Più Che Natalizio, Direi Un Album “Invernale”! Judy Collins & Jonas Fjeld – Winter Stories

judy collins winter stories

Judy Collins & Jonas Fjeld – Winter Stories – Wildflower/Cleopatra CD

Quest’anno il mio personale contributo ai dischi natalizi si è limitato al bellissimo e solare Llegò Navidad dei Los Lobos https://discoclub.myblog.it/2019/10/22/tra-los-angeles-ed-il-messico-il-natale-arriva-prima-los-lobos-llego-navidad/ , un lavoro che come ho scritto di stagionale aveva solo i testi delle canzoni; anche l’album di cui mi accingo a scrivere oggi in teoria potrebbe passare per ispirato al Natale, ma in realtà i brani al suo interno non trattano della festività, ma hanno l’inverno come tema principale (e nemmeno tutti). Sto parlando di Winter Stories, ottimo album che vede per la prima volta esibirsi insieme la leggendaria folksinger Judy Collins, 80 anni e non sentirli, ed il songwriter norvegese ma dal cuore americano Jonas Fjeld, diventato popolare nei primi anni novanta per due splendidi album registrati in trio con Rick Danko ed Eric Andersen. Ma non basta: per dare più profondità al suono i nostri hanno chiamato come backing band i Chatham County Line, gruppo country-bluegrass originario di Raleigh, North Carolina e titolare di una corposa discografia in proprio.

E Winter Stories (distribuito dalla nostra “amica” Cleopatra, etichetta che qualche volta, raramente, ci azzecca) si rivela un disco molto bello, dal suono ricco e decisamente roots, un album buono per tutte le stagioni in cui la classe sopraffina dei protagonisti viene fuori alla grande. Judy e Jonas duettano come se lo avessero fatto per anni (ma in più di un brano canta Judy da sola), e talvolta alle lead vocals possiamo ascoltare anche il frontman dei CCL Dave Wilson, mentre il resto della band (John Teer, mandolino e violino, Greg Readling, basso, steel ed organo, Chandler Holt, banjo, Russell Walden, piano, e Bill Berg, batteria) fornisce un background sonoro di tutto rispetto. Le undici canzoni si dividono tra cover, brani vecchi di Judy e Jonas rifatti ed anche tre pezzi nuovi di zecca, scritti per l’occasione da Fjeld con membri dei CCL. La Collins come autrice è presente con tre episodi del suo passato, tutti a tema invernale: la fulgida Mountain Girl, dotata di una melodia limpida e scorrevole e da un accompagnamento da perfetta country song appalachiana (e la voce è ancora bellissima), la folk ballad dal motivo toccante The Fallow Way, cantata e suonata benissimo, e l’intensa e drammatica The Blizzard, con Judy che si accompagna magnificamente al piano.

Abbiamo poi due pezzi anche dal passato di Fjeld: la profonda e vibrante country song Angels In The Snow (che era sul primo album con Danko ed Andersen), con il primo verso cantato in norvegese ed un bel refrain a due voci, e la pianistica e struggente Frozen North (scritta insieme a Hugh Moffatt), unico episodio con il songwriter scandinavo protagonista alla voce in solitudine. I tre brani nuovi iniziano con la lenta e raffinata title track, con un ritornello dal giusto pathos che contrasta apertamente con il ritmo contagioso di Bury Me With My Guitar On, puro bluegrass con ottima prestazione di Teer al mandolino, mentre Sweet Refrain è un brano tenue ed intenso che fonde in maniera mirabile canzone d’autore, roots music ed un tocco di bossa nova. Infine ci sono le cover, a partire da una splendida ripresa di Northwest Passage che apre il CD, grandissima canzone del canadese Stan Rogers (e rifatta in passato anche dal fratello Garnet), una folk song purissima e toccante resa ancora più bella dal contrasto tra la voce cristallina di Judy, quella calda di Jonas (che ricorda un Warren Zevon “invecchiato”) e quella pulita alla Jackson Browne di Wilson: forse il pezzo migliore del disco.

River è proprio il classico di Joni Mitchell, ballata magnifica che Judy tratta con grande rispetto fornendo un’interpretazione di gran classe, mentre Highwayman non ha bisogno di presentazioni: brano di Jimmy Webb che è tra i più belli del songbook americano di sempre, grazie anche alla celebre cover di Willie, Waylon, Kristofferson e Cash (e ricordo anche la stupenda rilettura “al femminile” di quest’anno delle Highwomen), ed anche qui abbiamo Judy che canta in solitudine nonostante la canzone si presti al duetto, regalandoci comunque una versione deliziosa ed emozionante. Un ottimo album quindi questo Winter Stories, uno di quei lavori che riscaldano il cuore: perfetto da suonare la notte del 25 Dicembre nonostante le tematiche più invernali che natalizie.

