La (Seconda) Migliore Rock And Roll Band Al Mondo! Tom Petty And The Heartbreakers

NDB. Come avrebbero detto ai tempi d’oro di “Tutto Il Calcio Minuto Per Minuto”, la parola ad uno dei nostri radiocronisti, da Lucca, Marco Verdi!

Tom Petty And The Heartbreakers – Lucca, Piazza Napoleone – 29 Giugno 2012

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Eh già, “solo” la seconda, in quanto considero di poco superiori Bruce Springsteen & The E Street Band (con tante scuse ai Rolling Stones, ma il terzo posto è comunque un gran bel risultato), che forse non hanno al loro interno musicisti di grandissima tecnica (esclusi forse Lofgren, Bittan e Weinberg), ma hanno una maggior capacità di coinvolgere il pubblico, merito sicuramente del Boss, un animale da palcoscenico di quelli che ne nascono uno ogni cento anni.

E comunque ribadisco che ho sempre considerato Tom Petty & The Heartbreakers di poco inferiori, avendo avuto modo negli anni di vederli all’opera purtroppo solo in DVD, anche se ho ancora un vago ricordo dell’unica volta che suonarono in Italia, nel lontano 1987, come backing band di Bob Dylan: li vidi a Milano, all’Arena Civica (era il mio primo concerto in assoluto), e già allora mi lasciarono senza fiato anche se non conoscevo assolutamente il loro repertorio, mi piacquero quasi più di Dylan, all’epoca al minimo storico in termini di comunicativa col pubblico. Poi per anni, il buio: poche tournée in Europa (mi ricordo quella del 1992, avevo un bootleg inciso, male, a Basilea), ed il nostro paese regolarmente ignorato, anche se qualche anno fa sembrava che Tom dovesse fare una serata al Forum di Assago (ma poi non successe nulla). Quindi quest’anno, quando ho visto che Petty ed i suoi erano in cartellone al Lucca Summer Festival, non ci ho pensato neppure un minuto e mi sono accaparrato subito i biglietti (per me ed un altro mio amico “carbonaro”), anche se il capoluogo toscano non è proprio dietro l’angolo rispetto a dove abito (tre ore di macchina, ma mi sono preso mezza giornata di ferie, ed il fatto che il 29 Giugno sia un venerdì aiuta parecchio, in quanto mi posso fermare a dormire una notte sul posto). Tom Petty non posso proprio perdermelo, e quando lo ribecco!

Lucca è una bella cittadina, anche se ci sono altre città e borghi in Toscana che preferisco, ma Piazza Napoleone è di gran lunga la miglior location possibile: circondata da palazzi storici, in mezzo al verde, sembra proprio nata per farci degli spettacoli. Incontro altra gente delle mie parti che conosco (noi “carbonari” siamo sempre gli stessi), ed insieme andiamo a mangiare qualcosa per poi dirigerci ai cancelli, che apriranno alle 19.30: fa un caldo terrificante, ancora più che da noi al Nord, con l’aggravante di un’umidità spaventosa, che inciderà non poco sulla tenuta fisica del pubblico e della band stessa. Alle 20.30 sale sul palco Jonathan Wilson con la sua band, un giovane musicista della Carolina del Nord che propone un’interessante miscela di rock californiano in stile CSN&Y e di psichedelia alla Pink Floyd: circa tre quarti d’ora di musica, pochi brani e molto dilatati, di buona qualità, che il pubblico mostra di apprezzare non poco (la piazza è sufficientemente gremita direi).

Ma siamo tutti qui per Tom Petty, il quale sale sul palco, finalmente, solo verso le 22.00, dopo un interminabile instrument check da parte dei roadies: volto sorridente, barba lunga, vestito con un completo gessato (ma si libererà quasi subito della giacca), accompagnato come al solito dai fidi Mike Campbell (treccine lunghe e camicia rossa sgargiante), Benmont Tench, Ron Blair, il colossale Steve Ferrone e Scott Thurston. Tom imbraccia subito la sua Rickenbacker 12 corde (ma tra lui e Campbell cambieranno almeno 15 chitarre a testa nel corso della serata) ed attacca con Listen To Her Heart, uno dei brani più byrdsiani del primo periodo della sua carriera (era sul secondo album, You’re Gonna Get It!): il pubblico è subito caldo (in tutti i sensi) e gli Heartbreakers sembrano stupiti dell’accoglienza.

