Eccone Un’Altro Che Non Molla Mai. Joe Grushecky – More Yesterdays Than Tomorrows

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Joe Grushechy – More Yesterdays Than Tomorrows – Schoolhouse Records – CD – Download

Ultimamente siamo costretti a recensire (in colpevole ritardo) lavori di artisti, di cui abitualmente ci occupiamo su queste pagine, e il problema principale consiste nel fatto che sono tutti dischi che sono venduti solamente sulle varie piattaforme in rete, e non sempre si riesce ad individuare la data di uscita. Nel caso specifico parliamo di Joe Grushechy, amico di lunga data e corrisposto di Springsteen (come detto in precedenti recensioni), protagonista principe di quello che è stato fin dai tempi lontani degli Iron City Houserockers definito “blue collar rock”, una miscela esplosiva tra il miglior rock stradaiolo e ballate romantiche. Così, a 10 anni di distanza dall’ultimo lavoro in studio con gli Houserockers East Carson Street (09), ma a circa sei da https://discoclub.myblog.it/2013/11/02/heartland-rock-persino-nella-valle-dell-eden-joe-grushecky-5/, e a tre dal live https://discoclub.myblog.it/2016/10/19/sangue-sudore-rabbia-passione-sul-palco-locale-mitico-joe-grushecky-the-houserockers-american-babylon-live-at-the-stone-pony/, il buon Joe raduna in studio la sua attuale line-up composta da suo figlio Johnny alle chitarre (e nel nuovo ruolo di produttore), dal batterista Joffo Simmons, il bassista Jeff Garrison,  l’altro chitarrista Danny Gochnour, Ed Manion al sassofono (presente anche nel nuovo Little Steven), Tony Morra alle percussioni e batteria, la brava Vanessa Campagna come vocalist, e sotto la consueta supervisione del produttore e polistrumentista di lunga data Rick Witkowski, per una dozzina di brani che, per chi conosce ormai da anni (come chi scrive) il “sound” di Grushecky, uno che ha sempre avuto il passo dei grandi cantautori americani, suona molto familiare.

Il disco si apre con la title track More Yesterday Than Tomorrows, un mid-tempo che trasuda rock uscito dai solchi del miglior “Springsteen style”, a cui fanno seguito il “rock-boogie” senza fronzoli di Got To Go To Work Today (dove è impossibile non muovere il piedino), e il consueto duetto con l’amico Bruce in una “politica” That’s What Makes Us Great, dove le parole sono cantate in modo appassionato dalle voci di Grushecky e Springsteen, mentre Burn Us Down è un brano lento, una di quelle ballate dolenti e romantiche, cantate con voce potente e muscolare dall’autore. Si prosegue con una intrigante One Beautiful Night, dove sembra di risentire il repertorio dei vecchi dischi dei Drifters (quelli di Under The Boardwalk e Save The Last Dance For Me), mentre Blood, Sweat And Bears vira su un rock’n’roll vibrante, per poi passare ad una melodia contagiosa come The Voice, e una A Work In Progress, dove si evidenzia ancora una volta il lato più rock e gioioso dell’artista. Le chitarre elettriche spesso in primo piano accompagnano una briosa e ritmata Rev It Up, seguita da una sincopata Hell To Pay, dove chitarre, percussioni e trombe ricordano sfacciatamente il ritmo tribale dei brani del grande Bo Diddley, andando poi a chiudere con il tradizionale “gospel” degli anni ’30 Ain’t No Grave (registrato anche da Sister Rosetta Tharpe e Johnny Cash), e una incredibile ballata acustica Don’t Mourn For Me Like That, dove si manifesta in modo tangibile il lato più sensibile di Joe Grushecky e dei suoi Houserockers.

A quarant’anni dall’esordio con gli Iron City Houserockers con Love’s So Tough (79), questo 19° album More Yesterday’s Than Tomorrows (se non ho sbagliato i conti), segna un’altra piccola tacca nella carriera del solido “rocker” di Pittsburgh, un tipo che ha superato il traguardo dei settant’anni, ma che ancora continua a fare la sua musica, un rock “sangue, sudore e polvere” che non ascolterete certamente nelle grandi arene e stadi dove si esibiscono tante celebrate “stars”, ma più probabilmente in piccoli pub e locali di periferia (dove si ascolta la musica consumando casse di birra, e pinte di bourbon e whisky), per essere ancora oggi ufficialmente riconosciuti come una delle miglior “bar band” d’America. Come detto in altre occasioni, per il sottoscritto Joe Grushecky rimane uno dei tanti segreti meglio custoditi della musica rock americana, emarginato da sempre dalla sua “associazione sindacale”, come un gruppo di talentuosi songwriters degli anni ’70 (tra i quali Willie Nile e Elliott Murphy). Per gli amanti del genere e soprattutto del “Boss”, “smanettate” in rete (magari nel suo sito) e portatevi a casa questa ennesima “pietra miliare” della sua carriera, oppure rassegnatevi al download!