Marco Verdi

Il Disco Country Dell’Anno? Anche Qualcosa In Più! The Highwomen

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The Highwomen – The Highwomen – Elektra/Warner CD

Quando qualche mese fa ho visto che tra le pubblicazioni in arrivo c’era l’esordio di un supergruppo country al femminile che fin dal nome, The Highwomen, era un diretto omaggio agli Highwaymen di Willie, Waylon, Cash e Kristofferson ho inizialmente pensato che si stesse scherzando col fuoco, ma quando ho ascoltato il disco sono rimasto letteralmente fulminato. L’idea iniziale di formare una band del genere è venuta ad Amanda Shires un giorno che, durante un lungo viaggio, ha constatato che nelle radio country americane passavano molte più canzoni di artisti maschili che femminili; Amanda ne ha parlato col produttore Dave Cobb, che le ha suggerito di contattare Brandi Carlile (non il primo nome che mi sarebbe venuto in mente, non perché non sia brava, anzi la considero una delle migliori giovani songwriters in circolazione, ma perché non è prettamente country), che ha accettato all’istante con entusiasmo. Le due hanno poi chiamato Maren Morris, stellina del country in rapida ascesa, e Natalie Hemby che è la meno popolare delle quattro in quanto più nota nell’ambiente di Nashville come autrice per conto terzi.

Le quattro hanno trovato subito l’intesa e hanno cominciato a scrivere canzoni con estrema facilità, ed il risultato finale è a mio parere uno dei più bei dischi del 2019, e non solo in ambito country (tra l’altro il successo è stato immediato, dato che in America è balzato subito al numero uno in classifica). Un album intenso e godibile, con almeno cinque grandi canzoni ed una cover spettacolare, con la Carlile che è indubbiamente leader ed anima del progetto (al punto da sembrare una country artist in tutto e per tutto): non è il primo supergruppo country al femminile (penso alle Pistol Annies, o andando ancora più indietro al Trio Harris-Parton-Ronstadt), ma questo CD sprigiona una magia rara. La produzione è ovviamente nelle mani di Cobb, che compare come al solito anche come chitarrista, mentre Brandi ha portato con sé i gemelli Phil e Tim Hanseroth, suoi abituali collaboratori, ed Amanda ha fatto lo stesso con il marito Jason Isbell (completano il quadro il tastierista Peter Levin ed il batterista Chris Powell, un habitué di Cobb). Per rendere ancora più saporito il piatto, troviamo alla voce in un paio di pezzi Sheryl Crow e la bravissima cantante country-soul inglese Yola, che ha esordito pochi mesi fa con l’ottimo Walk Through Fire, prodotto da Dan Auerbach.

Il disco parte alla grandissima con Highwomen, che non è altro che Highwayman di Jimmy Webb con il testo cambiato al femminile da Brandi e Amanda (chiaramente col permesso dell’autore), in cui le protagoniste sono rispettivamente un’immigrata dall’Honduras, una guaritrice impalata a Salem come strega, una combattente per la libertà degli afroamericani nei sixties (ed infatti in questa strofa la voce solista è di Yola) ed una predicatrice. E la cover è semplicemente formidabile, eseguita con pathos enorme e cantata in maniera sontuosa: non arrivo a dire che questa versione è superiore a quella degli Highwaymen, ma non è di certo così distante. Redisigning Women è il primo singolo, un brano scritto dalla Hemby in cui le quattro si alternano al canto, ed è una splendida country song cadenzata e dalla melodia scintillante, di quelle che dopo mezzo ascolto non ti escono più dalla testa. E’ il turno della Morris con la deliziosa Loose Change, altro pezzo dal ritmo pulsante e con un ritornello vincente ed evocativo, impreziosito da un bel lavoro di steel ed organo, mentre Crowded Table, che vede ancora tutte e quattro alle lead vocals, è una toccante ballata corale con il suono che ha più di un rimando agli anni settanta ed un altro refrain strepitoso: quattro canzoni una più bella dell’altra, un grande inizio.

Le ragazze non danno tregua: My Name Can’t Be Mama è un trascinante honky-tonk che potrebbe benissimo provenire dal Texas, gran ritmo e voci superbe. If She Ever Leaves Me è un lento intenso che affronta con molta delicatezza il tema dell’amore tra donne, ed infatti il brano (che è scritto dalla Shires insieme al marito) è affidato alla Carlile, omosessuale dichiarata e paladina per i diritti femminili; Old Soul, di e con Maren voce solista, è una country ballad dal ritmo sostenuto e sviluppo disteso, e precede l’elettrica e chitarristica Don’t Call Me (Shires + Carlile), che sembra quasi una versione al femminile di Johnny Cash, boom-chicka-boom compreso. My Only Child è un languido slow con la Hemby protagonista ed il solito ritornello di notevole impatto emotivo, mentre Heaven Is A Honky Tonk (scritta insieme a Ray LaMontagne) è un altro strepitoso country-rock coinvolgente al massimo e con una strofa cantata dalla Crow: una delle più belle del disco. Finale con la tenue Cocktail And A Song, dedicata dalla Shires al padre, e con la maestosa Wheels Of Laredo, splendida ballatona di Brandi che ha lo stile epico di certe cose di Kristofferson.

Album bellissimo e sorprendente, che come dicevo prima va oltre il concetto di country, e che sono sicuro ci farà compagnia a lungo nei prossimi mesi.

