Aggiorniamo Purtroppo Il Bollettino Delle Scomparse: Domenica 19 Febbraio Se Ne E’ Andato Anche Larry Coryell, L’Inventore Della Jazz Fusion?

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Purtroppo la lista dei musicisti scomparsi deve essere aggiornata con un’altra morte illustre: quella di Larry Coryell, avvenuta domenica 19 febbraio a New York in una camera d’albergo, dopo un concerto all’Iridium di NY; il decesso viene attribuito a cause naturali ed avvenuto durante il sonno. Però il chitarrista texano aveva avuto in passato molti problemi con le droghe, tanto che all’inizio del 1980 dovette essere sostituito nel Guitar Trio da lui fondato l’anno prima con John McLaughlin e Paco De Lucia, da Al Di Meola, poi autori del famoso Live Friday Night In San Francisco l’anno successivo.

Ma il progetto iniziale veniva dalla mente di Coryell, che già alla fine degli anni ’60 viene accreditato della nascita della jazz fusion. anche se l’attribuzione è controversa in virtù del fatto che sia Bitches Brew, l’album della cosiddetta svolta elettrica di Miles Davis, quanto Spaces, l’album di Larry Coryell, vennero entrambi pubblicati nel 1970, pur essendo stati registrati durante il 1969, e in tutti e due i dischi suonavano Billy Cobham alla batteria, John McLaughlin alla chitarra e Chick Corea alle tastiere, la differenza era data dalla presenza in Spaces di Miroslav Vitous al basso, da lì a poco nei Weather Report. Quindi venne prima l’uovo e la gallina? Magari in modo diverso ci arrivarono entrambi, anche se ovviamente Davis rimane un gigante del jazz mentre Coryell fu “solo” un eccellente chitarrista, benché tra i migliori di sempre e vero virtuoso dello strumento!

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Larry, scomparso all’età di 73 anni, lascia due figli, entrambi chitarristi come lui, Julian e Murali Coryell, il primo in ambito jazz, il secondo blues e rock. La prima moglie Julie Nathanson, a lungo musa di Larry, il cui primo album solista si intitolava Lady Coryell, fu una attrice e scrittrice che apparve spesso anche sulle copertine dei dischi del marito (saltuariamente anche come cantante) e fu autrice di un libro di interviste dedicato ai musicisti jazz-rock, tra cui John Abercrombie e Jaco Pastorius. Tra gli amori successivi di Larry Coryell, dopo il divorzio da Julie nel 1986, anche Emily Remler, altra chitarrista jazz con cui registrò l’album Together e che scomparve nel 1990 in Australia per una overdose da eroina (!!). Larry Coryell nella sua carriera ha registrato moltissimi album, tra cui in ambito jazz-rock vale la pena ricordare lo scoppiettante Introducing The Eleventh House With Larry Coryell, dove alla batteria c’era Alphonse Mouzon, alla tromba Randy Brecker e alle tastiere Mike Mandel, anche questo inciso nel 1972 ma pubblicato solo nel 1974, e più o meno contemporaneo degli album della Mahavishnu Orchestra di McLaughlin e dei Return To Forever di Corea, Di Meola e Stanley Clarke.

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Per quanto i primi in assoluto in questo ambito musicale furono probabilmente quelli del Tony Williams Lifetime, sempre con McLaughlin alla chitarra, oltre a Williams alla batteria e Larry Young all’organo. Tornando a Coryell, il chitarrista americano, tra i tanti, ha registrato anche alcuni album in coppia con il belga Phillip Catherine, ma nei suoi dischi, nel corso degli anni, hanno suonato gli Oregon, Billy Cobham, Steve Khan, Stephane Grappelly, Chet Baker, Ron Carter, Hubert Laws, in anni recenti ed in versione acustica John Abercrombie e Badi Assad, ed in quella elettrica Victor Bailey e Lenny White. Ad inizio carriera ha suonato pure nel gruppo di Gary Burton, dove poi sarebbe arrivato Pat Metheny.

Forse l’ultima apparizione è stata nel 2016 nel disco del contrabbassista e cellista Dylan Taylor, intitolato One In Mind, e comunque nella notte in cui è scomparso aveva appena tenuto, come detto, due concerti nel corso del weekend all’Iridium Jazz Club di New York. Tra gli album che ci piace ricordare anche l’eccellente Coryell, il suo secondo album da solista, proprio di recente pubblicato per la prima volta in CD dalla Real Gone Music.