You Wreck Me è un rock’n’roll che il popolo di Lucca mostra di conoscere bene, una versione bella tirata con Campbell, che sarà il protagonista della serata, che comincia a fare i numeri. I Won’t Back Down è uno dei brani più belli e famosi tra quelli scritti con Jeff Lynne, ed il pubblico la canta parola per parola con Tom, rendendola quasi una celebrazione, come d’altronde la seguente Here Comes My Girl, un vero classico che viene accolto alla grande.Handle With Care è il brano più noto dei Traveling Wilburys, e Tom la ripropone spesso come omaggio all’amico George Harrison: Thurston canta come voce solista la parte che era di Roy Orbison e Campbell rilascia un delizioso assolo di slide. Petty ha già la serata in mano, e con Good Enough (il primo dei due brani tratti dal recente Mojo) iniziano le jam: Campbell si dimostra un mostro di tecnica e feeling, ma anche Tom inizia a far sentire la voce della sua solista (non la suona spessissimo, preferisce la ritmica, ma la stoffa ce l’ha eccome).

Oh Well è un brano dei Fleetwood Mac periodo Peter Green: Tom alla voce e maracas, mentre Mike è il vero protagonista del brano con una serie di assoli strepitosi. Il pubblico è in visibilio, anche se il caldo inizia a mietere le prime vittime (nel senso che si nota una certa staticità), ed anche i ragazzi sul palco hanno un po’ di fiatone. Something Big è un brano poco noto, ma bello, dall’arrangiamento quasi alla John Fogerty, uno swamp-rock molto elettrico e ritmato, mentre Don’t Come Around Here No More è come al solito quasi un pretesto per il finale pirotecnico, nel quale Campbell mette tutti al tappeto con la sua tecnica chitarristica da urlo.Free Fallin’ viene accolta da un boato, ed è un vero e proprio singalong collettivo; la lunga It’s Good To Be King (versione strepitosa di un brano che in studio sembra normale, ma stasera gli assoli di Mike e Tom la rendono monumentale) ed una cover diretta e molto rock’n’roll di Carol di Chuck Berry (nella quale il protagonista è Benmont Tench, pianista coi controfiocchi) ci portano al momento semiacustico del concerto: Learning To Fly è un altro capolavoro pettyano, e questo arrangiamento intimo (già ascoltato sulla Live Anthology) la nobilita, mentre la divertente Yer So Bad non la si sente spesso in un concerto di Tom. La breve ed elettrica I Should Have Known It porta allo strepitoso uno-due finale di Refugee e Runnin’ Down A Dream, due delle più grandi canzoni rock del nostro (specie la prima, un classico assoluto), nelle quali Tom e i suoi non fanno prigionieri, ridando vita anche alla parte di pubblico ammazzato dal caldo.

Una breve pausa, poi i bis: Mary Jane’s Last Dance è una grande canzone rock, e per me questa ascoltata stasera è la versione definitiva: splendida, tesa, chitarristica, con un finale stratosferico nel quale le twin guitars di Tom e Mike si incrociano in una serie di assoli pazzeschi. Alla fine tutti esausti, ma che versione!Il concerto termina del tutto con un brano nuovo presentato in anteprima, dal titolo Two Men Talking (un blues abbastanza canonico, sullo stile di certe cose di Mojo) ed il superclassico American Girl, breve come sempre ma decisamente intensa e piena di feeling.Ora è proprio finita, Tom e i suoi Spezzacuori salutano felici (Petty ha anche promesso che tornerà presto, vedremo…) e sfiancati dal gran caldo (Campbell sta letteralmente boccheggiando), lasciando un pubblico in visibilio. Anch’io fisicamente sono provato, ma sono conscio di avere assistito ad una grande serata di rock, per merito di un gruppo che non ha eguali sulla faccia della terra.Da ricordare questo 2012: Bruce Springsteen e Tom Petty nello stesso mese…e quando mi ricapita?

Marco Verdi

Ma Perché? Tom Petty & The Heartbreakers European Tour E Ristampe Varie.

