Dal Vivo E Dal Texas! 2: Ryan Bingham/Ryan Bingham – Live

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Ryan Bingham – Live – Axster Bingham CD

Dopo cinque album di studio, anche per Ryan Bingham è arrivata l’ora del disco dal vivo. Bingham è indubbiamente uno dei migliori talenti venuti fuori negli ultimi dieci anni, non solo in Texas (anche se lui è nativo del New Mexico, è cresciuto nel Lone Star State) ma in tutti gli Stati Uniti: il suo debut album, Mescalito, nel 2007 fa giustamente gridare al miracolo più di un critico, per le sue bellissime canzoni, le sue ballate elettriche, forti, desertiche, ben sostenute dalla voce roca, matura ed incredibilmente espressiva del leader; il disco non vende tantissimo, ma inizia a far girare il nome di Ryan nel circuito che conta, ed in più di una classifica dei migliori del 2007 viene nominato come esordio dell’anno. Roadhouse Sun, pubblicato due anni dopo, continua sulla stessa falsariga, stesso suono, stesso stile di canzoni, un rock chitarristico forte e grintoso con qualche reminescenza country, un disco che vende di più del suo predecessore anche se a mio parere è leggermente inferiore (e poi viene un po’ a mancare l’effetto sorpresa). Nello stesso anno arriva, quasi inatteso, il grande successo: T-Bone Burnett lo vuole tra gli artisti di punta della colonna sonora del film Crazy Heart (con un grande Jeff Bridges), ed il brano principale del film, The Weary Kind (scritto e cantato proprio da Ryan), vince sia il Golden Globe che l’Oscar come miglior canzone originale (il film ne vince in totale due, e l’altro va proprio a Bridges come miglior attore protagonista).

Il successivo album, Junky Star (2010), risulta ad oggi essere il più venduto della sua breve discografia, sicuramente grazie al traino della colonna sonora di cui sopra, anche se, pur non mancando qualche bella canzone, si nota un inizio di ripetitività, che viene ingigantita dal seguente Tomorrowland, uscito due anni dopo, un lavoro decisamente rock, ma involuto, poco ispirato e che mostra un autore in preoccupante stallo. Quando già sembrava che Bingham si apprestasse ad entrare nell’affollato club degli artisti che si sono persi per strada, ecco la zampata, da vero texano verrebbe da dire: Fear And Saturday Night, pubblicato lo scorso anno, è di nuovo un grande disco, forse il migliore dopo l’esordio, un album di un cantautore che ha di nuovo ritrovato il suo “mojo”, meno unidirezionato verso territori rock, ma pieno di ballate di stampo roots vere, intense ed eseguite con rinnovato feeling, in pratica uno dei dischi migliori del 2015.

Adesso, come dicevo prima un po’ a sorpresa, esce il suo primo disco dal vivo, intitolato laconicamente Live, registrato il 6 Agosto di quest’anno a New Braunfels (Texas, ovviamente), un album che conferma lo splendido momento di forma di Ryan, il quale ci regala 14 pezzi tratti dal suo songbook, suonati e cantati con una grinta ed un’energia incredibili, arrangiamenti decisamente rock e chitarristici ma con una forza interiore ed un pathos davvero elevati; Bingham è accompagnato da una band di cinque elementi, con gli ottimi chitarristi Daniel Sproul e Jedd Hughes, il bassista Shawn Davis, il batterista Nate Barnes e lo straordinario violinista Richard Bowden, da non confondersi con l’omonimo chitarrista, sempre texano (ma è comunque colui che ha suonato il violino sul mitico Lubbock (On Everything) di Terry Allen).  A dimostrazione che forse anche Ryan la pensa come me (ma vi giuro che non ci siamo sentiti!), gli album che vengono privilegiati sono proprio il primo e l’ultimo, dai quali vengono scelti ben nove pezzi complessivamente sui 14 totali del live, e da Tomorrowland non ne viene preso nemmeno uno, mentre da Junky Star provengono soltanto la discreta Depression e la folkie Hallelujah, entrambe con echi springsteeniani. Anche da Roadhouse Sun vengono estratti solo due brani, ma sono tra i più belli della serata: la trascinante Tell My Mother I Miss Her So, quasi country ma suonata con grinta e piglio da rocker (e con un grande Bowden al violino), ed una Bluebird da sballo, lunga (più di nove minuti), fluida e tersa, puro cantautorato texano deluxe, e che assolo di chitarra!

Chiaramente anche il recente Fear And Saturday Night è ben rappresentato, con quattro canzoni: la roccata e solida Top Shelf Drug, forte ed energica, la bellissima Radio, puro rock d’autore, classico e chitarristico, con un ottimo ritornello ed uno strepitoso finale a ritmo forsennato, la fulgida My Diamond Is Too Rough, una ballata davvero notevole che dimostra di che pasta è fatto il nostro, e la splendida e dylaniana (ed acustica) Nobody Knows My Trouble, tra le migliori mai scritte da Ryan. E poi c’è Mescalito, dal quale provengono ben cinque pezzi: l’iniziale Sunrise, potente e discorsiva, nella quale violino e chitarra creano un alveo perfetto per la voce arrochita di Bingham, e le ultime quattro, tra le quali spiccano la bella Southside Of Heaven, una sontuosa ballata tra Texas e tradizione, e la conclusiva Bread And Water, spedita e coinvolgente, una delle signature songs del giovane texano. Naturalmente non manca neppure The Weary Kind (messa a poco più di metà concerto), ripresa, inutile dirlo, in maniera perfetta e piena di feeling, anche se solo da Ryan con la sua chitarra.

Dopo il deludente Tomorrowland avevo frettolosamente archiviato Ryan Bingham tra le promesse non mantenute, ma sia Fear And Saturday Night sia questo Live mi hanno fatto piacevolmente cambiare opinione.

Marco Verdi