Tosto L’Amore, Ma Anche La Chitarra! Tinsley Ellis – Tough Love

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Tinsley Ellis – Tough Love – Heartfixer Music

Tinsley Ellis, da Atlanta, Georgia, ormai va per la sessantina anche lui (li compirà nel 2017), e quindi è ormai un veterano, ma è anche una delle rare certezze per gli appassionati del blues rock elettrico più vibrante e virtuosistico. Raramente (forse mai) sbaglia un disco, nei suoi CD si va sul sicuro che la qualità sarà sempre elevata: anche Tough Love, il nuovo album, che segue a circa un anno di distanza l’ottimo Midnight Blue http://discoclub.myblog.it/2014/01/18/degli-ultimi-veri-guitar-heroes-tinsley-ellis-midnight-blue/  è una conferma del suo stato di grazia perenne e della sua bravura. Ancora una volta con l’immancabile Kevin McKendree alle tastiere (ormai con lui da una decina d’anni, anche come tecnico e ingegnere del suono, in quel di Nashville) e Lynn Williams alla batteria, entrambi nella formazione classica di Delbert McClinton, per l’occasione Steve Mackey (da non confondere con l’omonimo bassista e produttore del giro Pulp) sostituisce Ted Pecchio al basso, completando quindi la lista dei collaboratori di McClinton, ulteriore garanzia di qualità. Ellis è un musicista alla Clapton o alla Mark Knopfler, cioè uno che fa un tipo di musica che prende spunto dal blues ma poi diventa rock classico anni ’70, belle canzoni, tutte firmate dal nostro, uno stile chitarristico inappuntabile, da vero virtuoso, ma senza esagerazioni, quindi anche con tocchi soul e R&B, ampie dosi di musica del Sud, ogni tanto quello spirito laidback che aveva il compianto JJ Cale, una bella voce, che non guasta e una facilità di esecuzione quasi disarmante nella sua semplicità.

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Il classico groove di Seven Years, la blues ballad che apre le danze, può ricordare i migliori esempi dello stile di Robert Cray, unito al solismo dei citati Clapton e Knopfler, con l’ottima band che crea un sottofondo piacevolissimo per le evoluzioni della solista e il cantato sicuro e vivace di Ellis https://www.youtube.com/watch?v=_qbyxR6GJUo , Midnight Ride, sposta il tiro verso un blues-rock più tirato, con gli ottimi organo e piano di McKendree (come faceva ai bei tempi Bobby Whitlock) a seguire le traiettorie sempre ricche di feeling della chitarra, che inanella un assolo dietro l’altro ottenendo un sound molto claptoniano, non dissimile da quello che Eric aveva negli anni in cui a produrlo, ai Criteria Studios di Miami, era il grande Tom Dowd (che ha lavorato anche con Tinsley Ellishttps://www.youtube.com/watch?v=WMmvQXC_eWc . Give It Away è una bella ballata di stampo acustico, con Tinsley che si produce alla slide per un brano dolce ed avvolgente, quasi pastorale, mentre Hard Work si avvicina a quel sound alla JJ Cale che vi ricordavo, McKendree si sposta al piano elettrico, Ellis opera alla slide elettrica sempre con ottimi risultati ed il risultato è un blues elettrico laidback prediletto dal buon JJ (e per proprietà transitiva da Knopfler e Clapton). Niente male anche All In the Name Of Love, altro brano dall’atmosfera sudista, più Memphis che Nashville, ma sempre Tennessee è, con quel sentimento soul/R&B che non manca mai di ammaliare, anche grazie alle tastiere avvolgenti di McKendree e ad una piccola sezioni fiati, Jim Hoke, sax e Steve Herrman, tromba, che alza la quota blue-eyed soul del brano.