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Come saprete, giugno è il mese del Tour Europeo di Tom Petty & The Heartbreakers, questo era il programma iniziale:

June 3: Mile One Centre, St. John’s, NL

June 7: 02 Arena, Dublin, IR

June 8: The Marquee, Cork, IR

June 10: 02 World, Hamburg, GER

June 12: Open Air, Horsens, DK

June 14: The Globe, Stockholm, SWE

June 15: Norwegian Wood Festival, Oslo, NOR

June 22: Isle of Wight Festival, UK

June 24: Hallenstadion, Zurich, SWI

June 25: Lanxess Arena, Cologne, GER

June 27: Grand Rex, Paris, FR

June 29: Piazza Napoleone, Lucca, IT

June 30: SAP Arena, Mannheim, GER

Con tanto di tappa italiana, per la prima volta, perché erano venuti solo come backing band di Bob Dylan nel 1987, prima a Modena e Torino in settembre e poi a ottobre, a Verona, Roma e all’Arena di Milano. La data italiana di Lucca costa la modica cifra di 50 euro + prevendità, solo posti in piedi e Jonathan Wilson sarà l’opening act. Ai concerti qui sopra (dati presi dal suo sito), c’era da aggiungere una seconda data in Olanda il 2 giugno e due date alla Royal Albert Hall di Londra il 18 e 20 giugno, entrambe esaurite.

Quando hai due case discografiche che distribuiscono il tuo catalogo è quasi inevitabile che ci siano delle ristampe, però non si dovrebbero superare i limiti della decenza, ma il “compra che ti ricompra” è sempre in agguato e quindi il prossimo 12 giugno il CD di Mojo (uscito nel 2010, non l’altro ieri) verrà ristampato in una nuova doppia versione con un secondo CD dal vivo aggiunto (uscito in precedenza come download gratuito per i fans che acquistavano i biglietti per il tour americano in due differenti versioni, la seconda expanded con 14 brani). E propria questa sarà allegata alla nuova versione (non si poteva fare solo il Live a parte? Troppo facile!). Dovrebbe costare all’incirca come un singolo CD, per fortuna. Se ve l’eravate perso è da avere, secondo me, nonostante le critiche contrastate, gran disco averne-cosi-tom-petty-the-heartbreakers-mojo.html L’etichetta è la Rhino e questo è il contenuto del CD “Bonus” dal vivo:
No. Title Writer(s) Location Length
1. “Listen To Her Heart” (June 25, 2010) Tom Petty Summerfest-Marcus
Amphitheater, Milwaukee, WI 3:38
2. “King’s Highway” (June 16, 2010) Tom Petty Rexall Place, Edmonton, AB 3:
26
3. “You Don’t Know How It Feels” (July 31, 2010) Tom Petty Wachovia Arena,
Philadelphia, PA 6:27
4. “I Won’t Back Down” (September 19, 2010) Tom Petty, Jeff Lynne Verizon
Wireless Amphitheater, Charlotte, NC 3:04
5. “Drivin’ Down To Georgia” (August 11, 2010) Tom Petty Philips Arena,
Atlanta, GA 6:37
6. “Breakdown” (August 15, 2010) Tom Petty Jiffy Lube Live, Bristow, VA 7:
29
7. “Jefferson Jericho Blues” (August 1, 2010) Tom Petty Wachovia Arena,
Philadelphia, PA 3:41
8. “First Flash Of Freedom” (August 1, 2010) Tom Petty, Mike Campbell
Wachovia Arena, Philadelphia, PA 6:27
9. “Running Man’s Bible” (September 18, 2010) Tom Petty Time Warner Cable
Music Pavilion, Raleigh, NC 6:10
10. “I Should Have Known It” (June 16, 2010) Tom Petty, Mike Campbell
Rexall Place, Edmonton, AB 4:13
11. “Good Enough” (July 31, 2010) Tom Petty, Mike Campbell Wachovia Arena,
Philadelphia, PA 5:56
12. “Refugee” (June 12, 2010) Tom Petty, Mike Campbell Gorge Amphitheater,
Quincy, WA 5:07
13. “Runnin’ Down A Dream” (October 7, 2010) Tom Petty, Jeff Lynne, Mike
Campbell U.S. Airways Arena, Phoenix, AZ 4:57
14. “American Girl” (June 16, 2010) Tom Petty Rexall Place, Edmonton, AB 5:
23
Total length:
72:35

Poteva la sua vecchia casa (Universal) restare con le mani in mano? Domanda retorica: certo che no! E quindi vai con la ristampa, in questo caso meritoria, del famoso cofanetto da 6 CD, Playback, uscito nel lontano 1995. Per fortuna, come da immagine, vedo che è rimasto identico sia come formato che come contenuti a quello che mi guarda da una mensola di fronte a me (e quindi non si deve ricomprare). Il prezzo dovrebbe essere “speciale”, intorno ai 50 euro circa, più o meno ed è disponibile da oggi 5 giugno. Questa è la, lunghissima, lista dei contenuti, sono 3 CD antologici e 3 CD di inediti e rarità all’incirca e se non lo avete è assolutamente da acchiappare:

