Più Sregolatezza Che Genio! Così E’ (Se Vi Piace…). The Waterboys – Good Luck, Seeker

waterboys good luck seeker

The Waterboys – Good Luck, Seeker – Cooking Vinyl Limited Edition 2 CD

Mike Scott è un genio. L’ho sempre pensato, da quando molti anni fa ebbi la fortuna di assistere all’esibizione della sua creatura appena nata, i Waterboys, in apertura ai Pretenders nel cortile del Castello Sforzesco di Milano http://www.lateforthesky.org/wp-content/uploads/2009/10/Waterboys.pdf . Non può che essere un genio uno capace di scrivere canzoni della qualità di Savage Earth Heart, A Pagan Place, Don’t Bang The Drum, The Whole Of The Moon, The Pan Within, Fisherman’s Blues, And The Bang on The Ear, On My Way To Heaven e la lista potrebbe diventare lunghissima fino alle più recenti You In The Sky, Long Strange Golden Road o Piper At The Gates Of Dawn. Uno che è stato capace di riattualizzare il genere folk-rock con un capolavoro su cui ha lavorato proficuamente per quasi tre anni come testimoniato dal monumentale Fisherman’s Box di sei CD traboccanti di perle luminose. Uno che dal vivo ha sempre fatto performance entusiasmanti, da solo, in trio, full band, con le varie formazioni che lo hanno accompagnato (meglio se con il funambolico violinista Steve Wickham al fianco).

Eppure anche i geni hanno degli svarioni, o cadute, più o meno rovinose. E il nostro Mike, purtroppo, non fa eccezione. Ci aveva già provato negli anni novanta e all’inizio del nuovo millennio con due album sottotono, Dream Harder e, soprattutto, A Rock In The Weary Land, che soffrivano di un suono eccessivamente ridondante sul modello di quello di alcuni famosi gruppi americani di quel periodo. Il fondo però lo ha toccato tre anni fa con lo sciagurato Out Of All This Blue, un doppio CD (addirittura triplo nella versione superdeluxe https://discoclub.myblog.it/2017/09/20/ma-e-veramente-cosi-brutto-come-dicono-quasi-tutti-waterboys-out-of-all-this-blue/ ), ricco di pastrocchi sonori che andavano dalla dance anni ottanta al trip-hop con largo uso di elettronica, usata per creare effetti spesso irritanti e senza senso. In tanto marasma, salvabili risultavano solo i pochi brani ispirati dal country nashvilliano che non c’entravano nulla col resto del lavoro. Nel 2019 Where The Action Is, con un ritorno a sonorità rock più congeniali alla band del songwriter di Edimburgo, sembrava aver riportato i Waterboys sulla retta via https://discoclub.myblog.it/2017/09/20/ma-e-veramente-cosi-brutto-come-dicono-quasi-tutti-waterboys-out-of-all-this-blue/ . E invece, ahimè ci risiamo, e ci troviamo tra le mani questo nuovo capitolo, Good Luck, Seeker, che se non raggiunge i livelli nefasti di Out Of All This Blue, ci arriva comunque molto vicino.

L’impressione, e due indizi fanno spesso una prova, è che Mike Scott soffra di bipolarismo (non vorrei gettare la colpa di ciò sulla sua più recente compagna di vita, l’artista giapponese Megumi Igarashi, già nota col nome d’arte di Rokunedashiko, ovvero “artista della vagina”…non trovate qualche richiamo alla vicenda Lennon-Yoko Ono?) perché tutta questa infatuazione per l’elettronica, le campionature, il nu-soul e il chillout non può giustificarsi solo come una reazione traumatica al periodo di lockdown. Bipolare o no, da questo nuovo stillicidio di suoni finti, voci trattate (addirittura nella pessima The Golden work rispolvera il vocoder del peggior Neil Young di Trans), ritmi dance di ogni passata decade, lounge music urticante come i quarantasei secondi di Sticky Fingers, che degli Stones ha solo il titolo, da tutto questa paccottiglia deprimente salviamo il salvabile, purtroppo ben poco. Senz’altro il singolo The Soul Singer, che spicca in tanta confusione come un brillante esempio di r&b in stile Motown, con una sezione fiati in gran spolvero, le voci nere delle coriste a rinforzare la performance vocale di Scott che gigioneggia nel testo e nel video che vi invito a guardare.

Poi l’unico episodio dalla struttura folk, la semi-acustica Low Down In The Broom, intensa e ancor più efficace nella versione demo per sola voce e chitarra. Quindi due brani recitati, non cantati, come Mike ama fare negli ultimi tempi, Postcard From The Celtic Dreamtime e My Wanderings In The Weary Land. In entrambi troviamo finalmente protagonista il violino di Wickham, che, se nella prima si limita a ricamare sullo sfondo di una evocativa e ipnotica contemplazione di paesaggi naturali irlandesi, nella seconda scatena tutta la sua trascinante irruenza duettando con la chitarra del leader nei tre minuti finali di un brano che ci riporta per una volta ai fasti dei bei tempi andati. Merita una citazione anche l’unica cover presente in scaletta, Why Should I Love You? (era nell’album The Red Shoes di Kate Bush) non tanto perché sia un brano memorabile, quanto perché gode di un arrangiamento più sobrio rispetto al resto, nobilitato da un bell’assolo di chitarra nel finale. Vi lascio il privilegio di scoprire l’imbarazzante bruttezza delle canzoni che non ho citato, questa è una,

Magari qualcuno avrà il coraggio di farsele piacere e qualche nota rivista specializzata (soprattutto inglese) griderà al capolavoro. Preferisco sperare che mister Scott abbia ancora la voglia e la capacità di rinsavire e concludo citando le ultime frasi di uno dei suoi gioielli del passato: that was the river, this is the sea, ovvero, quello era il fiume (della buona musica), questo è il mare (pieno di spazzatura).

Marco Frosi

 

Il Ritorno Di Un’Artista Decisamente Trasformata. Maria McKee – La Vita Nuova

maria mckee la vita nuova

Maria McKee – La Vita Nuova – Fire Records/Afar CD/Book

Era da diversi anni che non sentivo parlare di Maria McKee, per l’esattezza dal 2007 quando la cantante losangelena aveva dato alle stampe il discreto Late December. Dopo lo scioglimento dei Lone Justice, una delle più fresche e migliori rock’n’roll bands degli anni ottanta, Maria sembrava destinata ad una luminosa carriera solista, impressione confermata dal suo splendido secondo album You Gotta Sin To Get Saved, un’accattivante miscela di rock, pop, Americana ed errebi che fu uno dei dischi più riusciti del 1993 (nonché il suo lavoro più venduto). Life Is Sweet del 2006 non era malaccio, ma negli anni seguenti Maria si era persa un po’, con pochi album pubblicati e nessuno di essi che si elevasse da un grigio anonimato. In questi tredici anni di silenzio di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e La Vita Nuova (titolo ispirato dall’omonima opera di Dante) ci restituisce una McKee completamente trasformata rispetto a quella che avevamo lasciato nel 2007. In questo tempo Maria si è spostata a Londra, ha letto molto, soprattutto i classici (non solo Dante ma anche poeti anglosassoni come W.B. Yeats e William Blake), ma principalmente è stata la sua vita privata ad essere sconvolta, dato che ha scoperto ben dopo la cinquantina di essere attratta in misura maggiore dalle persone del suo stesso sesso, cosa che le ha fatto cambiare radicalmente il modo di rapportarsi col prossimo e, non ultimo, l’ha portata a separarsi dal marito Jim Akin (ma non artisticamente, dato che l’ex consorte è indicato come produttore del nuovo lavoro).

