Un Altro Disco Che (Quasi) Non C’è: Un “Mitico” Locale Australiano Per Una “Grande” Band. Black Sorrows – Live At The Palms

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Black Sorrows – Live At The Palms – Blue Rose Records – CD  – Download

Il loro ultimo album Citizen John  (recensito puntualmente su queste pagine https://discoclub.myblog.it/2018/12/01/prosegue-la-storia-infinita-della-band-di-joe-camilleri-sempre-una-garanzia-black-sorrows-citizen-john/ ) è uno dei lavori più belli dello scorso anno (ma anche uno dei più difficili da rintracciare,vista la scarsa reperibilità sul mercato europeo), e questo concerto registrato nel mitico locale di Melbourne, non è altro che il CD abbinato alla edizione deluxe” del medesimo (per i pochi fortunati che ne sono entrati in possesso e considerando che comunque anche questa “nuova” edizione in CD singolo è venduta in esclusiva solo ai concerti europei della band e sul sito della Blue Rose). E così quando nell’Ottobre dello scorso anno, Joe Camilleri alla chitarra, sax e armonica, porta sul palco i suoi Black Sorrows ,con in evidenza le chitarre del bravo Claude Carranza, Tony Floyd alla batteria, Mark Gray al basso, James Black alle tastiere, con l’apporto di musicisti di talento come il gruppo jazz Horns Of Leroy e Sandi Keenan alle armonie vocali, per una manciata di brani che hanno il pregio di essere eseguiti con arrangiamenti diversi da quelli elaborati in studio, i tecnici sono pronti a registrare il tutto, per un “disco”dove come sempre la musica spazia tra bluegrass, blues, rockabilly, rock, soul, arrivando a cimentarsi anche con il reggae e gospel.

Il concerto inizia con le atmosfere “country-blues” di una accattivante Wednesday’s Child, a cui fanno seguito due cover d’autore, una seducente rilettura di Do I Move You, portata al successo dalla grande Nina Simone, uno slow d’annata da suonare nei locali blues di Chicago, con un lungo intermezzo “jazz” a cura dei componenti dei bravissimi Horns Of Leroy, e una semi dimenticata Silvio di Dylan, recuperata dai solchi polverosi di Down In The Groove (88), e che in questa occasione viene riproposta in una energica e ritmata versione, dove emerge la bravura alla slide di Carranza e i coretti in stile “Motown” guidati dalla Keenan. Dopo applausi doverosi e convinti del pubblico in sala, si riparte con Lover I Surrender, una di quelle ballate “blue-soul” dei lontani anni ’70 che hanno fatto la fortuna di Joe, dove giganteggia il “groove” del basso di Mark Gray su un tessuto armonico dell’hammond, bissata subito da un’altra stratosferica ballata Way Below The Heavens, dove oltre agli evidenti echi “morrisoniani” nell’interpretazione dell’autore, risveglia nel sottoscritto anche lo spirito di Bobby Womack.

Poi si cambia ritmo nel sincopato arrangiamento di una Down Home Girl, con i fiati in evidenza nella parte finale; dopo un’altra meritata ovazione da parte del pubblico, ci si avvia alla parte conclusiva del concerto con il tempo vagamente “ragtime” e di nuovo una strepitosa sezione fiati in una favolosa Brother Moses Sister Mae, che con la mente e il cuore ci trasporta nelle strade di New Orleans (quando si festeggia il Mardi Gras), seguita dal raffinato “swamp-blues” di Citizen John, che viene cantato in duetto (in una ipotetica gara di bravura) da Joe e Sandi Keenan, e in chiusura sorprendentemente, viene rispolverato un brano del suo primo gruppo i Jo Jo Zep & The Falcons (una oscura band in attività sul finire degli anni ’70, benché popolarissima in Australia), una saltellante The Honeydripper dove la varietà di stili e la bravura dei musicisti, riesce a sopperire all’unico brano forse deludente della serata. Ancora oggi per molti i Black Sorrows sono degli illustri sconosciuti, nonostante il fatto che dal lontano esordio con Sonola (84), e in un alternarsi di varie e innumerevoli formazioni, hanno sfoderato più di una ventina di lavori (con questo siamo al 22° per la precisione), sotto la guida costante del genialoide Joe Camilleri, vero leader carismatico della band (cantante, autore, sassofonista e produttore), un tipo che a 71 anni suonati dimostra con questo splendido Live At The Palms (un lavoro arrangiato e suonato in modo superbo), di possedere una rara intelligenza musicale nel sapere sempre creare grandi canzoni. In definitiva (per chi scrive), i Black Sorrows sono stati, e sono tuttora, una splendida realtà del panorama musicale odierno (australiano e non),  quindi da ascoltare obbligatoriamente!

