Gli Splendidi “Inizi” Della Jeff Healey Band. Live From New York City 1988

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Jeff Healey Band – Live From NYC Recorded December 13, 1988 Eagle Rock

Continua imperterrita ed indefessa (e meritevole) la pubblicazione del materiale inedito dal vivo di Jeff Healey, dagli archivi gestiti dalla famiglia. Nel risalire a ritroso nel tempo siamo arrivati a questo concerto, registrato nel dicembre del 1988 al Bottom Line di New York, che ci porta a pochi mesi dalla uscita del suo classico primo album See The Light, che cominciava proprio allora a scalare le classifiche americane. Per quanto buoni siano stati i precedenti capitoli di questa saga concertistica, molti dei quali recensiti da chi scrive su queste pagine virtuali (altri-inediti-di-jeff-healey-house-on-fire-demos-a.html e un-adeguato-testamento-sonoro-jeff-healey-band-full-circle.html), il concerto in questione è forse il migliore in assoluto, siamo al picco della sua creatività (anche se Healey dal vivo è sempre rimasto un incredibile performer) e anche il repertorio, in gran parte tratto dal disco d’esordio, è assolutamente all’altezza della sua fama. Non sto a raccontarvi per l’ennesima volta della sua bravura, ma sicuramente Healey in quegli anni era uno dei migliori chitarristi blues (e rock) sulla faccia del pianeta, in possesso di una tecnica prodigiosa, con la sua chitarra appoggiata in grembo e brandita solo nei momenti di maggiore intensità del concerto, quando l’eccitazione si faceva palpabile.

Con lui  ci sono Joe Rockman al basso e Tom Stephen alla batteria, per un trio assolutamente formidabile, come procedono subito a dimostrare nel raro strumentale The Better It Gets, uno dei migliori brani del primo periodo, tra quelli firmati da Jeff, rimasti inediti nei dischi di studio, la chitarra è pirotecnica e il drive del gruppo, nonché la qualità di registrazione, sono eccellenti, puri e non adulterati, senza inutili sovrincisioni! La prima cover della serata, poi rimasta a lungo nella sua setlist per i concerti dal vivo, è una vibrante Further On Up The Road, un must per i grandi chitarristi, un brano che infiamma le platee, qui reso in una versione gagliarda, con le dita che corrono sul manico della chitarra. My Little Girl è il primo di una sequenza di brani tratti da See The Light, abbastanza simile all’originale di studio, breve e concisa, molto hendrixiana, con il vocione di Jeff in grande spolvero e il basso che pompa alla grande sotto le evoluzioni incredibili della solista del leader. Blue Jean Blues, il classico degli ZZ Top, che era uno dei punti di forza del primo album, qui è reso in una versione monstre, tra le migliori che mi sia capitato di sentire nei concerti del canadese, uno slow blues di quelli che ti tolgono il fiato, tra gli standard assoluti del rock degli ultimi 40 anni, bellissima, sentita mille volte ma non si finisce mai di gustarla a fondo!

Anche Confidence Man, il pezzo scritto da John Hiatt, è abbastanza simile a quella in studio, ma la canzone è talmente bella che risulta difficile migliorarla nella versione live e regala un attimo di tregua al pubblico “travolto” dal torrente di note che la chitarra di Healey ha appena eruttato nella canzone precedente. I Need To Be Loved ha l’andatura classica dei grandi pezzi, cadenzata ma anche cantabile, come sarebbe sempre richiesto nella buona musica rock e coronata da un degno assolo della solista. White Room è sempre stata una delle canzoni più belle del songbook dei Cream, Clapton, Bruce e Baker erano devastanti in questo brano, quando Eric innesta il wah-wah per l’assolo finale è uno dei momenti topici della storia del primo rock, ormai lo sai già ma anche in questa versione parte ineluttabile l’air guitar di fronte agli specchi di casa, non se ne può fare a meno. Prima del bis, Jeff Healey regala al pubblico quella che è sicuramente la sua migliore composizione di sempre, una See The Light, che soprattutto nella lunghissima versione dal vivo non ha nulla da invidiare ai classici del rock nominati fino ad ora, con citazioni hendrixiane e la fluida solista di Jeff che scorre inarrestabile, conclude degnamente una serata degna di essere ricordata. Non prima di tornare per una versione del classico delle dodici battute, Good Morning Blues, altra chicca presente nel repertorio del primo periodo e che Healey conosceva grazie alla sua incredibile collezione di 78 giri d’epoca, un altro bel lentone, (con citazione natalizia, visto il periodo dell’anno), per finire veramente alla grande. Ne usciranno sicuramente altri e se sono così belli, noi li prenderemo!

Bruno Conti

Dal New Jersey (Via Italia), “On The Road Again”! Greg Trooper – Incident On Willow Street

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Greg Trooper – Incident On Willow Street – Appaloosa Records/Ird 2013

Devo ammettere che ho sempre avuto un debole per Greg Trooper, un musicista che è in attività dal 1986 (il suo primo album introvabile è stato We Won’t Dance), che ha scritto tra gli altri per Steve Earle, Robert Earl Keen, Vince Gill, Billy Bragg , Rosanne Cash e la grande Maura O’Connell (di cui purtroppo ho perso le tracce), e da allora è stato tutto un crescendo qualitativo per questo folk singer, precursore del suono che viene etichettato come “americana”. Ottimi infatti i suoi successivi lavori, a partire da Everywhere (92), Noises In The Hallway (96) forse il migliore del primo periodo, Popular Demons (98), Straight Down Rain (2001) il debutto per la Sugar Hill con Floating (2003); in mezzo c’è stato anche uno  live acustico Between A House and A Hard Place: Live At Pine Hill Farm  (venduto purtroppo solo via internet). Il sodalizio con la meritoria indie della North Carolina, prosegue con l’ottimo Make It Through This World (2005), un altro live di difficile reperibilità The Backshop Live (2006), The Williamsburg Affair (2009), Upside-Down Town (2010), fino a questo Incident On Willow Street, distribuito (meritoriamente) dalla nuova Appaloosa Records (indimenticabile creatura del compianto Franco Ratti).

Affiancato da musicisti stellari, a partire dal bravissimo polistrumentista Larry Campbell che suona di tutto, chitarre, pedal steel, mandolino, violino, banjo e bouzuki, Jack Saunders al basso, Oli Rockberger alle tastiere, Kenneth Blevins (dalla band di Hiatt) alla batteria e la brava Lucy Wainwright Roche alle armonie vocali, Greg presenta tredici tracce che spaziano tra folk anglosassone, country, rock e un pizzico di soul, per un suono più variegato rispetto agli ultimi album di studio.