Marco Verdi

Vero Rockin’ Country, Molto Rockin’ E Poco Country! Jesse Dayton – The Outsider

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Jesse Dayton – The Outsider – Blue Elan CD

Jesse Dayton, texano di Beaumont, ha scelto un titolo perfetto per il suo nuovo CD. Stiamo parlando infatti di un musicista che ha iniziato ad incidere album a suo nome ben più di vent’anni fa, nel 1995, senza mai riuscire a far parlare di sé. Anzi, essendo un ottimo chitarrista, si è guadagnato da vivere più come axeman che come musicista in proprio: il suo curriculum comprende una lunga serie di artisti country e non, tra i quali John Doe ed i suoi X, i Supersuckers, ma soprattutto tre quarti degli Highwaymen, cioè Johnny Cash, Waylon Jennings e Kris Kristofferson, con i quali è talvolta andato anche in tour. Il disco che lo ha riportato alle cronache è stato The Revealer, uno degli album di rockin’ country più interessanti usciti nel 2016, pubblicato dopo diversi anni di silenzio, e che ci ha fatto conoscere un countryman dal pelo decisamente duro, che a violini e banjo preferisce nettamente le chitarre elettriche e sezioni ritmiche che pestano secco https://discoclub.myblog.it/2016/11/05/divertimento-purocosa-volete-piu-jesse-dayton-the-revealer/ .

Ora abbiamo tra le mani il seguito di quel lavoro, The Outsider, che dimostra che Jesse non è il tipo che si siede sugli allori e ripropone lo stesso disco all’infinito: infatti ci troviamo di fronte ad una serie di brani ancora più rock che in The Revealer, con le chitarre che arrotano che è un piacere, ed il nostro che ci mette tutta la grinta che ha in corpo, centrando ancora una volta il bersaglio, grazie anche ad una solida band che non va tanto per il sottile. Certo, il country non manca di certo, ma anch’esso viene suonato con il piglio del vero rocker. L’album inizia in maniera potente con May Have To Do It, un rock-blues grintoso e chitarristico, dal ritmo acceso e con un paio di assoli che di country hanno molto poco. Decisamente “cattiva” anche Jailhouse Religion, ritmica pulsante ed un’atmosfera paludosa ed annerita, come se Tony Joe White si fosse fatto un giro in Texas, ed anche qui non manca un’ottima prova del nostro con la chitarra (slide); con Changin’ My Ways iniziamo a sentire un po’ di country, una ballatona solida e comunque elettrica e vibrante, quasi come se a suonarla ci fosse un gruppo southern.

Hurtin’ Behind è pressante, roccata, vigorosa, con altri assoli lancinanti buttati lì con nonchalance, We Lost It è uno slow sontuoso, figlio delle sonorità degli outlaws degli anni settanta (soprattutto Waylon, ed anche qualcosa di Merle Haggard, che era un fuorilegge onorario), mentre Tried To Quit (But I Just Quit Tryin’) è un trascinante pezzo ad alto tasso elettrico, a metà tra rock’n’roll e honky-tonk texano, davvero irresistibile. L’elettroacustica Charlottesville è invece puro country, ancora dal ritmo elevato ed un sapore quasi bluegrass, anche se suonato alla maniera di un rocker, ed ancora ottimi interventi solisti (qui acustici), Belly Of The Beast rimanda invece a Cash, con tanto di ritmica boom-chicka-boom, mentre Burnin’ concede un momento di relax, un gustoso folk-blues acustico che sa di Mississippi. Il CD si chiude con la limpida Killer On The Lamb, un brano country & western dall’incedere epico e con un motivo di sicuro impatto, uno dei migliori del lavoro.

Sembra che Jesse Dayton sia tornato stabilmente tra noi, e pare con discreti risultati di critica e pubblico, anche perché su quelli artistici non avevo molti dubbi: per gli amanti del country-rock più elettrico, quelli per cui Nashville è soltanto la capitale del Tennessee.

Marco Verdi

I Traveling Wilburys Del Country! Johnny Cash, Waylon Jennings, Kris Kristofferson & Willie Nelson, The Highwaymen – Live: American Outlaws

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The Highwaymen – Live: American Outlaws – Sony Legacy 3CD/DVD – 3CD/BluRay

Anzi, se proprio vogliamo fare un parallelo con il mondo del rock, gli Highwaymen sono anche qualcosa di più dei Wilburys: con tutto il rispetto per Harrison, Orbison e Lynne immaginatevi un gruppo formato da Bob Dylan, Tom Petty, Bruce Springsteen e John Fogerty ed avrete un paragone sensato con quello che il quartetto di cui mi accingo a parlare rappresenta per la musica country. Correva l’anno 1985 quando quattro vere e proprie leggende viventi decisero di unire le forze per un album: Johnny Cash, Willie Nelson, Kris Kristofferson e Waylon Jennings (il solo pensiero di trovarseli tutti e quattro davanti fa tremare le gambe) diedero alle stampe il bellissimo Highwayman, un disco composto per nove decimi da cover di brani altrui, un lavoro eccellente che vedeva i quattro in forma smagliante; le vendite furono sorprendentemente soddisfacenti, e servirono a rilanciare le carriere dei quattro, in quel momento piuttosto claudicanti (Nelson a parte, dato che il texano continuava a vendere bene pur sfornando dischi che erano uno la fotocopia dell’altro): Cash stava per essere lasciato a piedi dalla Columbia dopo decenni di militanza, lo stesso era appena successo a Jennings con la RCA, mentre Kristofferson in quegli anni non aveva neppure una carriera musicale attiva (e comunque il periodo non era il massimo per tutto il country in generale, le cose sarebbero cominciate a cambiare l’anno successivo con gli esordi di Dwight Yoakam e Steve Earle).