Tino Montanari

Prosegue La Storia Infinita Della Band Di Joe Camilleri, Sempre Una Garanzia. Black Sorrows – Citizen John

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Black Sorrows – Citizen John – Blue Rose Records/Ird

Album n° 21 per la band di Joe Camilleri, si chiama Citizen John e segue il valido album dello scorso anno Faithful Satellitehttps://discoclub.myblog.it/2017/02/01/l-ennesimo-capitolo-di-una-band-storica-australiana-black-sorrows-faithful-satellite/  : un ennesimo capitolo della saga dei Black Sorrows, iniziata all’incirca 35 anni fa con l’album Sonola. Ma per Camilleri, nelle sue varie incarnazioni, anche come Jo Jo Zep And The Falcons, The Revelators,  e sotto altri svariati pseudonimi, ci viene detto, e mi fido, che questo è il 49° album di una sterminata discografia. Il buon Joe, nato 70 anni fa a Malta, è diventato una delle leggende del rock australiano, in possesso di una voce che a tratti ricorda un riuscito incrocio tra quelle di Van Morrison, Elvis Costello e Graham Parker, e anche musicalmente viaggia su questa lunghezza d’onda, magari inserendo su una base rock pure elementi blues, soul e R&B, senza dimenticare una sorta di unità di intenti con Willy DeVille che è sempre stato un punto di riferimento per lo stile di Camilleri. Il nuovo album, co-prodotto da Joe con il fido John McCall, che è anche il tastierista della band, comprende una decina di nuove composizioni di Camilleri e Nick Smith, il suo paroliere abituale, e tre cover che dimostrano l’eclettismo della band australiana.

Partiamo proprio da queste ultime: abbiamo una bella rilettura della canzone di Nina Simone Do I Move You, un brano dall’album N.S. Sings The Blues, e quindi un classico slow della grande cantante nera, interpretato con grinta dai Black Sorrows che pongono l’accento su armonica, chitarra e piano, in questa versione solida ed elettrica. La scelta di un brano di Bob Dylan cade su una canzone tra le sue meno note, Silvio, ma Camilleri e soci rendono la canzone di Down In The Groove una vivace e galoppante roots song, con in evidenza la slide di Claude Carranza, voci di supporto pimpanti, tra cui quella di Sandy Keenan, e un impianto elettroacustico al quale organo ed acustiche donano un aura divertita e “paesana”. Sitting On Top On The World di solito viene accostata a Howlin’ Wolf, ma in effetti viene dalla tradizione più antica di inizio ‘900 del blues e la versione della band  si rifà a questo canone sonoro, intensa e suggestiva, ma anche intima e gentile, con la bella e profonda voce di Camilleri in primo piano e un flauto che fa le veci dell’armonica. Tra le canzoni originali l’iniziale Wedsneday’s Child  è la tipica composizione alla Camilleri, dal chiaro substrato blues, con chitarre e tastiere, nonché le voci di supporto, guidate dalla Keenan, che si confrontano con la scura voce del leader in uno stile che rimanda appunto al DeVille più bluesy https://www.youtube.com/watch?v=n7oVa72_OTU ; non può certo mancare una delle classiche ed accorate ballate di impianto soul tanto care a Camilleri, e Lover I Surrender ne conferma la classe https://www.youtube.com/watch?v=X5APygIwD_Q .

Messiah ha echi gospel, che al tipico afflato tra soul e blues delle sue canzoni più potenti, affianca un eccellente lavoro di Carranza alla solista. Storm The Bastille, con il violino struggente di Xani Kolac e il mandolino di Kerryn Tolhurst che affiancano la slide di Carranza è un altro ottimo esempio del canzoniere del bravo Joe, che poi fa ricorso all’uso dei fiati per un’altra bella ballata come Way Below The Heavens, dove una tromba struggente affianca il violino, mentre un coro sontuoso avvolge con dolcezza lo spirito quasi celtic rock e morrisoniano di questa  canzone https://www.youtube.com/watch?v=yOZZnCe5uUg . Citizen John è uno swamp blues con uso fiati, tra Chris Rea e Tony Joe White, con il call and response di Camilleri e la Keenan ad insaporire il menu, dove spiccano un liquido piano elettrico e un bel assolo del sax di Wilbur Wilde. Una diversa sezione fiati, The Horns Of Leroy, fa la sua apparizione per un tuffo nel divertente jazz anni ’30 sbucato da qualche fumoso locale di New Orleans dell’era della Depressione, per la deliziosa Brother Moses Sister Mae, con la notturna e soffusa Nothin’ But The Blues, che in modo felpato ci fa apprezzare il lato più intimo del nostro, che poi va di latin rock molto alla DeVille nella mossa e coinvolgente Month Of Sundays  e poi nel rock più classico della brillante Worlds Away, sempre con quel retrogusto blues chitarristico che non manca mai nella sua canzoni migliori, e in questo disco ce ne sono parecchie. Una garanzia.

