Non Solo Una Faccia Tra La Folla: Questo E’ Un Grande Disco! Ben Bostick – Among The Faceless Crowd

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Ben Bostick – Among The Faceless Crowd – Simply Fantastic Music

Ben Bostick non è soltanto uno dei classici cantautori che popolano il sottobosco della musica a stelle e strisce, è un vero talento: country, folk, Americana, roots? Decidete voi, forse nella sua musica c’è un po’ di tutto questo. Nativo della South Carolina, dopo essere passato dalla California, ora vive ad Atlanta, Georgia, dove lavora e fa musica. Per il momento si arrangia con eventi One Man Band, visto che suona, bene, un po’ di tutto ed è anche la modalità con cui ha inciso in parte questo Among The Faceless Crowd, che ha ricevuto eccellenti riscontri critici, con paragoni allo Springsteen di Nebraska, anche a livello concettuale, ma che tra le sue influenze cita, oltre a Bruce, Johnny Cash, Otis Redding e il chitarrista australiano Tommy Emanuel, dato che è anche un ottimo picker. In effetti nel disco appaiono anche Luke Miller alle tastiere, il bassista Cory Tramontelli e il suo chitarrista abituale, Kyle LaLone alla elettrica nella bellissima The Last Coast, un brano quasi epico, una splendida ballata corale, con un sound dove organo, chitarre arpeggiate e sezione ritmica fanno da apripista all’assolo di LaLone, questo a smentire parzialmente il suono crudo e spoglio di Nebraska, a favore di una musicalità più compiuta, dove la voce di Bostick si eleva maestosa.

Se devo azzardare un paragone personale il tipo di voce di Ben, più che il Boss, mi ricorda moltissimo quella di Eric Andersen, epoca Blue River e seguenti: prendiamo l’iniziale Absolutely Emily, che se vogliamo mantenere il paragone con Springsteen sembra un pezzo di Tunnel Of Love o comunque uno di quelli più intimi e dolci, cantato però con la voce di Andersen, più gentile e carezzevole, sostenuto sempre dall’organo, l’acustica arpeggiata e un supporto ritmico contenuto, il tutto che permette di gustare l’elegante finezza della melodia innato in Bostick. Che non è al primo album, questo è il terzo (oltre ad un mini uscito nel 2016). Le sue canzoni hanno un legame con il sociale, la vita quotidiana non facile del lavoratore comune, negletto e triste, nella quasi desolata Wasting Gas, che timbro vocale a parte, insisto, mi ricorda moltissimo il buon Eric, ci rimanda anche al citato Cash e a Bruce, con l’intervento di un glockenspiel, dell’organo e di una elettrica discreta ma efficace, che poi sfocia in un assolo di armonica quasi commovente, grande musica, date retta.

La scandita, disperata e cruda Working For A Living è la più springsteeniana del lotto… “Something ’bout this math just don’t add up/I’m working for a living, and it’s turning me cold”Sir, don’t make me look like a loser in my baby’s eyes”, su un tappeto sonoro vibrante, con basso, percussioni, organo ed armonica a scandire quella che sembra una sentenza senza appello, e anche I Just Can’t Seem To Get Ahead, con il suo accompagnamento folksy nobilitato da un organo gospel, non sembra voler regalare consolazioni o infondere fiducia nel futuro, perché anche questa è l’America dei nostri tempi, già nell’era pre-covid e oggi ancor di più.

Anche The Thief, di nuovo con glockenspiel ed organo in evidenza, è un grande brano, approccio Johnny Cash via Eric Andersen, con una melodia superba e un testo splendido “I’m a Christian, and I don’t believe it’s right for someone to steal But I’m a man with a family to provide for, that’s the deal…”, molto bella anche Central Valley che racconta della California lontani dalle luci abbaglianti di LA, attraverso solo la voce partecipe ed una acustica arpeggiata. Too Dark To Tell si spinge ancora più a fondo nell’abisso, con accenti alla Woody Guthrie dell’epoca della Grande Depressione, sempre con il picking della acustica danzante di Bostick che tratteggia un acquerello folk di rara efficacia, Untroubled Mind ha un sottofondo religioso con le sue citazioni di Abramo e un accompagnamento meno scarno ed austero, anzi a tratti avvolgente e rigoglioso, nonostante l’argomento, risultando una ennesima canzone sopra la media in un album che ci consegna un grande Cantautore con la C maiuscola. E anche la conclusiva If I Were In A Novel non è per nulla consolatoria, scandita da lunghe note del piano, dall’organo e dal solito glockenspiel, con finale solo voce a cappella che scandisce il verdetto finale di un grande album Not a soul would notice/And none would shed a tear…No witness to the void”.

L’unica nota dolente, al solito, è la scarsa reperibilità del disco, che si può acquistare solo sul sito personale dell’artista (dove si può ascoltarlo) oppure su https://benbostick.bandcamp.com/album/among-the-faceless-crowd , peccato che le spese di spedizione dagli Usa siano comunque proibitive per noi europei: però vale la pena di cercarlò

Bruno Conti