Sempre Un Piacere Ascoltarlo! Mark Olson – Many Coloredf Kite

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Mark Olson – Many Colored Kite – Rykodisc – 26-07-2010

Questo è il secondo album da solista di Mark Olson dopo l’ottimo Salvation Blues del 2007, il disco in collaborazione con il vecchio pard dei Jayhawks, Gary Louris Ready For The Flood e la ripubblicazione del primo omonimo disco dei Jawhawks (aka The Bunkouse Album – per i due o tre che  ancora non lo sanno e si chiedono cosa diavolo voglia dire a.k.a., è l’acronimo di “also known as”, anche conosciuto come).

Per coronare questo periodo di frenetica attività il 26 luglio (sono in anticipo? Chissenefrega, fra pochi giorni escono i numeri doppi estivi dei mensili musicali e mi fregano l’anticipo, quindi…) esce il nuovo album solista di Olson che è orientato verso il suo mai sopito amore per un folk cantautorale anche di matrice britannica sixties senza dimenticare il sempre amato country-rock del filone “desertico”: il nostro amico abita a Joshua Tree, California con la sua nuova fidanzata e collaboratrice musicale, la norvegese Ingunn Ringvold in arte Sailorine, molto carina e che vedete nella foto accanto alla copertina del CD.

La ragazza è anche molto brava da quello che si può giudicare ascoltando i brani del suo album di debutto (ce n’è un secondo in arrivo) Girl In Sailor Suit, quello che si può sentire sul suo MySpace, il disco è uscito in Norvegia e non capisco “perfettamente” la lingua, per le note, ovviamente il disco è in inglese. In ogni caso lei fa parte della band di Mark Olson, suona piano, percusioni, chitarra acustica e si occupa delle armonie vocali, deliziosamente eteree.

Il disco è prodotto da Beau Raymond, lo stesso che si era occupato del disco in coppia con Louris e di Devendra Banhart, alla batteria c’è l’ottimo Danny Frankel, quando serve un’altra chitarra se ne occupa Neal Casal.

Altri ospiti? Yes! Per esempio nell’iniziale Little Bird Of Freedom che tanto ricorda il suono dei Jayhawks delle origini, la seconda voce che armonizza meravigliosamente con Olson è quella di Jolie Holland, il brano è molto bello, cresce ascolto dopo ascolto e l’intreccio tra le due voci è perfetto. Morning Dove è un brano folk come usavano fare i vecchi cantautori degli anni ’60, solo voce e chitarra acustica, mentre la successiva Many Colored Kite si avvicina alle sonorità del British Folk di quegli anni, una sezione ritmica aumentata dalle percussioni di Sailorine che si occupa anche delle armonie vocali, chitarre acustiche ed elettriche con un piccolo break di wah-wah che evoca anche un vago sentore psichedelico.

Blue Bell Song con le voci di Olson e della Ringvold che si amalgano molto bene è una bella canzone d’amore che ricorda quelle dell’epoca d’oro Jayhawks con meno elettricità (ma era Louris il rocker) ma sempre tanta passione. Beehive, con una discreta sezione d’archi emana quell’aria di serenità che ha sempre caratterizzato la musica di Olson. No Time To Live Without Her vede la partecipazione di Vashti Bunyan che armonizza bucolicamente in sottofondo con la sua voce sussurrante, piacevole ma non memorabile. Your Life Beside Us, ancora con archi e armonie vocali, di nuovo piacevole ma in parte scontata. Scholastica sarà anche già sentita (il titolo non aiuta) in quel suono country-rock tipicamente Jayhawks ma al sottoscritto piace, ricorda anche qualche cosa dei suoi dischi con i Creekdrippers e la prima moglie Victoria Williams (che fine ha fatto? Era malata di sclerosi multipla!), non ho riconosciuto la voce femminile, comunque le armonie vocali sono molto belle.

King Snake, ancora con gli archi, ha qualche sussulto della vecchia epicità dei dischi folk della Incredible String Band, mentre Wind And Rain, sempre con delle ottime armonie vocali è un bel country-rock con continui cambi di tempo e atmosfere vocali, non male. Conclude un’altra folk song, More Hours, cantata a due voci con Sailorine/Ingunn Ringvold, anche questa su un tono minore.

In definitiva un buon disco con delle punte di eccellenza e dei brani più deboli: a quando la reunion dei Jayhawks o un nuovo disco con Gary Louris visto che loro stessi hanno detto che Ready For The Flood poteva essere migliore?

Bruno Conti

“Cerchi Più Scuri” Dal Canada. The Sadies – Darker Circles

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The Sadies – Darker Circles – Yep Rock – 18-05-10

Ultimamente, ogni volta che mi siedo davanti alla tastiera del computer, fino all’ultimo momento non so quale argomento affronterò: ci sarà anche la crisi del disco ma ogni mese, ma che dico ogni settimana, escono una valanga di titoli nuovi, spesso interessanti. Considerando che cerco di parlare solo di quelli che ritengo, a mio insindacabile giudizio, i più interessanti, non sempre i migliori, la scelta rimane comunque ampia ma trovare gruppi e cantanti validi non è difficile.

