensarla così gli eredi del grande musicista scomparso nel 1993, dato che pochi giorni prima dello scorso Natale hanno pubbicato questo sestuplo box intitolato The Hot Rats Sessions, contenente tutto ciò che l’artista di Baltimore aveva inciso per lo storico disco del 1969, prima volta in assoluto per un lavoro di studio del baffuto Frank (e in anni recenti non erano stati celebrati i cinquantesimi anniversari di album comunque importanti come Freak Out!, Absolutely Free, We’re Only In It For The Money e Uncle Meat). The Hot Rats Sessions è un cofanetto assolutamente splendido, con una bella confezione formato 33 giri, un esauriente maxi-booklet e perfino un gioco da tavolo denominato Zappa Land (non sono previste edizioni “povere” del box): per la prima volta vengono raccolte in ordine cronologico tutte le sedute di registrazione di Hot Rats, secondo album solista di Frank dopo Lumpy Gravy (gli altri erano accreditati alle Mothers Of Invention) e sicuramente uno dei più riusciti dal punto di vista musicale.

Definito dal suo autore un “film per orecchie”, il disco era quasi totalmente strumentale, con brani talvolta brevi ed altre volte dilatati fino a diventare vere e proprie jam, una miscela di rock, jazz, pop e musica “avant-garde” che è incredibilmente attuale ancora oggi, e per i tempi forse era addirittura troppo avanti. Frank si era circondato come sempre di musicisti straordinari come il tastierista (e sassofonista) delle Mothers Ian Underwood, i violinisti Sugar Cane Harris e Jean-Luc Ponty, i batteristi John Guerin, Paul Humphrey e Ron Selico, i bassisti Max Bennett e Shuggie Otis e Captain Beefheart come unico protagonista vocale del disco (nel brano Willie The Pimp), oltre naturalmente alla formidabile chitarra del leader. Il box, quasi completamente inedito, contiene dunque tutto ciò che è stato inciso nei TTG Studios e Sunset Sound Studios di Hollywood tra la fine di Luglio ed il mese di Agosto del 1969, tra basic tracks ed overdubs aggiunti in seguito (Hot Rats fu uno dei primi album incisi su sedici piste della storia), ed anche le false partenze: possiamo così finalmente constatare che non furono messe a punto solo le sei canzoni che finiranno sul disco originale, ma tutta una serie di brani che Frank riprenderà in seguito o che resteranno nei cassetti fino ad oggi. Ma vediamo il contenuto del box nel dettaglio.

CD1. Si parte con due improvvisazioni per piano solo di Underwood, molto Keith Jarrett, con la seconda che contiene una porzione del brano Aybe Sea che finirà su Burnt Weeny Sandwich. Seguono ben sette takes della celebre Peaches En Regalia divise per sezioni, una sola delle quali full band mentre le altre sono in trio, nel tipico formato jazz piano-basso-batteria (quattro takes e due jam splendide, in cui il gruppo cerca la melodia definitiva), con Underwood strepitoso e, in una versione, l’aggiunta di Harris al violino e Zappa alla chitarra per una fantastica improvvisazione blues di dieci minuti e mezzo, una traccia che da sola vale gran parte del prezzo richiesto per il box. Finale con due strumentali di sette minuti l’uno tra jazz, rock e pop intitolati Arabesque (il secondo dei quali in formato ridotto finirà l’anno successivo su Weasels Ripped My Flesh col nome di Toads Of The Short Forest), ed una guizzante Dame Margret’s Son To Be A Bride (che in futuro diventerà Lemme Take You To The Beach), con un organo che fa molto Santana.

CD2. Si inizia con quattro takes della liquida e gradevolissima It Must Be A Camel (ottima la quarta), seguita da due brevi Natasha (working title di Little Umbrellas), e poi la versione uncut di undici minuti di uno tra i più leggendari inediti zappiani, cioè Bognor Regis, brano che Frank negli anni a seguire riprenderà in mano più volte senza mai pubblicare ufficialmente, una lunga jam con grandiosa prestazione di Harris al violino. Chiusura con quattro takes della potente Willie The Pimp (splendida la seconda, un quarto d’ora, in cui il nostro conferma di essere un chitarrista eccezionale) tutte senza la voce del Capitano Cuordibue, aggiunta in seguito. CD3. Nessuno dei brani su questo dischetto finirà poi su Hot Rats: si parte con ben sei takes della raffinatissima Transition (che andrà su Chunga’s Revenge col titolo di Twenty Small Cigars), un jazz pianistico afterhours suonato come al solito in maniera magistrale. Poi abbiamo la versione completa, quasi 13 minuti, di Lil’ Clanton Shuffle (un coinvolgente boogie con tutti i musicisti in gran spolvero che in forma ridotta finirà nel 1998 sul postumo The Lost Episodes), per finire con i 10 minuti della bluesata Directly From My Heart To You (ripresa l’anno seguente su Weasels Ripped My Flesh) e soprattutto la monumentale Another Waltz, 28 minuti di jam elettrica e spettacolare guidata ancora dalla magnifica chitarra del nostro.

