Musica Di “Peso”, Non Fate Caso Al Titolo Del CD! Matt Andersen – Weightless

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Matt Andersen – Weightless – High Romance/True North/Ird

A giudicare dal titolo e dalla piuma che svolazza senza peso, Weightless, sulla copertina del disco, uno non potrebbe neppure immaginare che siamo di fronte ad una “personcina” che ha più il peso e le dimensioni di un Popa Chubby. Ma il talento, in questo caso, non è inversamente proporzionale: ogni etto contiene talento a profusione! Presentato sullo sticker della copertina come vincitore dell’European Blues Award e dell’International Blues Challenge uno si aspetterebbe un disco sulla falsariga di un Duke Robillard, un Matt Schofield, un Johnny Lang. Ma in effetti, anche se il Blues è presente, sarebbe come dire che i Jethro Tull sono una band di heavy metal? Come dite? Ah, gli hanno dato un Grammy proprio per quello! Strano.

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Se dovessi definire lo stile di Matt Andersen. ottimo musicista canadese mi riferirei a gente come John Hiatt, il primo Joe Cocker, il Clapton influenzato da Delaney & Bonnie, la Band. Tutta musica buona: non per nulla il disco è stato prodotto dall’ex Blasters e Los Lobos, Steve Berlin, registrato ad Halifax, nella Nova Scotia canadese, i fiati (elemento integrante del sound) sono stati aggiunti ad Austin, Texas, mixato a Newbury Park, in California e masterizzato da Hank Williams (giuro, non III o Jr.!), in quel di Nashville, Tennessee, Se dovessi sintetizzare, gran bel disco, canzoni notevoli, splendida voce, ottimi musicisti. E qui, se volete, potete smettere di leggere, ma conoscendomi, sapete che non posso esimermi dall’elaborarne un po’ i contenuti, per cui vediamo cosa stiamo per ascoltare, anche se il consiglio sentito è di acquistare questo album https://www.youtube.com/watch?v=SqZtVvziHJA .

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Dodici brani, tutti firmati dallo stesso Matt Andersen, quasi sempre con diversi parolieri e musicisti, uno migliore dell’altro: oltre alla produzione di Berlin il CD si avvale anche del decisivo lavoro del chitarrista Paul Rigby (quello dei dischi di Neko Case). Questo è l’ottavo album di Andersen, già il precedente Coal Mining Blues, prodotto da Colin Linden, era un bel disco https://www.youtube.com/watch?v=unh4gbcanoI , ma in questo Weightless la qualità migliora ancora, prendete la canzone d’apertura, I Lost My Way, un brano che mescola il meglio di Steve Winwood, John Hiatt e Delbert McClinton, un filo di Joe Cocker, la chitarra lavoratissima di Rigby, una sezione fiati che aggiunge pepe al brano, le vocalist di supporto, guidate da Amy Helm, che donano una patina soul à la Band, un’aria rootsy-rock che ricorda anche le mid-tempo ballads del Marc Cohn più ispirato, tanto per non fare nomi https://www.youtube.com/watch?v=GC8jw0LM_z0 .

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My Last Day prosegue con questo groove rilassato ed avvolgente, anche le tastiere si fanno sentire, il cantato è sempre delizioso, una voce avvolgente che ti culla e ti scuote al contempo, sembra di essere in quel di Memphis per qualche session dei tempi che furono, una meraviglia https://www.youtube.com/watch?v=WKbht9nKFKI . Paul Rigby, ha un sound chitarristico inconsueto ma affascinante e tutti i musicisti sono al servizio delle canzoni e non viceversa, come ogni tanto accade. Anche So Easy, con una bella intro di chitarra acustica, ruota intorno alla voce espressiva di Andersen, qui ancora più suadente ed emozionante, e alla pedal steel incisiva di Rigby, che sorpresa, un cantante che sa esporre i suoi sentimenti attraverso la voce senza dovere urlare come un ossesso https://www.youtube.com/watch?v=tNEC6NVDRd4 . Per Weightless tornano i fiati e le voci femminili di supporto, il suono è tra la Band più soul e gli Stones di Honky Tonk Women, qui Matt lascia andare un po’ di più la voce e l’amico Mike Stevens aggiunge un gagliardo assolo di armonica. Alberta Gold è un’altra gioiosa ode ai grandi cantautori degli anni ’70, mossa e ritmata, con Rigby sempre magico alla chitarra https://www.youtube.com/watch?v=ek1-swOBYfY , Let’s Go To Bed viceversa è un gioiellino elettroacustico, molto intimista, “canadese” se vale come aggettivo, sempre con la voce sugli scudi e la chitarra che lavora di fino sullo sfondo.

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The Fight ha un attacco molto pettyano, acustica e organo in evidenza, Berlin al piano (?!), l’elettrica minacciosa subito in primo piano, ma il brano prende quota quando la voce e la chitarra acquistano grinta e stamina per un crescendo entusiasmante, bellissima canzone. Drift away, nuovamente dolce e tranquilla, potrebbe ricordare l’Hiatt più bucolico, ma è solo l’impressione di chi scrive, potete sostituire con chi volete, solo gente brava mi raccomando! Ottima anche Let You Down, dove un mandolino, le armonie vocali avvolgenti e il lavoro di fino del batterista Geoff Arsenault, potrebbero ricordare ancora la Band, ma anche il sound del primo album di Bruce Hornsby, esatto, così bello. Un po’ di country-rock-blues per City Of Dreams, una fantastica ballata tra soul e Cooder, Between The Lines, con la slide di Rigby perfetta, e la conclusione con l‘errebì rauco di What Will You Leave. Cosa volere di più?