La Vita Nuova è quindi il lavoro più personale di Maria dal punto di vista dei testi, con canzoni di chiara ispirazione letteraria che trattano dell’amore nelle sue varie sfaccettature, ma è per quanto riguarda la musica che il cambiamento è più radicale: siamo infatti alle prese con un disco di ballate molto discorsive (qualche detrattore potrebbe definirle verbose), canzoni dalla vena intimista e profonda ma con melodie decisamente poco immediate, lontanissime dalle atmosfere dei primi lavori da solista e soprattutto da quelle rock’n’roll del periodo Lone Justice. La McKee è un’artista nuova (ed il titolo del disco è perfettamente in tema), che più che da Tom Petty è influenzata dalle ballate classiche di Joni Mitchell e dalle atmosfere eteree di Kate Bush, ed i brani riflettono questa nuova visione musicale: pochi strumenti (suonati in gran parte da Maria stessa, più Akin al basso e Tom Dunne alla batteria), spesso coadiuvati da un’orchestra di 19 elementi che aggiunge pathos alle composizioni. Un album bello ma non facile, che se approcciato con la dovuta attenzione non mancherà di emozionare l’ascoltatore. L’iniziale Effigy Of Salt è una ballata morbida e molto discorsiva, cantata con voce squillante e con un sottofondo musicale che contrappone una base rock ad interventi orchestrali non invasivi. Page Of Cups si stacca un po’ dal resto del lavoro, in quanto è un folk-rock elettrico con un’aria vagamente sixties, un pezzo chiaramente influenzato dal fratello di Maria, Bryan MacLean, chitarrista, membro fondatore ed anche co-autore dei Love (proprio la leggendaria band guidata da Arthur Lee), scomparso negli anni novanta a soli 52 anni: la melodia è abbastanza complessa e poco memorizzabile, ma rimane comunque scorrevole.

Bella la pianistica Let Me Forget, una rock ballad dal motivo intenso e diretto, una strumentazione fluida ed il solito background a base di archi: un gran bel pezzo. I Should Have Looked Away è costruita esclusivamente intorno al pianoforte ed alla voce avvolgente di Maria, un brano a cui non manca il feeling nonostante la strumentazione ridotta all’osso, mentre Right Down To The Heart Of London inizia con la medesima struttura ma il suono si arricchisce subito con l’arrivo dell’orchestra per quasi sette minuti in crescendo, un pezzo che denota una notevole maturità compositiva. La title track è una ballata full band ancora con un motivo molto articolato, cantata alla grande e con un arrangiamento reso maestoso dagli archi; Little Beast è un intenso bozzetto per voce e piano, ed è seguito dalla lunga (più di sette minuti) Courage, una rock ballad che parte piano (voce, chitarra acustica, pianoforte ed un riff elettrico nelle retrovie) e a poco a poco si arricchisce di suoni ed anche il ritmo si fa cadenzato: indubbiamente uno dei pezzi centrali del CD. Ceann Brò è più sul versante folk che rock, con la linea melodica che ricorda certe cose della Mitchell, The Last Boy e I Never Asked sono ancora pianistiche e profonde (meglio la seconda, con un motivo migliore e meno ripetitivo), l’espressiva Just Want To Know If You’re Alright è invece a metà tra le atmosfere tipiche del disco e l’ispirazione che deriva ancora dal suono dei Love. L’album termina con la struggente Weatherspace, in cui vedo ancora tracce della bionda Joni, e con la lenta ed acustica However Worn, decisamente interiore.

La Vita Nuova è quindi un lavoro di alto spessore artistico, che ci fa scoprire il lato più profondo della personalità di Maria McKee: un disco bello ma non per tutti, e specialmente non per quelli che hanno ancora in testa il periodo Lone Justice e quello appena seguente.

Marco Verdi

Alcune Prossime Ristampe “Primaverili”: Kate Bush, Stevie Nicks, Iain Matthews, Steeleye Span, Van Der Graaf Generator

kate bush the other sideskate bush the other sides box

Alcuni prossimi interessanti cofanetti previsti in uscita tra fine marzo e fine aprile p.v.

Kate Bush – The Other Sides – 4CD Parolophone/Rhino – 22-03-2019

Vi ricordate i due cofanetti dedicati a Kate Bush usciti lo scorso mese di novembre? Ve ne avevo parlato in un Post https://discoclub.myblog.it/2018/10/21/prossime-uscite-autunnali-13-kate-bush-remastered-part-i-ii-come-dicono-i-titoli-tutto-il-catalogo-ristampato-in-due-box-in-uscita-il-16-e-30-novembre/ Il secondo Remastered, oltre agli album pubblicati dal 2005 al 2016 conteneva anche quattro CD di materiale “raro”, non pubblicato nella discografia ufficiale della cantante inglese.

Naturalmente ora la Warner, il 22 marzo, pubblicherà come cofanetto a sé stante proprio quei 4 CD, per la gioia di chi aveva acquistato il Box proprio perché interessato a quelle rarità.Il tutto ad un prezzo indicativo particolarmente interessante e contenuto, intorno ai 30 euro, a differenza dei due Remastered che invece erano abbastanza costosi.

Comunque ecco di nuovo il contenuto:

 CD1: 12” Mixes]
1. Running Up That Hill (A Deal With God)
2. The Big Sky (Metereological Mix)
3. Cloudbusting (The Organon Mix)
4. Hounds Of Love (Alternative Mix)
5. Experiment 1V (Extended Mix)

[CD2: The Other Side 1]
1. Walk Straight Down The Middle
2. You Want Alchemy
3. Be Kind To My Mistakes
4. Lyra
5. Under The Ivy
6. Experiment 1V
7. Ne t’enfuis pas
8. Un baiser d’enfant
9. Burning Bridge
10. Running Up That Hill (A Deal With God) 2012 Remix

[CD3: The Other Side 2]
1. Home For Christmas
2. One Last Look Around The House Before We Go…….
3. I’m Still Waiting
4. Warm And Soothing
5. Show A Little Devotion
6. Passing Through The Air
7. Humming
8. Ran Tan Waltz
9. December Will Be Magic
10. Wuthering Heights (Remix)

[CD4: In Others’ Words]
1. Rocket Man
2. Sexual Healing
3. Mna Na Heireann
4. My Lagan Love
5. The Man I Love
6. Brazil (Sam Lowry’s First Dream)
7. The Handsome Cabin Boy
8. Lord Of The Reedy River
9. Candle In The Wind

stevie nicks stand back box

Stevie Nicks – Stand Back:1981-2017 – 3CD Atlantic/Rhino – 19-04-2019

Sempre il gruppo Warner pubblicherà in data 19 aprile un cofanetto dedicato a Stevie Nicks, sulla falsariga di quello uscito lo scorso anno, sempre in autunno e dedicato a Lindsey Buckingham https://discoclub.myblog.it/2018/10/16/un-esaustivo-viaggio-attraverso-la-carriera-solista-di-un-musicista-eccelso-ma-sottovalutato-lindsey-buckingham-solo-anthology/Non sia mai che anche la sua compagna di vita ed avventure musicali non venisse debitamente omaggiata, anche se per la verità della bionda cantautrice di Phoenix era già stato pubblicato dalla Atlantic nel lontano 1998 un box triplo retrospettivo intitolato Enchanted, non più in produzione da anni, e che solo in parte si sovrappone come contenuti a quello attuale, pur presentando parecchie differenze, visto che arriva cronologicamente fino ai giorni nostri.