CD4. Qui si inizia con un remake della pimpante Dame Margret’s Son To Be A Bride seguito dalle uniche due takes di Son Of Mr. Green Genes, solida rock song che altro non è che la versione strumentale di Mr. Green Genes da Uncle Meat, e da ben 32 minuti di improvvisazione pura intitolata Big Legs (poi in forma accorciata come The Gumbo Variations su Hot Rats), altro highlight assoluto del box. E qui finiscono le basic tracks: il resto del CD offre gli overdubs di chitarra, piano e percussioni che verranno poi applicati a It Must Be A Camel e Arabesque, nonché la versione completa di sovraincisioni di Transition. CD5. Qui troviamo la versione ufficiale di Hot Rats, presentata con il remix del 1987 (quindi con un paio di brani più lunghi), un paio di spot promozionali molto ironici, le single versions in mono di Peaches En Regalia e Little Umbrellas ed un missaggio inedito del 1972 di Lil’ Clanton Shuffle. CD6. L’ultimo dischetto parte con una rarità assoluta, cioè una primissima versione di Little Umbrellas registrata a Cucamonga addirittura nei primi anni sessanta. Poi vari mix alternati (ovviamente inediti) del 1969 della stessa Little Umbrellas nonché di It Must Be A Camel, Son Of Mr. Green Genes, Willie The Pimp e Dame Margret’s Son To Be A Bride, altri spot, la traccia vocale isolata di Captain Beefheart, un missaggio non utilizzato di Bognor Regis ed altre cosucce.

Un vero tour de force sonoro quindi, che ha però il merito di farci vivere un album importantissimo in tutte le sue sfaccettature, e che dimostra ancora una volta che Frank Zappa era musicalmente parlando già avanti anni luce rispetto agli altri.

Marco Verdi

Cofanetti Autunno-Inverno 5. Tutto Il Necessario Per Una Festa “Mostruosa”! Frank Zappa – Halloween 73

frank zappa halloween 73

Frank Zappa – Halloween 73 – Zappa Records/Universal 4CD Box Set

L’appuntamento con un live tratto dagli sterminati archivi del grande Frank Zappa è ormai diventata una piacevole abitudine, e così a pochi mesi dall’edizione del quarantennale di Zappa In New York mi trovo a parlare ancora del musicista di Baltimore e del nuovo box messo sul mercato dagli eredi https://discoclub.myblog.it/2019/04/23/era-matto-come-un-cavallo-ma-anche-un-grandissimo-musicista-frank-zappa-zappa-in-new-york-deluxe-edition/ : Halloween 73. Zappa amava molto Halloween, addirittura la elesse a sua festività preferita, e dal 1972 fino alla metà degli anni ottanta i suoi concerti del 31 Ottobre (ed in alcuni casi anche i giorni appena precedenti) divennero un must all’interno delle sue tournée. Nel 2017 è uscito il bellissimo Halloween 77, un triplo CD che ha avuto anche una configurazione in cofanetto con tanto di maschera orrorifica di Frank, ma con il contenuto musicale riversato unicamente su una chiavetta USB (i tre CD erano un “estratto” dei sei concerti completi presenti sulla pen drive). Ora la Zappa Records ha fatto lo stesso con i due concerti del 31 Ottobre 1973 (uno pomeridiano ed uno serale, come era d’uso allora), riproponendo il box con un’altra maschera + guanti di Frankenzappa (un mostro a metà quindi tra il nostro e Frankenstein) ma stavolta con le musiche incise su quattro CD, con i due show completi sui primi tre e le prove sul quarto: il tutto completamente inedito (c’è anche una versione singola, intitolata Halloween 73 Highlights).

