Toh, Chi Si Rivede: Un Altro Disco Che (Quasi) Non C’è! Jeff Black – A Walk In The Sun

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Jeff Black – A Walk In The Sun – Lotos Nile Music – Download + Streaming

Torna, dopo sei anni di assenza  https://discoclub.myblog.it/2014/04/28/cantastorie-la-chitarra-altro-jeff-black-folklore/ uno dei miei cantautori preferiti Jeff Black, un tipo che è sempre rimasto ai margini del panorama musicale, e che ora torna con un lavoro intimo e profondo, degno della sua lunga carriera iniziata con l’album d’esordio Birmingham Road (98) che vi consiglio vivamente, se non ne siete in possesso e si trovasse, di recuperare. Per questo ritorno il buon Jeff ha fatto le cose in grande, convocando in vari studi di Nashville, sotto la sua produzione, un manipolo di “players” di alto livello a cominciare da Sam Bush al violino e mandolino, Jerry Douglas alla lap steel, Jerry Roe alla batteria e percussioni, il fratello Dave Roe al basso, e il bravo Kenny Vaughan (Lucinda Williams, di cui a fine Aprile uscirà il nuovo disco Good Souls Better Angels), alla chitarra acustica e elettrica, per una decina di brani e una quarantina di minuti, come al solito di ottima musica cantautorale.

Il “cammino sotto i raggi del sole” inizia subito alla grande con Needed The Rain, un tipico brano dotato di una bella melodia di fondo (merito di Sam Bush e Jerry Douglas), a cui fanno seguito una Stumbling che sembra rubata dai CD del non dimenticato Bruce Hornsby, con il piano e la sezione ritmica che dettano il ritmo, e una “ballad” acustica, pianistica e notturna come la sognante Until I Learn How To Fly. Il “cammino” prosegue con Machine dove emerge la parte più rock di Black, con un arrangiamento potente con le chitarre e la batteria in spolvero, per poi tornare subito alla pianistica e rilassata Satisfied, forse il brano migliore del lavoro, una ballata sontuosa dove anima e cuore vanno a braccetto, mentre la successiva Calliope Song inizia sulle note del mandolino di Sam Bush, poi nel percorso entrano il violino e la lap-steel di Jerry Douglas, e diventa una musica che mischia il “country” e la canzone d’autore, per poi proseguire con una How To Save The World, un’altra ballata che durerà a lungo nel vostro cuore, musica potente, la solita voce solida, cantata alla grandissima. Il cammino volge alla fine con la lenta e introspettiva The End, basata in particolar modo sul suono degli strumenti a corda, che ci consegna un Jeff Black più cantautore e meno rocker, con il sottile “fingerpicking” alla Bruce Cockburn di un’elegante The Best I Cant Do, e finire in crescendo con un’altra “rock-song” malinconica e pulsante come Always On My Way Back Home, che chiude degnamente un disco splendido, merce molto rara di questi tempi.

Dopo i fasti dei dischi iniziali (direi fino all’ottimo Tin Lily (05), Jeff Black è diventato uno di quegli artisti “fantasma”, come era successo con i dischi di Willy T.Massey, Doc Lawrence, Michael McDermott (che però negli ultimi anni è tornato alla grandissima), ora invece con l’uscita di A Walk In The Sun e anche del precedente Folkore (14) Black ha rimesso le cose a posto, dando nuovamente prova del suo talento e della sua personalità, continuando ad essere sé stesso nello sviluppare la sua musica. Devo ammettere che ero disposto a prescindere dal parlare bene di questo nuovo lavoro, ma solo per il piacere di farlo, in quanto comunque speravo di sentire un disco con le coordinate e i riferimenti del periodo iniziale, e così è stato, in quanto A Walk In The Sun emoziona ed affascina, dovete prenderlo con dolcezza, adagiarlo nel lettore (se trovate il CD) e lasciare che vi conquisti.

*NDT: Come al solito però purtroppo il CD è autodistribuito, costoso, e di difficile reperibilità, venduto solo sul sito http://www.jeffblack.com/ , ma con spese di spedizione esorbitanti (10 dollari il dischetto e altri 20 per l’invio dagli USA, almeno per noi italiani).