Ecco comunque i contenuti completi e dettagliati del nuovo Stand Back 1981-2017.

[CD1]
1. Edge Of Seventeen
2. Rooms On Fire
3. Stand Back
4. After The Glitter Fades
5. If Anyone Falls
6. Talk To Me
7. I Can’t Wait
8. Has Anyone Ever Written Anything For You
9. Long Way To Go
10. Maybe Love Will Change Your Mind
11. Blue Denim
12. Every Day
13. Planets Of The Universe
14. Secret Love
15. For What It’s Worth
16. The Dealer
17. Lady

[CD2]
1. Stop Draggin’ My Heart Around – with Tom Petty & The Heartbreakers
2. Leather And Lace– with Don Henley
3. Nightbird
4. I Will Run To You – with Tom Petty & The Heartbreakers
5. Two Kinds Of Love
6. Whenever I Call You ‘Friend’ – with Kenny Loggins
7. Magnet & Steel – with Walter Egan
8. Gold – with John Stewart
9. Too Far From Texas – with Natalie Maines
10. Sorcerer
11. You’re Not The One – with Sheryl Crow
12. Santa Claus Is Coming To Town – with Chris Isaak
13. Cheaper Than Free – featuring Dave Stewart
14. You Can’t Fix This – with Dave Grohl, Taylor Hawkins, and Rami Jaffee
15. Golden – with Lady Antebellum
16. Blue Water – featuring Lady Antebellum
17. Borrowed – with LeAnn Rimes
18. Beautiful People Beautiful Problems – with Lana Del Rey

[CD3]
1. Gold Dust Woman – Live
2. Dreams – Live
3. Angel – Live
4. Rhiannon – Live
5. Landslide – Live with Melbourne Symphony Orchestra
6. Sara – Live from The Soundstage Sessions
7. Crash Into Me – Live from The Soundstage Sessions
8. Circle Dance – Live from The Soundstage Sessions
9. Needles and Pins – Live with Tom Petty & The Heartbreakers
10. Rock and Roll – Live
11. Blue Lamp – from Heavy Metal Soundtrack
12. Sleeping Angel – from Fast Times At Ridgemont High Soundtrack
13. If You Ever Did Believe – from Practical Magic Soundtrack
14. Crystal – from Practical Magic Soundtrack
15. Your Hand I Will Never Let It Go – from Book Of Henry Soundtrack

Il 29 marzo verrà pubblicata anche una edizione singola con un estratto del contenuto del cofanetto.

iain matthews orphans and outcasts

Iain Matthews – Orphans And Outcasts – 4 CD Cherry Red – 26-04-2019

Alla fine di Aprile, il giorno 26, è prevista l’uscita di questo cofanetto Orphans And Outcasts dedicato a Iain Matthews, che come recita il sottotitolo raccoglie Demos, Outtakes And Live Performances. I più attenti, o quelli con la memoria migliore, ricorderanno che negli anni ’90 erano già usciti tre CD con lo stesso titolo, rispettivamente nel 1991, 1993 e 1998, per una piccola etichetta, la Dirty Linen, dischi che già da lunga pezza sono scomparsi nella notte dei tempi. Molti sapranno chi è Matthews, ma per i più giovani, o per chi lo ignora, ricordiamo che è stato il primo cantante dei Fairport Convention, poi negli anni ha militato nei Matthews Southern Comfort, nei Plainsong, negli Hi-Fi, insieme a David Surkamp dei Pavlov’s Dog, oltre ad avere registrato una serie di spesso meravigliosi album solisti, in bilico tra il miglior folk-rock britannico e la più luminosa musica west-coastiana. Nel box è raccolto materiale proveniente da tutti i periodi (con l’esclusione dei Fairport, ma con un brano dei Pyramid del lontano 1966) che è stato opportunamente rimasterizzato, ed è stato anche aggiunto un quarto volume con ulteriori rarità, live e outtakes.

Ecco la lista completa dei contenuti. Oltre a tutto pare che il cofanetto, a livello indicativo tra i 30 e i 35 euro, avrà anche un prezzo particolarmente appetibile.

[CD1: Vol. 1]
Matthews Southern Comfort 1970:
1. Touch Her If You Can
2. Yankee Lady
3. Belle
4. Later On
5. I Believe In You
Iain Matthews Radio Session 1971:
6. It Takes A Lot To Laugh
7. Not Much At All
8. Baby Ruth
9. Hearts (Outtake)
10. Christine’s Tune
Plainsong Radio Session 1972:
11. Seeds And Stems
12. Spanish Guitar
13. Tigers Will Survive
14. Any Day Woman
Miscellaneous:
15. Poor Ditching Boy (Outtake)
16. Even The Guiding Light (Live)
17. So Sad (Demo)
18. Groovin’ (Demo)
19. Let There Be Blues (Matthews/Lamb Demo)
20. New Shirt (Songwriting Demo)

[CD2: Vol. 2]
Miscellaneous:
1. S.O.S. (‘Hi-Fi’ Demo, 1981)
2. Better Not Stay (‘Hi-Fi’ Demo, 1981)
3. What Do You Wish You Could Be (Songwriting Demo, 1982)
4. Perfect Timing (Songwriting Demo, 1982)
5. Voices (Songwriting Demo, 1982)
6. Action (‘Shook’ Demo, 1983)
7. Change (‘Shook’ Demo, 1983)
8. Rendezvous (Songwriting Demo, 1984)
‘Walking A Changing Line’ Demos, 1987:
9. What The Wanter Wants
10. Action & Intent
11. Too Hard Too Soon
12. Steady
13. Your Heart Again
14. Still I See You
Miscellaneous:
15. We Don’t Talk Anymore (Songwriting Demo, 1988)
16. Rains Of ’62 (Alternate Take, 1989)
17. Mercy Street (Working Ref., 1989)
18. Perfect Timing (Working Ref., 1989)

[CD3: Vol. 3]
The Pyramid:
1. Me About You (by Pyramid, 1966)
Matthews Southern Comfort:
2. Woodstock (Alternate Take)
Iain Matthews Radio Session:
3. Hearts
4. Home
5. Never Ending
Miscellaneous:
6. I’ll Fly Away (Plainsong Demo, 1972)
7. Sing Senorita (Outtake, 1978)
8. On The Beach (Outtake, 1983)
9. The Fabrication (Demo, 1986)
10. Except For A Tear (Demo, 1986)
11. Next Time Around (Demo with Andy Roberts, 1991)
12. God’s Empty Chair (Demo with Andy Roberts, 1991)
13. Jaques And Tambo (with Mark Hallman, 1996)
14. Spirits (Plainsong Radio Session. 1997)
15. Sing Sister Sing (Live, 1997)