Quindi come già è successo due anni fa se vi siete accaparrati per tempo questo cofanetto (uscito il 25 Ottobre), avrete la possibilità di mascherarvi per la vigilia di Ognissanti, ma stavolta non dovete ricorrere ad un computer per riuscire ad ascoltare la musica. I concerti di Halloween di Zappa erano praticamente un’esclusiva della città di New York, dove si svolsero dal 1974 al 1984, ma i primi due anni si tennero a Passaic, in New Jersey (1972) ed appunto nel 1973 all’Auditorium Theater di Chicago. Il contenuto musicale del box (che comprende oltre al costume anche il solito bel libretto) è come d’abitudine decisamente ad alto livello, in quanto il nostro era sì un cazzaro di prima categoria (e dal vivo questo risaltava particolarmente), ma era soprattutto un finissimo e colto uomo di musica, oltre che chitarrista straordinario. In Halloween 73 Frank è circondato dalla consueta super band, che nonostante in questa configurazione fosse con lui da appena un mese ha un suono forte e compatto come se suonasse con lui da anni: George Duke alle tastiere e voce, Napoleon Murphy Brock alla voce solista (quando non canta Frank), sax e flauto, Tom Fowler al basso, il grande Chester Thompson alla batteria, Ralph Humphrey pure ai tamburi, Bruce Fowler al trombone e Ruth Underwood a marimba, vibrafono e percussioni, importantissime nel sound della band.

I due concerti sono come al solito decisamente godibili pur non avendo Zappa in repertorio brani particolarmente facili, ed il suono è la consueta miscela di rock e jazz con qualche sconfinamento nel blues e nel pop (un pop sui generis, stiamo sempre parlando di Zappa), con molti pezzi suonati in medley ed una maggioranza di parti strumentali rispetto a quelle cantate: Frank poi era un intrattenitore nato, ed un maestro a suonare quello che voleva lui nel modo in cui voleva lui, ma riuscendo ugualmente a coinvolgere e divertire il pubblico (e poi in quel periodo la sua popolarità era in aumento, in quanto aveva appena dato alle stampe Overnite Sensation, uno dei suoi album più accessibili, e stava per bissare con la pubblicazione nel 1974 di Apostrophe, dal quale farà due canzoni in anteprima durante lo show serale). Il primo CD comprende nella quasi totalità il concerto pomeridiano che, dopo un’introduzione semiseria dei membri della band da parte di Frank inizia con una Pygmy Twylyte energica e molto godibile nonostante la melodia non proprio canonica, seguita da The Idiot Bastard Son e dalla vibrante Cheepnis, all’epoca ancora inedita. Lo spettacolo alterna brani molto brevi che sono poco più di un divertissement strumentale (The Eric Dolphy Memorial Barbecue, King Kong, T’Mershi Duween, The Dog Breath Variations) a classici del songbook zappiano come l’irriverente Penguin In Bondage, la diretta Uncle Meat che si fonde con RDNZL, due pezzi dallo sviluppo piuttosto “free” (ma il gruppo suona alla grande), la solida Don’t You Ever Wash That Thing?, tra rock e jazz e ricca di spunti strumentali interessanti, la divertente Montana, tra le più note del nostro.

I due pezzi finali del primo show sono posti all’inizio del secondo CD: una monumentale Dupree’s Paradise di 19 minuti, in cui tutti quanti danno prova di essere musicisti eccezionali (e c’è anche un accenno di scat vocale), e la sarcastica e bluesata Dickie’s Such An Asshole (altri 10 minuti), “dedicata” all’allora presidente Richard Nixon. Lo spettacolo serale è anche più lungo, ed occupa la restante parte del secondo dischetto e tutto il terzo, con una scaletta che ricalca solo in parte quella del primo show (Dickie’s Such An Asshole qui è strepitosa, con un Zappa formidabile alla chitarra). Innanzitutto ci sono i due brani in anteprima da Apostrophe dei quali accennavo prima, la cadenzata e potente Cosmik Debris, un pezzo con elementi blues pur avendo Zappa una concezione del blues tutta particolare, e soprattutto la fluviale Farther O’Blivion, che è un tipico esempio di come Frank modificava i brani on stage: infatti questa canzone su Apostrophe durerà poco più di due minuti, mentre qui è divisa in due parti per 19 minuti complessivi!