Bruno Conti

L’ Ennesimo Capitolo Di Una Band “Storica” Australiana. Black Sorrows – Faithful Satellite

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Black Sorrows – Faithful Satellite – Rootsy Music / IRD

Chi ci segue su questo blog avrà notato il mio “innamoramento musicale” per gli artisti irlandesi in generale, e anche altrettanta “passione” per tutto quello che ci arriva dal continente australiano: per cui in un ipotetico podio composto dai migliori gruppi Down Under di sempre (a mio parere personale) ci metto in primis i Triffids, i Cold Chisel di Jimmy Barnes, e sicuramente i Black Sorrows di Joe Camilleri (ne ho parlato ampiamente e più volte su queste pagine recensendo sia Crooked Little Thoughts che Certified Blue, e Endless Sleep/One More Time  http://discoclub.myblog.it/2015/10/04/il-jukebox-personale-joe-camilleri-black-sorrows-endless-sleep/). Questo nuovo lavoro Faithful Satellie è il ventesimo album dei Black Sorrows, e come al solito il buon Joe (chitarre e sax, oltre naturalmente alla voce)) porta nei Woodstock Studios di Melbourne il solito cast stellare di musicisti Aussie, composto da Claude Carranza alle chitarre, John McAll alle tastiere, Mark Gray al basso, Angus Burchall alla batteria, con l’aggiunta di validi “turnisti” del posto a comporre una eccellente sezione fiati, con l’abituale supporto di strumenti come violino, fisarmonica, mandolino e banjo, e non potevano certo mancare le bravissime coriste storiche Vika e Linda Bull, mentre tutte le canzoni sono state composte da Camilleri con il suo paroliere di fiducia Nick Smith.

Per chi non conoscesse il gruppo, la musica dei Black Sorrows attraversa vari generi, a partire dal rock, ma anche bluegrass e country in questo disco, blues, rockabilly, reggae, gospel, soul, e negli ultimi album pure leggere impronte jazz, comunque l’iniziale Cold Grey Moon è davvero spiazzante, si apre con un introduzione di violini da camera, e passa più di un minuto prima che la calda voce di Camilleri si apra in una solenne ballata (marchio di fabbrica del gruppo) con l’accompagnamento della tromba di Travis Woods, per poi passare subito ad atmosfere anni sessanta grazie al rockabilly-jazz di Raise Your Hands (dove è impossibile non muovere il piedino), a cui fa seguito un’altra dolcissima ballata in perfetto stile “messicano” come You Were Never Mine (dove Joe non fa rimpiangere il suo “mentore” Van Morrison).

La bravura dei musicisti si manifesta nel country-honky-tonk di Fix My Bail (con la partecipazione dei Davidson Brothers), mentre la seguente It Ain’t Ever Gonna Happen è un brano blues (con la voce seducente di Sandii Keenan) degno del miglior Willy DeVille; passando poi per le cadenze danzanti a tempo di valzer di una “agreste” Winter Rose, di nuovo con i Davidson Brothers. La seconda parte del disco riparte in modo brillante con l’intrigante “swinging rock” di I Love You Anyhow, mentre Into Twilight mette in evidenza i violini ed anche il supporto delle coriste, ed è seguita da una buona canzone rock come Carolina https://www.youtube.com/watch?v=nVbJcXLQQHk , mentre un brano quasi reggae come Love Is On Its Way, porta l’ascoltatore verso suoni cari ai dimenticati Kid Creole And The Coconuts, ma non ci fa impazzire, andando infine  a chiudere con la musicabilità rocciosa di Land Of The Dead, e una acida e spettrale Beat Nightmare.

Joe Camilleri e i suoi Black Sorrows nonostante vari cambi di line-up avvenuti nei loro 30 anni di vita, hanno conquistato un posto speciale nel cuore di molti amanti della buona musica, con brani che sono diventati dei piccoli classici nel panorama musicale australiano, e anche in questo ultimo Faithful Satellite (dove è difficile trovare un difetto, forse il pezzo reggae), passano con disinvoltura e grande bravura (come detto in precedenza) dal folk al blues, dal funky, appunto al reggae, dal soul al gospel, fino ad arrivare alle ballate sognanti e seducenti che sono sempre state il valore aggiunto del gruppo. Dopo una carriera lunga più di 50 anni, Camilleri continua semplicemente a fare quello che gli riesce meglio, scrivere e far conoscere la sua musica, una musica di qualità che lo consacra una “icona” al pari, a mio parere, di Nick Cave, Paul Kelly, Jimmy Barnes, Archie Roach, e altri musicisti del continente australiano. Consigliato.!

Tino Montanari

*NDB Per la cronaca, la versione australiana del CD, uscita a settembre dello scorso anno, ha una sequenza dei brani completamente diversa dalla edizione europea.

Il Jukebox “Personale” Di Joe Camilleri! Black Sorrows – Endless Sleep

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Black Sorrows – Endless Sleep/One More Time – Roosty Music/Ird – 2 CD

Lo confesso, sono di parte, ma per chi scrive Joe Camilleri, cantante, compositore, chitarrista e sassofonista, è uno dei più grandi “losers” di cui è piena la storia del rock, ma lui dopo più di cinquanta anni di carriera musicale se ne infischia e prosegue inossidabile per la sua strada. Una strada che negli anni lo vede prima comprimario e poi protagonista e leader di varie formazioni, di cui le più importanti sono certamente stati i Jo Jo Zep And The Falcons (nel primo periodo), i Relevators con James Black e Joe Creighton, e infine la sua creatura preferita, i formidabili Black Sorrows (giunti con questo disco al 18° album). Questo nuovo lavoro è composto da due CD: il primo, Endless Sleep raccoglie 14 nuove tracce che sono delle cover degli eroi musicali di Joe (una operazione simile se ben ricordo era stata già fatta con i Relevators con Amazing Stories il disco del ’93)), mentre One More Time è un Bonus CD che raccoglie in tredici brani i grandi successi di questa grande band australiana.