[CD4: Vol. 4]
Miscellaneous:
1. Let Me Live Until I See You Again
2. Seven Bridges Road (Live In LA, 1988)
3. Nothing’s Changed (Demo with Andy Roberts, 1989)
4. Voices (Plainsong Demo, 1991)
5. Living In Reverse (Demo with Andy Roberts, 1991)
6. Restless Wings (Hamilton Pool Demo, 1992)
7. Leaving Alone (Hamilton Pool Demo, 1992)
8. Ballad Of Gruene Hall
9. Rooted To The Spot (Demo, 1993)
10. Even If It Kills Me (Demo with Clive Gregson, 1997)
11. Horse Left In The Rain (Hamilton Pool Demo with David Halley, 1997)
12. Anchor Me (Demo with Michael Bonagura, 1997)
13. Something Mighty (Outtake, 1998)
14. Your Own Way Of Forgetting (Plainsong Outtake, 1998)
15. Mr Soul (Demo, 1998)
16. Stranded (Demo, 1999)

All Disc 4 tracks previously unissued

Steeleye Span box 1970-1971 All tings are quiet

Steeleye Span – All Things Are Quite Silent: Complete Recordings 1970-71 – 3CD box set – Cherry Tree UK – 26-04-2019

Sempre il 26 aprile, e sempre per una etichetta del gruppo Cherry Red, è prevista la pubblicazione di questo cofanetto triplo dedicato agli Steeleye Span, la storica band folk-rock inglese fondata da Ashley Hutchings dopo la sua fuoriuscita dai Fairport Convention. Il box raccoglie i primi tre album del gruppo, pubblicati appunto nel biennio 1970-1971, arricchiti di alcune rarità (poche per la verità) e con i CD che riproducono le grafiche degli album originali, nonché un libretto di 32 pagine che racconta la storia di quel glorioso periodo.

Ecco la tracklist completa.

CD1: Hark! The Village Wait]
1. A Calling-On Song
2. The Blacksmith
3. Fisherman’s Wife
4. Blackleg Miner
5. Dark-Eyed Sailor
6. Copshawholme Fair
7. All Things Are Quite Silent
8. The Hills Of Greenmore
9. My Johnny Was A Shoemaker
10. Lowlands Of Holland
11. Twa Corbies
12. One Night As I Lay In My Bed

[CD2: Please To See The King]
1. The Blacksmith
2. Cold, Haily, Windy Night
3. Jigs: Bryan O’Lynn/The Hag With The Money
4. Prince Charlie Stuart
5. Boys Of Bedlam
6. False Knight On The Road
7. The Lark In The Morning
8. Female Drummer
9. The King
10. Lovely On The Water

[CD3: Ten Man Mop Or Mr. Reservoir Butler Rides Again]
1. Gower Wassail
2. Jigs: Paddy Clancey’s Jig/Willie Clancy’s Fancy
3. Four Nights Drunk
4. When I Was On Horseback
5. Marrowbones
6. Captain Coulston
7. Reels: Dowd’s Favourite/£10 Float/The Morning Dew
8. Wee Weaver
9. Skewball
Bonus Tracks:
10. General Taylor
11. Rave On (‘Fake Scratch’ Single)
12. Rave On (Alternative Version #1)
13. Rave On (Alternative Version #2)

VAN-DER-GRAAF-GENERATOR-Aerosol grey machine box

Van Der Graaf Generator – The Aerosol Grey Machine – 50th Anniversary Edition box set – 2 CD +LP + 45 giri Esoteric UK

The Aerosol Grey Machine è il primo album dei Van Der Graaf Generator di Peter Hammill, l’unico uscito per la Mercury/Fontana (ma in Italia l’etichetta era Vertigo) nel 1969, e quindi ci risiamo con i 50esimi farlocchi, ma ormai ci siamo abituati. Prima del passaggio alla Charisma Records per il trittico dei loro tre album migliori,The Least We Can Do Is Wave to Each Other, H To He,Who Am The Only One Pawn Hearts, coincisi con l’ingresso nella formazione britannica di David Jackson, il sassofonista e flautista che insieme all’organista Hugh Banton, fu il motore principale del suono della band, insieme alla voce strepitosa di Peter Hammill.

L’album nel corso degli anni è stato giustamente rivalutato, anche se rimane inferiore ai tre citati poc’anzi, però come al solito si è voluto esagerare nel formato, spesso scontentando molti di quelli che sarebbero stati interessati a questa ristampa. Perché optare per questi formati misti, che uniscono vinili e CD insieme, quando si sarebbe potuta fare una edizione in LP e una in CD? Ok, nella confezione c’è anche un sontuoso libro con foto, interviste e un saggio di Sid Smith, oltre ad un poster creato dallo stesso Hammill, portando il prezzo però ad una altrettanto sontuosa cifra indicativa per il costo vicina ai 60 euro, che per chi è interessato solo al secondo CD, quello con inediti e rarità (quei pochi già non apparsi in precedenti ristampe), certo non incoraggia all’acquisto. Al solito ecco la lista completa dei contenuti musicali.

 Tracklist
[CD1: The Aerosol Grey Machine]
1. Afterwards
2. Orthentian Street (Parts 1 & 2)
3. Running Back
4. Into A Game
5. Ferret And Featherbird
6. Aerosol Grey Machine
7. Black Smoke Yen
8. Aquarian
9. Giant Squid
10. Octopus
11. Necromancer

[CD2]
1. Sunshine (1967 Demo) (Previously Unreleased)
2. Firebrand (1967 Demo) (Previously Unreleased)
3. People You Were Going To (BBC Session – November 1968)
4. Afterwards (BBC Session – November 1968)
5. Necromancer (BBC Session – November 1968)
6. Octopus (BNC Session – November 1968) (Previously Unreleased)
7. People You Were Going To (Single Version)
8. Firebrand (Single Version)

[LP: The Aerosol Grey Machine (180 Gram Vinyl In Unissed Gatefold UK Sleeve)]
1. Afterwards
2. Orthentian Street
3. Running Back
4. Into A Game
5. Aerosol Grey Machine
6. Black Smoke Yen
7. Aquarian
8. Necromancer
9. Octopus

[7-Inch Single]
1. People You Were Going To
2. Firebrand

Anche questo box uscirà il 26 aprile p.v..

Per oggi è tutto.

Bruno Conti

Prossime Uscite Autunnali 13. Kate Bush – Remastered Part I & II: Come Dicono I Titoli, Tutto Il Catalogo Ristampato In Due Box in Uscita Il 16 E 30 Novembre.

kate bush remastered part 1 frontkate bush remastered part 1

Kate Bush – Remastered Part I – 7 CD Parlophone/Rhino Box Set – 16-11-2018

Come vedete qui sopra (e poi sotto) verrà ristampato, debitamente rimasterizzato da Kate Bush James Guthrie (con l’eccezione del recente Before The Dawn), tutto il catalogo completo della cantante inglese: oltre ai due cofanetti in CD di cui tra un attimo, verranno anche pubblicati quattro box in vinile, e anche i vari album sciolti, sia in vinile che in CD, con l’eccezione dei quattro dischi di rarità, che si troveranno solo nel secondo cofanetto di Remastered. 