Track listings
Disc one: The Big Jangle

    “Breakdown” – 2:42
    “American Girl” – 3:33
    “Hometown Blues” – 2:12
    “Anything That’s Rock ‘n’ Roll” – 2:24
    “I Need to Know” – 2:24
    “Listen to Her Heart” – 3:03
    “When the Time Comes” – 2:45
    “Too Much Ain’t Enough” – 2:57
    “No Second Thoughts” – 2:39
    “Baby’s a Rock ‘n’ Roller” – 2:52
    “Refugee” – 3:22
    “Here Comes My Girl” – 4:25
    “Even the Losers” – 3:59
    “Shadow of a Doubt (A Complex Kid)” – 4:25
    “Don’t Do Me Like That” – 2:42
    “The Waiting” – 3:59
    “A Woman in Love (It’s Not Me)” – 4:23
    “Something Big” – 4:44
    “A Thing About You” – 3:32
    “Insider” – 4:23
    “You Can Still Change Your Mind” – 4:16

Disc two: Spoiled and Mistreated

    “You Got Lucky” – 3:36
    “Change of Heart” – 3:19
    “Straight into Darkness” – 3:47
    “Same Old You” – 3:30
    “Rebels” – 5:19
    “Don’t Come Around Here No More” – 5:05
    “Southern Accents” – 4:44
    “Make It Better (Forget About Me)” – 4:23
    “The Best of Everything” – 4:03
    “So You Want to Be a Rock ‘n’ Roll Star” (Live) – 3:30
    “Don’t Bring Me Down” (Live) – 3:52
    “Jammin’ Me” – 4:08
    “It’ll All Work Out” – 3:11
    “Mike’s Life/Mike’s World” – 0:40
    “Think About Me” – 3:45
    “A Self-Made Man” – 3:00

Disc three: Good Booty

    “Free Fallin'” – 4:16
    “I Won’t Back Down” – 2:57
    “Love is a Long Road” – 4:08
    “Runnin’ Down a Dream” – 4:23
    “Yer So Bad” – 3:06
    “Alright for Now” – 2:02
    “Learning to Fly” – 4:03
    “Into the Great Wide Open” – 3:43
    “All or Nothin'” – 4:07
    “Out in the Cold” – 3:40
    “Built to Last” – 3:58
    “Mary Jane’s Last Dance” – 4:33
    “Christmas All Over Again” – 4:15

Disc four: The Other Sides

    “Casa Dega” (Petty, Campbell) – 3:37
    “Heartbreakers Beach Party” (Petty) – 1:57
    “Trailer” (Petty) – 3:15
    “Cracking Up” (Nick Lowe) – 3:34
    “Psychotic Reaction” (Live) (Ken Ellner, Roy Chaney, Craig Atkinson, John
Byrne, John Michalski) – 4:49
    “I’m Tired Joey Boy” (Live) (Van Morrison) – 3:42
    “Lonely Weekends” (Live) (Charlie Rich) – 2:47
    “Gator on the Lawn” (Petty) – 1:35
    “Make That Connection” (Petty, Campbell) – 5:04
    “Down the Line” (Petty, Lynne, Campbell) – 2:53
    “Peace in L.A.” (Peace Mix) (Petty) – 4:43
    “It’s Rainin’ Again” (Petty) – 1:32
    “Somethin’ Else” (Live) (Sharon Sheeley, Eddie Cochran) – 2:05
    “I Don’t Know What to Say to You” (Petty) – 2:28
    “Kings Highway” (Live) (Petty) – 3:30

Disc five: Through the Cracks

    “On the Street” (Benmont Tench) – 2:10
    “Depot Street” (Petty) – 3:26
    “Cry to Me” (Bert Russell) – 3:06
    “Don’t Do Me Like That” (Mudcrutch Version) (Petty) – 2:47
    “I Can’t Fight It” (Petty) – 3:00
    “Since You Said You Loved Me” (Petty) – 4:40
    “Louisiana Rain” (Original Version) (Petty) – 4:22
    “Keeping Me Alive” (Petty) – 2:59
    “Turning Point” (Petty) – 2:52
    “Stop Draggin’ My Heart Around” (Demo Version) (Petty, Campbell) – 4:11
    “The Apartment Song” (Demo Version) (Petty) – 2:37
    “Big Boss Man” (Al Smith, Luther Dixon) – 2:41
    “The Image of Me” (Wayne Kemp) – 2:33
    “Moon Pie” (Petty) – 1:05
    “The Damage You’ve Done” (Country Version) (Petty) – 3:16