Il viaggio inizia con una delicata All The Way To Amsterdam, mentre il mandolino di Campbell (colonna portante di tutto il disco), spadroneggia in Good Luck Heart, a cui fa seguito la ballata intimista Steel Deck Bridge. Sonorità irlandesi fanno capolino in Mary Of  The Scots In Queens, un folk cadenzato dalla  melodia avvolgente, per poi passare al soul di Everything’s A Miracle  e alle ballate acustiche The Land of No Forgiveness (che si avvale della voce angelica della Roche) e Amelia (dove troviamo alla batteria il figlio Jack). One Honest Man è un bel brano rock valorizzato dalla chitarra di Larry, seguito dalla grintosa Living With You, mentre This Shitty Deal è una ballatona country (alla Los Lobos). Il viaggio si avvia alla fine con la danza campestre di The Girl In The Blue e il country evocativo di Diamond Heart, che sa di vecchio west, con la bella voce di Trooper, che ricorda sapori di altri tempi. La bonus track (solo per il mercato italiano) è una torrida versione dal vivo di Ireland (era sull’album Everywhere), con la fisa a dettare il ritmo alla band (la versione Appaloosa è un bel digipack che contiene una taschina dove c’è il libretto con i testi e traduzione italiana, molto meritorio!).

Greg Trooper è uno di quei rari cantautori che solo l’America sa produrre, ha un talento fuori dalla norma, che lo affianca facilmente a solisti della fama di Steve Earle, Joe Ely e John Hiatt, perché sa scrivere canzoni di grande forza, fa della grande musica che gli sgorga dal profondo dell’anima, non vende illusioni, ma parla d’amore e di speranza.

***NDT: Domenica 27 Ottobre 2013 alle 18,00 suona dalle mie parti, alla Pizzeria Trapani in quel di Pavia, per chi fosse interessato l’ingresso è gratuito, io ci sarò sicuramente. Alla prossima!

Tino Montanari

Una “Cascata” Di Note On The Road. Todd Thibaud – Waterfall

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Todd Thibaud – Waterfall – Blue Rose Records 2013

Gradito ritorno per Todd Thibaud, songwriter originario del Vermont, ma residente a Boston (membro e fondatore dei Courage Brothers), dopo il Live At The Rockpalast (2011) recensito su queste pagine virtuali dal sottoscritto. Fin dall’interessante debutto solista di Favorite Waste Of Time del lontano ’96, il nome di questo giovane (allora) cantautore aveva attirato non poche attenzioni su di sé, per la capacità di proporre un rock cantautorale, con le suggestioni roots della sua generazione, e il seguente Little Mistery (99) aveva mantenuto ampiamente le promesse grazie alla produzione di Jim Scott (Whiskeytown e Neal Casal), raggiungendo una calibrata perfezione nei suoni e negli arrangiamenti. Comprendendo anche i live, con questo Waterfall sono ormai più di una decina i suoi album, e nessuno di questi, pur non raggiungendo mai lo status di capolavoro, è sceso sotto una soglia qualitativa più che soddisfacente.

Prodotto da Ed Valauskas, questo lavoro vede il buon Todd avvalersi come al solito della sua fidata backing band, composta da Thomas Juliano alle chitarre, banjo e dobro, Pete Caldes alla batteria, Joe Klompus al basso, Sean Staples al mandolino, Ben Zecker alle tastiere. L’iniziale What May Come è un rock pimpante con la ritmica sostenuta, come la seguente Not For Me, mentre la title track Waterfall è decisamente più solare, con una melodia limpida ed orecchiabile. When The Evening Falls Apart è una dolce ballata semi-acustica, seguita dal rock chitarristico di Hollow con il supporto di Bill Janovitz (Buffalo Tom) e dalla saltellante Lonesome June, che aggiunge grinta al disco. Stranger è una slow ballad bluesata, sporca ed impolverata, cui segue una All In A Dream con la chitarra slide di Thomas Juliano e la voce profonda di Todd in primo piano, mentre My Own e Wears Me Down sono i brani più “tosti” del lavoro, con le chitarre in spolvero. Change A Thing è una squisita ballata crepuscolare (un genere di cui è maestro John Hiatt), per chiudere con la splendida Evermore, una canzone d’amore dai toni folk-acustici, intonata dolcemente dal mandolino di Sean Staples e arricchita dall’incantevole seconda voce di Chris Toppin.

Questo Waterfall è un riuscito album di “americana” al cento per cento, con una miscela equilibrata di rock, folk e blues, da parte di un autore che sa scrivere buone canzoni, se la cava egregiamente sia nelle ballate (forse il suo punto di forza) come nei brani da vero rocker urbano con le chitarre in evidenza. Con questo disco il rocker di Boston ripercorre il percorso fatto a suo tempo, con le virtù fondamentali  di gruppi come  Wallflowers, Jayhawks, BoDeans e Gin Blossoms e con un bella spruzzata del Boss, ma il risultato finale, ovviamente, porta chiara l’impronta di Todd Thibaud, un musicista che meriterebbe, finalmente, più attenzione, anche dalle nostre parti.

Tino Montanari

Il Concerto Dell’Anno? Love For Levon 3-10-2012 Izod Center East Rutherford, NJ Esce In CD DVD e Blu-Ray il 19 Marzo

 

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Love For Levon A Benefit To Save The Barn Time Life 19-3-2013

Probabilmente per la dimensione dell’evento, la validità dei suoi scopi, il nome dei partecipanti, quello che si è definito comunemente 12-12-12 Sandy Relief Concert è stato il “concerto dell’anno”, ma ufficialmente ormai non lo vedremo pubblicato, se non in quel formato ridotto in 2 CD (salvo futuri ripensamenti) ma la serata del 3 ottobre all’Izod Center di East Rutherford nel New Jersey in onore di Levon Helm e della sua musica, ha tutta l’aria di essere stato il “più bel concerto dell’anno”, a livello musicale. Come sapete il grande batterista e cantante della Band e in mille altre avventure musicali ci ha lasciati il 19 aprile dello scorso ma come dice il motto nel suo sito “Keep It Goin”, sua figlia, i suoi amici musicisti e un po’ tutti vorrebbero preservare The Barn Studios e il Midnight Ramble, quindi l’uscita di Love For Levon il 19 marzo p.v., servirà a raccogliere ulteriori fondi per queste benemerite attività.