Tino Montanari

Sangue e Sudore, Rabbia e Passione Sul Palco Di Un Locale “Mitico”! Joe Grushecky & The Houserockers – American Babylon Live At The Stone Pony

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Joe Grushecky & The Houserockers – American Babylon Live At The Stone Pony – Self-released

A distanza di vent’anni dall’uscita di American Babylon (95), un album bello e ben fatto, con il pregio o il difetto (dipende da come si guardano le cose) che sembrava un disco di Springsteen cantato da un altro (infatti era prodotto dal Boss), Joe Grushecky e i suoi fidati Houserockers tornano ad Asbury Park, New Jersey, nel mitico club Stone Pony, per rivisitare “la pietra miliare” della propria carriera, in due torride serate svoltasi il 23 e 24 Ottobre del 2015. Davanti ad un pubblico entusiasta e caloroso, il buon Grushecky sale sul palco con l’attuale line-up della sua band storica. composta da Art Nardini al basso, Joffo Simmons alla batteria, Joe Pelesky alle tastiere, Danny Gochnour alla chitarra e mandolino, il bravissimo Eddie Manion al sax, e il “figlio d’arte”, ma vero, Johnny Grushecky, che si alterna alle chitarre e percussioni, per una performance di brani “muscolosi” che a tratti non fanno rimpiangere la mitica E-Street Band dei tempi d’oro, dell’amico fraterno Bruce.

La serata parte con il ritmo indiavolato della splendida Dark And Bloody Ground  dove le chitarre fanno scintille, seguita da una Chain Smokin’ che sembra quasi uscita con la carta carbone da un disco del Boss, dalla ballatona Never Be Enough Time con robusta sezione ritmica, per poi cambiare subito registro con la “rollingstoniana” American Babylon, e ancora dalla dominante Labor Of Love, sorretta da una batteria “granitica” e da un bel gioco di chitarre e tastiere, e chiudere alla grande la prima parte con il rock urbano di una “tirata” What Did You Do In The War. Dopo un paio di birre (forse un po’ di più) ghiacciate, si riparte con il rock venato country di Homestead, con mandolino, armonica e chitarre acustiche in gran spolvero (questa canzone e il brano iniziale portano entrambe la firma di Bruce Springsteen), mentre con Comin’ Down Maria si viaggia dalle parti del Messico, con il bel controcanto di Reagan Richards (nel disco di studio dava la voce Patti Scialfa, moglie del Boss), a cui fa seguito il meraviglioso talkin’ blues alla Willy DeVille di Talk Show con il lancinante sax di Eddie Manion in evidenza, per poi alzare ulteriormente il ritmo con No Strings Attached, una pausa per l’arioso valzer agreste di Billy’s Waltz, e a chiudere la rivisitazione dell’album arriva il blue-collar rock poderoso di Only Lovers Left Alive, dove gli Houserockers (un tempo Iron City Houserockers), dimostrano di essere ancora oggi una delle migliori “boogie-bar band” d’America.

Classico “working class hero” di vecchio stampo, Joe Grushecky è nato e cresciuto all’ombra di Bob Seger e Bruce Springsteen, ha sempre fatto dischi di buona fattura (anche se con alti e bassi) con canzoni urbane dal forte tessuto elettrico, suonate e cantate con fierezza da un musicista onesto che non si è mai venduto, e animato da uno spirito “operaio” ha cantato la stessa America del Boss, supplendo alla mancanza del genio di Bruce, con un rock realistico e vissuto, che si rivolgeva in particolare ad un seguito di “zoccolo duro” che usciva dalle fabbriche di Pittsburgh.

Come in ogni esibizione dal vivo, quando salgono sul palco Joe Grushecky e i suoi Houserockers danno il meglio di loro stessi, e anche questo American Babylon Live At The Stone Pony ne è l’ennesima conferma, con una manciata di belle canzoni, suonate in perfetto rock stradaiolo, album che piacerà a chi segue da tempo Grushecky, ai fans di Springsteen, e non solo a quelli. Imperdibile per rientra in queste categorie!

NDT: Purtroppo il CD non è di facile reperibilità, ma se vi “smazzate” sulle piattaforme in rete o sul suo sito, è possibile venirne in possesso.

Tino Montanari