Altri pezzi non suonati nel primo show sono la fluida I’m The Slime, una lunga Big Swifty, altra palestra per le imprevedibili evoluzioni della band, la bizzarra Inca Roads, che inizia come un brano jazz confidenziale cantato però in maniera idiota da Duke e poi si sviluppa fluida e distesa, con una grandissima prestazione dello stesso Duke al piano elettrico, per finire con un medley che comprende Son Of Mr. Green Genes, King Kong e Chunga’s Revenge, altri 16 minuti di musica assolutamente creativa nobilitata da una notevole performance chitarristica del leader. Il quarto CD come già accennato contiene le prove effettuate dai nostri il 20 e 21 Ottobre, undici canzoni che verranno poi suonate il 31 (ottime Penguin In Bondage, il medley tra Uncle Meat e RDNZL, Farther O’Blivion e Big Swifty), tutte eseguite senza cazzeggiamenti e con estrema professionalità (tranne che per Inca Roads, nella quale ad un certo punto la band non riesce neanche più a suonare dal tanto ridere, e Cosmik Debris), ed anche un brano che non verrà ripreso, Magic Fingers, che è tra l’altro uno dei più diretti e fruibili.

Buon Halloween a tutti, dal sottoscritto e dalla “maschera” di Frank Zappa.

Marco Verdi

Più “Contemporaneo”, Ma Pur Sempre Ottimo Blues E’. Rick Estrin & The Nightcats – Contemporary

rick estrin & the nightcats contemporary

Rick Estrin & The Nightcats – Contemporary – Alligator Records/Ird

Come già raccontato in altre occasioni , nel 2008 Charlie Baty, dopo 32 anni on the road e una decina di album pubblicati, decise per un ritiro dalle scene, sciogliendo di conseguenza la sua “creatura” Little Charlie & The Nightcats: in seguito ci ha ripensato e ultimamente è entrato a far parte della formazione di  Sugar Ray and the Bluetones, coi quali ha anche registrato un album di prossima uscita. Quasi immediatamente comunque Rick Estrin ha preso in mano le redini della formazione, in fondo il cantante e armonicista era lui, e con l’ingresso come sostituto del bravissimo Kid Andersen alla chitarra, ha deciso di proseguire la carriera con la stessa ragione sociale, sostituendo solo il proprio nome a quello di Little Charlie. Da allora la band ha pubblicato, sempre per la Alligator, quattro album, tutti molto buoni, con Lorenzo Farrell, confermato al basso e all’organo, e il nuovo arrivato Derrick “D’Mar” Martin’ che sostituisce il batterista Pettersen, per questo  Contemporary. Produce, insieme ad Estrin, che scrive nove canzoni del CD, appunto Kid Andersen, al suo Greaseland Studio di San Jose, California e, come lascia intuire il titolo, a tratti c’è una svolta più contemporanea nel sound del gruppo, senza snaturare peraltro troppo il loro classico Electric Chicago Blues, ma con la ricerca di nuove sonorità, grooves e soluzioni musicali, ancora una volta con ottimi risultati, d’altronde, come è noto, la Alligator da parecchio tempo non sbaglia un disco.

Non ho molte altre informazioni da fornirvi, al limite andate a rileggervi i vecchi post https://discoclub.myblog.it/2017/10/27/eccellente-chicago-blues-elettrico-anche-se-nessuno-viene-da-li-rick-estrin-the-nightcats-groovin-in-greaseland/ , per cui lasciamo parlare la musica: I’m Running, come da titolo, viaggia e corre a tempo di swing, con organo, basso e batteria a tenere un tempo incalzante, Christoffer Kid Andersen lavora di fino coi toni e vibrati della sua solista e poi entra l’armonica scintillante di Estrin, grande partenza, e suono quasi “innovativo” per un blues più al passo con i tempi moderni, senza virare comunque nel rock, ma lavorando molto sul virtuosismo non esasperato dei musicisti. Resentment File, con il consueto cantato discorsivo e gli immancabili tocchi umoristici di Rick, è decisamente più funky e robusta, con un groove colossale del basso, dove si innestano gli assoli dell’ottimo Andersen e anche l’organo di Farrell si fa sentire, per un blues quasi “zappiano”; la title track viceversa parte come un classico shuffle in puro stile Chicago, con l’armonica insinuante in evidenza, poi cambio di tempo repentino, il suono si fa decisamente più complesso, entrano coriste e fiati, un accenno di rap non fastidioso, il wah-wah di Andersen sullo sfondo e ancora questa ambientazione sonora mutuata dal Frank Zappa più ingrifato e bluesy.

