Quelli “Veri” Erano Un’Altra Cosa, Ma Ci Si Può Accontentare! John Kay & Steppenwolf – Roslyn NY 1980

john kay & steppenwolf roslyn ny 1980

John Kay & Steppenwolf  – Roslyn NY 1980 – Vox Rox CD

Gli anni migliori degli Steppenwolf sono quelli celebrati dallo splendido doppio della Real Gone Musis The ABC Dunhill SinglesCollection, ovvero il periodo che va dal 1968 al 1972 http://discoclub.myblog.it/2015/12/09/cinque-anni-grande-musica-steppenwolf-the-abcdunhill-singles-collection/ . La band, canadese di origine, ma profondamente americana, anzi californiana, nel suono, ha lasciato una traccia consistente nella musica di quel periodo, con quel sound che univa rock classico, per quanto duro, ma con derive anche psichedeliche, alla passione del proprio leader John Kay per il blues. Poi Kay registrò due album solisti e anche se il nucleo originale della band si ritrovò insieme negli anni che vanno dal 1974 al 1976, la spinta iniziale si era spenta. Nell’interregno che arriva fino all’80 circolavano varie band con il nome Steppenwolf messe in circolazione da manager truffaldini (così diceva John Kay all’epoca, anche nella presentazione di questo concerto), ma bisogna attendere fino a quel anno per vedere Kay riappropriarsi del nome della sua creatura, anche se come John Kay & Steppenwolf. Dei “Lupi della Steppa” originali non c’è più nessuno, i nuovi rispondono ai nomi dei fratelli Michael e Steve Palmer, rispettivamente chitarrista e batterista, che avevano militato nei “notissimi” Tall Water (?1?), con l’aggiunta di Chad Peery al basso e Danny Ironstone alle tastiere a riformare il classico quintetto, con Kay, voce solista e chitarra. La band non inciderà un nuovo album di studio fino al 1982, quando venne pubblicato Wolftracks, ma si esibirono molto spesso dal vivo, pubblicando anche un Live In London, che per le bizzarrie del mercato discografico venne pubblicato solo in Australia all’epoca.

john kay & steppenwolf live in london

Dallo stesso tour viene anche questo concerto al My Father’s Place di Roslyn, NY, immortalato dall’emittente radiofonica WLIR e ora pubblicato dalla Vox Rox, intestato nella copertina a John Kay, scritto molto in piccolo, & Steppenwolf, a caratteri cubitali. Come dicono le cronache odierne, in teoria, il gruppo è ancora in attività, e quindi potremmo aspettarci qualche disco nuovo, magari, ipotizzo, da quei geni della Cleopatra; ma occupiamoci di questo concerto che, grazie alla voce poderosa di Kay e alla scelta effettuatata su un repertorio sterminato, ci permette di ascoltare un band di culto in anni in cui non era ancora “bollita”, tutt’altro, ma a tratti mancava quel quid.. L’apertura è affidata al classico I’m Movin’ On di Hank Snow, che ci introduce subito al classico rock “riffato” della band, con John Kay sempre in possesso di un gran voce, profonda e risonante, ma anche in grado di “urlare” il suo rock, ben coadiuvato da chitarre e tastiere, una ritmica solida e la capacità di creare un groove coinvolgente. Il suono della registrazione è buono, e come Kay mette in evidenza “questi sono gli originali e non i buffoni che hanno girato con il nome del gruppo”.

Down In New Orleans, brano poco conosciuto tratto dal terzo album solista di Kay All In Good Time, è un piccolo gioielllino, che appare persino in alcune liste che riportano le migliori canzoni sulla città della Louisiana. Hey Lawdy Mama, che non è il pezzo blues, ma un brano della band, appariva già nello Steppenwolf Live del 1970, ottimo rock nel loro stile classico con tanto di assolo d’epoca di synth. The Best Is Barely Good Enough viene sempre da All In Good Time, buona, ma niente per cui stracciarsi le vesti e pure You è un brano nuovo che uscirà solo un paio di anni dopo in Wolftracks, ma Snowblind Friend, la conoscono tutti, è uno dei pezzi da 90 del gruppo, scritta da Hoyt Axton, uscì nel 1970 su Steppenwolf 7, sempre bellissima. Hot Night In A Cold Town è proprio il brano di Mellencamp quando si chiamava ancora John Cougar, abbastanza “poppeggiante” e non memorabile. E dopo la presentazione della band anche Underworld Figure scritta dai fratelli Palmer pare una mezza ciofeca, molto anni ’80, mentre con Sookie Sookie si comincia a ragionare, ma poi Ain’t Nothing Like It Used To Be (come è vero il titolo), che uscirà quattro anni dopo su Paradox, ed era già sull’album solo del 1978 non è il massimo. Magic Carpet Ride aggiusta le cose, come pure il trittico finale di Born To Be Wild, The Pusher e Monster, sempre gagliarde ed immortali, anche se i “Veri” Steppenwolf erano un’altra cosa ci si può accontentare, con quella voce solo lui le poteva cantare.

