Proprio Bravi Questi “Pickers”! Keller Williams & The Travelin’ McCourys – Pick

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Keller Williams & The Travelin’ McCourys – Pick – Sci Fidelity CD

Keller Williams è un musicista eclettico.

Cantante, chitarrista, compositore, one man band, percussionista (bella pettinatura anche, NDB*), ha al suo attivo una lunga serie di albums (nonostante la giovane età), da solo o in collaborazione con diverse band del circuito jam: ha infatti collaborato e girato in tour con gli String Cheese Incident (e questo disco di cui mi accingo a parlare esce per l’etichetta di proprietà dei ragazzi del Colorado), Umphrey’s McGee, Yonder Mountain String Band, oltre ai Rhythm Devils, cioè il combo di Mickey Hart e Bill Kreutzmann dei Grateful Dead.

Come possiamo vedere tutte band che hanno come comune denominatore la creatività e la capacità di improvvisazione oltre, con l’eccezione dei Devils, a un contatto ben definito con la musica della tradizione americana, che sia country, bluegrass o folk. Williams ha poi sempre amato i cosiddetti “pickers”, cioè gli specialisti degli strumenti a corda tradizionali, suonati con l’uso dei polpastrelli (gli Incident sono a loro volta dei pickers eccellenti), ed era quindi nelle cose che il suo cammino si incrociasse con quello dei Travelin’ McCourys (che non sono altro che la Del McCoury Band senza Del, quindi Rob e Ronnie McCoury, Jason Carter ed Alan Bartram).

La famiglia McCourys è da sempre una delle eccellenze assolute nel mondo del bluegrass tradizionale, non li scopro certo io, e Pick, frutto della collaborazione con Williams, è un bel disco di pura bluegrass music, con una spiccata tendenza alla jam, in cui i cinque lasciano correre in libertà le dita in una gara di bravura mai fine a sé stessa, ma con grande creatività e coesione, come se suonassero insieme da una vita. Le dodici canzoni presenti sono per una buona metà opera di Williams, mentre per il resto troviamo riedizioni di brani già noti dei McCourys, oltre ad alcune covers, un paio delle quali davvero sorprendenti.

Il disco non è forse al livello delle cose migliori di band come Old Crow Medicine Show (nei quali però la componente rock non è da sottovalutare), Black Twig Pickers o Trampled By Turtles, ma è di sicuro una proposta sopra la media. E dire che l’album parte quasi in sordina, come se i cinque stessero scaldando i motori, ma poi dal quinto brano in poi il disco decolla ed arriva fino alla fine come un treno in corsa.

Apre le danze Something Else, un brano invero dalla melodia un po’ contratta, anche se il dialogo tra gli strumenti funziona subito molto bene (violino e mandolino su tutti); meglio American Car, più solare e ritmata (anche se il ritmo è dato dagli strumenti a corda, la batteria è assente), mentre Messed Up Just Right ha un motivo molto old fashioned, sembra proprio un brano supertradizionale, con l’amalgama tra gli strumenti e le voci (a turno cantano tutti) che cresce ulteriormente.

Mullet Cut non è un granché come canzone in sé, ma i cinque compensano con la bravura negli incroci e stacchi strumentali; l’album si impenna con Graveyard Shift (di Steve Earle, tratta proprio da The Mountain, il disco che Steve aveva inciso con la Del McCoury Band), un country-blues molto pimpante, nel quale domina il banjo di Rob, anche se gli altri non si tirano certo indietro. I Am Elvis ha un inizio attendista, nel quale i nostri sembra quasi che stiano accordando gli strumenti, poi il violino di Carter dà il via ed il brano parte in quarta, un perfetto viatico per le dita capaci dei nostri pickers (ed il brano mi ricorda quasi i Dead più bucolici). What A Waste Of Good Corn Liquor (un brano dei McCourys originali) è puro bluegrass, dal refrain che più tradizionale non si può, uno dei brani migliori fino ad ora; Broken Convertible è un divertente country-grass con tendenza spiccata alla jam, cinque minuti di piacere per le orecchie.

L’album volge al termine, ma i cinque non mollano la presa, anzi iniziano proprio ora le sorprese: I’m Amazed è una tonica e corroborante versione di un brano dei My Morning Jacket, piena di assoli (grande il banjo), mentre Price Tag è una versione in puro bluegrass style, a dir poco stupefacente, di una nota canzonetta pop insulsa di tale Jessie J (è stato un vero tormentone alla radio), una trasformazione che mi ha lasciato a bocca aperta. Come prendere una ciofeca e farne un grande brano: neanche Rick Rubin avrebbe osato tanto. Chiudono il disco una versione molto traditional di Sexual Harassment (un brano di John Hartford) e la veloce e corale Bumper Sticker, che vede anche il vecchio Del McCoury alla voce solista (ed il carisma si sente subito).

Un dischetto tonico, una collaborazione azzeccata: speriamo soltanto che non rimanga un episodio a sé stante.

