Una Voce E Un Talento Genuini Per Una Esordiente Di “Lusso”! Kelly Hunt – Even The Sparrow

kelly hunt even the sparrow

Kelly Hunt – Even The Sparrow – Rare Bird Records

Da non confondere con la quasi omonima Kelley Hunt, la nostra amica Kelly viene da Memphis, ma rispetto ad altre artiste ha fatto il percorso inverso, andando a stabilirsi per incidere la propria musica in quel di Kansas City. Il suo stile è stato giustamente inquadrato tra la cosiddetta Americana music e il folk tradizionale: sono stati tracciati paragoni con Gillian Welch e Rhiannon Giddens, e ci stanno assolutamente, ma forse la Hunt è ancora più “rigorosa” nel proprio approccio alla musica, veramente scarno e minimale, per quanto sapido. Si tratta di una cantante in possesso di una voce decisamente calda e partecipe, con un bel timbro che potrebbe avvicinarla anche a certe icone femminili del folk britannico come (oso) June Tabor, Cara Dillon, tra le contemporanee e, qui esagero, la Sandy Denny più vicina al folk tradizionale. Mi rendo conto che si tratta di paragoni impegnativi, ma mi pare che il talento ci sia: armata solo di un vecchio banjo tenore, quasi un secolo fa di proprietà di un certo Ira Tamm, uno strumento anche questo dal suono caldo e morbido, quindi pari alla sua voce, e con l’aiuto di pochi musicisti dell’area del Missouri, Stas Heaney, che oltre a co-produrre il disco con lei, ha suonato violino, contrabbasso, organo e delle piccole percussioni,  cui si aggiunge Tyler Giles alla chitarra ed alla pedal steel, e poco altro.

La brava Kelly ha lavorato con questi musicisti per circa un paio di anni, componendo le dodici canzoni che si trovano in questo Even The Sparrow, realizzando un album che giustamente, in un ambito di musica molto di nicchia, sta comunque ottenendo degli ottimi riscontri di critica. Subito dall’iniziale Across The Great Divide, cantata con impeto e la sua bella voce profonda e risonante, si percepisce che questa musicista ha una appassionata e sincera conoscenza della materia che tratta, accompagnata solo dal banjo quasi fosse una chitarra acustica, Il suono ha un che di arcano e senza tempo, molto vicino alla grande musica dell’area scoto-irlandese, rivista però con quello spirito Appalachiano che condivide con la Welch e la Giddens, delicata ma molto coinvolgente, se amate il genere ovviamente. La title track aggiunge il violino quasi dolente di Heaney, la voce si fa più squillante, con quel retrogusto sonoro che ricorda la giovane Sandy Denny, grazie a note che si fanno più lunghe e con accenni di un qualche virtuosismo non fine a sé stesso; Back To Dixie ci trasporta nel Sud degli States, con un brano dal piglio brioso, energico e molto coinvolgente, con banjo, violino, chitarra acustica e contrabbasso che danno una profondità e una complessità sorprendente al risultato finale, veramente una bella canzone, cantata sempre con questa voce che affascina per la propria autorevolezza, nata da un talento naturale posto al servizio dell’ascoltatore non distratto.

Ancora Stati del Sud per una storia ambientata appena dopo l’epoca della Guerra Civile americana, Men Of Blue And Grey, ispirata dal lavoro di un fotografo e documentarista, ci trasporta in quegli anni lontani grazie al solito banjo e al violino che sostengono la voce splendida ed avvolgente della Hunt mentre ci racconta questa storia antica e senza tempo. Sunshine Long Overdue, un brano che se sostituite al banjo di Kelly una chitarra potrebbe ricordare nella sua dolce melancolia qualche pezzo di Nick Drake, e in cui spicca ancora l’ottimo lavoro del violino di Heaney, oppure Fingernail Moon, dall’atmosfera sospesa e una melodia che potrebbe rimandare al lavoro di qualche cantautrice tipo Natalie Merchant oppure la stessa Gillian Welch, grazie nuovamente all’impeccabile lavoro dell’onnipresente violino e al ritmo più vivace impresso dal contrabbasso dell’ottimo Chris De Victor. Delta Blues solo voce e percussioni ci trasporta in qualche campo di lavoro lungo le rive del Mississippi, mentre Bird Song, con i suoi quasi 5 minuti e il picking del banjo con il contrappunto del violino è più gioiosa e solare, grazie anche a delle belle armonie vocali che rendono  ancora più fascinosa questa specie di ninnananna incantevole.

Nothin’ On My Mind sembra un brano di quelli in cui Norah Jones eccelle, tra country, folk e canzone d’autore, cantata con voce svolazzante e dalle timbriche squisite. Oh Brother, Where Art Thou? non c’entra nulla con la colonna sonora del film dei fratelli Coen, ma i profumi che si respirano in questo pezzo sono proprio quelli, tra old time music, country, bluegrass e folk, con banjo, violino e chitarra acustica a rincorrersi gioiosamente sulle asperità delle Ozark Mountains, a cavallo tra Missouri, Arkansas e Oklahoma, nel cuore dell’America. How Long è un altro breve gioiellino folk, solo voce e banjo, con la conclusiva Gloryland, un’altra piccola perla dove il gospel più spirituale vive attraverso le armonie vocali di Havilah e Chris Bruders, l’organo vintage di Heaney e una ennesima interpretazione vocale da manuale di Kelly Hunt che si conferma una esordiente dal talento veramente dirompente e di cui mi permetto di consigliarvi caldamente questo eccellente disco.

Bruno Conti