Anche Lui Per Un Grande Disco Si Fa Dare Un “Piccolo” Aiuto Dai Suoi Amici. Reese Wynans And Friends – Sweet Release

reese wynans sweet release

Reese Wynans And Friends – Sweet Release – Mascot/Provogue

Nicky Hopkins, Chris Stainton, e per certi versi anche Chuck Leavell, sono stati tra i più grandi “gregari di lusso” tra i tastieristi della musica rock, ma nessuno (forse con l’eccezione di Leavell, da solo e con i Sea Level) ha mai realizzato dei dischi a nome proprio di spessore e consistenza qualitativa. Poi c’è anche chi, come Reese Wynans, addirittura di dischi come solista non ne aveva mai pubblicato uno, anche se la sua carriera inizia nel lontano 1968 quando muoveva i primi passi nei Second Coming dei futuri Allman Brothers Dickey Betts Berry Oakley. Poi ha fatto parte brevemente, per un solo disco, del gruppo rock progressive dei Captain Beyond nel 1973: da allora, a parte i 5 anni passati nei Double Trouble, ovvero dal 1985 alla morte di Stevie Ray Vaughan nel 1990, è stato uno dei musicisti “for hire” più ricercati ed indaffarati nell’ambito della musica rock, fino al 2015, quando è entrato in pianta stabile nella band che accompagna Joe Bonamassa, sia in studio che dal vivo. E proprio Bonamassa è il produttore di questo Sweet Release, il disco che segna l’esordio come solista di Wynans e di Joe dietro la console. E si tratta di un esordio con i fiocchi, un album di grande valore, dove sono accorsi in aiuto di Reese una serie di musicisti (e amici) impressionante.

Wynans ha lavorato con musicisti provenienti da tutti i generi musicali, vivendo da tempo a Nashville ovviamente la musica country, grazie a suoi trascorsi in Florida (dove è nato) e Texas, anche il southern rock fa parte del suo DNA, e pure soul e R&B non  mancatn nelle sue esperienze, ma sicuramente il blues(rock) è sempre stato lo stile in cui il tastierista ha eccelso maggiormente ed è quello che fa la parte del leone in questa prova discografica. Una cosa che salta all’occhio (anzi all’orecchio) è il sound brillante, nitido, ben definito (evidentemente Bonamassa ha imparato parecchio da Kevin Shirley, il suo produttore da una quindicina di anni), e anche la scelta della canzoni è stata fatta in modo oculato (con quattro brani estratti dal repertorio di Stevie Ray Vaughan), come pure quella degli ospiti che suonano nel disco, oltre alla band fissa che ruota intorno al piano e all’organo di Reese, gli strumenti principali dell’album, ma anche la chitarra non scherza, quasi un 50/50 con le tastiere: ovviamente la sezione ritmica è affidata in quasi tutti i pezzi ai suoi vecchi pard nei Double Trouble, Chris Layton alla batteria e Tommy Shannon al basso, poi ci sono i Texicali Horns, Michael Rhodes, Greg Morrow, Lamar Cater Travis Carlton. Anche se ovviamente sono gli “amici” che fanno la differenza, per esempio nell’iniziale Crossfire, l’unico brano di cui Wynans è co-autore insieme ad altri, e che si trovava su In Step l’album di SRV del 1989, in cui la voce è quella del grande Sam Moore, mentre la solista è nella mani di Kenny Wayne Shepherd, per un infuocato tuffo nel rock con ampie venature R&B, grazie alla presenza dei fiati sincopati, e con Moore che dimostra di non avere perso un briciolo della sua proverbiale potenza vocale, rispondendo colpo su colpo alla chitarra di Shepherd e all’organo di Wynans.