La Time Life pubblicherà il tutto in 2DVD+2CD, 2Blu-Ray + 2CD, 2 DVD o 2 Blu-Ray, per una durata totale di 180 minuti (ma si dice che oltre al concerto, diviso in due parti, e della durata di oltre due ore dovrebbero esserci altre 2 ore di materiale bonus).

Nel corso della serata sono stati eseguiti 27 brani e dal trailer si desume che dovrebbero esserci tutti, e questa è la lista dei brani e dei musicisti ospiti:

Set One: The Shape I’m In (Warren Haynes), Long Black Veil (Haynes and Gregg Allman), Trouble In Mind (Jorma Kaukonen and Barry Mitterhoff), This Wheel’s On Fire (Levon Helm Band w/ Shawn Pelton), Little Birds (Levon Helm Band), Listening To Levon (Marc Cohn), Move Along Train (Mavis Staples), Life Is A Carnival (Allen Toussaint and Jaimoe), When I Paint My Masterpiece (John Prine & Garth Hudson), Anna Lee (Bruce Hornsby), Ain’t Got No Home (Jakob Dylan and Rami Jaffee of Wallflowers, spero anche in rappresentanza del babbo)), Whispering Pines (Lucinda Williams), Rag Mama Rag (Mike Gordon and John Hiatt)

Set Two: Don’t Do It (David Bromberg and Joan Osborne), I Shall Be Released (Grace Potter, Don Was and Matt Burr), Tears Of Rage (Ray LaMontagne and John Mayer), Rockin’ Chair (Dierks Bentley), Genetic Method (Garth Hudson) > Chest Fever (Dierks Bentley), A Train Robbery (Eric Church), Get Up Jake (Eric Church), Tennessee Jed (John Mayer), Up On Cripple Creek (Joe Walsh and Robert Randolph), Ophelia (My Morning Jacket), It Makes No Difference (My Morning Jacket), The Night They Drove Old Dixie Down (My Morning Jacket and Roger Waters), Wide River To Cross (Amy Helm and Roger Waters), The Weight (Everyone). Al di là del fatto che tutti hanno suonato e cantato bene di un paio di nomi mi sfugge la funzionalità all’evento, comunque tutti i brani venivano dal repertorio di Levon Helm solista o con la Band, ad eccezione della bellissima canzone dedicatagli da Marc Cohn (mancava Elton John a cantare Levon)!

La Levon Helm Band per l’occasione era formata da:  Larry Campbell (guitar), Jim Weider (guitar), Don Was (bass), Teresa Williams (vocals), Amy Helm (vocals), Brian Mitchell (keyboards), Rami Jaffee (keyboards), Kenny Aronoff (drums), Justin Guip (drums), Sean Pelton (drums, percussion), Byron Isaacs (bass), Erik Lawrence (saxophone), Howard Johnson (tuba), Steven Bernstein (trombone/trumpet), Jay Collins (trumpet) and Clark Gayton (trombone); siccome di batteristi giustamente ce n’erano “solo” 3, in alcuni brani si è aggiunto anche Steve Jordan e c’era anche qualcun altro non citato.

I video sono presi da YouTube ma il concerto è stato ripreso in HD e quindi la qualità sarà ben altra!

Bruno Conti

Saint Stephen…I Migliori del 2012: Le Tante “Alternative” Parte II

Naturalmente dopo Natale viene “Saint Stephen”! Per cui continuiamo con la seconda parte della lista delle migliori “alternative” del 2012 according to Bruno Conti. Se non riuscite a leggerli durante le feste natalizie mi pare ovvio che non hanno una scadenza…eravamo più o meno a luglio!

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Robert Cray – Nothing But Love

 

 

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Joss Stone – The Soul Sessions Vol. 2

 

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Bill Fay – Life Is People

 

 

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Old Crow Medicine Show – Carry Me Back

 

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John Hiatt – Mystic Pinball

 

 

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Chris Knight – Little Victories

 

 

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Michael McDermott – Hit Me Back

 

 

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Dwight Yoakam – 3 Pears

 

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Beth Hart – Bang Bang Boom Boom

 

 

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Jamey Johnson – Living For A Song. A Tribute To Hank Cochran

 

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Donald Fagen – Sunken Condos

 

 

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Van Morrison – Born To Sing No Plan B

 

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Neil Young & Crazy Horse – Psychedelic Pill

 

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Iris DeMent – Sing The Delta

 

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Greg Brown – Hymns To What Is Left

 

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Graham Parker & the Rumour – Three Chords Good

Mi sa che mi sono dimenticato qualcosa, ma se non volevo fare un elenco da Pagine Gialle dovevo, a malincuore, saltare dei dischi che avrebbero meritato questa lista di fine anno. La seconda parte è più breve della prima perché avrebbe dovuto contenere molti dei titoli che sono già apparsi nella Top Ten. E mancano ristampe, cofanetti e live (qualcuno ha detto Led Zeppelin!).

E se vi sembrano “troppi” perché non si fanno più i grandi dischi di una volta, questo lo diceva anche mia mamma, ma bisogna sapersi accontentare e in questa annata è stato un bel “accontentarsi”!

Comunque per oggi per può bastare.

Bruno Conti

La Storia di Un “Re”! B.B. King – The Life Of Riley

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B.B. King – The Life Of Riley The Soundtrack – Emperor Media/Universal

Eccomi di nuovo alle prese con il mio amico Riley Blues Boy King, in arte B.B. King, l’ultimo Re ancora regnante della scena musicale, e non sarà un caso che il doppio CD esca per la “Emperor” Media Ltd distribuzione Universal. Si tratta, come tutti sapranno, della colonna sonora del documentario The Life Of Riley, ovvero la storia di uno dei più grandi musicisti neri del novecento, filmata da Jon Brewer e narrata da Morgan Freeman, uscita nei cinema americani nel mese di ottobre, e in DVD all’inizio di dicembre. D’altronde è meglio santificare il grande omone nero quando è ancora vivo e vegeto (spero!), che poi piangere lacrime da coccodrillo nella occasione della sua dipartita, il più in là nel tempo possibile. Questo doppio dischetto è complementare, ma forse direi, più alternativo, al mitico Box da 10 CD Ladies and Gentlemen Mr. BB King, o alla sua versione più concisa quadrupla, ma i “geni” dell’industria discografica hanno colpito ancora e per renderlo più appetibile hanno inserito due brani esclusivi che non si trovano in altri album della discografia di BB King. Perché, in effetti, oltre che una colonna sonora, questi 2 CD rappresentano una ulteriore antologia, dedicata ad estrarre alcune perle della sua carriera e metterle in disco per i posteri.