Ma andiamo con ordine: il primo cofanetto da 7 CD Rematered Part I contiene i primi sette album della discografia, senza neppure mezzo inedito, così come erano usciti ai tempi:

The Kick Inside (1978)
Lionheart (1978)
Never For Ever (1980)
The Dreaming (1982)
Hounds Of Love (1985)
The Sensual World (1989)
The Red Shoes (1993)

E sono probabilmente i migliori album della discografia di Kate Bush, quindi se già non li avete fateci un pensierino. Uscita prevista per il 16 novembre.

kate bush remastered part 2 front

kate bush remastered part 2

Kate Bush – Remastered Part II – 11 CD Box Set Parlophone/Rhino – 30–11-2018

Questo per i fan della Bush dovrebbe essere il più interessante. Il condizionale è d’obbligo perché come spesso accade c’è la doppia fregatura: per avere i quattro CD di rarità bisogna comprare tutto il cofanetto, divisi non vengono pubblicati (per ora, perché non è mai detto), in più, come hanno rilevato molti fans non è assolutamente completo, in quanto non comprende tutto il materiale raro non presente nei suoi album ufficiali, quindi lati B, 12″ mixes e cover varie, mancano parecchie canzoni, alcune delle quali erano già uscite ad esempio nel box This Woman’s Work: Anthology 1978–1990, un cofanetto antologico di 8 CD, uscito nel 1990, e che comprendeva i sei album pubblicati fino ad allora, più due dischetti di rarità, di cui peraltro alcuni brani non si trovano in questa nuova edizione, come potete verificare cercando in rete (cosa che ho fatto anch’io, spulciando pure nel vecchio box). E manca anche del materiale vario successivo al 1990, sia uscito su singoli, come su edizioni speciali varie. Visto che non lo fanno pagare poco, soprattutto il secondo volume, e questa dovrebbe essere l’edizione definitiva della sua opera, si poteva fare un lavoro più accurato, magari bastava un altro CD.

Comunque il secondo volume comprende i seguenti album:

Aerial (2005)
Director’s Cut (2011)
50 Words For Snow (2011)
Before The Dawn (2016)

Più i dischi di rarità, divisi in quattro categorie:

12″ Mixes
The Other Side 1 (B-sides)
The Other Side 2 (B-sides continued)
In Others’ Words (covers)

Che a loro volta hanno il seguente contenuto:

[12” Mixes]
1. Running Up That Hill (A Deal With God)
2. The Big Sky (Meteorological Mix)
3. Cloudbusting (The Orgonon Mix)
4. Hounds Of Love (Alternative Mix)
5. Experiment IV (Extended Mix)

[The Other Side 1]
1. Walk Straight Down The Middle
2. You Want Alchemy
3. Be Kind To My Mistakes
4. Lyra
5. Under The Ivy
6. Experiment IV
7. Ne T’Enfuis Pas
8. Un Baiser D’Enfant
9. Burning Bridge
10. Running Up That Hill (A Deal With God) (2012 Remix)

[The Other Side 2]
1. Home For Christmas
2. One Last Look Around The House Before We Go
3. I’m Still Waiting
4. Warm And Soothing
5. Show A Little Devotion
6. Passing Through Air
7. Humming
8. Ran Tan Waltz
9. December Will Be Magic Again
10. Wuthering Heights (Remix / New Vocal from ‘The Whole Story’)

[In Others’ Words]
1. Rocket Man
2. Sexual Healing
3. Mná na hÉireann
4. My Lagan Love
5. The Man I Love
6. Brazil (Sam Lowry’s First Dream)
7. The Handsome Cabin Boy
8. Lord Of The Reedy River
9. Candle In The Wind

E ovviamente, con l’eccezione del triplo dal vivo Before The Dawn, manca anche tutto il, non molto, materiale Live pubblicato da Kate Bushquindi EP, Album e Video, molti mai usciti in DVD o Blu-ray, che potevano essere aggiunti nei cofanetti. Comunque il secondo box Remasters Part II uscirà il 30 novembre.

Anche per oggi è tutto, ma c’è ancora materiale interessante annunciato come prossime uscite.

Bruno Conti

Un Disco “Acquatico”! Lisa Hannigan – At Swim

lisa hannigan at swim

Lisa Hannigan – At Swim – PIAS/Play It Again Sam – ATO

Terzo album solista per la cantante irlandese, forse il suo migliore in assoluto, dopo i peraltro buoni Sea Sew Passenger. Nel titolo dell’album o dei brani ci sono comunque sempre alcuni rimandi all’acqua, da cui il titolo del Post, ma poi le canzoni si allargano sia tematicamente che a livello musicale in mille direzioni. La voce è sempre stata una delle carte vincenti di Lisa Hannigan, sin dai tempi in cui era la seconda voce nei primi dischi del conterraneo Damien Rice, ma nei suoi album solisti ha saputo sviluppare uno stile musicale e compositivo che se non è originale è sicuramente affascinante. In passato si erano fatti paralleli con Jesse Sykes, Vashty Bunyan, Bjork, Tori Amos, Kate Bush, Fiona Apple, Marissa Nadler e molte altre, io, dopo un attento’ascolto dei brani di questo album, oltre ai nomi appena ricordati mi sentirei di azzardare anche il folk delle Unthanks, o la musica delle Roches Kate & Anna McGarrigle, visto che spesso la Hannigan usa la voce sovraincisa con il double-tracking e quindi sembra di ascoltare diverse cantanti in azione in contemporanea, peraltro con eccellenti risultati, ed atmosfere sonore e vocali sempre differenti e complesse, quasi dark, lasciando da parte quasi totalmente anche quelle derive pop, sia pure eccentriche, presenti negli album precedenti.

Il disco, dopo il precedente Passenger prodotto da Joe Henry, vede in cabina di regia Aaron Dessner dei National. che si era offerto spontaneamente di collaborare con la Hannigan, e dopo un fruttuoso incontro preliminare in quel di Copenaghen, per scambiarsi idee e bozzetti. il tutto è stato registrato in quel di Hudson, New York. Le canzoni sono state concepite tra Dublino, Parigi, dove ha vissuto per qualche mese, e Londra, che per un breve periodo è stata la residenza di Lisa, che vi si era trasferita per superare un blocco dello scrittore (ma “writer’s block” suona meglio) che l’aveva colpita dopo la fine del lungo tour seguito al secondo album. Il trasferimento a Londra deve essere stato un mezzo shock perché le canzoni, almeno dai titoli, non suonano felicissime: Prayer For The Dying, We The Drowned (questa anche di carattere marino), Funeral Suit, mentre l’iniziale Fall porta pure la firma di Joe Henry, ed è anche uno dei brani più vicini come stile al passato, il testo si apre su un  desolato e criptico “Hold your horses, hold your tongue/ Hang the rich but spare the young.”  Con la sua solitaria acustica arpeggiata, una melodia fragile ma che si ravviva leggermente nel ritornello, la voce raddoppiata quasi sussurrata che inizia ad incantare con i suoi deliziosi svolazzi, e poco altro, una elettrica e delle tastiere sullo sfondo, il tutto con un leggero tempo di valzer che pare il ritmo predominante dell’album. Prayer For The Dying è splendida, una commovente canzone mistica, quasi religiosa, come suggerisce il titolo, una sorta di Ave Maria contemporanea, con la voce, di nuovo double-tracked, che sale e scende su una base di piano acustico, tastiere e chitarre slide trattate, una ritmica appena accennata e un’aria di sereno dolore che la pervade, veramente molto bella.