Should I Have Lied è il classico slow blues, di quelli che non possono mancare in un album di Tinsley Ellis, atmosfera alla BB King (anche nell’uso appassionato della voce), con la chitarra che pennella una serie di soli, mirabili nella loro capacità di estrarre l’essenza del blues dalle corde della solista, con tonnellate di feeling https://www.youtube.com/watch?v=McSJdtOp2Zw . Leave Me è decisamente più rock, ma sempre con l’incedere classico che ricorda il miglior blues bianco dei tempi che furono, con il solito, ma mai scontato, interplay quasi telepatico tra chitarra e tastiere e anche The King Must Die, con la voce vissuta del nostro amico a raccontare vecchie storie di blues, unite all’appeal del miglior rock, con la solista ancora una volta a disegnare linee sentite mille volte, ma sempre affascinanti se eseguite da chi conosce a menadito l’argomento. Per Everything Tinsley Ellis sfodera pure l’armonica, strumento che usa di rado, ma di cui è comunque buon praticante, il risultato è un blues classico, con le dodici battute che sono le protagoniste assolute; la conclusione è affidata a In From The Cold, una canzone dove i musicisti mescolano le carte, Kevin McKendree aggiunge Mellotron e timpani, Ellis oltre che alla chitarra si cimenta anche al Wurlitzer, e il risultato è un brano quasi pinkfloydiano https://www.youtube.com/watch?v=IUwRIyi9I00 , con le atmosfere sospese care a Gilmour, pure grande appassionato di blues, qui sfidato a colpi di chitarra da un ispirato Ellis, che conferma ancora una volta la bontà della sua musica.

Bruno Conti

Una “Amica” Di Delbert McClinton. Etta Britt – Etta Does Delbert

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Etta Britt – Etta Does Delbert – Self-released

Ormai non è inconsueto venire a sapere che un artista abbia avuto una carriera quanto meno travagliata, spesso interrotta per motivi familiari e poi ripresa (specie in questi hard times che stiamo vivendo, quando l’arte deve comunque venire a patti con il sostentamento quotidiano e non è infrequente per i musicisti dover avere anche un lavoro quotidiano, da affiancare alla propria passione). Il caso di Etta Britt, nata Melissa Prewitt sul finire degli anni ’50 in quel di Lancaster, Kentucky e cresciuta poi in una famiglia numerosa a Louisville, non è tanto diverso: dopo una lunga gavetta vince una audizione per entrare in un gruppo vocale country, Dave & Sugar, che negli anni fra il 1979 e il 1984 ebbe vari singoli e album ai vertici delle classifiche di categoria di Billboard. Nel 1984 mentre già risiedeva a Nashville, si sposò con il chitarrista di studio Bob Britt, uomo di mille battaglie e dischi, avendo due figli e decidendo quindi di dedicarsi alla famiglia per aiutare le condizioni economiche non floride della economia domestica. Ovviamente la passione era sempre lì, e, soprattutto dagli anni ’90, quando inizia ad usare il nome d’arte di Etta Britt, la si ritrova spesso nei credits di molti album di country (ma non solo).

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Facendo un salto veloce per arrivare ai giorni nostri, la Britt viene (ri)scoperta da Sandy Knox, autrice musicale per Reba McEntire, che nel 2012, alla tenera età di 53 anni le procura il primo contratto discografico da solista e la possibilità di incidere un album, Out Of The Shadows, dove possa esprimere appieno le sue notevoli capacità vocali; nello stesso anno collabora anche con Paul Thorn e Scott Ramminger, spostando ulteriormente il suo raggio d’azione verso uno stile che includa blues, soul, R&B, rock, e un pizzico di country, ispirata dal sempre ammirato Delbert McClinton, che grazie ai diversi legami con Bob Britt (marito per una, fido chitarrista per l’altro), appare già nel primo album della Britt, duettando in Leap Of Faith, un eccellente brano di blues-soul-roots rock, il genere che possiamo associare ad entrambi https://www.youtube.com/watch?v=XXznrmvTwU8  . Ancora di più se consideriamo che il secondo disco di Etta Britt, questo Etta Does Delbert, è proprio un tuffo nella musica del grande McClinton. Ed è soprattutto un fior di album, veramente bello: una voce pimpante e roca il giusto, una band coi fiocchi, oltre al marito, che produce e suona la chitarra, l’eccellente Kevin McKendree alle tastiere, Steve McKeys al basso, Lynn Williams alla batteria, tutti, passati e presenti, membri della band di Delbert, con l’aggiunta, per dirla alla Cohen, delle deliziose sorelle McCrary, “ginnaste” della musica nera, e della sassofonista Dana Robbins in Jealous Kind..