I quattro si diedero appuntamento cinque anni dopo per dare alle stampe il seguito di quel disco, 2, sempre di buon livello anche se inferiore al predecessore, e nel 1995 per il terzo ed ultimo lavoro in studio, The Road Goes On Forever, di qualità intermedia tra i primi due. Il supergruppo però, nel 1990 (dopo il secondo album dunque) riuscì anche ad andare in tour, ed ora finalmente la Sony ripara ad una mancanza durata più di 25 anni, pubblicando questo sontuoso cofanetto di tre CD più un DVD (o BluRay), intitolato Live: American Outlaws, una preziosa testimonianza di un evento irripetibile, quattro colossi della musica insieme dal vivo. I primi due CD documentano un intero concerto registrato al Nassau Coliseum di Uniondale, nello stato di New York, il 14 Marzo del 1990 (e lo stesso in formato video nel DVD, in parte decisamente ridotta già uscito nel 1991 in VHS), mentre il terzo dischetto audio contiene dieci canzoni registrate nel corso dei Farm Aid del 1992 e 1993, più una chicca in studio che vedremo. Ma la parte centrale del box è indubbiamente la performance di Uniondale, che vede i quattro in forma strepitosa tenere il palco con classe e carisma per ben più di due ore, accompagnati da una superband (Reggie Young e J.R. Cobb alle chitarre, Mike Leech al basso, Gene Chrisman alla batteria, Mickey Raphael all’armonica, Bobby Emmons, Danny Timms e Bobby Wood alle tastiere, Robby Turner alla steel): quattro icone che mostrano di divertirsi come fossero dei ragazzini, scherzando tra loro ed intrattenendo alla grande il pubblico, ma fanno maledettamente sul serio quando è ora di cantare. I brani dei loro primi due album in gruppo ci sono ma non occupano la parte principale, che è invece appannaggio dei classici dei quattro, nei quali molto spesso tutti collaborano vocalmente, dando così un sapore nuovo a pezzi immortali. Oltre alla qualità stratosferica della performance, abbiamo poi la perfezione del suono, quasi come se il concerto fosse della settimana scorsa (ed anche la definizione video è eccellente).

Dopo una breve versione strumentale di Mystery Train di Elvis Presley da parte della backing band ecco che entrano i quattro nel tripudio generale e piazzano subito una fluida versione della title track del loro “esordio”, la splendida canzone di Jimmy Webb che i quattro hanno reso loro al 100%; il primo a prendere in mano il pallino è Waylon, con ben cinque brani che messi uno di fila all’altro fanno venire la pelle d’oca: la mitica Mammas Don’t Let Your Babies Grow Up To Be Cowboys (in duetto con Willie, naturalmente), una potente Good Hearted Woman, ancora con Nelson, la solida Trouble Man, la dolce Amanda ed il duetto con Cash nell’energica There Ain’t No Good Chain Gang, nella quale il nostro dimostra di destreggiarsi molto bene anche alla chitarra. E’ quindi la volta di due pezzi da novanta di Johnny, Ring Of Fire e Folsom Prison Blues, che non hanno bisogno di commento, e Willie che ci delizia con l’intensa Blue Eyes Crying In The Rain, tratta dal suo capolavoro Red Headed Stranger; neanche il tempo di pensare che non abbiamo ancora sentito Kristofferson che subito il cantautore/attore piazza un poker da urlo, iniziando con Sunday Morning Coming Down (insieme a Cash), proseguendo con Help Me Make It Through The Night (sempre grande), e finendo con le emozionanti The Best Of All Possible Worlds e Loving Her Was Easier (quest’ultima con Willie). Il primo CD si chiude con Nelson che giganteggia con la splendida City Of New Orleans di Steve Goodman e con la romantica Always On My Mind (l’ha fatta anche Elvis, ma la finezza di Willie è imbattibile), ed ancora con Kris che, come se niente fosse, fa venire giù il teatro con Me And Bobby McGee, senza dubbio il suo capolavoro, in una versione strepitosa e quasi rock’n’roll.

Il secondo dischetto inizia con quattro pezzi tratti dai due album del gruppo, le discrete Two Stories Wide e Living Legend, l’ottima Silver Stallion (un classico di Lee Clayton, un grande autore purtroppo dimenticato) e la corale The Last Cowboy Song, scritta da Ed Bruce (lo stesso di Mammas Don’t Let…eccetera); di nuovo Kris con la coinvolgente The Pilgrim: Chapter 33 e la fluida They Killed Him (dedicata ai leader assassinati), e finalmente Cash, poco utilizzato finora, con l’arciclassica I Still Miss Someone e la coinvolgente (Ghost) Riders In The Sky, entrambe in duetto con Willie (e fra le due purtroppo la retorica Ragged Old Flag, infarcita di stucchevole patriottismo: ma con il popò di repertorio che aveva l’Uomo In Nero proprio questa doveva scegliere?). Waylon propone la mossa Are You Sure Hank Done It This Way, alla fine della quale rilascia un breve ma intenso assolo, mentre Willie piazza una versione a dir poco magnifica di Night Life, molto bluesata e raffinata e con uno strepitoso assolo della sua Trigger; tutti insieme appassionatamente per una rilettura di The King Is Gone (So Are You), un successo di George Jones, la meravigliosa Desperados Waiting For A Train di Guy Clark, uno dei momenti più intensi della serata, e la spedita Big River (è di Cash, ma ognuno ne canta un pezzo). Gran finale con un brano a testa: l’umoristica A Boy Named Sue per Cash, la vibrante Why Me per Kris, la cadenzata Luckenbach, Texas per Waylon ed il prevedibile commiato con On The Road Again di Willie, da sempre posta in chiusura anche nei concerti del barbuto texano.