She Nuts Up è quasi felpata e notturna, il talking tipico del nostro e organo, chitarra e ritmica ad imbastire una base per le divagazioni dell’armonica, mentre New Shape (Remembering Junior Parker) è un omaggio a tempo di R&B all’autore di Mystery Train, per un brano che fa molto 70’s funky nel suono https://www.youtube.com/watch?v=5XBhiqT0GZE .House Of Grease è uno strumentale jazzy brillante e ricercato, sulla falsariga del classico organ trio (più piano) sound con i vari solisti che si prendono il loro tempo;, soprattutto un Andersen straripante; Root Of All Evil, è sempre divertente e piacevole, ma meno consistente di altri brani, non manca il classico “lentone” nella forma della solenne The Main Event, con armonica, organo e chitarra a fronteggiarsi, prima di passare ad un altro strumentale Cupcakin’ che rimanda molto al suono di Booker T & The Mg’s, con armonica aggiunta https://www.youtube.com/watch?v=zSVf-YdLbO8 . Niente male anche la swingata New Year’s Eve, con la solista pungente di Andersen, alternata agli altri due solisti del gruppo, Nothing But Love è più vicina alle 12 battute più classiche, con il cantato laconico di Estrin che ricorda quello di David Bromberg, lasciando alla vorticosa Bo Dee’s Bounce, un altro pezzo strumentale, il compito del commiato.

Bruno Conti

Novità Prossime Venture 5. Un’Altra Ristampa Di Uno “Strano” Frank Zappa Per Il 40° Anniversario – Il Box Triplo Di Orchestral Favorites Esce Il 30 Agosto

frank zappa orchestral favorites 40th anniversary box

Frank Zappa – Orchestral Favorites 40th Anniversary Edition – 3 CD Zappa Records/Universal

Tra il 1978 e il 1979 la vecchia casa discografica di Frank Zappa, la DiscReet Records, a causa di alcune beghe contrattuali tra la Warner, titolare del contratto, che sosteneva di dovere avere ancora alcuni album e l’etichetta del nostro, pubblicò 3 album senza il permesso di Zappa, Studio Tan, Sleep Dirt e questo Orchestral Favorites, tutti registrati tra il 1974 e il 1976, ma che secondo Frank non avrebbero dovuto vedere la luce così come poi uscirono. Del disco in oggetto FZ non approvò neppure la copertina, che infatti in questa edizione per il 40° Aniversario è stata cambiata, mentre per l’occasione il CD è stato anche ulteriormente ampliato rispetto alle edizioni uscite in CD nel 1991 e 1995, e anche il suono è stato migliorato con l’utilizzo dei master originali e con l’aggiunta nel cofanetto triplo dell’intera performance dal vivo con un ensemble di 37 elementi ,denominato per l’occasione Abnuceals Emuukha Electric Symphony Orchestra, diretta da Michael Zerott e con l’impiego anche di Terry Bozzio, che ha scritto pure le note del libretto di 32 pagine incluso nel cofanetto, oltre a Bruce Fowler, Dave Parlato, Ian Underwood, Malcom McNab e altri vecchi collaboratori di Zappa in The Grand Wazoo and Waka/Jawaka, visto che si trattava di materiale di quegli anni. Naturalmente c’è anche Zappa alla chitarra.

Nel 1° CD, quello originale, ci sono i brani registrati sul palco nel pomeriggio del 19 settembre 1979, durante le prove senza pubblico ( o così pare), mentre il concerto completo pubblicato sui 2 CD extra si tenne alla Royce Hall della UCLA, il giorno 18 settembre; il mastering è stato curato dal grande Bob Ludwig e il box è stato prodotto da  Ahmet Zappa e Joe Travers ..In ogni caso ecco la lista completa dei contenuti.

DISC 1:

ORIGINAL ALBUM

40th Anniversary Remaster
Strictly Genteel
Pedro’s Dowry
Naval Aviation in Art?
Duke of Prunes
Bogus Pomp

BONUS TRACK:
Strictly Genteel (Keyboard OD Version)

The Abnuceals Emuukha Electric Symphony Orchestra live at Royce Hall, September 18th, 1975

DISC 2:
Show Start/Bogus Pomp Explained
Bogus Pomp
Revised Music for Low-Budget Symphony Orchestra
The Story of Pedro’s Dowry
Pedro’s Dowry
The Story of Rollo
Rollo

DISC 3:
Black Napkins Instructions
Black Napkins
Dog/Meat
The Players
Naval Aviation in Art?
“Another Weirdo Number”
Lumpy Gravy (Extract)/Improvisation
Evening at the Hermitage
“A Special Guest Artist”
Duke of Prunes
“Absolutely Disgusting”
The Adventures of Greggery Peccary
Strictly Genteel

Come le altre varie ristampe recenti del materiale d’archivio curate dalla famiglia Zappa, non costerà neppure pochissimo, indicativamente il cofanetto triplo dovrebbe costare una trentina di euro o giù di lì. Come detto l’uscita è prevista per il 30 agosto.

Bruno Conti