Il risultato è un disco che suona come una iniezione di musica di gran qualità, con l’energia del rock, i ritmi del soul e del R&B, più vicino alle radici di Memphis (rispetto a Nashville, dove risiede) o al limite del Texas, dove ha svolto gran parte della sua carriera il Delbert McClinton, che, da solo o in compagnia, è l’autore di quasi tutti i dodici brani che compongono questo CD, The Jealous Kind, bellissima, non è sua, ma è come se lo fosse, una signature song https://www.youtube.com/watch?v=ZQXs11Dveys . Pezzi come l’iniziale Somebody To Love You, dove la voce di Etta (omaggio indiretto anche alla grande James?) ha una raucedine e una grinta che la avvicina a gente come Maggie Bell dei non dimenticati Stone The Crows (una sorta di Rod Stewart in gonnella), ma anche al groove di Delaney & Bonnie, o per restare in tempi più vicini a noi, della Tedeschi Trucks Band, in un vorticare di chitarre pungenti, tastiere, densi strati di voci di supporto, una ritmica “cattiva” il giusto, più rock che soul, o entrambi https://www.youtube.com/watch?v=KwVBlIE4WKA .

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Old Weakness (Comin’ On Strong) ha una andatura stonesiana, ma di quelli del periodo “americano”, con pianino d’ordinanza e riff chitarristici all’impronta, anche slide, al limite può ricordare pure i Little Feat o la migliore Bonnie Raitt, con la cui voce ha molti punti di contatto, o anche il citato Rod Stewart nella veste di soul rocker https://www.youtube.com/watch?v=xtHMEFguCzA . Non manca il rock’n’roll misto a blues della poderosa Boy You Better Move On, un duetto con Delbert McClinton, con le McCrary Sisters sempre fantastiche con le loro armonie. Startin’ A Rumour annovera tra i suoi autori anche Guy Clark, ed è una deep soul ballad ad alta gradazione emozionale, sentire che voci, la chitarra, l’organo Hammond, ma dove è stata tutti questi anni la signora! Lie No Better è un funky rock di quelli sanguigni https://www.youtube.com/watch?v=PH1F9GoWD_g , e Every Time I Roll The Dice, con la slide di Britt in bella evidenza, potrebbe ricordare addirittura alcuni brani del miglior Bob Seger https://www.youtube.com/watch?v=hwZQ86YnRIE . Ancora deep soul misto a cori gospel per la fantastica You Were Never Mine https://www.youtube.com/watch?v=iZyfkOuzwOI , mentre in Best Of me qualche elemento country-blues emerge, ma vi sfido a trovare un brano scarso, fino alla conclusiva When I Was With You, l’unico firmato dalla nostra, un blues dal feeling jazzy, assai raffinato. Al solito, se amate le belle voci femminili, qui ne trovate una di grande qualità.

Bruno Conti

A Dispetto Del Cappellino, Per Suonare Suona, Caspita Se Suona! Shane Dwight – This House

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Shane Dwight – This House – Eclecto Groove Records

Un californiano che si trasferisce a Nashville per produrre la propria musica non è certo una novità assoluta, anzi e anche chi ha lo stesso gusto per il vestiario di Tom Morello (ma non lo stesso stile musicale) e porta pure un berretto simile, in effetti nelle foto cappelli ne sfoggia diversi, non oso pensare cosa ci sia sotto, sia in senso figurato che letterale. Ma Shane Dwight, a prescindere dal vestiario, per suonare suona, eccome se suona: con otto album in studio e due DVD nel suo carniere https://www.youtube.com/watch?v=MOSEv43mslU , questo signore non è quello che si può definire un principiante, ma da un paio di CD a questa parte, l’ottimo A Hundred White Lies https://www.youtube.com/watch?v=fYVMuS6iITc  e questo This House, ha unito alla propria reputazione di guitar slinger https://www.youtube.com/watch?v=HhBqFlPc_Ko  anche quella di buon autore e cantante. Per aiutarlo a completare questa parziale trasformazione si è scelto alcuni dei migliori turnisti di lusso in circolazione in quel di Nashville, Kevin McKendree alle tastiere, che oltre ad essere il band leader di Delbert McClinton è diventato uno dei migliori produttori in circolazione (per esempio negli ultimi dischi di Tinsley Ellis e Curtis Salgado, di cui ricordo di essermi occupato), con lui ci sono il bassista Steve Mackey e il batterista Lynn Williams entrambi da quella band e, in alternativa, quando serve, troviamo Kenneth Blevins e Doug Lancio, batteria e seconda chitarra, dalla band di John Hiatt.