Snow, di nuovo intima e raccolta, ricorda certe cose di Bjork o Kate Bush, la voce a tratti finalmente in solitaria può rammentare anche quella della Dolores O’Riordan prima della svolta rock dei Cranberries o della Sinead O’Connor meno incasinata, con violino in evidenza e un mood irlandese che rafforza questa impressione, mentre Lo, scritta con Aaron Dessner, si appoggia su una cascata di strumenti a corda e tastiere, la solita leggera elettronica e le voci moltiplicate che possono avvicinarsi a quelle di altre cantautrici complesse come Tori Amos Sarah McLachlan, ma anche le Roches, le sottovalutate sorelle newyorkesi. Con Undertow, che grazie alla sua struttura complessa e fruibile ricorda la migliore Kate Bush, con la voce che fluttua su una melodia futuribile dove però fa capolino anche un banjo e Ora, di nuovo firmata con Dessner, che tenta un approccio più bucolico, avvicinandosi a certe splendide e acrobatiche ballate pianistiche delle sorelle McGarrigle, impressione ancora più percepita da chi scrive, nella meravigliosa Anahorish, meno di due minuti di sola voce a cappella raddoppiata e triplicata per musicare un poema del premio Nobel irlandese Seamus Heaney, da brividi.

Ma prima incontriamo le derive acquatiche e marittime della pianistica We, the drowned, dove una batteria quasi marziale sottolinea l’incedere appassionato della voce incredibile e emozionante della Hannigan, ancora una volta protagonista di quella che è comunque, volendo, anche una bella ballata tra classico e pop, raffinata ma “popolare”, con l’inizio che mi ha ricordato addirittura A Day In The Life dei Beatles (e credo sia un grande complimento). Tender, di nuovo pianistica, ma con un tocco mitteleuropeo grazie alla fisarmonica, mischia arie francesi (o canadesi, come facevano le più volte citate grandi sorelle McGarrigle) e la migliore tradizione delle cantautrici britanniche più raffinate in un tutt’uno che poi alla fine è unico ed esclusivo della musica della Hannigan, geniale artigiana creatrice, insieme a Dessner, di un sound di non facile ascolto ma che regala grandi soddisfazioni all’ascoltatore, come nella splendida ballata Funeral Suit, altra canzone gloriosa che riecheggia anche le ascensioni vocali di quella splendida cantante che è stata Mary Margaret O’Hara (chissà se vorrà ancora deliziarci prima o poi?). In conclusione l’ultimo brano scritto con Dessner, Barton, altra misteriosa e notturna composizione degna delle migliori cantautrici. Ripeto, musica non facile, ma che ascolto dopo ascolto si arricchisce di nuovi particolari e gratifica l’ascoltatore. Ovviamente se amate solo il riff e rock lasciate perdere, se i vostri gusti sono più eclettici potete provare. Esce oggi.

Bruno Conti

Dispacci Dalla Scandinavia! Sivert Hoyem – Lioness & Ane Brun – When I’m Free

sivert hoyem lioness

Sivert Hoyem – Lioness – Hektor Grammofon Records

Ane Brun – When I’m Free – Genepool Records – Deluxe Edition

Domanda delle “cento pistole”: chi fra i numerosi lettori di questo blog conosce Sivert Hoyem e Ane Brun? Pochini presumo, anche se questi due personaggi si portano dietro un “background” di tutto rispetto. Sivert Hoyem con gli amici Frode Jacobsoen e Robert Buras è stato il frontman e leader indiscusso dei Madrugada, un gruppo che si è formato nel ’95 in Norvegia e con i primi tre album ha venduto 400.000 copie, facendo da apripista ad altri gruppi conterranei che sarebbero venuti dopo, come i Midnight Choir (di Paal Flata e Al DeLoner) e i  Kings Of Convenience. *NDB Comunque di artisti norvegesi si è già parlato nel Blog, oltre a un paio di quelli appena citati, http://discoclub.myblog.it/tag/paal-flaata/ anche Ingrid Olava http://discoclub.myblog.it/2010/05/07/la-ricerca-prosegue-dalla-norvegia-ingrid-olava-the-guest/) Nella prima parte di carriera pubblicano i notevoli Industrial Silence (99), The Nightly Disease (01), Grit (02), e proseguono con The Deep End (05), l’immancabile disco dal vivo Live At Tralfamadore (06) per chiudere una più che dignitosa carriera con l’omonimo Madrugada (07).

 

Prima dello scioglimento del gruppo,  il buon Sivert aveva dato alle stampe un lavoro solista passato pressoché inosservato, Ladies And Gentlemen Of The Opposition (04), mentre di tutt’altro spessore gli album seguenti, a partire dall’ottimo Moon Landing (09) (che nella versione Deluxe conteneva una intrigante cover in cui si cimentava con The House Of The Rising Sun,in una meravigliosa versione countrynorvegese), e ancora Long Slow Distance (11), Endless Love (14), fino ad arrivare a questo nuovo Lioness, dove nelle dieci tracce contenute nell’album si sposano il pop con l’alt-rock, il tutto con un approccio vocale nuovo.

Lioness è stato registrato a Oslo negli studi Klang, dove Hoyem ha utilizzato musicisti di area locale, tra i quali Inga Byrkjerland e Margrethe Falkenberg al cello, Oysten Frantzvag alle chitarre e basso, Morten Engebretsen al clarinetto, Borge Fjordmen alla batteria e percussioni, Andre Orvik e Bjarne Magnus Jensen al violino, e come ospite la brava (e bella) Marie Munroe, il tutto con la produzione di Christer Knutsen (chitarrista di lunga pezza e membro dei Tumbleweed).

Chi ha ascoltato almeno una volta la musica dei Madrugada, difficilmente avrà dimenticato la voce calda e maestosa di Hoyem, e la partenza di Lioness è in perfetto stile Leonard Cohen, con l’ariosa e pianistica Sleepwalking, a cui fanno seguito la solare Fool To Your Crown, la potente title-track dal timbro scuro Lioness, la minimalista e triste It Belongs To Me, e poi chiudere la prima parte con la poetica My Thieving Heart cantata in duetto con la citata Marie Munroe. Si riparte con i brani più estremi del lavoro una indie-song come V-O-I-D e una intrigante The Boss Bossa Nova (forse un omaggio postumo a David Bowie) dal ritmo nervoso, seguita da una Oh, Spider cantata in falsetto, le chitarre acustiche di una delicata e recitativa The Riviera Of Hades, e chiudere al meglio con una tenera canzone di un amore straziante, la meravigliosa Silences.

