Un Trittico Dal Canada (In Tutti I Sensi) 2. Wailin’ Jennys – Fifteen

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Wailin’ Jennys – Fifteen – True North/Red House/Ird

Spesso non è facile trovare un buon incipit per aprire una recensione o un articolo, e altrettanto difficile a volte è inquadrare lo stile musicale in cui si muovono gli artisti, o le artiste, in questo caso, di cui si parla. Le Wailin’ Jennys non sono certo un nome di punta della discografia mondiale, ma tra gli appassionati giustamente godono di una buona reputazione, acquisita in quindici anni di carriera, da cui il nome dell’album Fifteen, attraverso cinque album, tra cui uno anche registrato dal vivo, e un paio di EP. Ovviamente parliamo di musica di nicchia, tra folk, country e bluegrass e per introdurre questo trio canadese a chi non le conosce, mi scapperebbe che potremmo dire che sono un riuscito mix tra le mai dimenticate sorelle McGarrigle, altri gruppi famigliari come le Roches e le inglesi Unthanks, un pizzico di Emmylou Harris e Dolly Parton, di cui interpretano un pezzo di ciascuna in questo album, e hanno affinità anche con un’altra band che fa delle armonie vocali il proprio vanto, come le Be Good Tanyas. Proprio le armonie vocali, da togliere il respiro per la bellezza e la profondità dell’incrociarsi delle tre voci, sono tra i punti di forza di questo Fifteen, per la prima volta nella loro carriera composto esclusivamente da cover e realizzato anche per esaudire le richieste dei loro fans che avevano chiesto spesso alle tre di cimentarsi in questa non facile arte dell’interpretazione.

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https://www.youtube.com/watch?v=ted12VQ9DRM

Ruth Moody, Nicky Mehta e Heather Masse, hanno attinto dal loro repertorio dal vivo, brani quindi che eseguono da tempo in concerto, aggiungendo alcune gemme pescate dai loro autori (e autrici) preferiti: così scorrono canzoni di Tom Petty, Paul Simon, Warren Zevon, Jane Siberry, le due citate poc’anzi e altri che vado ad illustrarvi tra un attimo. Il disco ha una strumentazione parca ma raffinata, con la Moody a banjo e chitarra, la Mehta sempre alla chitarra acustica, e Heather Masse, l’unica americana, dal Maine, impegnata “solo” come vocalist, il resto lo forniscono Richard Moody, fratello di Ruth, a viola, violino e mandolino, Adam Dobres, chitarre acustiche ed elettriche e mandolino, Adrian Dolan violino e infine Sam Howard al contrabbasso. Comunque ci sono anche un paio di brani completamente a cappella, una splendida Loves Me Like A Rock di Paul Simon, scelta dalla Moody e accompagnata solo da schiocchi di dita e battiti di piede, per ricreare uno spirito doo-wop molto aderente a quello dell’originale e altrettanto trascinante https://www.youtube.com/watch?v=ElWkcqF0VE8 , mentre Light Of A Clear Blue Morning, il brano di Dolly Parton sembra una cristallina gospel mountain song, con intrecci vocali celestiali mozzafiato https://www.youtube.com/watch?v=J-UK7iNJgNo . Ma tutto l’album ha una levità e una qualità veramente notevoli: dal tradizionale iniziale Old Churchyard, quasi “austero” nei suoi delicati interscambi e nelle armonizzazioni vocali splendide delle tre signore, passando per la cover magnifica di Wildlowers di Tom Petty, che in questa versione acustica ci fa ancor più rimpiangere la scomparsa del biondo cantautore della Florida, bastano un banjo, un mandolino e un violino, oltre a tre voci magnifiche per gustare la splendida melodia di questa canzone senza tempo.

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https://www.youtube.com/watch?v=XdgY-CQsbKU

C’è anche una bella versione di The Valley di Jane Siberry, una delle cantautrici canadesi più sottovalutate, cantata dal mezzosoprano vellutato di Nicky Mehta, forse la meno conosciuta delle tre, che rimanda immediatamente alle immense distese del Canada e nella parte dove vocalizzano sembra di ascoltare le Roches dei tempi d’oro che furono, ma anche Boulder To Birmingham, il brano di Emmylou Harris scelto da Ruth Moody, convoglia l’impatto malinconico ed emotivo di quella incantevole canzone. Notevole anche la cover di Not Alone, radiosa ballata scritta da Patty Griffin, altra primadonna del cantautorato americano, brano presente nel suo debutto del 1996 https://www.youtube.com/watch?v=cVVs4sOdOYQ  Living With Ghosts, e che qui scivola sul delicato e fine lavoro del violino mentre non possiamo dimenticare l’omaggio a Warren Zevon, presente con la struggente Keep Me In Your Heart, la supplica a non dimenticarci mai di lui, scritta poco prima della morte e la dolcezza di questa complessa versione preserva quel messaggio dolente, con le sue intricate armonie vocali che ancora una volta colpiscono con forza l’ascoltatore non distratto. A chiudere un brano scritto da Hank Williams Weary Blues From Waitin’ nuovamente cantata splendidamente  a cappella. Va bene, ho barato sono tre le canzoni senza accompagnamento strumentale, ma il disco rimane molto bello e godibile comunque.

Bruno Conti