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Delle armonie vocali si occupa una signora, Bekka Bramlett (la figlia di Delaney & Bonnie), che non ha dato forse alla musica quello che il suo patrimonio genetico faceva presagire, ma ha comunque sempre una gran voce https://www.youtube.com/watch?v=tVRA5rPKBPM . E lo dimostra subito nel brano d’apertura, This House, una canzone di impronta più acustica rispetto al resto dell’album, un contrabbasso e la voce di Bekka a contrappuntare quella di Dwight, mentre le tastiere di McKendree si dividono gli spazi con la chitarra acustica di Shane, per una partenza in sordina ma raffinata https://www.youtube.com/watch?v=ZVfKZ-H9Z0Y . Ma We Can Do This, il secondo brano, aggiusta subito il tiro, un funky rock che dimostra che la Bramlett più che nei Fleetwood Mac avrebbe dovuto cantare nei Little Feat, infatti siamo da quelle parti musicalmente, basso e batteria indaffaratissimi, la chitarra elettrica che comincia ad essere strapazzata come richiede il copione, tastiere e seconda chitarra sugli scudi e vai così. Fool è una bella ballata, ma di quelle proprio belle, profumo del Tennesse, con soul e gospel ancora a cura dei cori della Bramlett, l’organo di McKendree che ci delizia i padiglioni auricolari e Dwight che canta con passione, prima di rilasciare un assolo conciso ma lirico, con la presenza di Blevins alla batteria che potrebbe ricordare certe canzoni di Hiatt, veramente piacevole.

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Ma l’amore per il blues non è stato dimenticato in questo album, Shane scalda l’atmosfera con Sing For Me (Search For Sierra,) un bel mid-tempo cadenzato attraversato da una chitarra carica di eco e da belle atmosfere sonore sospese. It’s Gonna Be Beautiful porta la firma pure di Bekka Bramlett (tutte le altre, meno una, sono di Shane Dwight) che la canta veramente bene, una canzone di gran classe, con qualcosa del repertorio dei genitori che affiora, ma anche elementi country e pop, un pizzico della migliore Tina Turner e una bella melodia che si metabolizza con facilità, tra le cose migliori della carriera della Bramlett, Dwight si limita a fare l’accompagnatore, con classe. Ma poi parte lo shuffle, una Devil’s Noose dove la voce si incattivisce e la chitarra prende il centro del palcoscenico, e il ragazzo bisogna dire che tiene fede alla sua reputazione di “manico”, ribadita poi in Stepping Stone, un altro bluesaccio dove lui e Doug Lancio si sfogano scambiandosi fendenti chitarristici di quelli poderosi, e qui, cari miei, siamo dalle parti del profondo Texas. Never Before non molla la presa, trovato il groove la band ci sciorina un rock-blues di quelli che ti fanno saltare sulla sedia, chitarra in overdrive e voce pimpante, senza requie e I’m A Bad Man conclude la tetralogia blues con una puntata in quel di Chicago, voce e chitarra sempre sul pezzo e grande grinta e maestria di Dwight che sulla sua solista cesella le dodici battute https://www.youtube.com/watch?v=ax9GCk7i2E8 .

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Losing Ground è una lirica ballad che mescola il meglio del country di Nashville con arie pop quasi beatlesiane, ai limiti del plagio, ma sorprendenti e piacevoli, Bramlett e McKendree sempre perfetti gregari di lusso e la chitarra quasi knopfleriana non perde un colpo. Bad For You è l’altro pezzo firmato con Bekka Bramlett, vogliamo chiamarlo heavy soul, un ritmo funky, strumentazione e voci sature e un assolo luciferino di Dwight e infine, per concludere in bellezza, un’altra deliziosa canzone di stampo country-gospel, si chiama Crazy Today ma potrebbe essere Will The Circle Be Unbroken in chiave gospel. Shane Dwight: altro nome da tenere d’occhio ed appuntarsi, etichetta del gruppo Delta Groove, marchio di garanzia!