Disc six: Nobody’s Children

    “Got My Mind Made Up” (Original Version) (Petty) – 2:51
    “Ways to Be Wicked” (Petty, Campbell) – 3:27
    “Can’t Get Her Out” (Petty) – 3:11
    “Waiting for Tonight” (Petty) – 3:30
    “Travelin'” (Petty) – 3:15
    “Baby, Let’s Play House” (Arthur Gunter) – 2:33
    “Wooden Heart” (Bert Kaempfert, Kay Twomey, Fred Wise, Ben Weisman) – 2:09
    “God’s Gift to Man” (Petty) – 4:18
    “You Get Me High” (Petty) – 2:48
    “Come on Down to My House” (Petty) – 3:05
    “You Come Through” (Petty, Campbell) – 5:15
    “Up in Mississippi Tonight” (Petty) – 3:28

Per finire, last but least, (ri)esce quel DVD (o BluRay) intitolato Tom Petty Live In Concert che poi sarebbe il famoso Soundstage, registrato nel 2003 e pubblicato sul mercato americano nel 2004/5 (anche in Europa è stato pubblicato ma in “strane edizioni”): la particolarità dell’edizione americana dell’epoca era che si trattava di un doppio, in quanto c’era allegato un CD con ulteriori 8 brani come bonus, di cui non c’è traccia nella versione che esce ora per il tour europeo.

La serata è comunque interessante perché Tom Petty & The Heartbreakers eseguono tra i 22 brani moltissime cover (come è spesso il caso nei loro concerti, che sono assolutamente, potendo, da vedere), questa la lista delle canzoni: 1. Baby Please Don’t Go 2. Crawlin Back To You 3. Handle With Care 4. I Won’t Back Down 5. I’m Cryin’ 6. Angel Dream 7. Melinda 8. Born In Chicago 9. Red Rooster 10. Carol 11. Refugee 12. Love Is A Long Road 13. You Don’t Know How It Feels 14. Black Leather Woman 15. Done Somebody Wrong 16. I Got a Woman 17. Thirteen Days 18. Wake Up Time 19. Rollin In My Baby’s Arms 20. Lost Children 21. Two Men Talkin’ 22. You Wreck Me.

Quindi, come vi dico sempre, aprite i portafogli, per tutto, concerti, CD, DVD, cofanetti e quant’altro e iniziate a piangere.

Bruno Conti

Dopo Jonathan Wilson Continua La “Rivincita” Della Psichedelia? Dalla Svezia The Amazing – Gentle Stream

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The Amazing – Gentle Stream – Subliminal Sound

Una “psichedelia” gentile e affiancata dal folk-rock e dai suoni della West Coast con più di un pizzico di progressive rock (anche se Stoccolma è nella Svezia orientale che già di suo è ad est), ma almeno idealmente le coordinate di The Amazing (non hanno false modestie fin dal nome del gruppo) sono quelle. Molto in comune anche con il quasi omonimo album di Jonathan Wilson che da qualche mese sta allietando i miei ascolti e che finalmente posso citare come punto di riferimento “moderno” per identificare un tipo di musica senza dover necessariamente ricorrere a nomi che vengono dal passato (ma aspettate un attimo che arrivano)!

Intanto, per la cronaca, il gruppo è già al terzo disco, un album completo e un mini negli ultimi due anni, entrambi decisamente belli ma questo è il loro migliore. E hanno anche un gruppo collaterale da cui provengono due quarti dei componenti, gli ottimi Dungen con una militanza di una decina di anni sulla scena musicale svedese, fautori di un rock leggermente più estremo, con propaggini di jazz-rock, progressive e vaghe tracce hendrixiane che si uniscono ai suoni più morbidi di questo Gentle Stream. I due sono il batterista Johan Holmegard e soprattutto il chitarrista Reine Fiske, il vero asso nella manica di entrambe le formazioni e, solo nel caso degli Amazing il cantautore Christoffer Gunrup, con una voce morbida e melliflua come poche. Devo ammettere che dalla Svezia non vengono solo gli Abba o i Cardigans, i Roxette e Yngvie Malmsteen o se proprio vogliamo anche gli Ark ma in passato da lì è venuto un artista di culto come Bo Hansson autore nei “mitici” anni ’70 (per parafrasare il buon Gianni Minà) di una serie di album strumentali che musicalmente hanno più di un punto in comune con questo album (se volete investigare vi consiglierei due dischi bellissimi come Lord Of The Rings e Magicians Hat vere fucine di idee e continui cambiamenti sonori all’interno di strutture molto trasversali, ma anche gli altri album meritano). 