Come sempre Sivert Hoyem nelle sue canzoni fa riferimento, oltre al citato Leonard Cohen alle influenze di artisti quali Dylan, il compianto Lou Reed e il lato più oscuro di Nick Cave, e questo Lioness lo certifica ancora di più (come fu, prima con i Madrugada e poi con una solida carriera solista), come una sorta di “istituzione” del rock alternativo locale e norvegese!

ane brun when i'm free

Lo stesso dicasi per Ane Brun, che è una stella nella sua patria d’adozione (nata in Norvegia, vive a Stoccolma in Svezia) e che arriva al settimo disco in studio con questo When I’m Free (senza dimenticare due album live e due raccolte), in un arco temporale di una quindicina d’anni. Questa signora (il suo vero nome è Ane Brunvoll, è figlia del cantante di jazz e pianista Inger Johanne Brunvoll), esordisce con Spending Time With Morgan (03), a cui fa seguire A Temporary Dive (05), Duets (06) una raccolta di duetti con artisti locali e non (tra cui i Madrugada e Ron Sexsmith), e dopo due anni in tour pubblica il primo e splendido Live In Scandinavia (07).

Il terzo disco in studio arriva con Changing Of The Season (08) che arriva ai primi posti delle classifiche in Svezia e Norvegia, fatto che attira l’attenzione di Peter Gabriel e Ani DiFranco (che se la portano in tour), dandole quella visibilità che merita e che la porta ad incidere altro buoni lavori come Sketches (08), It All Starts With One (11), e una raccolta di cover e outtakes dal titolo Rarities (13).

Questo ultimo lavoro When I’m Free (con una copertina inguardabile) non ha avuto molte recnsioni fuori dalla Scandinavia (dove era uscito già a Settembre dello scorso anno), ma Mojo e Uncut gli avevano dato entrambi 4 stellette o 8 se preferite, e devo riconoscere che ad un primo e pure  ad un secondo ascolto non mi aveva particolarmente entusiasmato, ma poi sentendolo più attentamente mi sembra che pur non essendo il più bello, forse è il più completo della sua discografia. Ad aiutare la Brun in sala di registrazione si sono presentati musicisti altri di area locale, tra cui il bassista Dan Berglund, il batterista Andreas Werliin, Lars Skoglund e John Erikson, tenendo comunque ben presente che il perno dell’album, dall’inizio alla fine, rimane la voce cristallina di Ane, che spazia dal pop al soul con qualche sfumatura jazz.

L’iniziale Hanging attrae con sofisticati accordi melodici, per poi passare alle sonorità alla Moby con Black Notebook e Directions, all’inno femminista “soulful” You Lit My Fire interpretato come una novella Kate Bush, le sorprendenti percussioni mediorientali di Shape Of A Heart, per poi ritornare alla ballate Miss You More e All We Want Is Love (dove è sufficiente una chitarra arpeggiata), e ancora una meravigliosa Still Waters, che ricorda la bravissima Liz Frazer dei Cocteau Twins https://www.youtube.com/watch?v=7UT-uQuAVmA , andando poi a chiudere con il mid-tempo di Better Than This e il canto distintivo di Ane nella dolce Singing Off. Le bonus tracks della versione Deluxe  sono la sussurrata e pianistica Let In Your Love, e la tenera bellezza nordica di Hunting Hight And Low, che chiudono il cerchio di un piacevole album di “pop orchestrale”.

Tirando le somme, se volete approfondire: per Sivert Hoyem dove si pesca si pesca bene, per la signora Brun vi consiglio lo splendido Live At Stockholm Concert Hall (09), e la raccolta Songs 2003-2013.!

Tino Montanari  

Due Grandi Voci Femminili. La Prima Dal Canada: Apriamo Il Borsellino Di Ulisse E Troviamo Tante Belle Canzoni, Forse Persino Troppe! Jane Siberry – Ulysses’ Purse

jane siberry ulysses' purse

Jane Siberry – Ulysses’ Purse – Sheeba Music/CD Baby

Jane (Stewart) Siberry nasce il 12 ottobre del 1955 a Toronto, in Canada: inizia la sua carriera musicale con alcuni gruppi di rock alternativo locale alla fine degli anni ’70 (allora si chiamava new wave) e poi pubblica il primo album da solista, l’omonimo Jane Siberry nel 1981, da allora, tra album ufficiali di studio, live e antologie ne ha pubblicati più di 20, compresi alcuni realizzati sotto lo pseudonimo di Issa, quando per un breve periodo, tra il 2006 e 2009, dopo avere venduto tutti i suoi averi tramite eBay (la casa di Toronto e i suoi strumenti musicali inclusi, ma non la sua collezione di album di Miles Davis, il suo musicista preferito insieme a Van Morrison e Joni Mitchell), si immerge in un misticismo pastorale influenzato dalle religioni orientali e dall’amore per la natura. Se volete leggere quello che avevo scritto ai tempi su di lei lo trovate qui http://discoclub.myblog.it/2010/05/20/cd0c383d1c6ffa6e05aecf6c823ee077/. Da allora mi è capitato di parlare della cantante canadese solo in un’altra occasione, quando aveva partecipato ad un evento benefico per raccogliere fondi, poi pubblicato dalla True North come Concert For St, Stephens nel 2013, ma registrato nel 2005 e quindi antecedente gli ultimi eventi della carriera musicale della Siberry. Diciamo che se l’album più noto di Jane è quel When I Was A Boy del 1993, prodotto da Brian Eno Michael Brook, il disco che contiene il singolo Calling All Angels, cantato in coppia con con K.D. Lang (e apparso anche nella colonna sonora di Until The End Of The World), tutta la sua discografia è ricca di gioiellini sonori sparsi un po’ in tutti gli album e quindi vi consiglierei eventualmente di cercare la doppia raccolta Love Is Everything – The Jane Siberry Anthology.

jane siberry love is everything

Per quanto purtroppo non di facile reperibilità, ma si trova, con un po’ di pazienza, cercando in rete, come pure gran parte della sua produzione, che è, in ogni caso, tutta degna di nota, con alcune punte di grande qualità. Anche questo ultimo album Ulysses’ Purse non contribuirà a “diffondere il verbo” della sua bravura, visto che si trova principalmente attraverso il canale CD Baby e costa un bel 20 dollari, più le spese di spedizione. Però se volete approcciare per la prima volta, o continuare a seguire, se siete già dei fans, il talento vocale ed artistico di questa splendida cantante, il disco mi sembra decisamente buono. L’album ha avuto una gestazione lunghissima, doveva già uscire nel 2014 con il titolo di Consider The Lily, grazie ad un crowdfunding di 30.000 dollari canadesi che dovevano servire a coprire parzialmente i costi della registrazione del CD. Poi la raccolta ha superato decisamente quell’obiettivo e quindi Jane Siberry (che ha anche un carattere particolare ed una attitudine di vita quasi da nomade) si è presa i suoi tempi, ha più volte annunciato e poi rimandato il disco, che alla fine è uscito da qualche settimana, anche se, purtroppo, vista la scarsa reperibilità e l’elevato costo, se ne sono accorti in pochi.