Marco Verdi

Novità Di Luglio Parte I. James Dickinson & North Mississippi Allstars, Rick Estrin, Jimmie Van Zant, Keller Williams, Wyland Blues Planet Band, Chris Smither

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Riprendiamo i nostri appuntamenti con le uscite discografiche, anche se questa prima settimana di luglio non ci riserva grandi nomi e nemmeno molte uscite, mentre sembra più interessante la prossima con le ristampe di Hendrix (Berkeley, per l’ennesima volta), il nuovo Zac Brown, il box di Woody Guthrie, Hank Williams Jr. e qualche altra pubblicazione interessante. Questa settimana escono anche Blasters e Little Feat di cui si è già detto in altre pagine virtuali del Blog. Vediamo comunque le uscite del 3 luglio.

Prima di tutto, pubblicato dalla Memphis Int’l, un ulteriore capitolo delle vicende della famiglia Dickinson. Questa volta si tratta di un disco postumo attribuito a James Luther Dickinson and North Mississippi Allstars, I’m Just Dead I’m Not Gone, registrato dal vivo al New Daisy Theater di Memphis, Tennessee nel 2006, contiene 9 brani scelti tra classici e brani oscuri della musica americana, blues e non. Sul sito della band dice che è il miglior live mai registrato da Jim Dickinson, non so se è umorismo macabro, ma essendo anche l’unico disco dal vivo mai registrato sarebbe difficile credere il contrario. Comunque da quello che ho sentito mi sembra gagliardo, compresa la surreale intro parlata all’iniziale Money Rice di Sir Mack Rice e quando fa viaggiare il pianino indiavolato come nella poderosa Rooster Blues. Dalla copertina deve essere anche in mono, ma il suono è molto buono.

Da quando si sono persi per strada Little Charlie mi sembra che quelli che ora si chiamano Rick Estrin & The Nightcats, giunti al secondo album con la nuova formazione, One Wrong Turn, oltre al chitarrista hanno perso anche un po’ della grinta del passato. Comunque ascolterò meglio e poi vi riferirò, l’etichetta è sempre la Alligator. E il nuovo chitarrista “Kid” Andersen è comunque molto bravo.

Jimmie Vant Zant è il cugino di Ronnie, Donnie e Johnny, ma mi sembra che sia sempre stato il meno dotato della famiglia. Questo Feels Like Freedom, pubblicato dalla MRI, anche se contiene un brano che si intitola Southern Rock mi sembra più che altro rock Americano, AOR non particolarmente brillante, tipo i 38 Special nei loro album più commerciali. D’altronde quando leggi nelle note di presentazione che trattasi di album caratterizzato da un “innovativo suono crossover”, sai già cosa aspettarti. Nulla di buono (nemmemo di tragico per la verità), a meno che non ami il genere, niente in contrario ma come sono uso dire in questi casi “It’s not my cup of tea”! Il singolino del video è uno dei brami migliori del disco, quindi occhio al resto!

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Keller Williams è uno dei musicisti più interessanti che si muovono in quell’area che sta fra Bluegrass e Jam Grass acustico: cantante e polistrumentista, con una quindicina di album pubblicati per la Sci-Fidelity Records, per questo Pick si accompagna alla famiglia bluegrass dei Travelin’ McCourys, che poi sarebbero la Del McCoury Band senza il babbo. Se vi piace il genere assolutamente consigliato.

Dopo il primo capitolo di qualche mese fa, torna la Wyland Blues Planet Band con questo Blues Planet II, su etichetta Rocket Science. Le facce in copertina mi sembrano più o meno le stesse del primo album e visto che si tratta di una trilogia, tutto mi fa pensare che sia stato registrato in un’unica occasione in quel fatidico Maggio 2011 a New Orleans nei famosi Piety Street Recordings Studios e il materiale viene poi pubblicato di volta in volta. Rod Piazza, Taj Mahal, Honey Alexander, Jon Cleary, Johnny Lee Schell, Rusty Zinn e molti altri gli artisti coinvolti in questo progetto ecologico dall’artista Wyland per una buona causa con della buona musica, il Blues. E se vi siete persi il primo.

Per finire, il nuovo album di Chris Smither, Hundred Dollar Valentine, Crs/Signature records. Dovremmo essere a una quindicina di album di studio più 6 o 7 dal vivo per questo veterano della scena blues-folk in attività da una quarantina di anni, con qualche pausa discografica. Negli anni ’90 quando ha pubblicato i suoi dischi migliori mi piaceva moltissimo e anche a Bonnie Raitt che lo ha sempre considerato una specie di controparte maschile e pure a Emmylou Harris, John Mayall, Diana Krall e molti altri che hanno inciso i suoi brani. Negli ultimi dischi soprattutto acustici e in solitaria ha accentuato sempre più la quota Blues a scapito di quella cantautorale ma, come dimostra questo album, la voce è sempre bella, lo stile chitarristico rimane notevole e sono presenti anche, il violino in molti brani e la slide di David Goodrich che è il produttore del disco. C’è pure un batterista in quasi tutti i brani (ma niente basso), il cello di Kris Delmhorst e la seconda voce femminile di Anita Suhanin. Così vi ho fatto una spece di mini-recensione se non avrò il tempo di tornarci più dettagliatamente. 10 brani + la classica hidden track Rosalie, annunciata nel libretto. Non ho mai capito se la traccia deve essere “nascosta” perché l’annunciano sui CD. Mistero!

Alla prossima!

Bruno Conti