Per togliersi questo sfizio, il buon Joe porta negli studi Woodstock & Black Pearl di Melbourne la sua attuale line-up, composta da John McAll alle tastiere, Claude Carranza alle chitarre, Angus Burchall alla batteria, Mark Gray al basso, la sua corista preferita, la bravissima Vika Bull,  con l’apporto di una “squadra di turnisti” del posto che risponde ai nomi di Jeff Burstin, Eric Budd, Paul Williamson, Ed Bates, Paddy McMullin, Matt Amy, Nui Moon, Johnny Salerno, Phillip Rex, Danny Spencer, e ovviamente il leader indiscusso Joe Camilleri voce, chitarre e sassofono.

Il “jukebox” dei ricordi si apre con due pezzi da novanta, una Devil In Disguise di J.J. Cale, che viene rivoltata come un calzino, in una versione rock’n’roll, e la mitica Dirty Boulevard di Lou Reed, rifatta con il marchio di fabbrica del gruppo, per poi passare al gospel-blues di God Don’t Like It di Blind Willie McTell, mentre That’s A Pretty Good Love è cantata da Vika Bull, che sale in cattedra la sua bellissima voce, per poi lasciare il passo ad una gioiosa Excitable Boy del compianto Warren Zevon. Dopo il rifornimento di monete, il Jukebox riparte con la title track Endless Sleep di Jody Reynolds (un cantante di Rockabilly degli anni ’60), una sofferta e bella versione di un brano tra i più celebri di Hank Williams I’m So Lonesome I Could Cry (è stata cantata fra i tanti anche da Elvis Presley e Johnny Cash), passando ancora per il blues di Hard Time Killing Flor di Skip James, la rilettura jazz di un classico di John Coltrane Lonnie’s Lament solo pianoforte e sax del duo McAll-Camilleri, mentre Better Days Ahead è un brano di grande atmosfera uscito dalla penna di Gil Scott-Heron, cantato e suonato al meglio da tutta la band. Inseriti gli ultimi spiccioli nel Jukebox andiamo alla scoperta di un pioniere del blues, il cantante-chitarrista Fred “Mississippi” McDowell per una torrida versione di una 61 Highway dove spicca la slide-guitar di Carranza, passando per Baby Let Me Kiss You un pezzo del cantante soul King Floyd, stravolto in una versione funky, omaggiare il grande Willy DeVille con una stratosferica versione di StoryBook Love (la trovate nella Colonna Sonora di The Princess Bride), e chiudere con un altro grande loser della musica, Eddie Hinton e la sua Just Like The Fool That I Was, chiaramente in chiave “soul”.

One More Time recupera brani di successo tratti dai loro innumerevoli album, e forse si poteva fare una selezione migliore, riproponendo canzoni bellissime che hanno avuto meno fortuna come Hold It Up To The Mirror, che trovate su Harley & Rose (90),(un disco da avere assolutamente), in ogni caso è sempre un bel sentire, a partire dai ritmi folk-soul di Lover’s Story, la storica Hold On To Me, ballate classiche del gruppo come Chosen Ones e la bellezza incontaminata di Ain’t Love The Strangest Thing cantata e suonata al meglio (voce e sax) da Camilleri, e non poteva mancare la musica di frontiera di Harley & Rose, per chiudere con le fisarmoniche ariose e il canto seducente di A Fool And The Moon.

 

Con Endless Sleep lo scopo di Joe è perfettamente riuscito, recuperare un gruppo di canzoni da sempre amate, scritte da autori da sempre considerati come propri punti di riferimento, incisi con i suoi amati Black Sorrows, interpretate e suonate in maniera del tutto originale, mescolando il rock al soul, il country al folk, il blues al reggae, spingendosi fino al jazz e gospel, con lo scopo dichiarato di dare nuova vita ad una manciata di piccole “gemme” più o meno dimenticate.

Tino Montanari

“Bollino Blu” Di Garanzia Per Joe Camilleri! Black Sorrows – Certified Blue

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Black Sorrows – Cerified Blue – Head Records