Forse la scelta dei due “inediti” è anche fatta per bilanciare l’estrema preponderanza di materiale in studio rispetto ai due soli miseri brani dal vivo, sia pure tratti dall’eccellente Live At The Regal, per un musicista che è sempre stato considerato un grandissimo performer. E allora vai con una poco nota Walking Mr. Bill dove BB King “strapazza” la fida Lucille in uno show mandato in onda dalla televisione australiana nel 1974, che è il brano che apre il primo dei due dischi e con Sweet Sixteen, uno dei suoi super classici, registrato dal vivo in Africa, sempre nel 1974, a Kinshasa nello Zaire e già apparso peraltro nelle varie edizioni del DVD Live In Africa che documenta la sua esibizione nel mega concerto di supporto al “Rumble In The Jungle” tra Foreman e Muhammad Ali, e se guardate attentamente il filmato si vede Ali tra il pubblico (ma questo è un dettaglio).

Questo per gli inediti, poi saltando un po’ di palo in frasca, e senza seguire una sequenza cronologica, il doppio CD copre tutta la carriera di King, partendo da Nobody Loves Me But My Mother tratto dall’eccellente Indianola Mississippi Seeds del 1970 e passando per i suoi inizi, tra il 1949,’50 e ‘51 con Miss Martha King, I’ll Survive e Three O’Clock Blues, sempre inserite a casaccio ma che, probabilmente, nel film avranno un senso. Poi, saltando qui e là, si trovano Paying The Cost To Be The Boss, Sweet Little Angel, nella prima versione del 1950, i due brani fantastici dal Live At the Regal, Everyday I Have The Blues e How Blue Can you Get?, forse tra i vertici assoluti della sua arte. E ancora, The Thrill Is Gone, la versione con gli archi aggiunti che la rendono quasi maestosa, brano tratto da Completely Well, il disco dove non era accompagnato dalla sua abituale BB King Orchestra (mi ricordo dei suoi concerti dove c’è l’MC della situazione che grida sempre come un ossesso “the BB King Orchestra”), ma da sessionmen di lusso come Al Kooper e Hugh McCracken. C’è Hummingbird di Leon Russell, tratta ancora da Indianola… e Caldonia da in London.

Non manca When Love Comes To Town, il brano registrato con gli U2 che ha accresciuto la sua fama anche tra i non aficionados del Blues, e che non è così malvagia come viene dipinta, ormai è in vigore la vendetta del “sparate contro Bono & Co”., per la loro produzione, diciamo non eccelsa, degli ultimi anni. C’è la bellissima Riding With The King, il brano di John Hiatt, che è la title-track del disco registrato in coppia con l’amico Eric Clapton, che lo invita sempre ai suoi Crossroads Festival.  C’è una poco nota Messy But Good, scritta da Quincy Jones, che appariva in una colonna sonora del 1968, For The Love Of Ivy e una altrettanto inconsueta Precious Lord che si trovava in un disco degli anni ’50, BB King Sings Spirituals e altre canzoni meno conosciute, ma sempre valide. In definitiva, con il difetto dei pochi brani live presenti, una selezione di brani comunque di gran pregio, 26 in tutto, per uno dei più grandi musicisti della storia del Blues. Adesso basta raccolte però, grazie, o cercate tra gli inediti negli archivi, che sicuramente esistono, o pubblicate qualche altro bel disco dal vivo! Sono 87 anni a settembre, ma sempre lunga vita al nostro amico Riley, “Long Live The King”!

Bruno Conti      

Il Disco E’ Sempre Bello, Come Al Solito, Ma Cosa Diavolo E’ Un Flipper Mistico?!? John Hiatt – Mystic Pinball

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John Hiatt – Mystic Pinball – New West – 25-09-2012 CD/LP 3 facciate 180 grammi

In Same Old Man si facevano chiamare Ageless Beauties e a fianco di Patrick O’Hearn al basso e Kenneth Blevins alla batteria c’era Luther Dickinson alla chitarra, nel successivo The Open Road e anche per Dirty Jeans And Mudslide Hymns, pur con l’arrivo del nuovo chitarrista Doug Lancio, hanno mantenuto lo stesso nome. Anche in Mystic Pinball a fianco di John Hiatt ci sono sempre loro, ma il nome del gruppo si è tramutato in un più funzionale The Combo.

Questa volta ho voluto iniziare dai musicisti che suonano nel disco di Hiatt: è dai tempi di Bring The Family con Ry Cooder, Nick Lowe e Jim Keltner che sarebbero diventati con lo stesso Hiatt, in seguito, i Little Village, che il buon John ha fiuto con i musicisti. Vogliamo parlare dei Goners di Slow Turning dove c’era già Blevins con un certo Sonny Landreth alla chitarra? E in Stolen Moments, altro piccolo (o grande) capolavoro c’era un giovane Ethan Johns, non ancora diventato produttore, alla batteria, a dividersi la sezione ritmica con il veterano Pat Donaldson (quello dei dischi di Sandy Denny, Richard Thompson e John Cale), e alla chitarra c’era un certo Mike Henderson che oltre a suonare con la crema della musica americana, negli anni successivi, ha avuto una eccellente carriera anche da solista e annovera Mark Knopfler tra i suoi grandi fans.

