Niente Hard Rock, Ma Il Divertimento E’ Assicurato! Ian Gillan And The Javelins

ian gillan and the javelins 28-9

Ian Gillan And The Javelins – Ian Gillan & The Javelins – Ear Music/Edel CD

I Javelins erano una delle varie band giovanili nelle quali aveva militato Ian Gillan ben prima di raggiungere la fama mondiale come cantante dei Deep Purple (e prima anche degli Episode Six): un gruppo che nella prima metà degli anni sessanta si esibiva nei club di Londra proponendo esclusivamente cover di rock’n’roll e rhythm’n’blues, senza mai aver lasciato alcuna testimonianza su disco. Una prima reunion della band avvenne nel 1994 con l’album Sole Agency & Representation, un lavoro composto solo da cover che però passò praticamente inosservato un po’ perché era accreditato semplicemente ai Javelins, senza specificare il nome di Gillan in copertina, ed un po’ perché Ian ed i Purple erano appena usciti a pezzi dall’ultima reunion della formazione “Mark II”, con Ritchie Blackmore che aveva abbandonato definitivamente il gruppo nel bel mezzo del tour seguito all’album The Battle Rages On. Oggi Gillan ci riprova con questo Ian Gillan And The Javelins (quindi mettendo il suo nome bene in evidenza stavolta) e, per quanto mi riguarda, centra perfettamente il bersaglio, tra l’altro riuscendo a coinvolgere tutti gli elementi originali del gruppo, che sono ancora vivi e vegeti: Gordon Fairminer alla chitarra solista, Tony Tacon alla ritmica, Tony Whitfiled al basso e Keith Roach alla batteria (e con ospiti Don Airey, attuale tastierista dei Purple, al pianoforte, ed una piccola sezione fiati).

Un disco che è da intendersi come un piccolo divertissement per Ian e compagni, ma fatto con grande classe e professionalità, con un esito finale di grande divertimento per l’ascoltatore. I sedici brani sono nuovamente tutte cover di classici più o meno noti del rock’n’roll e del soul, con un pizzico di blues, trattati con grande amore dal quintetto e con arrangiamenti del tutto rispettosi degli originali, interpretati con feeling e vitalità. Anche se negli ultimi anni Gillan ha perso un po’ di smalto soprattutto quando si tratta di affrontare le note più alte, ha pur sempre una gran voce, ed in questo disco canta splendidamente: non lo sentiamo gorgheggiare come nei Deep Purple, non avrebbe avuto senso, ma modulare la voce con misura e, perché no, classe. L’album parte con la notissima Do You Love Me  dei Contours, che coinvolge da subito: gran ritmo, accompagnamento vintage ma grintoso e Ian che canta benissimo, mantenendo la sua tipica inflessione. Abbiamo detto dei pezzi di matrice soul-errebi, che sono la maggior parte: Little Egypt (Ying-Yang) non è certo il brano più famoso dei Coasters, ma si lascia ascoltare con piacere, per contro Save The Last Dance For Me (The Drifters) è celeberrima, e Ian e soci la trattano con grande rispetto, in stile bossa nova (e che voce); Chains è più nota del gruppo che l’ha lanciata, i Cookies (ma è scritta dalla coppia Goffin-King, e poi l’hanno fatta anche i Beatles sul loro primo album), ed è un errebi trascinante e suonato in maniera deliziosamente vintage, mentre Another Saturday Night è una delle più belle canzoni di Sam Cooke, e rimane tale anche nelle mani dei Javelins, rivelandosi tra le più azzeccate dell’album.

E poi c’è Ray Charles, rappresentato da due classici assoluti, due vivaci riletture di Hallelujah I Love Her So e What I’d Say, entrambe rifatte con gusto e partecipazione (la seconda con una lunga introduzione strumentale che vede Airey protagonista indiscusso). Non manca ovviamente il rock’n’roll, come Dream Baby, con Gillan che non fa il verso a Roy Orbison ma ci mette il suo sigillo, un doppio Chuck Berry (Memphis, Tennessee, corretta ma un po’ scolastica, e Rock And Roll Music, decisamente più coinvolgente), Jerry Lee Lewis (High School Confidential, travolgente e godibilissima) e doppietta anche per Buddy Holly (la sempre splendida It’s So Easy, molto vicina all’arrangiamento originale, e la meno nota ma deliziosa Heartbeat). C’è anche un accenno al blues, e sono due tra i brani migliori del CD: You’re Gonna Ruin Me Baby è un pezzo poco noto di Lazy Lester (bluesman abbastanza oscuro, scomparso tra l’altro a fine Agosto, quindi da un paio di settimane), un brano energico e saltellante, eseguito in maniera eccellente con Ian che si cimenta pure all’armonica, e l’elettrica e grintosa Smokestack Lightnin’ (Howlin’ Wolf); chiude il dischetto un vibrante omaggio a Bo Diddley con l’immancabile Mona.

Quindi un piacevolissimo viaggio nelle origini della nostra musica, da parte di un veterano che nonostante l’età non ha perso la voglia di divertirsi.

Marco Verdi