Bruno Conti

“Benvenuti Al Sud”! Blackie And The Rodeo Kings –South

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Blackie & The Rodeo Kings – South – File Under Music

Per chi non ne fosse al corrente, Blackie And The Rodeo Kings è una vecchia canzone di Willie P. Bennett, cantautore roots canadese molto noto negli anni ’70. Correva l’anno ’96 quando tre musicisti canadesi decisero di unirsi, più per divertimento che per soldi, per incidere un tributo alla  musica di Bennett, dando vita al progetto Blackie & The Rodeo Kings. I tre musicisti rispondevano (e rispondono) al nome di Colin Linden, Stephen Fearing e Tom Wilson: Linden produttore di mestiere e anche musicista per piacere (con parecchi validi dischi a suo nome), Fearing cantautore e Wilson leader di una rock band molto popolare in Canada (The Junkhouse), tre spiriti diversi, tre anime rock con origini abbastanza lontane le une dalle altre, ma per tutti primeggiava l’amore per la musica.

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Con questo South sono ben otto gli album incisi da questo “combo” canadese, a partire dal citato esordio High Or Hurtin’: The Songs Of  Wllie P.Bennett (96), il doppio Kings Of Love (99), e dopo una breve pausa Bark (04), Let’s Frotic (06), con abbastanza materiale da far uscire un secondo album di “outtakes” Let’s Frolic Again (per chi scrive, una spanna superiore al precedente (07), Swinging From The Chains Of Love (08), e il bellissimo Kings And Queens (11), un disco di duetti con voci femminili che andavano da Mary Margaret 0’Hara a Serena Ryder, da Cassandra Wilson a Emmylou Harris, da Rosanne Cash a Exene Cervenka, fino a Lucinda Williams (se volete conoscere le altre ospiti, correte a prendere il CD o leggete qui http://discoclub.myblog.it/2011/07/20/blackie-and-the-rodeo-kings-re-e-regine/ ).

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Con l’apporto della solita sezione ritmica, John Dymond al basso, Gary Craig batteria e percussioni,  Stephen Fearing chitarra acustica e voce, Colin Linden chitarra, dobro, mandolino e voce, eTom Wilson chitarra e voce (mente anche dei bravissimi Lee Harvey Osmond), con questo ultimo lavoro sposano un progetto intrigante, con suoni, colori e umori del Sud del continente nordamericano.

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Le prime due tracce del viaggio simbolicamente partono con North dall’incedere elettro-acustico, con il dobro di Colin in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=VbI0pFbkEF0 , mentre South è più melodica, perfetta a fare da contorno alla voce dello stesso Linden https://www.youtube.com/watch?v=acJhHs8HsRs , mentre in Gotta Stay Young, irrompe il vocione di Wilson https://www.youtube.com/watch?v=FaVjFNJIxfU . Si prosegue con la maestosa ballata I’d Have To Be A Stone scritta da Wilson e Fearing, e cantata da quest’ultimo in modo struggente (e dove primeggia l’organo di Kevin McKendreehttps://www.youtube.com/watch?v=63ITRzCWsM0 , come nella seguente Blow Me A Kiss con la voce di Wilson, a cavalcare un suono ricco di belle melodie, per poi tornare ad un sound elettrico con Summertime’s Over. La seconda parte del viaggio inizia con una Everything I Am di Fearing dalle sfumature blues, il country dolce di I’m Still Loving You, la deliziosa Reinventing The Wheel Of Love (dai sapori messicani) https://www.youtube.com/watch?v=2zcqjfthLkI , il country-blues di Try Try Try Again, mentre Fleur De Lys è un oasi tranquillizzante, scritta e cantata in coppia da Linden e Wilson, e per finire questo lungo viaggio verso il Sud niente di meglio che un brano proprio di Willie P. Bennett, Driftin Snow, sotto forma di un bel duetto vocale degli stessi protagonisti del brano precedente, con un ritornello tipico delle canzoni folk-blues di venti e passa anni fa https://www.youtube.com/watch?v=QR6ngZ_a6io .

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Non è certo un capolavoro, ma un bel disco di “americana”, guidato dall’intreccio delle voci dei tre leader Fearing, Linden e Wilson, da assaporare lentamente, magari sorseggiando un bel bicchiere di Whisky Canadese (consiglio il Sam Barton), lasciando scorrere la mente sui verdi boschi,  le grandi distese e le immense pianure dei figli delle “giubbe rosse”!

Tino Montanari