Nel terzo CD dei dieci brani incisi al Farm Aid otto sono ripetizioni di pezzi inclusi anche nei primi due (in versione diversa, chiaramente): fanno eccezione I’ve Always Been Crazy di Jennings e la meno nota Shipwrecked In The Eighties di Kristofferson; nei primi sei brani però il gruppo è ridotto a trio per l’assenza di Cash, e la sua strofa nella canzone Highwayman è cantata dal suo autore, Jimmy Webb, ospite speciale. Come bonus finale, una bellissima versione in studio di One Too Many Mornings di Bob Dylan, parzialmente inedita, nel senso che è stata presa la rilettura presente nell’album Heroes, inciso in duo da Cash e Waylon nel 1986, alla quale sono state aggiunte le voci di Willie e Kris registrate nel 2014, uno splendido omaggio ai due quarti del gruppo che non sono più tra noi.

Un cofanetto da non lasciarsi sfuggire, dato che ci troviamo di fronte a quattro veri e propri giganti della musica americana, e non solo country, catturati in un momento di grazia: sicuramente tra i live migliori del 2016.

Marco Verdi

Uscite Prossime Venture: Esattamente Tra Un Mese, Il 20 Maggio. Bob Dylan, Eric Clapton, Mudcrutch 2 (Tom Petty), Day Of The Dead Tribute, Highwaymen Box Live + Allen Ginsberg Cofanetto (con Dylan)

bob dylan fallen angels

Tutti i nomi riportati nel titolo del Post sono previsti in uscita per il 20 maggio (e sono solo i più importanti, ho visto annunciati per quella data anche i No Sinner di Colleen Rennison, Posies, Brett Dennen, Marissa Nadler e altri meno conosciuti o che non interessano per i contenuti del Blog). Del nuovo Bob Dylan Fallen Angels abbiamo già parlato nei giorni scorsi con la  recensione dell’EP giapponese http://discoclub.myblog.it/2016/04/08/gustoso-antipasto-attesa-maggio-della-portata-principale-bob-sinatra-scusate-dylan-melancholy-mood/, quindi veniamo alle altre uscite.

eric clapton still i do 

Il 20 maggio si ricostituirà anche la coppia Eric Clapton – Glyn Johns, con “Manolenta” che tornerà a farsi produrre da colui con il quale realizzò nel 1977 appunto il celebre Slowhand (e Johns fu quello che produsse il primo Led Zeppelin, Get Yer Ya-Ya’s Out degli Stones, alcuni dei primi album degli Humble Pie e della Steve Miller Band, dei Family, Who’s Next, i primi Eagles, in anni recenti l’ultimo bello di Ryan Adams, Ashes & Fire, il cui album migliore, Heartbreaker, di prossima ristampa il 6 maggio, in versione tripla, era stato prodotto dal figlio di Glyn, Ethan Johns, insomma uno “bravino”). Clapton aveva annunciato il suo “ritiro”, ma evidentemente solo dai tour lunghi e stressanti (infatti il 13 aprile di quest’anno era in concerto a Tokyo, https://www.youtube.com/watch?v=CfjgDNMzGTA, mi sembra tanto che si ripeta la storia di Tina Turner che è si ritirata a ripetizione) comunque ad un anno dai concerti alla Royal Albert Hall eccolo in pista con un album nuovo.

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Vi pareva che non dovessero uscire edizioni Deluxe dell’album nuovo? Certo che no, ed infatti I Still Do, uscirà nelle due versioni che vedete effigiate qui sopra, una definita (da me) del “tubo”, che è quella in formato chiavetta USB, e l’altra Deluxe Denim Box, del colore dei giubbetti che usava Eric, in teoria saranno in vendita solo sul sito di Clapton, a prezzi esorbitanti, ma quella più lussuosa andrà anche nei canali normali, distribuita dalla Universal, la major che pubblica i prodotti della Bushbranch/Surfdog, ossia l’etichetta del nostro. E che mirabolanti bonus conterrà, per un prezzo che è previsto circa del quadruplo rispetto alla versione singola? Ben 2 bonus tracks, Lonesome Freight Train, più un video di 45 minuti con il Making Of, e qualche filmato in studio e dal vivo, nonché la versione in WAV dell’album e due videoclip. Però, direi che questa è la sublimazione della “fregatura” della Deluxe Edition, per due canzoni inedite questa volta si sono superati.

Comunque questa è la tracklist della versione normale:

1. Alabama Woman Blues
2. Can’t Let You Do It
3. I Will Be There
4. Spiral
5. Catch The Blues
6. Cypress Grove
7. Little Man, You’ve Had A Busy Day
8. Stones In My Passway
9. I Dreamed I Saw St. Augustine
10. I’ll Be Alright
11. Somebody’s Knockin’
12. I’ll Be Seeing You

Tra i musicisti annunciati nell’album, Henry Spinetti, Dave Bronze, Andy Fairweather-Low, Paul Carrack, Chris Stainton, Simon Climie, Dirk Powell, Walt Richmond, Ethan Johns (toh!) e Michelle John Sharon White, le due vocalist di colore, viene riportato anche l’Angelo Mysterioso, chitarra acustica e voce, che era lo pseudonimo che usò George Harrison in Badge dei Cream, chi sarà questa volta?