Perché vi dico tutto ciò? Non lo so! No, questa lo so. Nelle mie recensioni, e parlando di musica in genere, mi piace citare i nomi dei musicisti che suonano in un disco, ma non si tratta di vile nozionismo, è importante “anche” sapere chi suona in un album. Certo, per i nuovi gruppi o i nomi emergenti forse è pleonastico, ma poi questi musicisti si costuiranno in futuro, se sono bravi, un curriculum che nel prosieguo della loro carriera sarà importante, come in tutti i mestieri, anche quelli artistici. Qualcuno  potrebbe diventare un “genio”( pochi, pochissimi, sempre meno), ma molti diventeranno degli onesti o “geniali” artigiani, per cui sapere con chi hai a che fare quando ascolti un disco è importante. Poi contano le canzoni, la bravura dell’artista, il produttore, l’ispirazione, ma partire bene non è mai una cattiva idea. Detto questo veniamo al disco, come dice il titolo del Post, sempre bello ma, a parere di chi scrive (e chi altri se nò?), e dopo alcuni ascolti, leggemente inferiore al precedente e-intanto-john-hiatt-non-sbaglia-un-colpo-dirty-jeans-and-mu.html. La critica ricorrente ai dischi di John Hiatt (come a quelli di Van Morrison, per fare il nome di un altro “bravino”) è “che si assomigliano tutti un po!”. Sarà anche verò, ma meglio uno che fa tanti dischi uguali, ma belli, perché nel corso degli anni si è creato un suo canone musicale personale o quei geniazzi sempre alla ricerca di nuove strade e sonorità, spesso con risultati disastrosi (ma che qualche estimatore trovano sempre), solo per questa ricerca spasmodica della “giovinezza artistica” a tutti i costi?

Non per nulla, se ci fate caso, Hiatt, da qualche anno, ha anche sempre lo stesso tipo di cappello nelle foto e sulle copertine, cambia il colore, ma il modello è quello, come i musicisti, negli anni cambiano, ma il modello è sempre, almeno per Hiatt, chitarra, basso e batteria (poi ci si ricama sopra) e una voce della madonna! Il discorso è sempre quello, si ricasca sempre a parlare delle stesse cose, quando chi critica dice, un po’ di coraggio nel cambiamento, cosa ci si aspetta? Un disco di musica elettronica, contaminazioni ambient, heavy metal, folk, dubstep, un bel disco di jazz alla Glenn Frey (notare l’ironia)? Tutto il resto c’è già: rock, blues, soul, country, canzoni d’autore, sapientemente miscelati e poi la voce, unica e caratteristica. Il produttore, Kevin Shirley, (lo stesso di Bonamassa, un dischetto insieme?), come nel precedente, aggiunge quella definizione dei suoni, una patina rock che domina i primi brani, quel’aria da It’s Only Rock and Roll, alla Stones, con il riff bluesato di We’re Alright Now e la slide di Lancio che taglia il tessuto della canzone, il basso marcato di O’Hearn e la batteria agile di Blevins, il “solito” Hiatt. Stesso discorso per Bite Marks, un brano rock ancora più aggressivo e cattivo, quasi fossero i vecchi Free di Fire and water. It All Comes Back Someday viceversa è uno dei classici brani del suo repertorio, solare e avvolgente, cantata alla grande e suonata anche meglio, con versi e ritornello al loro posto, quella bella “vecchia musica” soddisfacente. Wood Chipper è un Hiatt più bluesato, per certi versi vicino al suono di Crossing Muddy Waters, recentemente ristampato, con i suoni di chitarra, basso (fantastico O’Hearn) e batteria, molto ben delineati. Anche My Business, aperta dal consueto ululato dell’Hiatt più arrapato, è un qualche standard indefinito del Blues, con un nuovo testo, un po’ come fa Dylan ultimamente.

E poi c’è I Just Don’t Know What To Say! Una di quelle ballatone d’amore meravigliose che sa scrivere (e cantare) solo John Hiatt: aahh, tirate un profondo respiro, vi accomodate su una poltrona, alzate il volume e vi godete questi quattro minuti e mezzo di grande serenità, non sarà più incazzato come ai tempi d’oro, ma canta sempre un gran bene e la slide e il mandolino di Lancio aggiungono spessore alla canzone così come il piano suonato dallo stesso John. Come direbbe Cetto La Qualunque “Più Hiatt Per Tutti!” deve essere il motto. Tornando seri, e al disco, anche I Know How To Love You appartiene al filone più riflessivo, da balladeer, meno intensa della precedente ha comunque quell’andatura caratteristica di Hiatt, con spunti melodici piacevoli, ma in effetti queste lui le scrive anche dormendo, mentre in dischi di altri farebbero gridare al miracolo. Si torna ai riff stonesiani (o alla Mellencamp, che è “quasi” la stessa cosa) per una onesta You’re All The Reason I Need e poi nuovamente al sound bluesato per una One Of Them Days con fiati ed un inconsueto Doug Lancio che estrae dal cilindro un breve e ficcante solo con wah-wah.

No wicked grin è l’altra ballata del CD, acustica e malinconica, sempre cantata con grande partecipazione da Hiatt, semplice e genuina come la sua musica. Give It Up è il quasi inevitabile omaggio alla musica country, un altro degli ingredienti immancabili della musica del cantante di Indianapolis, ovviamente non quella bieca della Nashville peggiore, ma dal Tennessee, patria anche di grande soul, quindi un brano, dove al fianco della pedal steel convivono il call and response che i coristi ricavano dall’errebì più genuino. Blues can’t even find me potrebbe essere una svolta futura, un Hiatt che tra dobro, slide e contrabbasso esplora le radici acustiche della sua musica con ottimi risultati.

Esce il 25 settembre, ma come dicevo nell’anteprima viene già venduto nelle date del suo tour americano. Non ho visto altre recensioni per cui credo di essere il primo a parlarne, a parte le consuete decine di Post costruiti con il copia e incolla del comunicato stampa senza neppure ascoltare l’album, come è ormai usanza deleteria.

Ricordate dove lo avete letto per la prima volta, nel frattempo la ricerca continua privilegiando, ove possibile, i dischi di cui non hanno ancora parlato le riviste cartacee (anche il Buscadero su cui scrivo)! Sempre ricordando un altro dei motti della gloriosa Mai Dire Gol, “ascolta un cretino”!

Bruno Conti

Variazioni, Correzioni e Aggiunte. Uno Speciale Di Ferragosto Sulle Uscite Future! Velvet Underground, Who, Carmel, Dan Stuart, R.e.m., John Hiatt, Avett Brothers, Steve Winwood, Dwight Yoakam, Paul Simon, Wallflowers, Eccetera

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E’ proprio vero che si torna sempre sulla scena del delitto. Controllando le notizie sulle uscite dei prossimi mesi mi sono accorto che avevo “dimenticato” molti autori e titoli importanti, oltre alle variazioni sulle date di uscita che sono all’ordine del giorno, per esempio questo cofanetto in Super Deluxe Edition di The Velvet Underground And Nico è stato posticipato al 30 ottobre, rispetto al 2 della prima data. Del Box di Sandy Denny vi ho già dato notizia dello spostamento sempre al 30 di ottobre, data in cui uscirà un altro Mega Cofanetto di cui parliamo a fine articolo. Con Post all’uopo dedicati vi informerò sulla seconda uscita delle ristampe di Frank Zappa, la prima dedicata alla discografia dei Beach Boys e tutta la serie, in tre uscite “potenziate”, della discografia degli Aztec Camera. Qualche uscita imminente (21 agosto), oltre ai già citati Bill Fay, Ry Cooder, Lynyrd Skynyrd, Los Lobos Kiko, Box dei Kinks e altro la teniamo in serbo per fine settimana, ma quello che resta è estremamente interessante e “copioso”. Partiamo… in ordine sparso!

