Dalla Svizzera Al Tennessee, Via New Jersey, E Ritorno. Johnny Duk & Dusty Old Band – On The Other Side

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Johnny Duk & Dusty Old Band – On The Other Side – PBR Records Self Released

A giudicare dal primo brano, Broken Heart, il tour operator del Canton Ticino, perché è da lì che vengono, come Joe Colombo (di cui mi sono già occupato in passato, sempre inteso in tono non minaccioso), che credo sia un vicino di casa, dicevo che il tour operator li ha dirottati in una località tra Macon, Georgia e Jacksonvìlle, Florida, in quanto il brano, sin dalla sgommata iniziale, è un southern rock duro e grintoso, ad alta gradazione chitarristica e permette a Fabio Ducoli (da non confondere con il quasi omonimo bresciano) di mettere in luce le sue doti alla solista, riff e soli di pura marca sudista. Indagando ulteriormente, nelle note, dove di solito i musicisti ringraziano mamme, mogli, fidanzate, figli e la famiglia in generale, Dio i credenti e quand’anche pure cani e gatti (tutti nomi abitualmente sconosciuti al fruitore del disco e in questo caso ci sono tutti gli elementi ricordati), si leggono, e qui si ragiona, anche i nomi di Bruce Springsteen, Woody Guthrie, John Mellencamp, Tom Waits, Steve Earle, Johnny Cash e Ry Cooder e un generico molti altri, per fortuna, perché se venivano citati tutti diventava una specie di enciclopedia della buona musica. Dai nomi che vi ho appena sciorinato si intuisce perché, per strani giri, sono venuto ad occuparmi di questo CD, come avrebbe detto Jannacci (che avevo già intenzione di “usare” in questo post prima della sua scomparsa), trattasi di canzonette, ma belle e questi signori, soprattutto, sono tra Quelli che… Springsteen è comunque Springsteen!.

Come dimostra Fly Away, una bella ballata che profuma delle spiagge del New Jersey e che si appoggia anche su un bel violino evocativo, affidato alle capaci mani di Claudia Klinzling (che è la Soozie Tyrell della Dusty Old Band, o se preferite, per addentrarci nel passato, la Suki Lahav, ma si va nella notte dei tempi), gli ingredienti ci sono tutti, l’insieme del sound, con belle armonie vocali, l’ehi rafforzativo springsteeniano, l’immancabile “one, two, three, four”, quanto più di derivativo potete pensare, l’avete pensato, eppure ci piace, la canzone funziona, ha una bella melodia e una sua dignità, trasuda amore e passione. Nelle derive iniziali folk di The Ghosts Are Coming con il dualismo tra la chitarra e il violino ho riscontrato delle analogie con la musica dei primi Lowlands, quando c’era il violino anche nella loro formazione (la band pavese di Ed Abbiati, un altro “italiano per caso” o”svizzero” in questo caso), melodie popolari, amore per la musica Americana, una pronuncia inglese non fluentissima (non nel caso di Ed, che è bilingue, se no mi picchia) di Johnny Duk, compensata dalla grinta.

Breath In Breath Out è una dolce ballata, solo voce, piano e violino, forse un basso, cantata in duetto con Michela Domenici, struggente e malinconica quanto basta. Lo spirito del rocker riprende il sopravvento in My Brother, sempre tra Bruce e il Coguaro Mellencamp, con quell’uso del violino in contrapposizione al “ruggito” delle chitarre che riffano di brutto. Little Country in A Big World, che mi dicono essere il singolo che circola nelle radio svizzere, e, sempre a proposito della Confederazione Elvetica, cita il Salmo Svizzero, una sorta di inno non ufficiale (si impara sempre qualcosa), ma a tempo di folk-rock, tra Pogues, Waterboys e musica popolare, con piccola sezione fiati, fisa e, temo, tanta birra, inclusi. L’unica cover del disco (il resto è farina del sacco di Johnny Duk, con “gli ispiratori” citati) è Wayfaring Stranger, un brano della tradizione popolare americana, acustico nella prima parte e con una coda strumentale più rock, sempre con il violino in bella evidenza. Miner’s Dance è un breve strumentale che ci porta nelle zone di Pulcinella a tempo di tarantella (ho fatto la rima, ebbene sì) e fa da introduzione a On The Other Side (Of The Wall), un brano ispirato dalla “tragedia italiana”, così viene ricordata la vicenda, che costò la vita, nel 1908, a molti minatori italiani impegnati negli scavi del tunnel ferroviario di Lotschberg, la canzone ha un suo potere evocativo e potrebbe ricordare anche certi episodi della discografia di Steve Earle, con il solito violino che vola su una urgente sezione ritmica. Friends For A Lifetime, fin dal titolo, potrebbe averla scritta Bruce per i suoi amici Southside Johnny & The Asbury Jukes, ci sono i fiati sincopati, le galoppate tipiche del Boss e quell’aura corale e coinvolgente.

Ci avviamo in conclusione: quella Resophonic che fa la sua bella figura tra le decine di strumenti indicati nella lista riportata nel libretto e anche in alcune foto interne, viene sfoderata per una bluesata Play My Guitar, dove l’effetto slide la fa da padrone, non sarà Ry Cooder ma il buon Ducoli ci dà dentro con impegno. Irish On The Rocks rende omaggio a quelle gighe elettriche scatenate che hanno sempre caratterizzato la musica dei Fairport Convention, forse anche se non li conoscono, come dissero i Decemberists in una intervista quando veniva imputata loro questa forma di ispirazione (ma in seguito li hanno “scoperti”, studiati e ripresi), l’interplay tra il violino della Klinzing, veramente brava, e la chitarra e la sezione ritmica, dimostra che l’eclettismo è di casa tra i solchi virtuali di questo CD. Conclude una ballatona acustica a tempo di valzer come When I Was A Child. Non sarà dalla Svizzera con furore ma il disco merita di essere ascoltato come altri prodotti di questo genere che, per comodità, catalogheremo come roots rock. Qui potete ascoltare un po’ di musica search?q=johnny+duk, anche dal precedente disco del 2009 The River Of Dreams,  più acustico e rurale. Dove comprarlo francamente non so, ma potete provare qui (anche per i concerti) links.htm.

Non salverà il mondo, parafrasando il titolo di un vecchio LP di circa 40 anni fa dei Groundhogs, “Who will save the World?”: The Mighty Johnny Duk & Dusty Old Band, ma trequarti d’ora di piacevole musica sono garantiti. Come detto altre volte per piccoli progetti indipendenti, sarà già sentita, derivativa, ma in fondo chissenefrega, è buona musica e come tale merita lo stesso spazio di quelli “importanti”!

E come diceva il mio amico Bugs Bunny, anche per oggi That’s All Folks.

Bruno Conti