Comunque devo dire che però dell’album si parla bene, e a giudicare dalla prima canzone rilasciata potrebbe essere vero, quindi può “ritirarsi” tutte le volte che vuole se poi fa dei dischi belli.

mudcrutch 2

Per il recente Record Store Day sono usciti due prodotti legati al nome di Tom Petty, uno è il vinile di Kiss My Amps 2, con materiale dal vivo raro e di cui più avanti parleremo nel Blog, e un un 7″ con due canzoni dei Mudcrutch (che non sono inedite, ma verranno pubblicate nel prossimo album della band).

Mudcrutch 2 uscirà per la Reprise/Warner con questo contenuto:

1. Trailer
2. Dreams Of Flying
3. Beautiful Blue
4. Beautiful World
5. I Forgive It All
6. The Other Side Of The Mountain
7. Hope
8. Welcome To Hell
9. Save Your Water
10. Victim of Circumstance
11. Hungry No More

Il bassista del gruppo, quel Tom Petty, mi sembra bravo!

day of the dead

In passato erano usciti parecchi tributi dedicati ai Grateful Dead (penso a Deadicated del 1991 come al migliore https://www.youtube.com/watch?v=1CDuQmhTyD4), ma dopo il cinquantennio della band hanno deciso di fare le cose in grande e la 4AD pubblicherà questo mastodontico Day Of The Dead, un box di 5 CD curato da Aaron and Bryce Dessner dei National, con un cast di partecipanti veramente strepitoso, molti nomi noti ma anche “promesse”, emergenti e nomi che mi sono del tutto ignoti.

Ecco la lista completa, quando sarà il momento ne parleremo diffusamente (come per tutti gli album del post odierno):

1. Touch of Grey – The War on Drugs
2. Sugaree – Phosphorescent, Jenny Lewis & Friends
3. Candyman – Jim James & Friends
4. Cassidy – Moses Sumney, Jenny Lewis & Friends
5. Black Muddy River – Bruce Hornsby and DeYarmond Edison
6. Loser – Ed Droste, Binki Shapiro & Friends
7. Peggy-O – The National
8. Box of Rain – Kurt Vile and the Violators (featuring J Mascis)
9. Rubin and Cherise – Bonnie ‘Prince’ Billy & Friends
10. To Lay Me Down – Perfume Genius, Sharon Van Etten & Friends
11. New Speedway Boogie – Courtney Barnett
12. Friend of the Devil – Mumford & Sons
13. Uncle John’s Band – Lucius
14. Me and My Uncle – The Lone Bellow & Friends
15. Mountains of the Moon – Lee Ranaldo, Lisa Hannigan & Friends
16. Black Peter – Anohni and yMusic
17. Garcia Counterpoint – Bryce Dessner
18. Terrapin Station (Suite) – Daniel Rossen, Christopher Bear and The National (featuring Josh Kaufman, Conrad Doucette, So Percussion and Brooklyn Youth Chorus)


19. Attics of My Life – Angel Olsen
20. St. Stephen (live) – Wilco with Bob Weir
21. If I Had the World to Give – Bonnie ‘Prince’ Billy
22. Standing on the Moon – Phosphorescent & Friends
23. Cumberland Blues – Charles Bradley and Menahan Street Band
24. Ship of Fools – The Tallest Man On Earth & Friends
25. Bird Song – Bonnie ‘Prince’ Billy & Friends
26. Morning Dew – The National
27. Truckin’ – Marijuana Deathsquads
28. Dark Star – Cass McCombs, Joe Russo & Friends
29. Nightfall of Diamonds – Nightfall of Diamonds
30. Transitive Refraction Axis for John Oswald – Tim Hecker
31. Going Down The Road Feelin’ Bad – Lucinda Williams & Friends
32. Playing in the Band – Tunde Adebimpe, Lee Ranaldo & Friends
33. Stella Blue – Local Natives
34. Eyes of the World – Tal National
35. Help on the Way – Bela Fleck
36. Franklin’s Tower – Orchestra Baobab
37. Till the Morning Comes – Luluc with Xylouris White
38. Ripple – The Walkmen
39. Brokedown Palace – Richard Reed Parry with Caroline Shaw and Little Scream (featuring Garth Hudson)
40. Here Comes Sunshine – Real Estate
41. Shakedown Street – Unknown Mortal Orchestra
42. Brown-Eyed Women – Hiss Golden Messenger
43. Jack-A-Roe – This Is the Kit
44. High Time – Daniel Rossen and Christopher Bear
45. Dire Wolf – The Lone Bellow & Friends
46. Althea – Winston Marshall, Kodiak Blue and Shura
47. Clementine Jam – Orchestra Baobab
48. China Cat Sunflower -> I Know You Rider – Stephen Malkmus and the Jicks
49. Easy Wind – Bill Callahan
50. Wharf Rat – Ira Kaplan & Friends
51. Estimated Prophet – The Rileys
52. Drums -> Space – Man Forever, So Percussion and Oneida
53. Cream Puff War – Fucked Up
54. Dark Star – The Flaming Lips
55. What’s Become of the Baby – s t a r g a z e
56. King Solomon’s Marbles- Vijay Iyer
57. Rosemary – Mina Tindle & Friends
58. And We Bid You Goodnight – Sam Amidon
59. I Know You Rider (live) – The National with Bob Weir