Tino Montanari

Una Splendida Seconda Carriera “Contromano”. Grant-Lee Phillips – Widdershins

grant-lee phillips widdershins

Grant-Lee Phillips – Widdershins – Yep Roc Records

Da qualche anno a questa parte questo signore non sbaglia un colpo, a partire diciamo da Walking In The Green Corn (12) http://discoclub.myblog.it/2012/12/30/un-cantastorie-nativo-americano-grant-lee-phillips-walking-i/ , seguito dall’ottimo The Narrows (16) http://discoclub.myblog.it/2016/03/24/grande-narratore-della-tribu-creek-grant-lee-phillips-the-narrows/ , sino ad arrivare a questo nuovo album solista Widdershins (il nono se non ho sbagliato il conto), e chiunque abbia ascoltato negli anni il suono della sua prima band The Shiva Burlesque, come pure dei mai dimenticati Grant Lee Buffalo, deve convenire che il buon Grant Lee Phillips, è uno dei migliori talenti espressi della scena “alternative rock” americana. Widdershins è stato registrato in soli quattro giorni a Nashville presso gli studi Sound Emporium, con la stessa e fidata sezione ritmica utilizzata da Phillips nel precedente The Narrows, composta dal bassista Lex Price, e da Jerry Roe alla batteria e percussioni (praticamente un trio con Grant Lee alle chitarre e tastiere), con l’apporto del tecnico del suono Mike Stankiewicz e mixato dal bravo e professionale Tucker Martine (uno che ha lavorato, tra i tanti, con  My Morning Jacket e Decemberists), per un lavoro prodotto e scritto interamente dallo stesso Phillips, album dove trovano spazio una manciata di brani, che riflettono i temi dell’attuale società americana.

La partenza con la “pettyana” Walk In Circles è quanto di meglio posso ricordare dai primi dischi dei citati Grant-Lee Buffalo, con squillanti chitarre “byrdsiane”, a cui fanno seguito la grintosa Unruly Mobs, la gentile e delicata King Of Catastrophes, per poi passare ad una robusta ballata in stile anni ’60 come Something’s Gotta Give, con un ritornello martellante. Si riparte con il rock di una trascinante Scared Stiff, il folk saltellante di una vivace Miss Betsy, viene anche riproposta la spina dorsale chitarre e batteria nel rock gagliardo di The Wilderness, e omaggiato ancora il “pop” anni ’60, con il ritmo regolare che accompagna Another, Another, Then Boom. Sentori di George Harrison si manifestano nella melodia di Totally You Gunslinger, per poi emozionare l’ascoltatore con la sua bellissima voce in una ballata folk-rock di spessore come History Has Their Number (perfetta per Neil Young), ritornare al rock teso e sincopato di una intrigante Great Acceleration, e chiudere con il grido “liberatorio” di una infuocata e tonificante Liberation.

Molto spesso (si dice) il terzo disco è quello cruciale, il più difficile, la famosa prova della verità, e questo era già successo prima con i Grant-Lee Buffalo dopo lo splendido album d’esordio Fuzzy, un seguito meno entusiasmante ma comunque riuscito come Mighty Joe Moon, arrivando al disco della maturità con il terzo Copperopolis. La stessa procedura si può applicare, se mi concedete la licenza, per quest’ultima parte di carriera solista dell’artista californiano (ma nativo americano), che completa questa “trilogia” musicale, che si sta rafforzando vieppiù, dopo il precedente The Narrows, con Phillips e i suoi “partner che” in questo Widdershins suonano come un perfetto “power trio”, dove la musica che si sprigiona dalle canzoni è piena di forza sonora e emotiva. In conclusione, i nostalgici dei Grant Lee Buffalo continueranno a sognare un passato forse irripetibile, ma per tutti gli altri in questi ultimi dischi c’è abbastanza materiale per innamorarsi ancora una volta di Grant-Lee Phillips. Splendido e consigliatissimo!

Tino Montanari