Per i siti e le riviste musicali specializzate la Siberry spesso viene catalogata sotto un generico “dream pop”, che per quanto abbastanza accurato nel descrivere il suo stile, è anche abbastanza riduttivo. Lo usereste per parlare di gente come Joni Mitchell, Kate Bush, Van Morrison, Laurie Anderson,  a cui spesso viene accostata? Non credo, e quindi vediamo di approfondire i contenuti di questo Ulysses’ Purse, che nei suoi tredici brani e quasi 70 minuti di musica, contiene “quasi” fin troppe canzoni: secondo molti è meglio fare dei dischi più succinti e meno lunghi, piuttosto che disperdere le idee in un elevato numero di canzoni o in un minutaggio eccessivo. Il sottoscritto è della scuola opposta: secondo me, posto che, salvo rarissime eccezioni, il disco perfetto non esiste, meglio avere tante canzoni tra cui scegliere ed a cui affezionarsi, sentendone alcune meno, ma poi (ri)scoprendole magari con il tempo, che tagliare brutalmente i contenuti dei dischi (come in passato hanno fatto quasi tutti, da Dylan a Springsteen, a Petty, allo stesso Van Morrison, salvo poi, anni dopo, pentirsi e andare quindi al recupero dei propri archivi “perduti”). Pertanto meglio un album forse troppo lungo e non perfetto, se qualche canzone piace meno, pazienza, si salta al momento, ma poi si può recuperare in un secondo momento, con un’altra disposizione d’animo. Posto che il brano abbia comunque qualche spunto di interesse, se è brutto, rimane tale. Qui direi che di pezzi brutti non ce ne sono.

Curiosamente, ma anche no, in Ulysses’ Purse, la Siberry torna a collaborare con la vecchia amica K.D. Lang (https://www.youtube.com/watch?v=z-CnYAJc-Q0) e la prima cosa che si nota, dalla prima nota che esce dalla sua bocca in Hide Not Your Light, è che la nostra amica non ha perso nulla di quella voce stupenda che mi ha sempre affascinato: compassionevole, appassionata, sognante, con quel timbro vocale che oscilla tra il soprano ed il contralto è sempre un vero piacere ascoltarla. Il disco è anche una sorta di salto nel passato, con l’apparizione di vecchi collaboratori (tra gli oltre 25 musicisti che appaiono nell’album), come Ken Myhr alla chitarra, che non suonava con la Siberry dal disco del 1993, o lo stesso John Switzer, a lungo bassista, e compagno, della musicista di Toronto, con i figli Jacob Hallie (che pare sia depositaria del suo vecchio guardaroba), ma anche Kevin Breit, anche lui chitarrista, a lungo con Norah Jones, o i talenti vocali di Mary Margareth O’Hara, altra grandissima vocalist, Rebecca Jenkins Maria Doyle Kennedy, le cui voci si intrecciano con quella di Jane in intricate armonie che sbucano all’improvviso nel dipanarsi delle canzoni. Canzoni che oscillano, come di consueto, tra un sound carico di quella leggera elettronica che ha sempre caratterizzato anche il sound dei dischi anni ’80, ballate pianistiche, persino qualche escursione nel rock e nel pop, come nella “radiofonica” (magari!) e splendida Everything You Knew As A Child, dove chitarre elettriche, tastiere e batteria, si mescolano con oboe, archi e fiati, oltre a quelle voci stratificate e sognanti, quasi eteree nel loro dipanarsi. Oppure come nella citata, iniziale, Hide Not Your Light, dove un cello, una tromba e il piano fanno da contrappunto alle massicce iniezioni di voci corali che circondano quella della Siberry.

O ancora nella splendida e conclusiva Let Me Be A Living Statue, dove le voci di Jane Siberry e poi di K.D. Lang (quando arriva, si riconosce subito) si avvolgono, si accarezzano, si sovrappongono, in un magico ed emozionante interscambio vocale, sottolineato da un bellissimo accompagnamento di archi, che ha quasi l’intensità di un instant classic, una sorta di Hallelujah per gli anni 2000. Ci sono parecchie altre canzoni molte belle, tra l’altro tutte parecchio lunghe, tra i cinque e i sei minuti, con Morag che supera i sette, una ballata pianistica, sempre caratterizzata da questi crescendi elttroacustici, dove piano, cello, chitarre acustiche, archi e altri strumenti acustici sottolineano la voce stratificata e ricca di eco della Siberry e dei suoi collaboratori vocali per ottenere questo effetto carezzevole ed  avvolgente. Spesso nei brani si aggiungono effetti sonori presi dalla natura e da ciò che ci circonda e se ascoltati in cuffia mentre si cammina, magari in una metropoli, come ha fatto il sottoscritto, rendono ancora più affascinante e “diverso” l’ascolto, come nella soffusa Dark Tent, dove cello, oboe, piano, violino e delle tastiere elettroniche si contendono l’attenzione dell’ascoltatore, oltre alla voce sempre magnifica ed evocativa di Jane.

Molto bella pure Walk On Water, dove delle percussioni discrete, un walking bass e le solite splendide armonie vocali, sono arricchite da una steel guitar malinconica. Meno immediato il suono quasi “ambient” di Anytime, dove una chitarra circolare e armonie quasi beatlesiane, potrebbero conquistarci con ripetuti ascolti. L’orientaleggiante Geranium ha più di una parentela con certe cose di Kate Bush, Tori Amos o persino Bjork, mentre nell’alternanza cantato-parlato della complessa Five And Dime si ascolta quasi una sorta di stream of consciousness, un flusso di coscienza che ha qualche punto di contatto con la Joni Mitchell di Don Juan’s Reckless Daughter, anche se la voce è meno cristallina e più discorsiva. Mama Hereby è quasi una ninna nanna orchestrale che potrebbe venire da qualche colonna sonora dei film Disney, con In My Dream che ci riporta alla Kate Bush più onirica e ricercata (ma queste cose Jane Siberry le ha sempre fatte). Altro poema in musica è The Great Train, inizio e chiusura, parlato e in sordina, che poi si apre su un ricco arrangiamento dove le voci sono nuovamente al centro della musica, ricercata e di non facile fruibilità ma che verrà apprezzata, spero, come peraltro tutto l’album, da chi ama una musica “diversa” dal 95% di quello che si ascolta oggigiorno. Forse i fan del rock più tradizionale è meglio che stiano alla larga, più che di sognare rischiano di farsi dei “grandi sonni”, lo ammetto, ma per chi vuole sperimentare, se riuscite a recuperare l’album, potrebbe essere una piacevole sorpresa. Domani parliamo di Mary Coughlan!

Bruno Conti

NDB, Purtroppo i video delle canzoni del nuovo album non sono disponibili su YouTube per cui ho inserito un po’ di video presi dal passato della nostra amica. Se volete potete ascoltarlo o scaricarlo (a pagamento) qui http://store.janesiberry.com/album/ulysses-purse-2016