Bruno Conti

Reload & Replay Part II: Quello “Bravo” E’ Sempre In Mezzo Nella Foto, Ma Anche Gli Altri Non Sono Male! E Ora Potete Trovare Anche Il Loro CD E Pure Il Video, La Saga Continua! Psychic Twins – Crossings

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*NDB Bis George Lucas con la sua saga di Guerre Stellari “ci fa una pippa”, ormai questo Post ( e il suo titolo) stanno assumendo dimensioni pantagrueliche a furia di aggiornamenti (ma è il bello della rete e dei Blog, mai statici, sempre in rinnovamento, si è allargata pure la foto di copertina), ora è arrivato anche il momento del video ufficiale di Two Sides, forse (ma forse) la canzone più bella del disco. Il filmato è “lieve”, autoironico e veritiero, per quello che posso conoscere Max e Fab, M&F (non la rivista, per quanto…),ovvero i Psychic Twins. The world domination continues, il mese prossimo dovrebbe uscire (spero) anche una versione light di questa recensione sul Buscadero. Sono Evaristo scusate se insisto, ma il disco è molto piacevole, si potrebbe anche comprare. Vai con il video…

 *NDB. Quando il 23 febbraio pubblicavo questo Post l’album non aveva ancora un CD fisico disponibile, ora tramite la distribuzione IRD lo potrete trovare anche nei negozi (quelli che resistono ancora). Il mio giudizio ovviamente è rimasto lo stesso e lo potete (ri)leggere qui sotto, senza la parte sulla distribuzione discografica, ora superata! Ho anche aggiunto il nuovo video Unplugged registrato a Panorama.it e alcuni ulteriori video apparsi in rete nel frattempo con brani dell’album.

Bruno Conti

 

Psychic Twins – Crossings – Greywolf Records Inc. – Download iTunes – CD Distr. IRD

La tradizione di ritrarre l’artista sulla copertina del suo album, con dischi di altri in vista, risale alla notte dei tempi, un caso classico è Bringing It All Back Home di Dylan. Nel loro piccolo anche i due Psychic Twins (italianissimi, nonostante il nome e credo nulla a che vedere con le due gemelle americane che previdero l’attacco alle torri gemelle) hanno pensato bene di farsi ritrarre sulla copertina del loro disco d’esordio Crossings, mentre brandiscono (immagino con rispetto e devozione) la copertina interna del vinile di Born To Run di quel signore del New Jersey di cui al momento mi sfugge il nome, ma che qualche influenza sulla loro musica ce l’avrà pure se si trova lì!

Prima di iniziare mi scuso con loro per il ritardo con cui parlo del disco, che mi era stato recapitato già da alcune settimane (comunque “better late than never, come si dice), ma essendo sempre in ritardo perenne e con pigne di dischi da recensire sul tavolo e vicino all’impianto, oggi accantono gli ultimi di Eric Burdon e Boz Scaggs, due “giovani” promesse, e mi occupo di questo CD. Ovviamente la musica è quella giusta per il Blog, ma se le loro influenze fossero state Toto Cutugno, gli Abba o i Duran Duran, non so se ne avrai parlato con la giusta dose di entusiasmo, però visto che le coordinate musicali sono altre, direi chiaramente anglo-americane e giustamente “classiche”, niente nuove tendenze, quelle le lasciamo a Sanremo. La prima cosa, a colpo d’occhio, prima dell’ascolto, che colpisce il vecchio frequentatore di dischi (inteso in senso lato), scorrendo le note, è che nell’album ci sono due di tutto: due loro, Massimo Monti, il paroliere e Fabrizio “Fab” Friggione, il cantante, autore e chitarrista, non come Lennon/McCartney o Jagger/Richards, ma più come Elton John/Bernie Taupin o Jerry Garcia/Robert Hunter, per volare subito bassi (ma esageriamo, tanto non costa nulla sognare), nel senso che l’autore dei testi fa solo quello, non partecipa alla fase musicale. E poi due vocalist, due bassisti, due chitarristi, due batteristi, due tastieristi, mai utilizzati contemporaneamente, ma a testimoniare la professionalità del prodotto, ruotati a seconda del brano. 

Non vi parlo della storia dei musicisti coinvolti e della genesi dei brani perché non la conosco, ma visto che le orecchie per ascoltare ce le ho, e anche allenate da svariati anni di frequentazione della buona musica rock, vi dico subito che il disco mi piace: otto brani, quasi 35 minuti di musica, molto derivativa indubbiamente, machissenefrega, di buona qualità, prodotta con passione e la giusta dose di gusto, niente esperimenti futuribili ma solo del buon vecchio sano rock. L’aria che si respira nel brano di apertura, The Two Sides (on the wrong side of the railroad tracks) è quella delle spiagge e dei bar del New Jersey, ma anche, volendo, della pianura padana dove gli epigoni di Springsteen (e diciamolo!) sono numerosi ed agguerriti, a partire da Graziano Romani, ex leader dei Rocking Chairs, la cui voce roca e vissuta mi sembra abbia qualche punto in comune con quella di Friggione, e anche la profusione di chitarre e tastiere e sane atmosfere blue collar, sono un giusto auspicio per la partenza del disco.

Che poi si sposta su sonorità che possono ricordare il primo Joe Cocker, quello delle cavalcate in compagnia di Leon Russell o Chris Stainton, ben rappresentati dal piano dal bravo Enrico Ghezzi, nella sua unica presenza nella vigorosa Pain straight no ice con profumi errebì misti a rock. Più rock’n’roll selvaggio nella scatenata Lock me In che fonde il classico pianino R&R di Stefano Ivan Scarascia con la chitarra in overdrive di Friggione, corettini vagamente beatlesiani completano l’impressione, già sentito certo, anche mille volte, ma quando c’è passione è sempre un piacere. Un paio di chitarre acustiche e un organo hammond per un intermezzo acustico Drops Of Time, piacevole ma non memorabile, forse un po’ incompiuto.