I Sadies vengono dal Canada, hanno fatto sette, otto album a nome loro più svariate collaborazioni, Neko Case rimane una loro preferita e spesso l’accompagnano dal vivo, ma hanno fatto dischi anche con Jon Langford, John Doe, Andre Williams, suonato con i connazionali Blue Rodeo e Tragically Hip. Quindi si inseriscono in quel filone che di volta in volta viene etichettato come indie rock, alternative country, roots music, Americana ma che se andiamo a vedere altri non è che il buon vecchio country-rock dei tempi che furono aggiornato ai giorni nostri, ma quello è, diciamocelo! Non è una parolaccia, e negli anni ha avuto fior di rappresentanti che non vi starò a citare o forse sì, poi vediamo. Un nome però voglio farlo anche perché non ne parla quasi mai nessuno, Alpha Band, mitica band anni ’70 formata da alcuni fuoriusciti dalla leggendaria Rolling Thunder Revue di dylaniana memoria, T-Bone Burnett, Steven Soles e David Mansfield autori di tre album nel 1976, 1977 e 1978 e riuniti in uno splendido doppio CD , chiamato con poca fantasia e molto pragmatismo The Arista Albums dall’inglese Acadia/Evangeline. Soprattutto il primo rimane un piccolo capolavoro di equilibri sonori, un country-rock che in difetto di altri termini chiamerò “spaziale”, con la voce sghemba di T-Bone Burnett a cesellare melodie improbabili ma ancora memorabili sentite oggi; visto che trattiamo altro, mi limito a consigliarvelo vivamente e mi riprometto di riparlarne in futuro, catalogate in “tesori nascosti”.

Lo stile dell’Alpha Band, per certi versi e non totalmente mi sembra che si ricolleghi a quello dei Sadies, tra psichedelia morbida, surf music, country-rock classico alla Jayhawks (produce Gary Louris) o alla Blue Rodeo ma anche certo rock’n’roll revivalista ma di qualità anni ’80, tipo Green On Red e altri fautori del cosiddetto Paisley Underground che era a sua volta influenzato da Byrds, Quicksilver e Big Star: alla fine i nomi si sono fatti.

Questo Darker Circles non sarà un capolavoro ma al sottoscritto piace: i fratelli Good, Dallas e Travis, sono i due leader, cantanti e chitarristi e provengono da una famiglia di musicisti, i Good Brothers, gli zii, che facevano (e fanno tuttora, perché ci sono ancora) country-rock sin dagli anni ’70, quindi è un vizio di famiglia. Il brano iniziale Another Year Again parte country-rock, con armonie vocali perfette e chitarre accarezzate e si tramuta in una cavalcata psichedelica degna dei Quicklsilver dei tempi d’oro con chitarre fiammeggianti e ritmica folleggiante. La successiva Cut Corners ancora con un bel sound chitarristico, da western spaziale e desertico alla Calexico o alla Giant Sand è un altro esempio della scrittura mai banale dei Sadies, già sentita sicuramente ma non banale. Another Day Again. da non confondere con il quasi omonimo brano iniziale, mischia armonie vocali alla Moody Blues e chitarre quasi punk, tipo i Blue Rodeo quando ci danno dentro.

Tell Her What I Said tra Pink Floyd e Neil Young è un sontuoso brano molto evocativo, dalle atmosfere spaziose e spaziali, con le belle voci dei fratelli Good a cesellare armonie vocali su una ritmica molto variegata e un inatteso assolo di mandolino che si scioglie su un muro di chitarre acustiche ed elettriche molto discrete. The Quiet One sarà ispirata da John Ford o John Entwistle? In ogni caso mi ha ricordato ancora i Pink Floyd più bucolici, quelli di Atom heart mother o Meddle negli episodi più tranquilli miscelati ad un country & western dark, come da titolo.

Postcards è puro Byrds epoca Sweetheart of rodeo, mentre Whispering Circles con le sue chitarre vagamente jingle-jangle ricorda certe atmosfere di Blue Rodeo o Jayhawks, atmosfere reiterate nel sound eaglesiano e weastcoastiano della bella Idle Tomorrows dove fa capolino  anche la voce di Gary Louris. Choosing To Fly con banjo e violino in evidenza ricorda certe atmosfere del folk-rock britannico dei primi anni ’70 a sua volta influenzato dal country e bluegrass americano. Violet and Jeffrey Lee cantata deliziosamente all’unisono dai fratelli Good ha dalla sua delle belle sonorità elettroacustiche mentre la conclusiva Ten More Songs, come da titolo, è una sorta di enciclopedia sonora in poco più di quattro minuti, echi morriconiani, chitarre distorte, surf music frenetica, atmosfere di pura serenità, una sorta di riassunto del disco prima di concludere e lasciarci su una epica cavalcata chitarristica nella tradizione del miglior rock di frontiera, canadese.

Bruno Conti