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Dan Stuart – The Deliverance Of Marlowe Billings – Cadiz – 04-09-2012

A sorpresa torna un “vecchio amico”. Chiusa l’esperienza Slummers, raccontata dal sottoscritto su questo Blog e sul Buscadero, torna il buon Dan Stuart con un nuovo disco solista, con uno dei suoi pseudonimi Marlowe Billings. Dopo la fine del suo matrimonio, il trasferimento a Oaxaca in Messico e vari problemi di “salute”, il vecchio rocker ci riprova ancora una volta a far ripartire la sua carriera musicale. Producono Antonio Gramentieri e Jack Waterson, degli italiani Sacri Cuori c’è anche Sapignoli. In concomitanza con l’uscita del disco, dall’Inghilterra, proprio tra fine di agosto e l’inizio di settembre, partirà anche un tour europeo.

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Carmel – Strictly Piaf – Secret Records – 03-09-2012

Dopo secoli torna anche Carmel (McCourt). A parte alcuni CD e DVD Live era dal 1995 che non pubblicava un disco “nuovo” di studio. Ok, sono tutte cover di Edith Piaf e su iTunes era disponibile da un anno! In ogni caso, bentornata. Questi i titoli:

1. Running
2. Sous Le Ciel De Paris
3. Les Amants D’un Jour
4. Autumn Leaves
5. La Vi En Rose
6. Mon Legionnaire
7. All My Love (Bolero)
8. The Poor People Of Paris
9. Non, Je Ne Regrette Rien
10. Running (Radio Edit)

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The Who – Live In Texas ’75 – DVD o Blu-Ray – Eagle Rock – 09-10-2012

Registrato nel corso del tour americano per promuovere l’uscita di Who By Numbers questo DVD contiene il concerto completo registrato a Houston, Texas il 20 novembre del 1975. C’è ancora Keith Moon e questi sono i brani contenuti: TRACKLIST. 1) Substitute 2) I Can t Explain 3) Squeeze Box 4) Baba O Riley 5) Boris The Spider 6) Drowned 7) However Much I Booze 8) Dreaming From The Waist 9) Behind Blue Eyes 10) Amazing Journey 11) Sparks 12) Acid Queen 13) Fiddle About 14) Pinball Wizard 15) I m Free 16) Tommy s Holiday Camp 17) We re Not Going To Take It / See Me, Feel Me / Listening To You 18) Summertime Blues 19) My Generation 20) Join Together 21) Naked Eye 22) Roadrunner 23) Won t Get Fooled Again 24) Magic Bus 25) My Generation Blues


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Steve Winwood – Arc Of A Diver – 2 CD – Island/Universal – 25-09-2012

 

CD One

 

1 While You See a Chance
2 Arc of a Diver
3 Second-Hand Woman
4 Slowdown Sundown
5 Spanish Dancer
6 Night Train
7 Dust

 

CD Two

 

1) Arc Of A Diver (4:14 – the edited US single version)
2) Spanish Dancer (6:08 – radio edit 2010 version)
3) Night Train (6:30 – instrumental version from the UK 12” single which has never been released on CD before. This version has extra guitar and keyboards and is much longer).

 

4) BBC Radio 2 documentary – ‘Arc Of A Diver, The Steve Winwood Story’.

Forse si poteva fare meglio, ma almeno lo faranno pagare all’incirca come un singolo. Il disco è bello, ma 3 brani e un documentario radiofonico sono un po’ pochino come bonus!

 

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R.e.m. – Document – 25th Anniversary Edition – 2CD Capitol EMI – 25-09-2012

Con questo titolo si conclude la ristampa degli album dei REM relativi al periodo I.R.S. Anche in questo caso versione doppia, nel secondo CD c’è un concerto registrato a Utrecht, Olanda il 14 settembre 1987:

CD 2 (Live in Holland, September 14, 1987):

01 Finest Worksong
02 These Days
03 Lightnin’ Hopkins
04 Welcome to the Occupation
05 Driver 8
06 Feeling Gravitys Pull
07 I Believe
08 The One I Love
09 Exhuming McCarthy
10 Wolves, Lower
11 Fall On Me
12 Just a Touch
13 Oddfellows Local 151
14 Little America
15 It’s the End Of the World as We Know It (And I Feel Fine)
16 Begin the Begin
17 Disturbance at the Heron House
18 Moral Kiosk
19 Life and How to Live It
20 So. Central Rain

Pare che anche il catalogo Warner verrà ripubblicato in versione speciale, quindi per i prossimi 25 anni siamo a posto.

 

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Avett Brothers – The Carpenter – Universal Republic – 11-09-2012

Sesto album di studio (o settimo, a seconda dei punti di vista) per gli Avett Brothers, sempre prodotto da Rick Rubin:

1. The Once And Future Carpenter
2. Live And Die
3. Winter In My Heart
4. Pretty Girl From Michigan
5. I Never Knew You
6. February Seven
7. Through My Prayers
8. Down With The Shine
9. A Fathers First Spring
10. Geraldine
11. Paul Newman Vs. The Demons
12. Life

 

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Dwight Yoakam – 3 Pears – Warner Bros – 18-09-2012

In Italia il termine ” 3 Pere” di solito ha connotati calcistici, non so quale sia il senso del titolo del nuovo album di Dwight Yoakam ma è un piacere averlo di nuovo in pista dopo sette anni di silenzio:

1. ‘Take Hold of My Hand’
2. ‘Waterfall’
3. ‘Dim Lights, Thick Smoke’
4. ‘Trying’
5. ‘Nothing But Love’
6. ‘It’s Never Alright’
7. ‘A Heart Like Mine’
8. ‘Long Way to Go’
9. ‘Missing Heart’
10. ’3 Pears’
11. ‘Rock it All Away’
12. ‘Long Way to Go’ (Reprise)

Due brani, A Heart Like Mine e Missing Heart, sono stati scritti e prodotti con la collaborazione di Beck…, strana coppia, ma vedremo.