Ma veniamo a questo Gentle Stream, colpevolmente accantonato (ma come diceva il maestro Manzi, “Non è mai troppo tardi”) e che invece si segnala come uno dei dischi più interessanti di questo 2011 appena concluso: derivativo come pochi, ma se è fatto così bene, non si può non accettare. Ora vi colpirò con un’orgia di citazioni (musicali) perché uno non si può trattenere, ascoltando questo disco ti fioriscono spontanee!

A partire dall’inizale Gentle Stream quasi 7 minuti di pura magia sonora, che affianca il già citato Jonathan Wilson nella ripresa di sonorità uscite dalla Laurel Canyon di inizio anni ’70 e dalla West Coast tutta, quindi il Crosby di If I Could Only Remember My Name, l’opera tutta del Neil Young in vena di morbide jam chitarristiche, i Pink Floyd di quegli anni, Quicksilver, Mad River con la chitarra elettrica meravigliosamente inventiva di Friske che si libra come un novello Cipollina o Garcia oltre a Stills e Young nelle loro cavalcate più geniali. E il resto del gruppo non è da meno, con due batteristi mai scontati nel loro agile drumming.

E come non ricordare il Nick Drake di Bryter Layter nelle dolci evoluzioni da paesaggi autunnali della deliziosa Flashlight, tra folk, Canterbury sound dei primi Caravan (la batteria jazzata e l’uso del flauto), e poi nel finale con l’entrata del sax anche i King Crimson più sognanti (ma non scordiamoci McDonald & Giles, grandissimo disco).

International Hair riprende ed amplia queste tematiche folk (vogliamo dire Fairport, John Martyn e Incredible String Band e i Pink Floyd più pastorali?). E diciamolo! Delicate voci femminili di supporto si incrociano con la voce di Gunrup per creare dei punti di contatto anche con i primi Radiohead di Thom Yorke, mentre le tastiere peraltro sempre presenti anche nei brani precedenti cuciono il sound con una presenza discreta ma molto efficace e le chitarre si insinuano nelle pieghe del sound con un lavoro sottile e di fino di gran classe, sempre senza dimenticare il notevole lavoro delle percussioni.

Ancora suoni cesellati tra folk e gentile psichedelia nell’incantato rock progressivo di The Fog che può ricordare (almeno a chi scrive) i primi Genesis di Trespass e Nursery Cryme (senza la voce di Gabriel, Ok, non si può avere tutto dalla vita!). Poi tornano le cascate di chitarre in Gone, altro eccellente esempio di come la West Coast di quegli anni si può fondere con il meglio del sound britannico della stessa epoca attraverso la riproposizione sonora degli Amazing, il risultato chiamatelo come volete a me verrebbe in mente “buona musica”!

Dogs (nonostante il nome) è decisamente Meddle o Atom Heart Mother dei Pink Floyd suonata da CSNY sotto la direzione di Jerry Garcia o, se vi capiterà di sentirli, dei passaggi del Bo Hansson sopracitato, con organo, chitarre e le batterie che costruiscono un tappeto sonoro perfetto per le “estatiche” vocalità di Gunrup prima di esplodere in una jam strumentale finale di rara efficacia. I due minuti di Assumptions tra fade-in e fade-out finscono prima che tu te ne accorga e sono uno specie di intramuscolo prima di inoltrarti negli ampi spazi della conclusiva When The Colours Change ancora a cavallo tra progressive, psichedelia e improvvisazione pura con la voce che galleggia tra chitarre e tastiere, se volete possiamo ricordare tra i contemporanei anche certe cose dei Sigur Ros più ispirati. Nomi e citazioni (certe, probabile e inconsce) ve ne ho sparate a raffica e forse vi ho stordito (guardatevi e ascoltatevi i video però!) ma l’importante è che il risultato finale con tutte queste analogie sicuramente presenti è assolutamente valido per i propri meriti e quindi vi consiglio questo Gentle Stream di cuore. Si fatica un po’ a trovarlo ma vale la ricerca!

