L’Ultima Colta Fatica Di Un “Cantautore Del Blues”! Eric Bibb – Migration Blues

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Eric Bibb – Migration Blues – DixieFrog/Ird

Eric Bibb non è un “semplice” cantante e chitarrista blues, è un cantautore del blues, uno che ha sempre dato importanza alla tradizione (per esempio con il recente Lead Belly’s Gold, realizzato in coppia con JJ Milteau http://discoclub.myblog.it/2015/10/11/vecchio-oro-zecchino-nuovi-minerali-blues-meno-pregiati-sempre-preziosi-eric-bibb-and-jj-milteau-lead-bellys-gold-live-at-the-the-sunset-more/ ), ma nella sua musica hanno altresì trovato posto le tematiche dei perdenti, degli sfruttati, dei poveri del mondo, e quindi era quasi inevitabile che prima o poi realizzasse un intero disco dedicato ai cosiddetti “rifugiati”, i migranti: le popolazioni che in giro per il mondo fuggono da guerre, carestie, fame, povertà, alla ricerca di un mondo migliore, spesso trovando la morte in questo tentativo. Ovviamente questa è solo una recensione e non un trattato sociologico e quindi non può entrare a fondo nell’argomento, che lascio a persone più preparate di me (spero) per sviscerarlo, ma mi sembrava giusto ricordarlo, visto che è l’assunto da cui parte questo album. Che nel suo ricco librettino, scritto in tre lingue, inglese, francese e tedesco, viene anche trattato con dovizia di particolari sulle canzoni contenute nel CD, e si apre con una dotta citazione dall’opera di Cicerone, che nel 46 prima di Cristo già diceva: “Essere ignoranti di quanto è avvenuto prima della tua nascita vuol dire rimanere sempre un bambino. Per questo quanto vale la vita umana, a meno che non sia intessuta nella vita dei nostri antenati dai ricordi della storia” (libera traduzione del sottoscritto).

Ma veniamo ai contenuti del disco: a fianco di Bibb, per questa nuova avventura, oltre al fido JJ Milteau all’armonica, questa volta troviamo l’eccellente musicista canadese (ma nato a South Bend, Indiana) Michael Jerome Browne, vincitore di vari premi in Canada e negli States (con nove album al suo attivo, quasi tutti per l’etichetta Borealis, e che vi consiglio di esplorare), nonché virtuoso (come Eric) di vari strumenti a corda, chitarre, soprattutto slide, banjo e mandolino, ma anche violino. Quindi un disco dalle sonorità scarne, quasi sempre acustiche, come è d’altronde caratteristica dei dischi di Eric Bibb, vedi anche il recente The Happiest Man In The World, dove oltre a Browne, c’era il grande Danny Thompson al contrabbasso. Si diceva del fatto che il nostro è un “cantautore” del blues e quindi è quasi ovvio che l’album contenga quasi tutte composizioni originali dello stesso Bibb, che comunque si lascia aiutare anche dai suoi compagni di avventura come autori, e sceglie un paio di cover d’autore che vediamo tra un attimo. L’album si apre con l’intensa (ma lo sono tutte le canzoni contenute in questo Migration Blues) Refugee Moan, con la splendida ed espressiva voce di Bibb, sostenuta dalla propria baritone guitar, dal fretless banjo di Browne e dall’armonica di Milteau, per una cruda narrazione del viaggio verso la Promised Land. Il secondo brano Delta Getaway, rievoca i ricordi dei vecchi del Mississippi sui loro pericolosi viaggi appunto dal Mississippi a Chicago, un brano dove si gusta la splendida resophonic slide di Browne e l’intervento della batteria di Olle Linder che aggiunge ritmo ad uno dei brani più “elettrici” di questa raccolta.

Diego’s Blues racconta il viaggio, negli anni ’20 del secolo scorso, di un inventato emigrante messicano verso il Delta del Mississippi per sostituire gli Afroamericani che stavano abbandonando le piantagioni, un eccellente folk-blues, solo la voce di Eric e la 12 corde di Browne, splendido. Prayin’ For Shore affronta l’argomento dei viaggi della speranza in barca nel Mediterraneo a noi tristemente noti, una canzone complessa, con la voce di supporto di Big Daddy Wilson, e la 12 corde amplificata di Jerome e l’armonica di Milteau che affiancano la sempre splendida voce di Bibb, per un brano dall’atmosfera sospesa ed intensa. Migration Blues è uno strumentale intricato, dove Bibb e Browne si sfidano con le loro 12 corde in modalità bottleneck.. Four Years, No Rain, scritta sempre per l’occasione da M.J. Browne, affronta il tema della carestia in un altro blues minimale e scarno, mentre We Had To Move racconta in una canzone la storia romanzata della famiglia di James Brown, un brano mosso e variegato, dove si apprezza il virtuosismo di Bibb al banjo. La prima cover è una magnifica rilettura di Master Of War di Bob Dylan, con la voce evocativa di Eric, sostenuta dal “minaccioso” fretless gourd banjo, che ricrea l’ambiente di uno dei capolavori dylaniani. Ancora le due chitarre duettanti di Bibb e Browne, per una sognante e delicata Brotherly Love e poi spazio per l’omaggio al cajun degli emigrati canadesi spinti verso la Louisiana, nello strumentale di MJ Browne La Vie Est Comme Un Oignon, per violino e armonica. With A Dolla’ In My Pocket è un country-blues elettrificato di nuovo di grande intensità, seguito da un altro dei monumenti della canzone americana come This Land Is Your Land di Woody Guthrie, che credo non abbia bisogno di presentazioni, bella versione. Una breve Booker’s Blues un vorticoso strumentale suonato sulla National di Booker White, e siamo al finale, Blacktop, un altro intenso blues di Browne, che questa volta la canta anche, con Bibb e Mornin’ Train, un tradizionale arrangiato da Eric Bibb, con la seconda voce della moglie Ulrika, brano che conclude a tempo di gospel/spiritual questo ottimo album del musicista di New York.

