Un “Gioiello” Di Concerto! Ruthie Foster Big Band – Live At The Paramount

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Ruthie Foster Big Band – Live At The Paramount – Blue Corn Music CD

Sebbene sia in circolazione dal lontano 1997, allora con un esordio autogestito Full Circle, questa signora (abituale cliente del blog) https://discoclub.myblog.it/2014/09/18/promesse-mantenute-sempre-piu-brava-ruthie-foster-promise-of-brand-new-day/ , dopo il notevole Live At Antone’s (11), è solo alla seconda performance discografica dal vivo, che conferma il carisma di questa brava cantante afro-americana, che nel vecchio Texas è considerata una autentica “star”. Live At The Paramount è stato registrato nello storico ultracentenario teatro di Austin, dove il 26 Gennaio dello scorso anno la Foster si è portata sul palco una Big Band, formata da una nutrita sezione fiati da 10 elementi e da 3 coriste, diretta da John Miller, con in più con l’apporto dei suoi abituali musicisti di riferimento alle chitarre, tastiere, batteria e basso, e con le belle orchestrazioni e la produzione del noto John Beasley (Miles Davis e Steely Dan fra i tanti).

La serata si apre con l’introduzione fatta dalla giovane figlia di Ruthie, che poi apre con il gospel Brand New Day (lo trovate su Promise Of A Brand New Day (14) cantata in coppia con Me’shell Ndegeoncello), in una versione inizialmente a “cappella” che poi si apre alla sezione fiati e al coro, seguita dal classico Memphis Soul di una Might Not Be Right (sempre dal medesimo album), scritta assieme alla leggenda Stax William Bell, per poi sorprendere il pubblico in sala reinventando la famosa Ring Of Fire del grande Johnny Cash (da Let It Burn (12), in un fuoco lento che sfiora il blues e che ricorda anche le calde atmosfere “smooth” della nigeriana Sade o di Roberta Flack.

Dopo applausi convinti dalla platea si riparte con l’energica Stone Love (era il brano iniziale di The Truth According To Ruthie Foster(08), che inizia con un piano “jazz”, poi entra la sezione fiati e la canzone si trasforma in un burrascoso suono Motown, segue l’omaggio a Delaney & Bonnie Bramlett con una The Ghetto, sempre dal saccheggiato Promise Of A Brand New Day, una lenta ballata solo chitarra e voce (e che voce) che ammalia il pubblico in sala, per poi continuare il viaggio rispolverando da un album poco considerato come Stages (04), il tradizionale Death Came A Knockin’ (Travelin’ Shoes) con un canto leggermente “gospel” dove il tratto distintivo sono le coriste in sottofondo, mentre il mid-tempo di Singin’ The Blues (indovinate dove lo trovate), si evidenzia ancora una volta il bel canto di Ruthie.

Arrivati a questo punto del concerto, è giusto riconoscere che la presenza della “Big Band” non ha allontanato la Foster dai brani di classico stampo blues/jazz, e la dimostrazione viene da una Runaway Soul che culmina con un superbo duetto tra Ruthie e il sassofonista Joey Calaruso, seguita da una bella Woke Up This Morning, che inizia in modo sommesso, poi la band entra nella canzone con cambiamenti di tono e ritmo, per un arrangiamento da gospel “moderno”, mentre Joy Comes Back (17) dall’ultimo album in studio, in questa versione “Big Easy” ci fa respirare l’aria antica delle strade di New Orleans. La coda finale del concerto riserva dei classici senza tempo, a partire da una Phenomenal Woman, uscita dai solchi di The Phenomenal Ruthie Foster (06), una struggente ballata modellata sulla poesia di Maya Angelou e con questa interpretazione di Ruthie certamente lo spirito della mitica Aretha aleggia in sala, riservando infine le ultime due tracce a due “covers” intriganti come una raffinata rivisitazione di Fly Me To The Moon, dove sembra di sentire una “Sinatra” in gonnella, e andare a chiudere un concerto magnifico con Mack The Knife, canzone simbolo del dramma teatrale L’Opera Da Tre Soldi di Brecht e Weill (da cercare assolutamente la versione di Ella Fitzgerald), dove la Big Band che accompagna la Foster in questo concerto, evoca nell’ascoltatore una musicalità che rimanda all’arrangiatore, direttore d’orchestra e compositore Nelson Riddle (tra i suoi numerosi clienti troviamo Frank Sinatra, Ella Fitzgerald e Nat King Cole). Sipario, ovazione e applausi rivolti a tutti i componenti saliti sul palco del Paramount Theater.

Da anni Ruthie Foster è ormai un nome consolidato nel panorama musicale, un’artista che da tempo questo blog (il sottoscritto e l’amico Bruno in particolare) segue con affetto e attenzione, proponendosi con un suo “songwriting” specifico che pesca dalla tradizione afro-americana, coniugando le tradizioni gospel e blues con influssi rhythm and blues, alzando di volta in volta sempre la famosa asticella. Ebbene stavolta Ruthie “Cecelia” Foster ci ha voluto sorprendere e spiazzare incidendo questo sublime Live At The Paramount, facendosi accompagnare da una seducente Big Band (non tutti sono a conoscenza del fatto che Ruthie ha iniziato come cantante di una grande band sulla nave della Marina Pride), dimostrando che ormai è degna di entrare nell’Olimpo delle grandi.

NDT: E’ superfluo aggiungere che, per chi scrive, sin d’ora si candida a miglior Live dell’anno!

Tino Montanari