 

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The Wallflowers – Glad All Over – Columbia – 02-10-2012

Torna anche la band di Jakob Dylan, sette anni di pausa anche per loro discograficamente parlando, Greatest Hits escluso. Registrato in quel di Nashville negli studi di Dan Auerbach, con la produzione di Jay Joyce (Emmylou Harris, Cage the Elephant), a fianco di Dylan ci sono l’immancabile (per fortuna) tastierista Rami Jaffee, il bassista Greg Richling, il chitarrista Stuart Mathis e alla batteria l’ex Pearl Jam e Red Hot Chili Peppers Jack Irons. Titoli:

1. Hospital for Sinners
2. Misfits and Lovers
3. First One in the Car
4. Reboot the Mission
5. It’s a Dream
6. Love is a Country
7. Have Mercy On Him Now
8. The Devil’s Waltz
9. Won’t Be Long (Till We’re Not Wrong Anymore)
10. Constellation Blues
11. One Set of Wings

Nuovo video. Se vi sembra di sentire qualche richiamo al passato la presenza di Mick Jones a voce e chitarra potrebbe dire “Clash”!

 

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Ryan Bingham – Tomorrowland – Axster Bingham Records – 18-09-2012

Mollato dalla Lost Highway/Universal ritorna anche il premio Oscar Ryan Bingham con il suo quarto album di studio Tomorrowland, pubblicato dalla sua etichetta personale il 18 settembre come riporta anche il suo sito. Co-prodotto con Justin Stanley in quel di Malibu, California dovrebbe segnalare un ulteriore spostamento verso sonorità più rock e tirate:

1. Beg For Broken Legs
2. Western Shore
3. Flower Bomb
4. Guess Who’s Knocking
5. Heart Of Rhythm
6. I Heard ‘Em Say
7. Rising Of The Ghetto
8. No Help From God
9. Keep It Together
10. Never Far Behind
11. The Road I’m On
12. Neverending Show
13. Too Deep To Fill

 

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Chris Knight – Little Victories – Drifter’s Church Productions – 11-09-2012

Altro grandissimo cantautore, da quello che ho sentito potrebbe essere addirittura il suo disco migliore (e quelli precedenti sono belli)! Settembre ricchissimo, ma volendo, sul suo sito è già in vendita little-victories-cd-tshirt-bundle e aprendo il sito potete ascoltare, se non lo conoscete, molti brani tratti dai suoi fantastici album. Questa la trovate in quello nuovo…

 

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John Hiatt – Mystic Pinball – New West – 25-09-2012

E se vi dicessi che il 25 settembre esce anche il nuovo album di John Hiatt? Sempre prodotto da Kevin Shirley, sempre più rivalutato, disco dopo disco, e autore di un lavoro fantastico nel precedente, bellissimo, Dirty Jeans And Mudslide Hymns e con Hiatt accompagnato anche in questo nuovo Mystic Pinball dal fantastico Combo di Doug Lancio, Patrick O’Hearn e Kenneth Blevins. E se vi dicessi che il “vigliacco” venderà già in anteprima il suo album ai concerti del tour americano che è partito ieri 14 agosto da Annapolis, MD?

Ci sarebbe da incazzarsi, ma, per addolcire la pillolina, da un sito interessante (e con un nome che ispira), ma che non avevo ancora citato nel Blog, potete sentire un brano in anteprima del nuovo album http://www.americansongwriter.com/2012/08/exclusive-hear-john-hiatts-new-single-were-alright-now/.

Mi sono accorto che la lista è ancora abbastanza lunga, per cui continuiamo domani.

Buon Ferragosto, per quello che resta.

Questo Sì Che E’ Un Chitarrista Coi Fiocchi! Danny Bryant – Night Life Live In Holland

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Danny Bryant’s Redeyeband – Night Life Live In Holland CD o DVD Jazzhaus rec. 

Secondo Live in carriera per Danny Bryant e la sua Redeyeband dopo quello del 2007. Mi ero già occupato di lui per il Busca e non posso che confermare quanto di buono avevo detto per questo chitarrista e cantante Blues inglese. Insieme a Matt Schofield, Aynsley Lister, Oli Brown ed altri fa parte della terza ondata del British Blues: dopo la prima, quella dei Mayall, Clapton, i Fleetwood Mac di Peter Green, i Savoy Brown e moltissime altre bands di fine anni ’60, c’è stata la seconda ondata, più contenuta, nella seconda metà degli anni ’70 con Dr.Feelgood, Nine Below Zero e Blues Band e ora, nei noughties, questa terza rinascita che è più incentrata sui solisti.

Se Matt Schofield è sicuramente quello con la migliore tecnica, Danny Bryant, che è un’autodidatta, supplisce con un feeling e una passione che soprattutto nei suoi concerti dal vivo raggiungono l’apice: ho avuto l’occasione di vederlo di persona nel passaggio del tour in Tributo a Hendrix a Milano di un paio di anni fa, e se l’headliner era sicuramente un Popa Chubby leggermente sottotono per l’occasione (ma poi si è ripreso), Bryant mi aveva impressionato per la grande grinta e fluidità del suo stile. Se Jimi Hendrix è una delle sue passioni principali, il buon Danny la divide con quella per Dylan, oltre al rispetto che nutre verso Walter Trout che è stato il suo scopritore e mentore da quando aveva 15 anni. Ora ne ha 31 e questo è già il suo ottavo album, due dal vivo si diceva, e potrebbe essere quello della sua consacrazione, sempre in un ambito di “culto”, ovviamente, non si fanno i grandi numeri con questo genere. A vedere questo concerto del 17 settembre del 2011 c’erano 500 persone, a Rosmalen nel sud dell’Olanda, ma Danny Bryant li ha ripagati con quella che lui stesso considera una delle migliori esibizioni della sua vita.