Bruno Conti

Vecchio Oro Zecchino E Nuovi Minerali Blues, Meno Pregiati Ma Sempre Preziosi! Eric Bibb And JJ Milteau – Lead Belly’s Gold Live At The Sunset & More

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Eric Bibb And JJ Milteau – Lead Belly’s Gold Live At The The Sunset & More – Dixiefrog/Ird 

Lead Belly (uso il suo nome d’arte nella forma che si presume più corretta, così riporta anche la sua pietra tombale, anche se dai più è conosciuto come Leadbelly) è stato sicuramente un personaggio dalla vita complessa ed avventurosa, anche controversa, ma è giustamente considerato uno dei più influenti musicisti neri del 20° secolo nell’ambito del folk e del blues, nelle parole di Eric Bibb riportate nel libretto di questo CD “The most famous Black folksinger ever”! Il disco non esce in occasione di qualche anniversario particolare, quindi non si festeggia nessuna ricorrenza particolare se non l’opera di uno dei musicisti che ha più influenzato la musica degli ultimi 100 anni. Nel corso degli anni sono usciti molti album che hanno rivisitato il repertorio di Huddie Ledbetter e questo Lead Belly’ s Gold di Eric Bibb non è sicuramente tra i peggiori, anzi si colloca come uno dei tributi meglio riusciti al musicista di Mooringport, Louisiana (o era Freeport?). Registrato in parte dal vivo al Sunset, un piccolo locale jazz di Parigi (a giudicare dagli applausi sono presenti poche decine di spettatori) ed in parte allo Studio de la Seine, dove sono state effettuate anche alcune delle sovraincisioni che rendono il suono più brillante ed incisivo. Perché in effetti non siamo di fronte ad uno di quei dischi acustici scarni e pure un po’ pallosi che avrebbe potuto diventare, ma ad un album che sapientemente mischia il folk ed il blues più canonico, grazie al repertorio trattato, con una leggiadria di suoni ed una varietà che sono merito dei musicisti impegnati: non solo Eric Bibb a voce, chitarre acustiche a 6 e 12 corde (una delle caratteristiche di Lead Belly) e banjo, l’ottimo JJ Milteau, un armonicista francese che in Francia è considerato giustamente un virtuoso dello strumento, uno che ha suonato anche con Montand e Aznavour, simile per certi versi a gente come Toots Thielemans o l’italiano Bruno De Filippi, solisti che non suonano solo il blues, fornendo sonorità inconsuete e uniche al disco, quasi come suonasse una fisarmonica.

Con loro anche l’ottimo Big Daddy Wilson, cantante dalla voce poderosa presente in parecchi brani, ma che si apprezza soprattutto nel medley When That Train Comes/Swing Low, Sweet Chariot, due spiritual meravigliosi dove le voci di Bibb e Wilson si amalgamano in modo incredibile. Tra i musicisti impegnati anche il bravo batterista Larry Crockett (parente di Davy? Ah, ah, scusate mi è scappata) e ancora Gilles Michel al basso, nei brani più famosi, Midnight Special, Rock Island Line, Where Did You Sleep Last Night e Titanic. Eh sì perché la differenza la fanno le canzoni, non mancano The House Of Rising Sun, Good Night Irene e Bourgeois Blues e tante altre. Il sound complessivo potrebbe ricordare quello di uno dei dischi di Ry Cooder degli anni ’70. Quindi possiamo ascoltare una Grey Goose  perfetta folk song cantata da Bibb, con quella sua voce splendida ed espressiva, con armonica e chitarra che si intrecciano in un arrangiamento anche complesso ed intricato, il medley spiritual appena citato, una ritmata On A Monday, altro gospel con le voci di Wilson e Michael Robinson, canzone che cita pure un verso di Jack Hardy. E ancora, una raccolta e quasi jazzata House Of Rising Sun, con gli arpeggi dell’acustica che si intrecciano nuovamente con le fioriture di Milteau all’armonica, che si trasforma quasi in un accordion per un viaggio in Louisiana nella splendida versione di Midnight Special. Eccellente anche Bring A Little Water, Sylvie un brano interpretato da Bibb in un concerto tributo alla Royal Albert Hall dove partecipavano anche Van Morrison e Eric Burdon.

Where Did You Sleep Last Night, quella che piaceva molto a Kurt Cobain,  tanto che la incise nell’Unplugged dei Nirvana, è un folk blues delicato e oscuro https://www.youtube.com/watch?v=Fm9EwOvDSfw , mentre When I Get To Dallas è un brano che ricorda i tempi in cui Lead Belly cantava per le strade del Texas, insieme a Blind Lemon Jefferson, come pure Titanic, che appare nella parte in studio e ricorda un fatto storico, diciamo romanzato. Pick A Bale Of Cotton, con il delicato fingerpicking di Bibb, Good Night Irene e Rock Island Line, costituiscono un trittico formidabile di canzoni, come pure Bourgeois Blues, il primo dei brani in studio, in una versione che non ha nulla da invidiare a quella di Cooder, grazie anche alla presenza dell’armonica di Milteau, mentre Chauffeur Blues è un brano scritto da Bibb per rendere omaggio al grande Leadbelly, seguito da Stewball, uno spiritual inciso dal babbo Leon, grande interprete del genere negli anni ’50 e ’60, dalla citata Titanic e da Swimmin’ In A River Of Songs, altra bella canzone scritta dallo stesso Eric Bibb e che conclude in scioltezza questo piccolo gioiellino che risponde al nome di Lead Belly’s Gold!

Bruno Conti