higjwaymen live american outlaws

Nel 1991 uscì una VHS intitolata Highwaymen Live, registrata l’anno prima al Nassau Coliseum. Poi negli anni di quel concerto si sono perse le tracce, ora la Sony/Bmg pubblicherà un box quadruplo, tre CD + DVD o tre CD + Blu-Ray, con il concerto completo del 14 marzo 1990 al Nassau Coliseum, Uniondale, New York, 35 brani in tutto, sia nei due CD come nel video, con in più 11 brani nel terzo CD, 10 registrati dal vivo ai Farm Aid del 1992 e 1993 e una versione inedita di One Too Many Mornings, un pezzo di Dylan che Johnny Cash Waylon Jennings incisero nell’album Heroes del 1986, al quale Willie Nelson Kris Kristofferson, gli altri due Highwaymen, hanno aggiunto nuova parti vocali nel 2014.

Ecco la lista dei brani contenuti nelle varie edizioni:

[CD1]
1. Mystery Train
2. Highwayman
3. Mammas Don’t Let Your Babies Grow Up To Be Cowboys
4. Good Hearted Woman
5. Trouble Man
6. Amanda
7. There Ain’t No Good Chain Gang
8. Ring Of Fire
9. Folsom Prison Blues
10. Blue Eyes Crying In The Rain
11. Sunday Morning Coming Down
12. Help Me Make It Through The Night
13. The Best Of All Possible Worlds
14. Loving Her Was Easier (Than Anything I’ll Ever Do Again)
15. City Of New Orleans
16. Always On My Mind
17. Me And Bobby McGee

[CD2]
1. Silver Stallion
2. The Last Cowboy Song
3. Two Stories Wide
4. Living Legend
5. The Pilgrim: Chapter 33
6. They Killed Him
7. I Still Miss Someone
8. Ragged Old Flag
9. (Ghost) Riders In The Sky
10. Are You Sure Hank Done It This Way
11. Night Life
12. The King Is Gone (So Are You)
13. Desperados Waiting For A Train
14. Big River
15. A Boy Named Sue
16. Why Me
17. Luckenbach, Texas
18. On The Road Again

[CD3]
1. Mystery Train
2. Highwayman
3. The King Is Gone (So Are You)
4. I ve Always Been Crazy
5. The Best Of All Possible Worlds
6. City Of New Orleans
7. Folsom Prison Blues
8. Intro/Highwayman
9. Shipwrecked In The Eighties
10. Desperados Waiting For A Train
11. One Too Many Mornings (Previously Unreleased)

[DVD or Blu-ray]
1. Concert Film

Come detto il DVD o il Blu-Ray ripetono (con la parte video, e non è secondario) la tracklist dei due CD.

allen ginsberg the last words

Perché parlare di un triplo cofanetto di Allen Ginsberg? Perché come risulta chiaro nel titolo del Post, alle sessions che diedero vita al materiale contenuto in questo triplo CD The Last Word On First Blues, che verrà pubblicato dalla Omnivore Recordings, partecipò in modo massiccio un certo Bob Dylan, chiamato proprio da Ginsberg, insieme a David Amran, Happy Traum e al giovane (allora, siamo nel 1971) cellista Arthur Russell. Autore dei testi (ovviamente) e voce solista fu Allen Ginsberg. Le registrazioni rimasero inedite fino al 1983 quando furono pubblicate in un doppio vinile chiamato First Blues, insieme ad altre sessions, una del 1976 prodotta da John Hammond e una del 1981, a cui parteciparono anche Peter Orlovsky David Mansfield. Nella nuova versione tripla della Omnivore ci sono altri 11 brani inediti, anche live con Dylan, e un brano dove Don Cherry si esibisce al kazoo.

Quindi chi sarà interessato a questo cofanetto? Fans della Beat Generation o di Bob Dylan? Voi che dite? Io pensi entrambi. Comunque questa è la lista completa dei brani:

Tracklist
[CD1]
1. Going Down To San Diego
2. Vomit Express
3. Jimmy Bergman (Gay Lib Rag)
4. Ny Youth Call Annunciation
5. Cia Dope Calypso
6. Put Down Yr Cigarette Rag
7. Sickness Blues
8. Broken Bone Blues
9. Stay Away From The White House
10. Hardon Blues
11. Guru Blues

[CD2]
1. Everybody Sing
2. Gospel Nobel Truths
3. Bus Ride To Suva
4. Prayer Blues
5. Love Forgiven
6. Father Death Blues
7. Dope Fiend Blues
8. Tyger
8. You Are My Dildo
10. Old Pond
11. No Reason
12. My Pretty Rose Tree
13. Capitol Air

[CD3: Bonus Disc – More Rags, Ballands, and Blues 1971-1985]
1. Nurses Song
2. Spring (Merrily Welcome)
3. September On Jessore Road
4. Lay Down Yr Mountain
5. Slack Key Guitar
6. Reef Mantra
7. Ny Blues
8. Come Along Vietnam (Rehearsal)
9. Airplane Blues (Live at Folk City)
10. Feeding Them Raspberries To Grow (Live at Folk City)
11. Do The Meditation Rock

Direi che anche per oggi è tutto.