Bruno Conti  

Cinque Anni Di Grande Musica! Steppenwolf – The ABC/Dunhill Singles Collection

steppenwolf abc dunhill singles

Steppenwolf – The ABC/Dunhill Singles Collection – 2CD Geffen/Real Gone Music 

Quando, nella seconda metà degli anni ’60, una band canadese si affaccia sul mercato discografico dell’epoca, nessuno può immaginare il successo che avrebbero ottenuto i loro tre primi singoli. Gli Sparrows (o Sparrow) decisero di cambiare il nome in Steppenwolf, grazie ad un suggerimento del loro produttore Gabriel Mekler, deciso anche a sfruttare le origini tedesche del leader John Kay, rendendo omaggio pure ad un romanzo dello scrittore e poeta tedesco Herman Hesse. Gli Sparrows (o sempre per rimanere in tema letterario Jack London & The Sparrows, dice niente agli amanti delle saghe cinematografiche?) erano già piuttosto conosciuti nell’ambito musicale della scena di San Francisco, tanto che il loro disco dal vivo, registrato al Matrix nel 1967, uscirà poi come Early Steppenwolf, e conteneva già una versione monstre di oltre 20 minuti di The Pusher, il brano scritto da Hoyt Axton. Nel gennaio del 1968 esce il primo omonimo album della band da cui vengono estratti i primi due singoli A Girl I Knew e Sookie Sookie (con sul lato B la citata The Pusher che non ha successo di nuovo, ma al terzo tentativo sì, e francamente un brano così sembrava destinato a restare nell’immaginario collettivo), ma non succede nulla, anche se il disco ha un certo successo nelle classifiche americane, però poi a giugno esce Born To Be Wild, uno dei brani rock più conosciuti di tutti i tempi, grazie al riff di chitarra, al ritornello, ma anche al testo che per la prima volta cita la parola heavy metal, anche se inserita in un contesto motociclistico (heavy metal thunder era il rombo metallico della marmitta) e con la frase “I like smoke and lightning, heavy metal thunder, racin’ with the wind…” che è una sorta di inno per tutti i bikers sparsi nel mondo.

Comunque è tutto il brano scritto da Mars Bonfire (pseudonimo di Dennis Edmonton, a sua volta già uno pseudonimo) che anche grazie alla sua presenza nella colonna sonora di Easy Rider, dove appare pure The Pusher, ha reso immortali alcune scene del film, che poi non è uno dei più grandi film della storia del cinema, ma sicuramente caratterizza un’epoca. I due brani citati, insieme ad altri 36, sono contenuti nella doppia raccolta curata dalla Real Gone Music, fornita di un esaustivo libretto di 20 pagine, scritto dallo stesso John Kay con Ed Osborne, dove vi potete leggere tutta la storia. Si può dire che questa sia l’antologia definitiva dedicata agli Steppenwolf, autori di molti album importanti nella loro storia (che continua ancora oggi, dopo credo ventotto dischi, raccolte escluse): non troppo corposa o esagerata nelle dimensioni, ma essenziale nella scelta dei brani (che coprono anche la carriera solista di Kay), curata nella rimasterizzazione, buona senza essere eccelsa, e piena zeppa di brani rock che ancora oggi hanno la loro carica dirompente, incluso Magic Carpet Ride, il terzo singolo ad entrare nella Top Ten americana e tratto dal secondo album pubblicato sempre in quel fatidico 1968.

