Un Cantautore Filosofo Ci Mancava! Henry Jamison – Gloria Duplex

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Henry Jamison – Gloria Duplex – Akira CD

Henry Jamison è un giovane cantautore del Vermont con un paio di EP ed un album (The Wilds, 2017) alle spalle, ed è un musicista particolare, autore di canzoni di stampo folk che però sono servite da arrangiamenti moderni ed al passo coi tempi. La sua nuovissima fatica, Gloria Duplex, è un lavoro di alto livello professionale, prodotto da Thomas Bartlett (Sufjan Stevens, Norah Jones, Glen Hansard) e suonato da musicisti di nome come il violinista Rob Moose (ancora Hansard, The Decemberists, Paul Simon), la folksinger inglese Olivia Chaney (che proprio con i Decemberists ha dato vita al progetto Offa Rex) ed il batterista Jeremy Gustin (Okkervil River), mentre il resto degli strumenti è quasi tutto nelle mani di Jamison e Bartlett. Ma poi ci sono anche le canzoni, brani lenti, meditati, suonati quasi in punta di dita e spesso accompagnati da sonorità eteree e raffinate, con un uso intelligente della modernità: Jamison è anche colto, ed i suoi testi affrontano i problemi quotidiani dell’americano medio, visti con gli occhi di un rappresentante del sesso maschile, con un approccio perfino filosofico (il titolo del disco, che in latino significa “doppia gloria”, è un concetto basato sulle teorie degli umanisti rinascimentali).

Dodici canzoni leggere ma profonde al tempo stesso, che forse non rubano l’orecchio al primo ascolto ma vanno meditate e centellinate. Il brano d’apertura, Gloria, a detta del nostro prende la melodia dalla vecchia ballata tradizionale Arthur McBride (l’ha fatta anche Dylan), pur con liriche scritte per l’occasione: voce quasi sussurrata, accompagnamento di chitarra acustica e piano, un pezzo che inizia lento per poi aumentare di forza nel ritornello, con sonorità decisamente moderne. Anche Boys ha una strumentazione simile, chitarra arpeggiata, pianoforte, un violino e la voce tranquilla di Henry, ma il ritmo è pulsante ed il brano è molto più immediato del precedente: Jamison qua e là usa anche sintetizzatore e batteria elettronica, ma dosandoli con gusto e finezza. Ether Garden è sospesa e sognante, grazie all’atmosfera eterea e all’uso gentile della voce, e lo stesso si può dire per True North, che però ha un accompagnamento più ficcante ed uno sviluppo più fluido, mentre in Florence Nightingale c’è un approccio più classico ed una melodia costruita in maniera impeccabile, con repentini cambi di ritmo.

Certo, se cercate verve e canzoni di stampo rock avete sbagliato indirizzo: The Magic Lantern è drammatica, quasi tetra all’inizio, poi si apre ed una seconda voce femminile le dona maggior profondità, Stars è lenta e resa ancora più struggente da un quartetto d’archi e dall’uso particolare del pianoforte (sento echi di Paul Simon). Beauty Sleep non è il massimo, cantata quasi a cappella ma con una voce robotica (ma per fortuna dura appena un minuto), American Babes è leggermente più mossa delle altre ma il cantato è quasi sonnolento, mentre In March è una bella folk song cantautorale di stampo classico e molto lineare, ancora con tracce di Simon e perfino di Fred Neil. Il CD si chiude con l’intensa e gradevole Reading Days (nella seconda metà il disco si apre un po’ di più, è meno ermetico) e con Darkly, delicata ed intima. Forse Gloria Duplex non è un disco per tutti, ma se riuscirete ad “entrarci” potreste anche trovarlo affascinante.

Marco Verdi