Il loro ultimo lavoro il triplo CD Crooked Little Thoughtshttp://discoclub.myblog.it/2013/03/26/piccoli-pensieri-ma-grande-musica-dalla-lontana-australia-t/ ), è stato uno dei dischi più belli dello scorso anno (ma anche uno dei più difficili da rintracciare, vista la scarsa reperibilità, disponibile solo sul mercato Australiano), quindi potete immaginare il piacere con il quale ho accolto il postino, quando mi ha consegnato in questi giorni un pacchettino contenente il nuovo disco dei Black Sorrows, Certified Blue. Il gruppo capitanato da Joe Camilleri (cantante, autore, sassofonista, produttore), da circa un trentennio a questa parte è indiscutibilmente una delle migliori band australiane (e non solo), giunta con questo Certified Blue (se non ho sbagliato il conto. *NDB Confermo, anche sul loro sito http://www.theblacksorrows.com.au/ !) al diciassettesimo album, e il buon Joe, come sempre, la fa da padrone, essendo autore di tutte le canzoni, aiutato nella stesura dei testi dal compagno di lunga data Nick Smith (salvo un breve esilio in Better Time https://www.youtube.com/watch?v=dgRPaQoawIs ): in totale per quindici brani alla ricerca delle ispirazioni più varie. Registrato nei Woodstock Studios di Melbourne, con l’attuale line-up composta oltre che dal leader Camilleri, voce, chitarra, sassofono, mandolino e dobro, da Claude Carranza alle chitarre acustiche e elettriche, John McAll piano, organo e tastiere, Angus Burchall alla batteria e percussioni, Mark Gray al basso e la moglie di Joe, Atlanta Coogan, alle armonie vocali, e come ospiti eccellenti musicisti locali tra cui Ed Bates, Stuart Fraser, Patrick McMullin, Haydn Meccitt, Jason Vorherr, Tim Wilson, Eric Budd, e il non trascurabile apporto (geniale) di due ensemble musicali, il Silo String Quartet e i Voodoo Sheiks, che danno anche una impronta orchestrale al lavoro (nel progetto sono stati coinvolti un totale di 25 musicisti, praticamente una piccola orchestra).

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Il disco inizia con la delicata Roaring Town (una canzone che può ricordare il compianto J.J. Cale), tutta giocata sul morbido tocco di chitarra di Joe, mentre la title track Certified Blue https://www.youtube.com/watch?v=NVYdZ9I71Ls  e Can’t Give Up On You alzano il ritmo https://www.youtube.com/watch?v=UJ4_iUQaEhI , con largo uso di fiati, si passa poi alle abituali ballate che vengono dal cuore, brani come Wake Me Up In Paradise (in stile Burt Bacharach), Lovers Waltz e Big Heartache , ai ritmi “dixieland” di Save Me, e al moderno “swing” di Return Of The Voodoo Sheiks https://www.youtube.com/watch?v=oZVMhxdu0D8 . Righteous Blues ricorda certe atmosfere soffuse care al mai troppo lodato Garland Jeffreys,  Man Of Straw e The Devil Came Knockin’ On Sunday, hanno il gusto del bel tempo andato; non dimentichiamo neppure il “boogie” di Until I Make You Mine. in duetto con la moglie Atlanta, pagando poi dazio con Dear Lord e Call Me A Fool https://www.youtube.com/watch?v=fOmW3o6h8VY  allo “zio” Van Morrison, per andare a chiudere con il brano finale Gates Of Hell, dove la band si cimenta in una “allegra sarabanda” di suoni e generi, marchio di fabbrica dei Black Sorrows.

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Quest’anno la Band festeggia il 30° anniversario, e Joe Camilleri il 50° di carriera musicale (con 45 album alle spalle e circa 150 concerti all’anno), essendosi meritatamente guadagnato la reputazione di un musicista che lavora ancora sodo e sa connettersi con il suo pubblico https://www.youtube.com/watch?v=8xE7zSxLjt0 , che percepisce la sua passione per la musica e per il suonare dal vivo, con quel senso di avventura che continua ad assecondarlo.

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Se nei vostri gusti musicali cercate il rock, con influenze blues, soul, country, gospel, swing, honky-tonk, un pizzico di ska, le ballate lente e soffuse che alternano sapientemente il suono acustico a quello elettrico, il tutto cantato da una voce bellissima, con Certified Blue avete trovato tutto questo, anche se poi, come detto, la reperibilità dei CD è un po’ difficoltosa (ma vale assolutamente la pena di cercarli): una band storica del rock australiano che la stampa specializzata italiana (ad esclusione della rivista Buscadero e di questo Blog http://discoclub.myblog.it/2010/10/03/il-camilleri-d-oltreoeceano-black-sorrows-4-days-in-sing-sin/ ) ha quasi sempre snobbato, ma se volete siete ancora in tempo per rimediare, se invece siete già dei fans non aggiungo altro!

Tino Montanari

“Piccoli Pensieri”, Ma Grande Musica, Dalla Lontana Australia. The Black Sorrows – Crooked Little Thoughts

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The Black Sorrows – Crooked Little Thoughts – Head Records 2012/2013  3 CD

Si dice che certi amori non finiscono mai (chi scrive attualmente ne sa qualcosa), e la cosa, musicalmente, si ripete per i Black Sorrows, storica band del rock australiano, che torna alla ribalta dopo il CD/DVD Set 4 Days In Sing Sing (2009) di difficile reperibilità. Joe Camilleri, il leader indiscusso del gruppo, fa musica da più di 45 anni, ma non ha mai pubblicato un album come questo Crooked Little Thoughts, con nuove canzoni che attraversano come in un viaggio tutta la sua musica: pop, rock, blues, jazz, soul, country e gospel, che si certifica in ventiquattro brani vari e frizzanti, distribuiti in 3 CD e un libro (di 72 pagine) di forte impatto visivo, pieno di storie e opere d’arte, contenente 24 dipinti originali di un artista di Sydney, Victor Rubin. Per molti i Black Sorrows, sono degli illustri sconosciuti, vista la scarsa reperibilità dei lori dischi (ma alcuni, ai tempi, sono anche stati regolarmente distribuiti in Italia dalla Sony).