Per l’accoppiata più bluesy di A Long Way From Myself e Cuda ’71 (una canzone scritta dal punto di vista di una automobile è quasi più “perversa” dei brani di Bruce dedicati a vecchi modelli anni ’70, qui starebbe per Plymouth Barracuda) scende in pista un altro cantante, Jack Jaselli (ma le coordinate vocali sono più o meno quelle), e nel primo dei due brani c’è anche un violino svolazzante affidato a Andrea Aloisi che rimescola un po’ le carte del suono del disco, anche se la slide tagliente del secondo brano e la citazione nel testo di Elvis e Bruce (ma chi saranno?) indicano sempre una corretta scelta musicale. More weight to the lid, con una forte urgenza ritmica e la voce leggermente e volutamente “trattata” di Friggione, ci ricorda che il cuore della musica batte sempre al giusto ritmo, quello del rock delle radici per poi stemperarsi nell’altra oasi acustica del disco, una Without You, solo voce e chitarra acustica, con una voce femminile di supporto, Chiara Vergati, un piccolo intramuscolo di dolcezza, forse da sviluppare più compiutamente in futuro, anche se l’intreccio delle due voci è interessante.

Un disco che forse non salverà il mondo e neppure l’industria discografica, ma una piacevole mezz’oretta di ascolto è garantita assolutamente.

Bruno Conti

Novità Di Novembre Parte II, Patti Smith, O.A.R., Peter Frampton, Jason Isbell, Coldplay, Chris Isaak, Kid Rock, Patsy Cline, Joe Cocker

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Torna la rubrica delle novità, o meglio quello che avanza dai Post dedicati ai singoli dischi o dalle anticipazioni a più lunga gittata. Questa settimana, uscite del 20 novembre partiamo con tre titoli in DVD.

Il primo, Chris Isaak Behind The Sun Live è un DVD relativo al tour dell’artista californiano durante il quale, come nel disco omonimo di studio, ha eseguito i classici del periodo dei Sun Studios. Pubblicato per il mercato americano dalla Vanguard Records è stato registrato negli studi del famoso Austin City Limits per la PBS.

Quello dei Coldplay, Live 2012 edito come al solito dalla EMI, è un CD+DVD (o viceversa) relativo all’ultimo tour della band inglese. Il CD contiene estratti dai concerti di Parigi, Montreal, Madrid, Los Angeles e dal Festival di Glastonbury, 15 brani in tutto. Il DVD parrebbe avere una valanga di materiale in più perché riporta 26 tracce. In effetti ne ha uno in più e due bis, però il CD dura 66 minuti e il DVD 104 minuti, sono riportate cinque cosiddette Intermissions. Ovviamente è disponibile anche in Blu-Ray + CD. Dal vivo sono bravi e devo dire che a me piacciono, sarà un “piacere proibito”ma chissenefrega!

Anche per il primo DVD ufficiale di Patti Smith dal vivo (finora solo documentari e qualche semibootleg) non è che si siano sforzati. Live At Montreux 2005 (anche in Blu-Ray), Eagle Rock/Edel dura ben 83 minuti, però il concerto, fatto durante il tour per la promozione di Trampin’ è gagliardo e ben registrato, così potrò vedere bene e da vicino un concerto della grande Patti, visto che al leggendario concerto di Bologna del 9 settembre 1979 avevo visto poco e sentito anche meno, a seconda dei refoli di vento. Questo il contenuto: TRACKLISTING 1) Redondo Beach 2) Beneath The Southern Cross 3) Dancing Barefoot 4) Free Money 5) Ain t It Strange 6) 25th Floor 7) Like A Rolling Stone 8) 7 Ways Of Going 9) Peaceable Kingdom 10) Because The Night 11) Not Fade Away / Memento Mori 12) People Have The Power

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Sempre a proposito di leggende degli anni ’70, la prossima settimana, sia in CD che in DVD, esce anche FCA! 35 An Evening With Peter Frampton. Ossia il concerto per il 35° di Frampton Comes Alive. I capelli sono un ricordo ma la classe di Peter Frampton c’è ancora, quel disco ai tempi aveva venduto dei gazillioni di copie ma era anche un bell’album, caramelloso a tratti ma con la grinta dei vecchi Humble Pie dietro l’angolo e l’uso del talkbox fu una sorpresa per molti (anche se Joe Walsh e gli Steppenwolf lo inmpiegavano da anni). Sempre Eagle Rock, ma questa volta si sono sprecati: Il doppio DVD dura bem 189 minuti e contiene ben 26 brani: Disc One: 1) Something s Happenin 2) Doobie Wah 3) Lines On My Face 4) Show Me The Way 5) It s A Plain Shame 6) Wind Of Change 7) Penny For Your Thoughts 8) All I Wanna Be (Is By Your Side) 9) Baby, I Love Your Way 10) (I Wanna) Go To The Sun 11) (I ll Give You) Money 12) Shine On 13) Jumpin Jack Flash 14) Do You Feel Like We Do Disc Two: 1) Asleep At The Wheel 2) Restraint 3) Float 4) Boot It Up 5) Double Nickels 6) Vaudeville Nanna And The Banjolele 7) Road To The Sun 8) I Don t Need No Doctor 9) Black Hole Sun 10) Four Day Creep 11) Off The Hook 12) While My Guitar Gently Weeps. Il triplo CD è anche più lungo e di brani ne riporta 30!

Altro disco dal vivo interessante, ma relativo ai nostri giorni, è quello di Jason Isbell & The 400 Unit Live From Alabama, non è come qualcuno ha erroneamente scritto il primo disco in concerto dell’ex Drive-by-Trucker (anche se per la verità Live At Twist And Shout era un mini album con 6 brani, ma di oltre mezz’ora). Quel dischetto finiva con Into The Mystic, questo con una versione incendiaria di Like A Hurricane. Registrato ad Agosto, fa parte della serie dei “cotto e mangiato”, subito pubblicato, come dovrebbe essere sempre per i dischi dal vivo. Questi i brani:

 

1. Tour of Duty
2. Decoration Day
3. Goddamn Lonely Love
4. Heart On A String
5. Danko/Manuel
6. In A Razor Town
7. Alabama Pines
8. Outfit
9. Cigarettes and Wine
10. TVA
11. The Blue
12. Dress Blues
13. Like A Hurricane

C’è anche il doveroso omaggio a due componenti (oltre a Levon Helm) della leggendaria Band, una bellissima Danko/Manuel.