Bruno Conti

I migliori Dischi Del 2011! Un Anno Di Musica Ter

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Capitolo tre delle mie scelte dell’anno, le riviste “serie” pubblicano almeno 50 dischi per il meglio più le categorie “speciali e quindi sono in linea, proseguiamo…

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Blackie And The Rodeo Kings – Kings and Queens

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Garland Jeffreys – The King Of In Between

 

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Jonathan Wilson – Gentle Spirit

 

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Ollabelle – Neon Blue Bird

 

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Tom Russell – Mesabi

E questa, forse, è la canzone più bella dell’anno!

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Beth Hart Joe Bonamassa – Don’t Explain

 

Questa nel disco non c’è, ma è talmente bella…

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Laura Marling – A Creature I Don’t Know

 

Anche questo avrei dovuto metterlo nei Top 10, ma purtroppo come dice la parola sono solo dieci! Non ha 21 anni è impossibile, è troppo brava!

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JJ Grey & Mofro – Brighter Days

 

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Dirk Hamilton – Thug Of Love Live

 

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The Bridge School Concerts 25th Anniversary Edition

 

E il triplo DVD concorre come migliore dell’anno nella sua categoria.

Per oggi può bastare, fine della parte tre, segue!

Bruno Conti

Un Jonathan Tira L’Altro, Da Laurel Canyon (E Dintorni) Jonathan Wilson – Gentle Spirit

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Jonathan Wilson – Gentle Spirit – Bella Union

Dopo ripetuti ascolti che procedono alacremente da un po’ di tempo a questa parte non posso dire “Habemus Papam” ma ci avviciniamo parecchio. Il giudizio su questo CD di debutto di Jonathan Wilson Gentle Spirit è oscillato tra l’indispensabile e il molto bello a seconda delle giornate (e tra l’altro non è manco il debutto perché nel 2007 ne aveva già pubblicato un altro intitolato Frankie Ray che secondo la mitologia ed alcuni cronisti sarebbe stato registrato ma non pubblicato, ma invece, in modo sotterraneo ma circola): sono ancora indeciso tra le due opzioni perché il disco mi piace parecchio, ma non so se vale le quattro stellette che gli ha assegnato Mojo e poi vi spiegherò il perché

Intanto vediamo chi è costui, nato a Forest City, North Carolina il 30 dicembre 1974 (secondo Wikipedia e altre biografie, ma alla domanda di un cronista che gli chiede “sei nato a Spindale, North Carolina nel 1977?” risponde affermativamente, quindi si deve essere “fumato” qualcosa di forte o inizia a creare il proprio mito?) ma da lunghi anni residente in California, prima Laurel Canyon poi Echo Park, Los Angleles dove è ora ubicato il suo studio di registrazione. Infatti la sua reputazione nasce come produttore e liutaio (costruisce e ripara chitarre che pare siano fantastiche e ricercatissime dai colleghi): ha prodotto i due album dei Dawes con i quali ha spesso collaborato, anche nel recente tour europeo con Jackson Browne, ma anche dischi di J. Tillman dei Fleet Foxes, Mia Doi Todd, James Gadson, un tributo a Roy Harper (e qui prende molti punti) con Will Oldham, Chris Robinson dei Black Crowes, Andy Cabic dei Vetiver tra gli altri. Ha suonato anche nei dischi di Gary Louris e Erykah Badu, Johnathan Rice (di Jenny And Johnny) e Neal Casal. E tutti costoro, più o meno, sono presenti in questo nuovo Gentle Spirit che, se mi chiedeste, a bruciapelo, a cosa assomiglia di più vi direi immediatamente If I Could Only Remember My Name di David Crosby.

