Il Titolo Dice Tutto, E Il Contenuto Lo Conferma Alla Grande! Eileen Rose – Muscle Shoals

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Eileen Rose – Muscle Shoals Continental Song City/Eileen Rose CD/Download

Quando in una foto di copertina appare una immagine del vecchio edificio al 3614 Jackson Highway, che è l’indirizzo dello studio di registrazione a Sheffield, Alabama, dove si trova(va)no i vecchi Muscle Shoals, ora all’interno di una sorta di museo, ma tuttora funzionanti nel caso qualcuno voglia utilizzarli, ti si scalda subito il cuore, ancor di più se il disco si intitola Muscle Shoals. Se poi a pubblicarlo è una artista come Eileen Rose, non più giovanissima, ma ancora sulla breccia alla grande, il sorriso che ti si stampa sul viso si accentua: ammetto che avevo un po’ perso di vista Eileen Rose Giadone (italo-irlandese di origine, quindi “una dei nostri”), nativa dei sobborghi di Boston, ma da un po’ di anni trasferita a Nashville, Tennesse, dal “lato giusto” della città, quello dove brulica l’alternative country, la roots music, l’Americana, come volete chiamarla, ci siamo intesi. Se non mi sono perso qualcosa l’ultimo album Be Many Gone era uscito ad inizio 2014, ma la Rose aveva continuato a fare musica dal vivo accompagnata dagli Holy Wreck, altri quattro baldi “giovanotti” che la accompagnano pure nel nuovo CD (che esiste, non è solo download): The Legendary Rich Gilbert, così si autodefinisce, a chitarra, pedal steel e tastiere (in pista nella scena alternativa da inizio anni ‘80), Chris MacLachlan al basso e Steve Latanation alla batteria, con l’aiuto di Joshua Hedley al violino e Norma Giadone (parente?), alle armonie vocali.

Eileen ha una lunga storia alle spalle, iniziata quando si trasferì nel lontano 1991 nel Regno Unito a Londra, poi dopo una lunga gavetta, in una band alternative i Fledgling, autori di un solo omonimo album nel 1995, con una delle più brutte copertine mai viste, e poi all’esordio come solista nel 2000 con Shine Like It Does, dove era accompagnata dagli Alabama 3, disco che ebbe ottime critiche, e un altro nel 2002 sempre in UK, poi altri cinque dischi dopo il suo ritorno negli States avvenuto nel 2003, più alcune avventure collaterali. Facciamo un fast forward e arriviamo ai giorni nostri: la Rose decide di fare una puntatina in Alabama, dove negli studios citati prima si respira quella aria magica. Ne risulta un CD diviso in Side A e Side B (ebbene sì, ma non è un doppio) dove attraverso “9 New Songs “ e “8 Old Favorites”, ovvero vecchie canzoni registrate ex novo, delizia i nostri padiglioni auricolari. In possesso ancora oggi di una voce potente, vissuta e grintosa Eileen Rose apre le danze con She’s Gone che profuma, forse solo per questo brano, quasi inevitabilmente, di country got soul, tra Van Morrison e una Lucinda Williams più vivace, con la chitarra e l’organo di Gilbert a regalare pennellate di ottima musica, poi ribadite nelle folate rock di una He’s So Red, con chitarre ruggenti e ritmi mossi.

Atmosfere che poi si quietano nella inconsueta ma affascinante cover di Matte Kudasai, un pezzo dei King Crimson dell’era Adrian Belew (ebbene sì), trasformata in una squisita ballata che viaggia sulle ali di una sognante pedal steel, quasi alla Albatross di Peter Green, mentre la brillante ed euforica Get Up rimanda al Tom Petty più “campagnolo”, con Gilbert che imperversa alla grande con la solista https://www.youtube.com/watch?v=JYeUuwJOp1c , e Am I Really So Bad, tenera ed avvolgente, attinge dalla musica dell’anima tanto praticata in quegli studios. On Shady Hill tra country e rockabilly sprizza voglia di vivere e muovere i piedi, A Little Too Loud rimane sulla stessa collina ma invita i Creedence e i Blasters per un bel party https://www.youtube.com/watch?v=phbXeAPjnwA , Hush Shhh è quasi onomatopeica e in punta di piedi, silenziosa, ma con passione, parla la pedal steel. Il traditional The Auld Triangle, cantata a cappella in totale austerità per ricordare le radici irlandesi di Eileen Rose. La Side B dei vecchi brani rifatti per il ripasso, ma come nuovi, parte con la lunga e bellissima Shining dal primo album del 2000, qui devo dire molto Lucinda Williams, sempre meno “pigra”, ma parimenti chitarristica https://www.youtube.com/watch?v=g9ZgUsv5xdU , ottima anche la rootsy e sudista Walk The Jetty.

Good Man anche per gli sbuffi iniziali dell’armonica sembra un Neil Young d’annata virato al femminile, con weeping pedal steel, l’altalenante nei ritmi Trying To Lose You ha un che del Dylan anni ‘60 con un assolo ringhioso di Gilbert, la malinconica Stagger Home cantata con voce cavernosa, come se Marianne Faithfull avesse deciso di darsi al country in un pezzo scritto da Maria McKee, la divertente Queen Of The Fake Smile, quasi come dei Traveling Wilburys di nuovo al femminile, Old Time Reckoning, con Joshua Hedley al violino e un gran lavoro di Latanation alla batteria mi ha ricordato ancora la McKee, magari dell’era Lone Justice https://www.youtube.com/watch?v=GPAXDQ921XQ , con cui Eileen Rose condivide un timbro vocale ancora squillante benché maturo, e per concludere il jingle-jangle amaro della splendida Sad Ride Home https://www.youtube.com/watch?v=9tVzgeaCxvM .

Che dire, tutto molto bello, neanche un brano inutile: un nome da (ri)scoprire, esce, a seconda dei paesi, tra il 15 e il 22 maggio.

Bruno Conti