Say What era su Soul To Soul, il terzo album di Vaughan, uno strumentale con wah-wah a manetta (che era chiaramente un omaggio a Jimi Hendrix) e dove si apprezza ancora tutta la notevole tecnica di KWS, qui accompagnato solo dai “vecchi” Double Trouble, con Reese ancora in gran spolvero all’organo; That Driving Beat era un vecchio brano di Willie Mitchell, quindi errebì/soul originale Hi Records targato Memphis, e chi meglio di Mike Farris, un uomo all’ugola d’oro, ne poteva cogliere i sapori sudisti, ben coadiuvato dal sax di Paulie Cerra e con Jack Pearson Josh Smith alle chitarre e Wynans che imperversa sempre all’organo. You’re Killing My Love era una bellissima blues ballad scritta da Nick Gravenites Mike Bloomfield per Otis Rush, presente nell’album Mourning In the Morning prodotto dai due, con Doyle Bramhall II alla voce e alla chitarra, che quando suona il blues convince moltissimo, ancora con organo e fiati in bella evidenza. Ma, vi chiederete, il produttore in tutto ciò dove è finito? Eccolo che arriva con la sua chitarra (anche se praticamente non si sente) in un brano corale splendido, la title track Sweet Release, altra ballata sontuosa scritta nel 1969 per il suo primo album, da Boz Scaggs, che la canta anche insieme a Keb’ Mo’, Warren Haynes, Mike Farris, Jimmy Hall, Vince Gill, Paulie Cerra e Bonnie Bramlett, una vera delizia di deep soul-gospel sudista. Shape I’m In (senza il The iniziale) non è il brano di Robbie Robertson per la Band, come ha scritto qualcuno dicendo una vaccata colossale, ma una canzone scritta da Marc Benno e Doyle Bramhall per gli Arc Angels, e qui interpretata da Noah Hunt, il cantante della band di Kenny Wayne Shepherd, che appare nuovamente alla chitarra solista e alla seconda voce, mentre Wynans va di irrefrenabile piano boogie.

Hard To Be è un  brano scritto da Bramhall padre e da Stevie Ray Vaughan, per l’album Family Style dei fratelli Vaughan, e ricorda moltissimo i vecchi pezzi di Delaney & Bonnie, con la Bramlett a ricoprire il suo  ruolo originale, mentre la voce duettante è quella di un pimpante Jimmy Hall, altro vocalist sudista dalla ugola vellutata, pianino honky-tonk e fiati pompano di brutto, mentre finalmente anche Joe Bonamassa si ritaglia un suo spazio misurato alla chitarra. Che poi ripete anche in una strepitosa versione di un altro lungo strumentale di SRV, la splendida e raffinata Riviera Paradise, dove Joe divide gli spazi solisti con Kenny Wayne Shepherd Jack Pearson, accompagnati da par loro dai Double Trouble guidati dall’organo suadente di Reese Wynans. Take The Time è una canzone del 1976 scritta da Les Dudek, altro “sudista” doc, per l’occasione cantata da Warren Haynes, che divide anche gli spazi solisti con la chitarra di Joe Bonamassa, in un brano gagliardo e robusto. Bonamassa che a questo punto ci ha preso gusto e canta ed è la chitarra solista anche nel classico blues lento di Tampa Red So Much Trouble, con Mike Henderson all’armonica e Wynans al piano, pure loro grandi protagonisti: anche I’ve Got A Right To Be Blue è di Tampa Red. altro blues sapido, questa volta acustico, con Keb’ Mo’, voce e chitarra e il pianoforte di Reese, protagonisti di un brano dove l’ambientazione sonora è molto filologica. Non poteva mancare del sano funky, e ci pensa la presenza di un vecchio brano strumentale dei Meters, maestri del genere New Orleans, in una sinuosa rilettura di Soul Island, dove le tastiere del nostro amico sono protagoniste assolute insieme ai fiati. Reese Wynans si riserva poi il gran finale con una rilettura pianistica della classica Blackbird dei Beatles. 

Uno dei migliori dischi di questo inizio 2019.

Bruno Conti

Novità Di Settembre Parte IV E Ultima. Paula Cole, Nathaniel Rateliff, Camel, Manhattan Transfer, Matt Costa, Kenny Wayne Sheperd, Grateful Dead Eccetera

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Nel terzo aggiornamento sulle novità di settembre avevo lasciato alcuni “arretrati” che mi stavo dimenticando di completare ma ora provvedo. Prima due o tre precisazioni veloci: per il box di Bowie Station To Station il 28 settembre uscirà (almeno in Italia) solo la versione “normale” tripla mentre per la Deluxe non si sa. Idem per la Deluxe di Bitches Brew di Miles Davis che a oggi non si sa quando uscirà sul nostro mercato (doveva essere nei negozi ad inizio settembre). Per finire la carneficina pure la versione con libro di Lonely Avenue il disco di Ben Folds con Nick Hornby non dovrebbe essere nei negozi il 28 mentre uscirà la versione standard.

Qualcuno mi ha chiesto come faccio a sapere le date esatte di uscita (almeno per l’Italia) e poi, soprattutto, aggiornarle, cosa che non fanno i “gornalisti ufficiali” portati allo sgub alla Biscardi. Questo con grande scorno di chi acquista (o vorrebbe acquistare) i nuovi dischi alle date annunciate e spesso non aiutati dagli addetti nei negozi che, a loro volta, brancolano nel buio. Semplice: sono le mie vecchie fonti del negozio ormai defunto che campeggia nell’insegna del Blog e il desiderio di fare comunque un servizio utile a chi legge questo sito. Possono esserci degli errori anche qui perché sbagliare è umano ma perseverare è diabolico.