Tre canzoni nelle vette delle classifiche sono quasi un record per quella che era fondamentalmente un band hard-rock, sia pure con forti venature blues e psych, ma la spinta del film fu sicuramente un ulteriore trampolino importante. Curiosamente nella band non suonava più Bonfire, (o se preferite Dennis Edmonton, già negli Sparrow), ma il fratello Jerry, alla batteria, insieme all’ottimo chitarrista Michael Monarch e al tastierista Goldy McJohn, fondamentali nel creare quel suono crudo e tirato, dove poteva spaziare la voce potente ed espressiva di John Kay, uno dei grandi cantanti del rock, non celebrato come meriterebbe. In ordine cronologico ci sono tutti i brani che coprono l’arco temporale 1968-1973, quello in cui incidevano per la ABC/Dunhill e quindi il periodo fondamentale: A Girl I Knew https://www.youtube.com/watch?v=GqHAHN2R4Us  e il suo lato B The Ostrich erano perfetti esempi del rock psichedelico di quegli anni, con il sound inconfondibile della band già perfettamente formato, come pure la cover Rhythm & bluesata (se mi passate il neologismo) del classico Sookie Sookie di Don Covay https://www.youtube.com/watch?v=436FEhO8O4g  o le più leggere Take What You Need e Everybody’s Next One, per quanto sempre intrise di psichedelia, grazie al lavoro delle due chitarre (Kay si produceva anche alla solista e all’armonica). Born To Be Wild, The Pusher (anche in una versione dove erano i due lati dello stesso singolo) e Magic Carpet Ride, sono tre capolavori assoluti, mentre Rock Me e Jupiter Child, sono forse brani minori, ma confrontati con le canzoni dell’epoca comunque pezzi rispettabili, come pure la ballata It’s Never Too Late con il suo lato B, quasi soul, Happy Bithday. Eccellente anche la riffata Move Over e l’ottima Power Play.

 

Un mezzo capolavoro la bellissima Monster, che dava il titolo all’album omonimo e qui presente nella versione lunghissima di quasi dieci minuti, non in quella del singolo https://www.youtube.com/watch?v=Sk3sURDS4IA . Gli anni ’70 si aprono con il blues-rock di Hey Lawdy Mama (non il brano dei Cream), Twisted, con una ficcante slide, Screaming Night Hog, con l’armonica di Kay in evidenza e l’acustica e orchestrale Spiritual Fantasy a confermare l’eclettismo sonoro della band, chiude il primo CD. Who Needs Ya su Steppenwolf 7, che per motivi misteriosi era il quinto album della band, un pezzo tipico del loro repertorio, sulla falsariga dei successi, mentre Earschplittenloudenboomer uno strano strumentale con fiati dal titolo quasi impronunciabile; altro grande singolo, forse l’ultimo fondamentale, è la loro cover di Snow Blind Friend, il secondo brano antimilitarista di Hoyt Axton inciso dalla band, un pezzo quasi country-folk, bellissimo https://www.youtube.com/watch?v=OMxCi3ljWEg . Da For Ladies Only, il disco che nella copertina interna aveva la foto della famosa auto a forma di pene, viene Ride With Me, un brano di Mars Bonfire che li riporta ai fasti rock del passato, con il suo lato B la lunga For Madmen Only, che sfocia addirittura in terreni strumentali ispirati da Stockhausen (o dal kraut-rock), più tradizionale l’altro strumentale Black Pit, per quanto sempre ricercato. For Ladies Only, era la versione accorciata della title-track (senza il lungo solo di piano, peccato) https://www.youtube.com/watch?v=C2-FhrlJ76c  e niente male anche Sparkle Eyes, un lato B di grande qualità. E qui finisce la saga degli Steppenwolf prima fase, ma ci sono ancora otto brani pubblicati da John Kay come artista solista tra il 1972 e il 1973, di cui soprattutto il primo, Forgotten Songs And Unsung Heroes, è un ottimo album, molto country oriented, alla maniera di Kay, quindi energica, con versioni eccellenti di I’m Movin’ On di Hank Snow e You Win Again di Hank Williams, oltre a Walk Beside Me e Somebody scritte dallo stesso Kay. Direi che globalmente, per questo doppio, rientriamo nella categoria degli indispensabili!

Bruno Conti