Il gruppo, nato dalle ceneri dei Jo Jo Zep & The Falcons (altra oscura band che ha operato a cavallo tra gli ultimi anni ’70 ed i primi ’80), esordisce intorno alla metà degli anni ’80 con un paio di dischi, Sonola e Rockin’ Zydeco, che la dicono lunga sulle loro radici e sui musicisti più amati (Van Morrison, Willie DeVille, Elvis Costello *NDB. E aggiungerei anche Graham Parker) e altri grandi del soul, rock e blues. Negli anni a seguire usciranno album notevoli, come A Place in The World (86), Dear Children (87), Hold on to Me (88), il capolavoro Harley and Rose (90), seguiti da prove meno convincenti (ma non meno interessanti) come Better Times (92) Lucky Charm (94), Beat Club (98), Roarin’ Town (2006), più alcune compilation e il triplo dal vivo Radio Waves (96), di cui il sottoscritto, orgogliosamente, è in possesso.

L’appartenenza a questo gruppo è stata sempre molto fluida, molti musicisti e cantanti sono andati e venuti (ne ho contati più di venti nel periodo, e tutti grandi musicisti), ma il fondatore Camilleri (Joey Vincent all’anagrafe) è rimasta una presenza costante nell’evoluzione della band e la sua musica, e l’attuale line-up composta da Joe voce e sax, Joe Creighton al basso, Tony Floyd alla batteria, Claude Carranza alle chitarre e la brava vocalist Atlanta Coogan (attuale compagna di Joe), in questo pregevole lavoro Crooked Little Thoughts, ha costruito, modellato e rifinito un suono variegato e coinvolgente, ispirato alla migliore tradizione americana.

Il primo CD si apre con il blues esplosivo di Money Talkin, prosegue con Our Town, una mariachi-song in perfetto stile Willie DeVille, la soul-ballad Lovin You cantata splendidamente dalla Coogan, mentre Salvation Song è un brano d’atmosfera, classico nel repertorio dei Black Sorrows. La frizzante Lovers’ Story apre il secondo CD, mentre Perfect Ending è una moderna bossanova cantata in duetto da Joe e Atlanta, seguita dalla splendida A Fool and The Moon, tolta dai solchi del miglior Van Morrison (madre natura ha fornito a Joe una voce che, a tratti, ricorda quella del grande irlandese in un modo direi impressionante). Apre il terzo CD The Stars in The Sky, un brano in perfetto zydeco-style, mentre la seguente Only Time Will Tell ricorda certe ballate soffuse di Garland Jeffreys. Con The Spell Is Broken si arriva al capolavoro del disco, una ballata maestosa, marchio di fabbrica del gruppo, con il sax tenore di Joe ad accompagnare la melodia, mentre in Until The Day I Die è il violino che dà il ritmo al tessuto musicale, per chiudere alla grande con un brano notturno come It’s Only Xmas, dove un pianoforte, un sax e una chitarra jazzy, accompagnano in duetto le voci meravigliose dei coniugi Camilleri.

Joe Camilleri è uno degli artisti di maggior talento d’Australia (e uno che era stato dato per morto erroneamente lo scorso anno) e direi che nonostante le “primavere” che avanzano, se la cava ancora bene, e con i suoi Black Sorrows ha cavalcato diverse generazioni, mescolando con la sua musica, il rock al soul, il country al blues, fino ad esplorare generi ancor più particolari come lo zydeco, non nascondendo un grande amore ben poco celato per Van The Man, e nonostante il costo proibitivo di questo triplo CD (oltre 60 euro) e la difficile reperibilità, si merita la vostra attenzione.

Tino Montanari

*NDB In questo Blog, come avrete notato, si annidano alcuni fans dei Black Sorrows. Qui potete leggere il Post dedicato a il-camilleri-d-oltreoeceano-black-sorrows-4-days-in-sing-sin.html, mentre, per l’occasione, ho affidato al buon Tino, la recensione di questo nuovo album. Buona eventuale doppia lettura e, se volete, questo è il sito del disco http://www.theblacksorrows.com.au/lyrics/crooked-little-thoughts/, giunto alla seconda edizione, e questa la tracklist completa:

CD 1
1. Money Talkin
2. Our Town
3. Shelley
4. Lovin You
5. Waitin for the Hammer
6. Salvation Song
7. Lost In Wonder
8. Somewhere in this World

CD 2
1. Lover’s Story
2. I’m the One
3. Perfect Ending
4. Nothing Lasts Forever
5. A Fool and the Moon
6. How Could I Have Been so Wrong?
7. The Romantic Death of Me
8. The End of Time

CD 3
1. The Stars in the Sky
2. Only Time Will Tell
3. Long Cold Night
4. The Spell Is Broken
5. Life’s Sad Parade
6. Until the Day I Die
7. It’s Only Christmas
8. Dustbowl Blues

La ricerca continua.