Per fare un esempio, Nathaniel Rateliff (senza la e finale come erroneamente indicato nel post precedente) è un interessantissimo nuovo cantautore americano il cui album di esordio In memory of loss sta uscendo nel mondo un po’ a macchia di leopardo, a maggio negli States, tra luglio e agosto in Inghilterra e ora qui da noi (in effetti la data doveva essere il 28 settembre ma già non lo vedo nelle liste di conferma per cui potrebbe essere uno degli ulteriori rinvii). Comunque, visto che si tratta di un disco che mi è molto piaciuto. ve ne parlerò a breve con un post ad hoc. Merita decisamente, ottime critiche tutte meritate, una voce “strana” e quindi molto interessante e uno stile che congloba influenze classiche che vanno da Van Morrison a Cat Stevens (per il sottoscritto) ma con ampi legami con il nuovo filone folk anglo-americano che va dagli Iron and Wine e Califone (stesso produttore) passando per Low Anthem, Mumford and Sons, ma anche David Gray e Ray LaMontagne, uno molto bravo insomma.

Un’altra molto brava è indubbiamente Paula Cole che ha pubblicato in questi giorni il suo nuovo album Ithaca su Decca Records per il mercato americano (si spera una pubblicazione anche italiana visto che fa parte della Universal). E’ il suo quinto album (più un Greatest Hits nel 2006): bellissima voce, forse qualcuno la ricorda perché era la vocalist di supporto di Peter Gabriel nel Secret World Tour, quella che duettava con Peter in Don’t Give Up, mentre gli ex-ragazzini forse la ricordano come colei che cantava I Don’t Want To Wait la sigla di Dawson’s Creek (peraltro brano molto bello). Anche su questo poi ci ritorno perché la “signora” mi piace molto.

Matt Costa è uno degli artisti che incide per la Brushfire l’etichetta di Jack Johnson, Mobile Chateau è il suo terzo album e segna un deciso cambio di atmosfere musicali. Questa volta si vira verso la psichedelia dei Sixties, si parla di 13th Floor Elevators, Zombies, Donovan, Electric Prunes, visto che l’argomento mi attizza sento e poi riferisco. Anche questo in uscita il 28 settembre ma già rinviato mentre negli States è uscito il 21 settembre.

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Il Chick Corea Songbook dei Manhattan Transfer in America è uscito esattemente un anno fa ma è passato un po’ sotto silenzio, il 28 settembre prossimo esce anche in Italia per la Edel. Il titolo dice tutto!

Il box dei Camel Rainbow’s End che esce prossimamente (ormai sulle date non mi sbilancio, no questo è confermato per il 28 settembre) è un ulteriore cofanetto quadruplo della Universal sempre a prezzo speciale e sempre senza inediti ma per chi non possiede nulla di questo ottimo gruppo del Progressive Rock inglese è manna dal cielo. Come al solito molto curato e, ripeto, ottimo prezzo.

Quel cofanetto dei Grateful Dead (quintuplo) raccoglie, in vinile 180 grammi e a tiratura limitata i primi 5 album di studio del gruppo californiano. Anche questo doveva uscire il 28, in America è uscito il 21 settembre qui poi si vedrà. Sul loro sito sono disponibili anche un nuovo capitolo della serie Road Trips e un cofanetto dei concerti del 1989 a Hampton sotto la vecchia ragione sociale Warlocks http://www.dead.net/.

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Tra i dischi confermati in uscita martedì 28 anche il nuovo disco dal vivo di Kenny Wayne Sheperd (solo import) Live In Chicago, con Hubert Sumlin, Willie Big Eyes Smith, Buddy Flett e il grande chitarrista cieco Bryan Lee con cui spesso si scambiano collaborazioni. Questo è un chitarrista di quelli tosti e il disco in concerto finalmente gli rende giustizia.

Esce anche il nuovo David Sylvian Sleepwalkers per la sua etichetta Samadhisound distribuzione Self e sempre per la stessa distribuzione su etichetta PIAS il disco dell’attore Tim Robbins con la Rogue Gallery Band, prodotto da Hal Willner e di cui si parla molto bene.

Per finire su una nota lieta finalmente esce anche in Europa (con una bonus track rispetto all’edizione americana, cazzarola!) su etichetta Naive il nuovo Cyndi Lauper Memphis Blues di cui vi avevo parlato molto bene a metà agosto questo-le-mancava-cyndi-lauper-memphis-blues.html oppure potete leggere la recensione sul Buscadero di ottobre (tanto è la stessa).

That’s All Folks!

Bruno Conti