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Ancora un disco dal vivo, in versione doppia, anzi doppiamente doppia, perché c’è la versione in 2 CD e quella in DVD. Esce per il momento sul mercato americano, etichetta Wind-Up O.A.R. (Of A Revolution) Live On Red Rocks. Si tratta della prima volta della band americana accompagnata in tour da una sezione fiati, nel famoso anfiteatro vicino a Denver, Colorado.

Nuovo disco anche per Kid Rock, l’ex rapper tramutato in rocker prosegue con questo Rebel Soul la sua positiva trasformazione in erede di Lynyrd Sknyrd, Aerosmith e soprattutto di Bob Seger, il suo vero punto di riferimento. Continua a non farmi impazzire, però devo ammettere che qualche buon pezzo negli ultimi album c’è spesso e volentieri. Etichetta Atlantic, con Parental Advisory perché la parolaccia scappa sempre..

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Per finire vi segnalo un paio di stranezze del mercato discografico.

Prima di tutto il nuovo album di Joe Cocker Fire It Up, che per i misteri della discografia, nei mercati dei paesi più importanti, tipo Gran Bretagna e Stati Uniti, uscirà tra alcuni mesi, mentre in alcuni paesi, tipo Germania e Italia, è già uscito la scorsa settimana su etichetta Sony/BMG, anche in versione speciale con 2 bonus tracks e DVD live con 6 brani extra,

E di questo disco di Patsy Cline On The Air: Her Greatest TV Performances vogliamo parlarne? A quasi 50 anni dalla morte, la Hip-o-Select ha ritrovato e rimasterizzato questi nastri dal vivo, di qualità ottima per l’amor di Dio, ma se si chiama “Il meglio delle sue esibizioni televisive“, non c’erano anche le immagini?Evidentemente no, ma un po’ di sana polemica non guasta mai, comunque, al di là di queste perplessità, vale assolutamente la pena, sono 14 brani registrati tra il 1962 e 1963, tra i quali San Antonio Rose, al Greg Reeves Show il 28 febbraio, cinque giorni prima della sua morte. I classici, Crazy, Walkin’ After Midnight e I fall To pieces ci sono tutti.

Anche per oggi è tutto.

Bruno Conti

Grande Musica Rock 70’s Style! Tedeschi Trucks Band – Everybody’s Talkin’ Live

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Tedeschi Trucks Band – Live Everybody’s Talkin’ – Sony Music – 2 CD

Se uniamo la Derek Trucks Band e il gruppo di Susan Tedeschi cosa otteniamo? Beh, a parte una valanga di gente, undici persone! Scusate un attimo…vado a cercare l’ispirazione per la risposta nella serra delle orchidee di Nero Wolfe! Ah, ecco…otteniamo la Tedeschi Trucks Band! Facezie a parte, ci ritroviamo di fronte uno degli ensemble più eccitanti di questa nuova decade degli anni 2000. Nati appunto nel 2010 dalla fusione dei gruppi dei due coniugi Derek & Susan (tempo fa mi ero iscritto alla mailing list del loro sito e poi non ci avevo più pensato, ma quando ho cominciato a ricevere le prime mail mi chiedevo sempre cosa volessero questi Derek e Susan da me, chi sono e che cacchio vogliono?). Era arrivata anche la richiesta di partecipare al mini referendum per scegliere i brani da inserire nel loro doppio album dal vivo, ma già gli artisti spesso non sanno bene quali brani inserire nei loro dischi, quindi perché complicare le cose con liste chilometriche di pezzi, peraltro in versioni mai sentite (se non in rete e in qualche filmato di YouTube), visto che dalle nostre parti non si sono ancora visti. E considerando i costi di portare in giro una Revue di 11 elementi difficilmente vedremo, ma mai dire mai.

I prodromi di questa formazione nascono comunque dalla Derek Trucks & Susan Tedeschi’s Soul Stew Revival che già dal 2007 portava in giro questo carrozzone itinerante costruito sulla falsariga dei grandi gruppi anni ’70 che si erano occupati di fondere rock, blues, soul, R&B sulla falsariga di quelle stupende formazioni come Delaney & Bonnie, la band di Joe Cocker del tour di Mad Dogs & Englishmen, Ike & Tina Turner, tanto per non fare nomi, che in quel periodo avevano costituito uno dei modi più eccitanti di ascoltare e “vedere” musica. L’unione del virtuosismo e dell’ecclettismo di Derek Trucks, uno dei più grandi virtuosi della chitarra elettrica in stile slide e della voce di Susan Tedeschi, una delle “negre-bianche” della scena attuale (novella Bonnie Raitt), capace anche di suonare la chitarra meglio dell’80% dei colleghi in circolazione, ci aggiungiamo le armonie vocali di Mark Rivers e soprattutto di Mike Mattison, poderoso cantante della Derek Trucks Band e dei suoi Scrapomatic, qui un po’ sacrificato nel ruolo di background vocalist, ma è anche autore di molti brani. Che altro? La sezione ritmica di Oteil Burbridge al basso più il doppio batterista immancabile nelle formazioni “southern”, nelle persone di J.J. Johnson e Tyler Greenville (lasciando libero per il momento Yonrico Scott che si è subito fiondato nel progetto Royal Southern Brotherhood). E ancora “fratello” Kofi Burbridge alle tastiere e flauto nonché una sezione fiati composta da Kebbi Williams, Maurice Brown e Saunders Sermons.