Il Camilleri D’Oltreoceano. Black Sorrows – 4 Days In Sing Sing

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The Black Sorrows – 4 Days In Sing Sing – CD+DVD Head Records

Com’è ovvio non sono parenti! Parliamo dei due Camilleri, vengono entrambi da isole nel Mediterraneo, Andrea dalla Sicilia mentre Joe Camilleri nasce nel 1948 a Malta e poi all’età di 2 anni si trasferisce con la famiglia in Australia.

Il disco di cui intendo parlarvi (OK, il CD+DVD o viceversa) è uscito già da quasi un anno sul mercato australiano ma visto che (questa volta è proprio il caso di dirlo) nelle nostre lande si è visto poco o niente e credo che nessuno ne abbia parlato, mi sembra giusto dargli lo spazio che merita.

Come avete letto il nostro amico non è proprio di primo pelo, quest’anno ha festeggiato 45 anni di frequentazione del mondo musicale, in varie formazioni e sotto diverse configurazioni: se volete farvi un’idea di chi stiamo parlando esiste una bellissima antologia doppia pubblicata dalla Raven (sempre australiana l’etichetta ma i suoi CD si trovano anche da noi) intitolata I Believe To My Soul – The Best Of 1977-2003, che raccoglie il meglio della produzione di Joe Camilleri, dai tempi del suo primo gruppo importante, Jo Jo Zep and The Falcons e, soprattutto, molto materiale dai dischi dei Black Sorrows nel periodo cruciale 1985-1998.

Ma attenzione, quello che giustamente è stato definito il Van Morrison australiano, non è uno che si sia adagiato sugli allori e questo 4 Days In Sing In Sing di cui tra breve vi magnificherò i contenuti è ancora assolutamente un signor disco. Comunque Camilleri prosegue la sua attività anche negli altri gruppi collaterali in cui milita (e i musicisti sono sempre più o meno quelli del gruppo madre). A partire dai Bakelite Radio che proprio recentemente hanno pubblicato un nuovo disco intitolato Bakelite Radio Volume I, che però stranamente è uscito dopo i tre volumi successivi; l’altro gruppo sono i Revelators che hanno tre album al loro attivo. La differenza tra i vari gruppi, come detto, non sta nel personale ma nel repertorio. Mentre i Black Sorrows sono il veicolo per presentare il nuovo materiale del nostro amico, gli altri gruppi eseguono perlopiù cover di country, R&B, Blues, più acustici i Bakelite, più grintosi i Revelators.

Il vero protagonista in tutti i casi é Camilleri, o meglio la sua voce, una delle migliori in circolazione, in grado di spaziare tra tonalità alla Van Morrison appunto, ma capace di assumere, di volta in volta, la grinta di un Bob Seeger o la classe di un Willy De Ville, il tutto rimanendo sempre fedele a sé stesso, perché non stiamo parlando di un mero copiatore, sono semplicemente dei parametri per inquadrare il personaggio.

Chi conosce già i Black Sorrows non ha bisogno di essere “istruito” ma semplicemente di sapere se questo ultimo album è pari alla qualità dei loro dischi migliori e devo dire che, con mia grande gioia, questo disco ha rinverdito i fasti dell’epoca d’oro, quelli di Dear Children, Hold On To Me, Harley & Rose e Better Times, una serie di CD straordinari che stranamente erano regolarmente editi in tutto il mondo dalla CBS e si trovavano con relativa facilità anche in Italia. In quegli anni nella formazione militavano anche le sorelle Vika e Linda Bull due vocalist straordinarie, soprattutto la prima, definita la Aretha Franklin d’Australia, che contribuivano in modo decisivo alla qualità dei dischi con i loro interventi vocali.

Ma anche questo disco, registrato come dice il titolo, in quattro giorni passati negli studi di registrazione Sing Sing (qualcuno potrebbe aver pensato a un disco nel famoso carcere americano, stile Johnny Cash), situati in quel di Melbourne e in passato utilizzati per Hold On To Me e Harley & Rose. La formula è semplice e vincente: muniti di una troupe televisiva i cinque componenti attuali della formazione del gruppo, oltre a Camilleri, impegnato anche con sax (proseguono le analogie morrisoniane), chitarra, armonica e melodica, il tastierista e chitarrista di ritorno James Black, il chitarrista Claude Carranza, il bassista Joe Creighton e il batterista Tony Floyd, tutti anche ottimi vocalist, aiutati anche da una sezione fiati e da un percussionista, si diceva, che tutti costoro procedono a registrare un disco dal vivo dove rivisitano alcune perle del catalogo Black Sorrows, ma a parte Better Times che proviene dai primi album il resto è materiale degli ultimi anni.

Lo potete guardare nel DVD o ascoltare nel CD, comunque lo giriate si tratta di un disco “streordinario” come direbbe il Mister Sacchi/Crozza: si parte con l’attacco bluesato dell’iniziale (seguo la tracklist del Cd) Best Thing, trainato dalla slide di Carranza e dall’armonica di Camilleri ma tutto il gruppo gira a mille e la voce è rimasta fantastica, potente ed espressiva come sempre.

What Levi Wants è “semplicemente” una canzone bellissima, rootsy e vagamente country, con il basso rotondo e scivolante di Creighton che trascina le tastiere, piano e organo, di Black e le chitarre acustiche ed elettriche di Camilleri e Carranza, mentre il nostro amico con la voce leggeremente filtrata canta divinamente come solo lui sa fare quando l’ispirazione lo cattura.