Ad aprire e chiudere il disco ci sono i due brani migliori (ma anche il resto non scherza): l’iniziale Tell Me che per la grinta e il torrente di note che emette la chitarra del nostro amico mi ha ricordato il miglior Rory Gallagher (e naturalmente Hendrix nella lunga parte di wah-wah) e in conclusione un lunghissimo slow blues, tirato e spasmodico, Always With Me, durante il quale Bryant estrae dal suo strumento ogni singola stilla di passione, rilanciando di continuo in un assolo chilometrico che è tra le cose migliori sentite nel genere in questi anni. Come avrà occasione di vedere chi acquisterà questo Night Life nella versione in DVD Danny Bryant sta diventando vieppiù un “grosso” chitarrista anche come dimensioni fisiche, non è mai stato smilzo ma le birre e la vita on the road evidentemente stanno mostrando i loro effetti. Nemmeno la presenza del padre Ken, che è il bassista del gruppo (e per inciso pure bravo) riesce a porre un limite a questa crescita che però è anche dal lato tecnico, come dimostra Just As I Am,  un altro slow blues a cavallo tra gli ZZTop di Blue Jean Blues e il Jeff Healey più intricato. Heartbreaker è un bluesone rock elettrico cadenzato degno del maestro Walter Trout con il riff di chitarra che taglia l’aria del piccolo locale olandese mentre Love Of Angels è una ballata lenta e sognante che si ispira al riff immortale e alle atmosfere di Litlte Wing di Hendrix.

Poi c’è questa passione (in)sana di Bryant per i cantautori, esplicitata in una eccellente ripresa di Master Of Disaster di John Hiatt, dove Danny non può competere nella parte vocale con l’autore, ma nella parte chitarristica è una bella lotta con Luther Dickinson che era il solista nella versione originale. E in tutti i brani la chitarra è in continua ricerca di tonalità e stili sempre diversi, anche con un bell’uso del vibrato. Nella versione DVD c’è un intermezzo acustico blues e una cover di Girl From The North Country di Dylan che è uno dei suoi cavalli di battaglia già nei dischi precedenti. E per concludere l’omaggio a Dylan c’è anche una bella versione di Knockin’ On Heaven’s Door, una delle più belle canzoni della storia del rock che si presta molto per queste versioni epiche e chitarristiche, chi scrive ne ricorda una molto bella che si trovava nel live Swingshift degli australiani Cold Chisel, quelli di Jimmy Barnes, che, detto per inciso, proprio in questo periodo si sono rimessi insieme e hanno pubblicato un album dopo 30 anni di separazione. Anche la versione di Bryant con il pubblico che intona il ritornello di sua sponte, si avvale poi di un notevole solo dell’eroe della serata. Grande concerto e grande chitarrista, come sempre dico per chi ama il genere, ma per chi vuole avventurarsi per una volta nelle lande del blues-rock questo potrebbe essere uno dei dischi più indicati e consigliati!

Bruno Conti

“Altre Storie” Da (East) Nashville! Kevin Gordon – Gloryland

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 Kevin Gordon – Gloryland – Crowville Media Self-released 2012

Mi ero quasi dimenticato di Kevin Gordon cantautore e letterato nato a West Monroe in Louisiana, autore di ottimi album nella sua quasi ventennale carriera. Kevin non è un novizio nell’ambiente discografico, nonostante il suo nome ai più dica poco, è un tipo che si è laureato in letteratura all’Università dell’Iowa, e la sua vena di scrittore gli ha permesso di pubblicare molti poemi sulle migliori riviste del settore. Come “songwriter” debutta nel 1993 con Carnival Time un album edito dalla Taxim Records, mentre Cadillac Jack’s # 1 Son (1998) si può considerare il lavoro più compiuto di Gordon, seguito dall’ottimo Down To The Well (2000), entrambi  distribuiti dalla Shanachie Records. Dopo qualche problema con la casa discografica, incide O Come  Look At The Burning (2005) un omaggio alla sua terra (Lousiana), un disco profondamente influenzato da atmosfere cupe, tipiche di New Orleans e di uno dei suoi figli prediletti Tony Joe White.

Validamente coadiuvato dal “braccio destro” produttore e musicista Joe McMahan, Kevin in questo disco si avvale della sua attuale band, composta da ottimi musicisti, Paul Griffith, Ron Eoff, Steve Poulton, Dave Jacques, e ospiti speciali come Sarah Siskind, due componenti dei Lambchop (Scott Martin  e Ryan Norris) e le sorelle McCrary (Regina e Ann coriste di gospel con Mike Farris), proponendo una manciata di canzoni con la sua voce soul,  per un “sound” che spazia tra rock and roll, folk e blues e che coinvolge l’ascoltatore.

Si parte con il blues di Gloryland e le chitarre in spolvero sulla voce di Kevin, e si prosegue con una Don’t Stop Me This Time dalla sezione ritmica importante, con un ritornello che entra subito in circolo. Colfax/Step In Time è una delle più belle del disco, inizia dolcemente, poi si sviluppa nei suoi 10 minuti su un testo bellissimo e con il crescendo “soul” delle sorelle McCrary. Pecolia’s Star è una ballata maestosa su un tessuto sonoro con il mandolino in evidenza, mentre Black Dog è uno svamp rock, uno di quei brani che ricorda il Fogerty d’annata. Si torna alla ballata malinconica con Trying To Get To Memphis, con Gordon  vocalmente molto vicino a John Hiatt, mentre la seguente Bus To Shreveport è un mid-tempo senza infamia e senza lode. Il livello del disco torna alto con Nine Bells, atmosfera notturna creata dalla chitarre slide, batteria low-fi e voce rancorosa di Kevin. Splendida! Side of the Road inizia con un arrangiamento “desertico”, poi diventa sudista fino al midollo con l’apporto delle “sisters” al controcanto, mentre Tearing It Down molto “bluesata”,  è sporca e cattiva quanto basta. Si chiude alla grande con One I love che sembra toltada Guitar Town di Steve Earle, e la bonus track Don’t Take It All, ammaliante ballata quasi recitativa, composta su qualche palafitta sul Mississippi, sorseggiando un buon Southern Comfort.

Kevin Gordon è un autore con una certa “verve” descrittiva (basta leggere i testi), liriche, ritmo e voce vanno a braccetto e nessuno prevale sull’altro, è una sorta di Sonny Landreth con meno virtù chitarristica e più senso di narrazione, e in questo lavoro mostra tutte le sue qualità e ci regala quasi sessanta minuti di musica gustosa e genuina, e suonata come Dio comanda. Bravo Kevin, un bel ritorno, un disco sofferto, difficile, ma se riuscite a penetrare nella sua musica, non potete esimervi dal farlo vostro. Adesso spero solo di non dover aspettare altri sette anni per ricordarmi del suo talento.

Tino Montanari