Il risultato finale che otteniamo è un disco ottimo come Revelator che si aggiudica il Grammy come miglior album Blues del 2011 ed ora questo Everybody’s Talkin’ che, se possibile (ma lo è), è pure superiore. Il classico doppio album dal vivo coi fiocchi, i controfiocchi e il pappafico, quando ci vuole ci vuole, mi scappava di dirlo. Un misto di brani originali e cover che ti danno una sensazione di godimento sublime all’ascolto e che, se posso aggiungere, aveva avuto anche un piccolo antecedente poco conosciuto ma assai consigliato in un disco intitolato Soul Summit, uscito nel 2008 per la Shanachie, e che vedeva uniti sullo stesso palco, tra gli altri, gente come Richard Elliot dei Tower Of Power (altra band che conosce l’argomento in questione), Steve Ferrone dell’Average White Band, Karl Denson, Maysa e appunto Mike Mattison e Susan Tedeschi. In questo nuovo doppio CD la quota rock ed improvvisativa è naturalmente molto più accentuata: sette brani intorno e oltre ai 10 minuti non lasciano dubbi. Ma anche quando ci sono brani di “soli” 5 minuti, come la carnale trasformazione soul della celeberrima title-track tratta dal film Midnight Cowboy, cantata con voce rauca e vissuta da una grandissima Susan Tedeschi, con i fiati impazziti della band che ruotano intorno alla slide di Trucks, ragazzi, si gode come ricci (peraltro, mi sono sempre chiesto cos’avranno da godere questi simpatici animaletti?).

Poi una versione sontuosa di Midnight In Harlem, forse il brano più bello di Revelator, preceduto da una Swamp Raga Intro To Little Martha che è quello che dice il titolo, una improvvisazione orientaleggiante sul famoso brano di Duane Allman con la chitarra di Derek che ripercorre le tracce dell’antico maestro, brano che poi si trasforma in una stupenda ballata soul tra le migliori ascoltate nelle ultime decadi. Learn How To Love è un brano blues straordinario che fa capire perché hanno “dovuto” assegnarli quel Grammy nella categoria. Bound For Glory, firmata dal magico trio, Mattison/Tedeschi/Trucks, in rigoroso ordine alfabetico, sono tredici minuti che rinverdiscono i fasti dell’Allman Brothers band più gloriosa, a cui aggiungete una voce femminile e una sezione fiati ma “l’anima” è quella. Rollin’ And Tumblin’, l’unico brano sotto i cinque minuti, non ha bisogno di lunghe improvvisazioni per sprigionare lo spirito senza tempo di uno dei classici della musica Blues, bella versione comunque, tirata e rabbiosa.

Nobody’s Free, una composizione di Tedeschi/Trucks che non era sull’album di esordio, è uno dei brani che meglio esemplifica la grande empatia della coppia, con la vocalità calda di Susan e le improvvise esplosioni chitarristiche di Derek con la band che li segue sui terreni dell’improvvisazione più serrata, per una versione da annali del rock, incredibile! Il primo dischetto si conclude con una versione stupenda di Darling Be Home Soon il brano dei Lovin’ Spoonful di John Sebastian che era uno dei cavalli di battaglia dal vivo di Joe Cocker, peccato che non ci sia Space Captain, se no l’album sarebbe stato pefetto, ma questo brano con una coda strumentale fenomenale di Derek Trucks non lo fa rimpiangere troppo. Il secondo CD riparte subito con una cover di That Did It un grande blues&soul che era nel repertorio di Bobby “Blue” Bland, interpretato con grande intensità da Susan Tedeschi, che si destreggia con classe anche alla chitarra.

Mancano tre brani alla fine. Uptight è il celebre brano del giovane Stevie Wonder ed è l’occasione per una improvvisazione monstre di tutta la band (oltre i 15 minuti), che sulle gioiose note di questo vecchio inno Motown ci mostra ancora una volta perché è considerata una delle formazioni più straordinarie dal vivo attualmente in circolazione. Love Has Something Else To Stay è un lungo funky-rock con wah-wah che ha la carica del Jimi Hendrix della Band Of Gypsys potenziata da una sezione fiati mentre Wade In The Water è un’altra blues ballad dalle atmosfere cariche che conclude il concerto in gloria spirituale a tempo di gospel con Mattison e Rivers ad affiancare Susan Tedeschi in una grande interpretazione vocale.

Se non è un capolavoro poco ci manca, diciamo un piccolo capolavoro! Tra i dischi dell’anno di sicuro.

Bruno Conti

Tesori Ritrovati! Leon Russell – Live In Japan

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Leon Russell – Live In Japan – Omnivore Rec./Big Beat-Ace Records

Questo è un grande disco, o meglio è il complesso di due grandi album: uno Leon Russell Live In Japan era uscito come vinile solo in Giappone nel 1974 e si riferisce ad un concerto tenuto alla Nippon Budokan Hall (Budokan per gli amici) l’8 settembre 1973, il secondo (o le bonus se preferite) è un ulteriore concerto al Sam Houston Coliseum il 23 aprile 1971, completamente inedito.

In totale sono “solo” 16 brani su un CD singolo che dura più di 80 minuti e dire che è fantastico è poco! Senza esagerazioni si ascolta il Leon Russell all’apice della sua carriera, più o meno in corrispondenza del famoso Leon Live (che era un triplo vinile ai tempi e poi un doppio CD, ma che temo sia fuori produzione). Quel disco arrivò fino al 9° posto delle classifiche Usa, bei tempi, ed era altrettanto indispensabile (anche se sono un po’ di anni che non lo ascolto), ma comunque questo CD dal vivo è un ottimo sostituto o complemento.

Si parte con una versione di Heaven una composizione del Rev. Patrick Henderson che era il pianista del gruppo (in alternativa a Russell), con il buon Leon che entra a meà brano, Les Paul al seguito (quella che si vede in copertina) e procede a dimostrare di essere anche un notevole chitarrista della scuola di James Burton.

Segue un Medley di Over The Rainbow e God Put A Rainbow, un suo brano non notissimo, con ampio spazio ai Black Grass backgound singers che sono tra le attrazioni del concerto e poi parte una Queen Of the Roller Derby con il rock e anche il roll che si fanno seri (pensate a Mad Dogs and Englishmen o al concerto del Bangla Desh che erano in parte farina del suo sacco) e ancora una micidiale Roll Away The Stone introdotta dal riff di Proud Mary.