Bruno Conti

Un “Eroe Non Celebrato”! Albert Lee – Highwayman

Albert Lee Highwayman

Albert Lee – Highwayman – Palm Bridge 

Albert Lee è uno di quei rari personaggi che si è soliti definire “unsung heroes” (l’italiano “eroi non celebrati” è forse troppo epico): spesso confuso con il quasi omonimo Alvin Lee “Ah, ma è quello dei Ten Years After”! Però a ben guardare il nostro è già in azione dai primi anni ’60, all’inizio nella band R&B dei Thunderbirds che accompagnava il giovane Chris Farlowe (e dove verrà sostituito da Richie Blackmore, che ne ha più volte magnificato le doti, e se guardate bene, nella versione in studio di Gemini Suite di Jon Lord, c’era proprio Lee alla chitarra). Nello stesso periodo forma gli Heads, Hands & Feet, una grandissima band country-rock che era la risposta europea ai Flying Burrito Brothers e alla Nitty Gritty (purtroppo, o per fortuna, gli anni passano, fate voi, li ho anche visti dal vivo ai tempi, fantastici), poi si trasferisce negli USA, dove suona prima con i Crickets e in seguito nella Hot Band di Emmylou Harris, sostituendo James Burton (uno dei suoi eroi musicali, con cui recentemente ha registrato un disco live di cui vi ho parlato su queste pagine virtuali http://discoclub.myblog.it/2015/06/02/piccolo-ripasso-nella-storia-della-chitarra-elettrica-james-burton-albert-lee-amos-garrett-david-wilcox-guitar-heroes-making-history/); dal 1978 e per cinque anni entra nella band di Eric Clapton, con cui registra anche Just One Night, il doppio dal vivo in Giappone e Money & Cigarettes, dove c’è pure Ry Cooder. Nello stesso anno, 1983, diventa il chitarrista ufficiale nella reunion degli Everly Brothers (andatevi a sentire il bellissimo doppio dal vivo registrato quell’anno), con  i quali rimarrà per oltre 20 anni, alternando quel lavoro con la sua carriera come solista (il primo album Hiding, è solo del 1979) e come leader degli Hogan’s Heroes, un gruppo dalla formazione fluttuante, tutt’ora in attività.

Quindi stiamo parlando di uno dei chitarristi più stimati dai colleghi, conosciuto a livello di culto dagli amanti della buona musica, un vero virtuoso dello stile fingerpicking e flatpicking elettrico, famoso soprattutto per una canzone, la fantastica Country Boy https://www.youtube.com/watch?v=GGEtrEYklzo , anche se la lista delle sue partecipazioni è quasi infinita, soprattutto in ambito country-rock, rockabilly e dintorni, pur se il nostro è in grado di eccellere, nel suo modo discreto e mai invadente, in qualsiasi tipo di musica, il perfetto gregario di lusso. Ma a 70 anni passati Albert Lee decide inaspettatamente di registrare un album tutto acustico in solitaria (salvo pochi brani), questo Highwayman, dove il chitarrista inglese rivisita alcuni dei brani più celebri in cui ha suonato, insieme ad alcune delle sue canzoni preferite. Il risultato, manco a dirlo, è buono, anche se forse non memorabile: Lee è un buon cantante, in possesso di una voce gentile e suadente, ben intonata, ma come ce ne sono tante, si districa bene anche al piano e, ovviamente, è anche un buon chitarrista acustico. Quindi un disco di ballate, canzoni folk e country, brani celebri e meno noti: Bye Bye Love, è quel capolavoro assoluto degli Everly Brothers che ha spinto Simon & Garfunkel a darsi alla musica, qui in una bella versione, con la partecipazione di Mike Berry alla seconda voce e chitarra, il brano lo richiede, e devo dire che Albert si dimostra in ottima forma vocale. Dimming Of The Day per molti è il capolavoro assoluto di Richard Thompson, una canzone di stampo folk, meravigliosa, cantata quasi alla Christy Moore (o alla Luka Bloom se preferite, sempre in quella famiglia siamo), con le ottime armonie vocali di Freddy Schloemer che la rendono ancora più affascinante.

Hey Doll Baby è un altro brano minore degli Everly Brothers, mentre The Highwayman è la celeberrima canzone di Jimmy Webb, resa famosa da quei quattro signori (Cash, Jennings, KristoffersonNelson https://www.youtube.com/watch?v=hi94mMed6EQ ) l’unico brano dove appaiono anche tastiere, batteria e archi per una versione sorprendentemente complessa ed affascinante con Albert Lee che si rivela anche fluente pianista. Skip Rope Song è un altro gioiellino pianistico dal repertorio di Jesse Winchester, con una atmosfera che ricorda il primo Elton John, anche per gli arrangiamenti orchestrali del produttore e factotum Steve Mann. Like Strangers e Sleepless Nights vengono dalla famiglia Felice Boudleaux Bryant, grandi autori, altri esempi di country-folk vocale d’autore. Till I Gain Control Again è quella bellissima canzone scritta da Rodney Crowell per Emmylou Harris, e Albert suonava nella versione originale, qui trasformata in una ballata pianistica, mentre Keep a Knockin’ è il capolavoro R&R di Little Richard, una rara occasione per ascoltare il virtuosismo all’acustica di Albert che eccelle anche in Eighteen Yellow Roses di Bobby Darin, e poi rende omaggio a Buddy Holly in una deliziosa Well Alright. Per concludere un album piacevolissimo, e in fondo, per certi versi, sorprendente, una ultima ballata pianistica scritta da Glenn Campbell, A Better Place.

Bruno Conti