Si prosegue con Lonesome Road una poderosa canzone di impianto rock classico, chitarristica e nervosa, alla Graham Parker dei tempi d’oro per avere un’idea, Carranza è un chitarrista da tenere in considerazione, ispirato e conciso ma in grado di sfoderare assoli sempre diversi, brano dopo brano. In Lean On Me, una cover di JJ Cale, il basso funky di Creighton è prodigioso, aggiungete i fiati, un piano elettrico malandrino e avrete un brano trascinante con una ritmica agile e insinuante che permette a Camilleri di sfoggiare il suo lato “nero” ben coadiuvato dalle armonie vocali del gruppo, vi assicuro che un JJ Cale così si è sentito raramente.

Don’t Judge Me Too Hard è una ballata mid-tempo tra le migliori nel repertorio del gruppo, semplice ma complessa nell’arrangiamento, sempre cantata alla grande. Lay By My Side con la voce di Camilleri che raggiunge toni bassi quasi alla Leonard Cohen, un ritmo vagamente reggae e una chitarra arpeggiata, in un disco di molti altri artisti sarebbe stata un brano di punta qui deve competere con brani di grande spessore.

Comfort me ci riporta in territori country, cantata da tutto il gruppo e ancora con la slide in evidenza è un’altra delle mille sfaccettature della musica del gruppo. Natural Thing con il suo piano barrelhouse e un tiro rock, ricorda il Bob Seger migliore degli anni ’70, il rocker rauco e senza paura che da Detroit invase il mondo. Midnight Rain, con la melodica di Camilleri in apertura di brano, oscilla tra un accenno di tango e palpiti soul, come sapeva fare il miglior Willy De Ville, quello che nelle sue atmosfere fumose sapeva fondere musica latina e rock’n’soul, i Black Sorrows non sono da meno, raffinati e di gran classe.

The raven è un blues lento che si avvicina moltissimo a classici come Help me o Fever, minacciosa e con improvvise aperture ricorda certi episodi blues di Morrison, con chitarre e tastiere che sostengono la voce filtrata del nostro amico. Sometimes I Wish è più o meno sulle stesse coordinate sonore, un filino meno riuscita o forse è solo la ripetizione di una canzone molto simile alla precedente, qui è in evidenza di nuovo la melodica usata a mò di armonica.

La parte finale è un crescendo inarrestabile: Where’s it all gonna end è un brano che sembra provenire da un disco di Mark Knopfler ma cantato da Van Morrison, il meglio dei due mondi, ma anche semplicemente un’altra bellissima canzone. Better Times con le sue contaminazioni caraibiche potrebbe provenire da un disco di Paul Simon, ma il cantato è tipicamente alla Morrison, con la voce di Camilleri che si libra verso vette di celtic soul della più bell’acqua, mentre i fiati impazzano fino all’assolo liberatorio del sax di Joe, un brano ancora una volta fantastico, sentite anche il lavoro del basso in sottofondo e avvertirete la grande perizia dei musicisti impegnati in questo disco.

La cover di Such A Night di Mac Rebennack/Dr. John mi lascia senza parole, di una bellezza incredibile, assolutamente di pari livello con l’originale con il più l’atout che Joe Camilleri ha una voce formidabile, che questa volta si cala nelle atmosfere di New Orleans con una naturalezza sconcertante come se non avesse fatto altro per anni (e probabilmente lo ha fatto, sui palchi australiani). Little Murders, se esiste una cosa simile, è un reggae-blues che ricorda ancora certe atmosfere alla De Ville, mentre Viva La Money è la seconda visita ai palchi di New Orleans, questa volta attraverso un brano di Allen Toussaint, che vira verso sonorità più funky questa volta alla Meters o Neville Brothers con una chitarra con wah-wah che duetta con la corposa sezioni fiati.

L’ultimo brano si chiama Sumo e in teoria leggendo il display sul lettore dura quasi 13 minuti, in realtà si tratta di un brano strumentale funky  sulla falsariga del precedente, trascinante e ritmatissimo con fiati, sezione ritmica e chitarra in grande spolvero ma…in effetti il disco non finisce qui, ci sono non una ma ben due tracce nascoste alla fine. La prima è una escursione in territori jazzati che consentono a Camilleri di svelare capacità da crooner con il sax e un violino sbucato dal nulla a rendere inconsueta l’atmosfera mentre la conclusione è affidata ad una straordinaria canzone che rievoca lo spirito e la voce del miglior Van Morrison e del miglior Joe Camilleri, con una versione meravigliosa di Hold It Up To The Mirror che originariamente appariva in Harley & Rose e qui rivive in tutto il suo splendore concludendo alla grande un disco che, se riuscite a metterci le mani sopra, vale ogni singolo dollaro australiano che vi costerà. Considerate che allegato al CD c’è anche un eccellente DVD (i filmati sono tratti da lì) che documenta il procedere delle operazioni in tutto il suo splendore, brano per brano e nella sua completezza, dal vivo in studio.

Questa è dal vivo, 25 anni fa, che dire, godere e basta!

Bruno Conti