Un altro dei suoi classici è la stringata Tight Rope, mentre sono ottime anche Sweet Family e una tirata Alcatraz con la chitarra di Wayne Perkins in grande evidenza (Perkins era uno dei chitarristi che fu “audizionati” dagli Stones per sostiuire Mick Taylor ai tempi di Black and Blue). You Don’T Have To Go era un Blues di Jimmy Reed che viene sottoposto al trattamento Russell ed è seguito dal medley finale (un must dei suoi concerti) con A Song For You, bellissima come sempre, Of Thee I Sing e la cover di Roll In My Sweet Baby’s Arms di Lester Flatt che appariva nel primo disco del suo alter ego country Hank Wilson.

E questo è solo il primo concerto: in quello del 1971 registrato il 22 aprile all’iinizio del tour con i Shelter People, ovvero il seguito della band di Joe Cocker che suoneranno anche con Elton John allora all’inizio dell’avventura americana (e che ha reso il favore lo scorso anno con l’ottimo disco registrato con Leon Russell), in questo concerto si diceva, si parte con una versione ancora più lunga di Alcatraz e poi Stranger In Strange Land, la famosa Groupie (Superstar) che facevano anche Delaney and Bonnie, uno degli altri gruppi leader del “country got soul got rock” stellare frequentato anche da Clapton e George Harrison in quegli anni.

Una Roll Over Beethoven che non ha nulla da invidiare a quella di Chuck Berry o Johnny Winter e poi, senza soluzione di continuità un altro Medley ribaldo di quasi 12 minuti con Blues Power/Shoot Out On The Plantation/As The Years Go Passing By e The Woman I Love che fa crescere la goduria che esplode in una versione magistrale di Jumpin’ Jack Flash.

Il tutto si conclude con un altro medley di quasi dieci minuti Of Thee I Sing/ Yes I Am, poi si schiaccia il tasto repeat e si riparte!

Ufficialmente esce il 9 agosto ma visto che è già arrivato in Italia perché non parlarne?

Bruno Conti 

Novità Di Ottobre Parte I. Joe Cocker, Joe Satriani, Raul Malo, Kt Tunstall, Fran Healy Eccetera Eccetera

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Il mese di ottobre si annuncia veramente prodigo di uscite discografiche (novità e ristampe) per cui cercherò di limitare al minimo i commenti e le informazioni per inserire più titoli possibili in questo post. E si tratta solo delle uscite della prossima settimana, quindi 5 ottobre o giù di lì, salvo spostamenti. Confermato il Box di John Lennon e tutti gli album e antologie varie veniamo al resto.

Nuovo album per Joe Satriani, il 14°, si chiama Black Swans & Wormhole Wizards, esce per la Sony/Bmg come di consueto.

KT Tunstall pubblica per la Virgin il nuovo album Tiger Suit registrato agli Hansa Studios di Berlino, quelli di Heroes e Achtung Baby, viene annunciato come quello di una (leggera) svolta elettronica: gli ho dato un ascolto veloce non mi sembra molto diverso dal solito, c’è anche un bel duetto bluesato con Seasick Steve.

Gli Avett Brothers hanno avuto un grosso successo commerciale negli Stati Uniti lo scorso anno con l’ottimo I And Love And You prodotto da Rick Rubin, ma per chi pensa si tratti di una nuova band, questo Live, Volume 3, tra CD e EP è il loro 15° album, il secondo per la Sony/American Recordings esce sia in CD che in DVD.

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Sinners And Saints è il sesto album da solista di Raul Malo, l’ex leader dei Mavericks e membro dei Los Super Seven, pubblicato dalla Fantasy negli States speriamo anche in una uscita italiana. C’è una svolta verso sonorità Tex-mex vista la presenza di Augie Meyers e Shawn Sahm nonché la presenza del fisarmonicista Michael Guerra. C’è un brano con i Texas Tornados e cover di ‘Til I gain control again di Rodney Crowell e Saint Behind The Glass dei Los Lobos.

Ovviamente Battle Studies di John Mayer non è nuovo, ma proseguendo in quella fastidiosa (per i fans) abitudine di pubblicare gli album in nuove versioni a distanza di tempo (in questo caso quasi un anno), il CD viene ripubblicato con un DVD allegato che contiene la registrazione della trasmissione della serie VH1 Storytellers e 2 brani tratti dal tour acustico giapponese. Sony/BMG

Contrariamente a quanto annunciato, la settimana prossima anche negli States escono i 4 CD Live inediti dei Jefferson Airplane che vi ho presentato qualche giorno fa, ma, per il momento, solo in un box quadruplo per la Collectors’ Choice. Le edizioni singole dovrebbero uscire sempre il 26 ottobre, ma a noi che ci frega visto che in Italia sono già disponibili?

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Il nome Fran Healy non dirà molto ai più (fan esclusi) ma se vi dico che si tratta del leader e cantante degli scozzesi Travis? La settimana prossima esce per la Rykodisc il suo disco di esordio come solista intitolato Wreckorder. C’è un duetto con Neko Case, una traccia nascosta oltre ai 10 brani elencati e una edizione Deluxe (che palle!) con DVD allegato del making of. Partecipano anche Tom Hobden dei Noah & The Whale e Sir Paul McCartney al basso.

Toby Keith è uno dei cantanti country più famosi negli USA, Bullets In The Gun dovrebbe essere il 14° album in studio oltre a compilations e album natalizi. Esce per la Universal negli States. Quella che vedete è la versione Deluxe con 4 brani dal vivo aggiunti ma se volete c’è anche la versione normale (per masochisti) con 4 pezzi in meno. Non c’entra niente ma visto che è molto bello, agli appassionati del country d’autore ricordo che la scorsa settimana è uscito anche il nuovo disco di Kenny Chesney, Hemingway’s Whiskey (anche in questo c’è la versione deluxe con DVD aggiunto).