Lo spirito è quello, anche se non la voce, e qui la mia prudenza nel giudizio, quelle libere collaborazioni della California inizio anni ’70 dove i musicisti in un interscambio di musica e idee (e qualche droga per espanderle, ma qui lo dico e qui lo nego, sottosegretario Giovanardi!) suonavano liberamente nei dischi dei colleghi; in questo album il principio viene ripreso in grande libertà, in tredici brani per oltre 78 minuti di musica, un disco che non si misura sui singoli brani ma nel suo insieme, anche se alcuni sono migliori di altri, comunque. Si oscilla tra il folk acido e la psichedelia morbida dei Mad River o dei Quicksilver più rurali, passando per il già citato Crosby e le acrobazie chitarristiche di Stills e Young ma niente Nash. Ma tra le influenze anche il folk raffinato di Roy Harper e di Nick Drake e certe cose più “morbide” ancorché psichedeliche dei Pink Floyd di Meddle o Atom Heart Mother.

 

Tutta “roba” buona: dall’inizio pastorale di Gentle Spirit che dà il titolo alla raccolta con oboe, mellotron e chitarre, tante chitarre, acustiche ed elettriche, una sezione ritmica molto presente nel suono stereo analogico (Gerald Johnson e Gary Mallaber della vecchia Steve Miller Band) , volutamente vintage del brano, con la voce ora sospirata, ora in un leggero falsetto di Jonathan Wilson, e senza accorgerti i 6 minuti e passa ti scivolano addosso in modo piacevolissimo. Il semi country iniziale alla Neil Young di Can We Really Party Today si stempera in una serie di cambi di tempo leggeri ed eterei come la musica che trasportano con echi di musiche “antiche” e l’eco vero che Wilson dispensa in abbondanza nelle sue canzoni, con pianoforte e viole che colorano il sound del brano che nella parte finale galleggia su uno stupendo intervento dell’organo di Adam MacDougall (presumo, non ho ancora l’album tra le mani) dei Black Crowes, tra citazioni di cannabis e vaghe proteste sociali ed ecologiche.

 

Desert Raven con il riff circolare e continuo delle due chitarre soliste (lui e Andy Cabic dei Vetiver) che si rispondono dai canali dello stereo è assolutamente meravigliosa, Quicksilver+Crosby+Stills+Grateful Dead, Calfornia in excelsis (ma qualche momento ricorda anche quelle improvvise accelerazioni elettriche nei dischi di Roy Harper o Michael Chapman che era anche un signor chitarrista come Wilson). E sono passati quegli altri otto minuti senza accorgersene, cullati dalla voce serena  e dalle armonie degli “ospiti” del nostro amico. Canyon In The Rain, introdotta dal rumore (indovinato!) della pioggia è un’altra piccola meraviglia di equilibrismi sonori sulle onde delle improvvisazioni sonore, acustiche queste volte ma sempre con quel suono curato, naturale ed analogico che dà il giusto spazio a tutti gli strumenti e anche alla ritmica mai invadente ma comunque discretamente presente.

 

Natural Rhapsody con le sue chitarre-gabbiano sognanti, il basso alla Phil Lesh e la voce alla Gilmour, suona come avrebbero potuto suonare i Pink Floyd di Meddle in una ipotetica jam con i Grateful Dead e CSN&Y, altri 8 minuti di pure delizie sonore. Cinque brani 35 minuti, non male come inizio. Pausa centrale di riflessione: Ballad Of The Pines è Music Is Love di Crosby incrociata con Blackbird di Stills, quasi! The Way I Feel, una cover psych di Gordon Lightfoot con le sue chitarre più grintose e in libertà di improvvisare è una sorta di gustoso antipasto della “gloriosa ” Jam finale, gli oltre dieci minuti acidi di Valley Of The Silver Moon dove l’organo del grande Barry Goldberg si aggiunge agli altri musicisti per una cavalcata che non ha nulla da invidiare ai duelli chitarristici tra Neil Young e Danny Whitten ai tempi di Cowgirl In The Sand, più narcotica e lisergica magari con echi dei citati Mad River e un cantato quasi solenne di Jonathan Wilson. Ci sarebbe anche il valzerino folk quasi Beatlesiano di Don’t Give Your Heart To A Rambler, il blues acido di Woe Is Me, e la Younghiana Magic Everywhere che ricorda le atmosfere di On the Beach, e tanta altra carne al fuoco che vi lascio scoprire. Sicuramente una delle sorprese dell’anno, se sarà un “capolavoro” lo deciderà il tempo, sicuramente ricorda album, musiche e artisti che i capolavori li hanno creati, con rispetto e grande bravura e creatività. Perditempo astenersi, richiede concentrazione totale e capacità di sognare, altamente consigliato! Esce domani, 8 agosto in tutto il mondo e il 30 agosto in Italia (chiuso per ferie).

Bruno Conti