Gli irlandesi Saw Doctors, bravissimi, era un po’ di anni (dal 2006) che non pubblicavano un disco nuovo di studio (ma vi avevo parlato dell’ottima antologia To Win Just Once saw-doctors-to-win-just-once-the-best-of.html), questo nuovo The Further Adventures of The Saw Doctors pubblicato come al solito solo in Irlanda e Regno Unito dalla Shamtown Records non sarà purtroppo molto facile da reperire e, anche in questo caso, ad aumentare le difficoltà ne esce una versione con DVD aggiunto (sembra, solo su Amazon UK).

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L’inossidabile Joe Cocker pubblica il suo nuovo album Hard Knocks, il primo per la Sony/BMG (già presentato dal Mollicone nazionale al TG1, “bellissimo”, ma cosa non lo è per il vate della tivvù e dal mio “nostalgico” quasi omonimo Carlo Conti). Il disco presenta nove brani nuovi firmati da Joe Cocker e una cover del bellissimo brano della Dixie Chicks I Hope. La voce c’è sempre, vediamo poi per le canzoni.

Marnie Stern chi è costei?, pubblica il suo terzo omonimo album per l’etichetta Kill Rock Stars. Nel 2008 è stata premiata da una rivista americana, Venus, come la più grande chitarrista donna di tutti i tempi! In effetti la “ragazza” (ma è del 1976, recensore un po’ maligno) è una virtuosa della chitarra ed in particolare del tapping, ma il genere musicale dei dischi oscilla tra un pop futuristico-commerciale e un’avanguardia “leggera” (se esiste). Per fare un esempio, avete presento i video dell’ultimo tour di Madonna quando fa finta di suonare la chitarra elettrica (ma in effetti suona il chitarrista vero), rovesciate la parti e Marnie Stern suona sul serio, magari il repertorio non è il massimo per i miei gusti ma lei è brava davvero e provvista di una notevole autoironia visto che un brano si chiama Female Guitar Players Are The New Black.

Il disco di esordio dei The Duke And The King Nothing Gold Can Stay era stato uno dei dischi roots più belli dello scorso anno. Ora Simone Felice, reduce da un intervento a cuore aperto lo scorso giugno torna alla ribalta con questo Long Live The Duke And The king registrato sempre negli studi di Bearsville, New York che una volta furono patria della Band di Robbie Robertson e Levon Helm. Lui è il fratello batterista dei Felice Brothers tramutatosi in leader di questo eccellente nuovo gruppo. In Inghilterra è già uscito la scorsa settimana, etichetta Silva Oak, speriamo che la Loose/Self lo distribuisca anche da noi.

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Imelda May è quell’eccellente vocalist che ha collaborato (insieme a Joss Stone) all’ultimo disco di Jeff Beck, con il quale ha anche partecipato ai Grammy di quest’anno cantando How High Moon. Il suo genere viene considerato una sorta di rockabilly revival e in Irlanda, la sua patria, dove Mayhem è già uscito da qualche settimana il disco è andato direttamente al n.1 delle classifiche, come il precedente. Occhio perché è brava, etichetta Ambassador Records/Universal.

Nella serie Deluxe della Universal Breakfast in America dei Supertramp mancava all’appello, ma la prossima settimana la lacuna verrà colmata. La versione doppia contiene il secondo CD Breakfast Around The World con dodici pezzi dal vivo inediti registrati nel tour mondiale del 1979.

Prosegue la serie delle ristampe dei King Crimson in versione CD+DVDA, questa volta è il turno di In The Wake Of Poseidon (a breve seguirà Islands). Ci sono inediti e bonus tracks sia nel CD normale come nel DVD Audio.

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Per finire (vi ho detto che questo mese esce molta roba, e siamo solo alla prima settimana). Tornano anche i Killing Joke con la formazione originale e con un nuovo album Absolute Dissent distribuzione Universal, ma attenzione perchè in Inghilterra ne esiste anche una versione doppia.

Quello che vedete effigiato è proprio il “nuovo” doppio album dal vivo degli Emerson, Lake & Palmer (e non l’antologia senza inediti pubblicata dalla Santuary), At High Voltage è stato registrato al Festival della musica progressiva tenuto questa estate, il 25 luglio per essere precisi. Esce per una non meglio individuata etichetta Concert Live a tiratura limitata, quindi buona caccia. Usciranno anche un doppio dei Marillion, uno degli Asia e uno degli Argent nella stessa serie e della stessa casa, sempre At High Voltage.

Per finire su una nota di umorismo involontario. Non è esatto che le due raccolte Rossa e Blu dei Beatles non contengono inediti. In effetti nella versione rimasterizzata di 1962-1966 la versione di A day In The Life viene inclusa senza la parte sfumata del brano precedente tratto da Sergeant Pepper. Ovvero, se ricordate, su quel disco dei Beatles i brani erano uniti uno all’altro senza soluzione di continuità mentre invece per questa nuova versione dell’antologia hanno estrapolato una versione senza fade-in e fade-out. Geniale! Giuro, tratto da uno dei vari comunicati stampa, quindi collezionisti occhio alla penna.

Alla prossima (settimana), con altre news, domani torniamo alle recensioni, penso il doppio Black Sorrows, lo scrivo così mi ricordo e mi obbligo a farlo senza cambiare idea all’ultimo minuto con altre uscite. Tra l’altro è bellissimo.

Bruno Conti

A Volte Si Sbaglia! Ray LaMontagne & The Pariah Dogs – God Willin’ And The Creek Don’t Rise

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Ray LaMontagne & The Pariah Dogs – God Willin’ And The Creek Don’t Rise – Rca

Che cosa volete che vi dica? Ritiro tutto quello che ho detto, mi ero sbagliato? Questo è un gran disco, le mie perplessità iniziali dovute ai primi ascolti sono state spazzate via e quasi mi sbilancio a dire che questo potrebbe addirittura essere il miglior disco in assoluto di LaMontagne (ma questo si vedrà, gli altri hanno avuto anni per sedimentare e rafforzarsi, questo è nuovo ma cresce ascolto dopo ascolto e questo è un bene).

Una ulteriore serie di ascolti con volume alto a finestre spalancate (quindi Play Loud!) hanno rivelato una serie di particolari e nuances nelle prestazioni stellari dei vari musicisti coinvolti e nelle composizioni del nostro amico per questo God Willin’.

La prima cosa che balza all’occhio anzi all’orecchio è quella sensazione di gruppo compatto, ben rodato, con un suono che ricorda molto quello dei concerti dal vivo (guarda che circonvoluzione devi usare per dire quello che gli americani direbbero con un semplice Live Feel!): sicuramente ha giovato all’ottenimento di questo risultato il fatto che il disco sia stato registrato in un breve arco temporale di un paio di settimane nella fattoria ristrutturata nell’ovest Massachussetts che il buon Ray ha trasformato in uno studio di registrazione, forse ha contribuito il fatto che la produzione non sia più nelle mani di Ethan Johns (poteva essere un disastro ma evidentemente la lezione era stata ben imparata) ma curata dallo stesso LaMontagne, qualunque sia la ragione il risultato finale è notevole.

L’iniziale Repo Man è strepitosa (anche se non indicativa del suono del resto del disco): sei minuti di rock and roll carnale, misto a soul, con la sezione ritmica di Jay Bellerose, indiavolato alla batteria e Jennifer Condos con il suo basso pulsante che attizzano le due chitarre di Eric Heywood e Greg Leisz che si rispondono dai canali dello stereo con un riff eccellente che ricorda l’attacco di Who Do You Love dei Quicksilver anche se l’assolo di Cipollina e Duncan non parte mai, ma quella è un’altra storia, comunque quel suono tintinnante e ribaldo ricorda anche quello del Tim Buckley più ruspante di Greetings from LA o della Grease Band di Joe Cocker dei tempi d’oro. Proprio al Joe Cocker degli inizi si avvicina moltissimo la voce maschia, rauca e profonda che Ray LaMontagne sfodera per questo brano, istigato dal groove irresistibile che la sua band gli ha costruito intorno, la voce è lasciata libera di dare sfogo alla sua potenza con echi anche del primo Gerg Allman o del Van Morrison (sua grande influenza) più dedito al soul e al R&B. Comunque la si giri, grande inizio che varrebbe da solo il prezzo di ammissione ma che, come detto, non è indicativo delle atmosfere del resto dell’album. watch?v=F59JVJ2k00A (sound primitivo, ma rende l’idea!)

Già dal secondo brano dell’album. la peraltro bellissima New York City’s Kiiling me, prende piede un’attitudine roots, quasi country, quel famoso Americana Sound tanto citato a sproposito ma che in questo caso ben inquadra il sentimento del disco, le chitarre “sofferenti” di Leisz (una pedal steel strepitosa che ricorda i grandi dello strumento degli anni ’70, Sneaky Pete Kleinow, Buddy Cage e Al Perkins tanto per citarne alcuni) e Heywood evocano appunto quel suono “country” vintage ma con i crismi di una grande composizione perché la qualità dei brani contenuti in questo album è sempre elevata.

God Willin’ and The Creek Don’t Rise oltre ad essere il titolo dell’album è anche quello di una bellissima canzone, avvolgente, con la batteria di Bellerose che scandisce i tempi con una serie di rullate urgenti che ricordano lo Steve Gadd più ispirato e la voce di Ray LaMontagne ancora una volta sicura e potente a guidare il suo fido manipolo di musicisti in un altro brano decisamente sopra la media di gran parte della produzione attuale.

Beg Steal or borrow, il potenziale singolo dell’album, è un’altra piccola perla con un ritmo più incalzante dei brani che l’hanno preceduta ma anche più rilassata al tempo stesso, filante, scivola che è un piacere, gioia per le orecchie dell’ascoltatore con la solita steel di Leisz in grande evidenza mentre le tastiere di Patrick Warren l’unico musicista non ancora citato sono quasi sempre molto discrete ai limiti dell’impercettibile, rafforzando l’idea di un disco “chitarristico”.

La seconda parte del disco ci porta verso il lato Youngiano di Lamontagne, ma non prima del quasi folk-soul acustico della dolcissima Are We Really Through, prima di una serie di brani sulla fine di una relazione che sfocia in This Love Is Over, quasi una bossanova country, la solita steel di Leisz domina le operazioni.

Si diceva del lato Youngiano (nel senso di Neil) della musica di LaMontagne, Old Before Your Time è una bellissima canzone, serena e pacifica, con un banjo (o è un mandolino) che crea il tema musicale ricorrente del brano. Più urgente anche se sempre dai tempi rilassati Fot The Summer è un altro brano più simile al canone abituale delle canzoni del nostro amico anche se una slide mordente e un’armonica aggiungono spessore al brano, sempre caratterizzato da quella vivacità del sound di un gruppo ben amalgamato e che sa sempre dove andare a parare musicalmente.

Like Rock And Roll Radio sembra proprio una di quelle lunghe cavalcate acustiche del nostro amico canadese, cantata però dalla caratteristica voce di Lamontagne, ormai “uno strumento” riconoscibile al primo ascolto a dimostrazione della popolarità e della considerazione raggiunte dal musicista del Maine, l’armonica a bocca aggiunge quel tocco in più allo scarno accompagnamento delle sole chitarre acustiche.

Gran finale con l’altro pezzo rock (e blues) del disco, The Devil’s In The Jukebox, già suggestiva dal titolo, movimentata e brillante con una slide acustica insinuante ad aggiungere pepe all’arrangiamento tipicamente roots del brano e se non fosse per il titolo verrebbe voglia di dire che tutti i salmi finiscono in gloria.

Ray LaMontagne sarà in tour negli States, in concomitanza con l’uscita del disco il 17 agosto, dalla settimana prossima, con lui David Gray che presenta l’altrettanto nuovo Foundling che esce lo stesso giorno (sentito, bello, recensione nei prossimi giorni).

In tre parole, gran bel disco!

Bruno Conti