Quindi porgiamo con questo breve ricordo l’ultimo saluto ad un altro dei grandi musicisti la cui scomparsa ha funestato questo breve scorcio del mese di febbraio, e che Riposi In Pace anche lui.

Bruno Conti

Sempre A Proposito Di Parenti! Murali Coryell – Restless Mind

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Murali Coryell – Restless Mind – Shake-It-Sugar Records

Larry Coryell è universalmente considerato uno dei più grandi chitarristi partoriti dal cosiddetto filone americano del jazz-rock, “gemello” di quanto faceva dall’altra parte dell’oceano, più o meno nello stesso periodo, John Mc Laughlin, con cui Larry (e Billy Cobham, Miroslav Vitous e Chick Corea) avrebbe collaborato nell’eccellente Spaces del 1970. Ma lasciamo stare il babbo e la sua copiosissima discografica e occupiamoci di uno dei figli, Murali Coryell, che ha invece abbracciato uno stile che sta a cavallo tra blues, soul, rock e R&B e giusto qualche piccola spruzzatina jazz: punti di riferimento citati BB King, ma anche Santana e Hendrix, a differenza del fratello Julian, anche lui chitarrista, ma più vicino allo stile del padre, col quale peraltro hanno entrambi collaborato nel disco del 2000 The Coryells.

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Il nostro amico non è un novellino ( anche se diciamo subito che non ha la classe e il carisma del padre), infatti  la sua discografia conta già poco meno di una decina di titoli. in circa venti anni di carriera, oltre ad un DVD dal vivo Adventures Live https://www.youtube.com/watch?v=KNcZs2qFM-E che è stato candidato ai Blues Music Awards del 2014 nella categoria Video, premio poi vinto dai Royal Southern Brotherhood con il loro Songs From The Road. Naturalmente anche il nostro amico ha dovuto imboccare la strada del prodotto autogestito, ormai quasi un obbligo per i musicisti indipendenti in questi tempi duri per l’industria discografica (purtroppo non solo per quella), quindi il disco non risulta di facilissima reperibilità, pure se in teoria è uscito da qualche mese. Non pensate ad una prova da super virtuoso dello strumento, per quanto Murali Coryell abbia un’ottima tecnica alla solista, ma avendo dalla sua una ottima voce (caratteristica non sempre presente tra i chitarristi, anzi raramente) privilegia la forma canzone, con brani che, come detto, spaziano tra rock, soul, blues e, quando vengono utilizzati i fiati, in un paio di brani, anche del sano, vecchio, R&B. Il disco cresce lentamente a livello qualitativo, i primi tre brani non sono memorabili, per quanto buoni, il funky-rock energico e grintoso di Waiting and Wasting Away, con la Fender del nostro che in ogni caso disegna linee soliste interessanti, ancora funky, più marcato, con qualche deriva jazzata, in Kiss Me First e lo stile più sognante e bluesy della raffinata title-track si lasciano apprezzare per la voce rauca e vissuta di Murali https://www.youtube.com/watch?v=RNcbKZnrgf8 , ben coadiuvato dalla sezione ritmica di Chris Alcaraz al basso e Ernie Durawa alla batteria, oltre ad un lavoro intrigante della solista che comincia a fare intravedere le sue qualità.

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I’m so happy eleva la qualità, un brano all’apparenza semplice e perfino orecchiabile,  dove Coryell comincia a scaldare l’attrezzo con un bel solo fluido e di notevole tecnica. Sex Maniac, con l’utilizzo massiccio del wah-wah ha più di una influenza hendrixiana, mentre in Crime Of  Opportunity si lavora anche molto di tocco, senza raggiungere peraltro vette memorabili. Quando entrano i fiati in I Can’t Give You Up si va subito in trasferta in quel di Memphis e dintorni o comunque verso lidi deep soul e R&B, chitarrina choppata e sax e tromba che viaggiano all’unisono, la voce si fa più calda e suadente (una sorta di Huey Lewis più bluesato) e tutto funziona alla perfezione, come pure molto gradevole è la successiva Tag Along, altro ottimo esempio di blue-eyed soul (con assolo di entrambi gli addetti ai fiati ), per uno stile che mi pare si attagli alla perfezione al nostro figlio d’arte. I Need Someone To Love è un solido blues che giustifica la sua passione per il grande BB King, Lonely Eyes è una sorta di pop song con elementi latineggianti e country. Il rock si fa più grintoso e chitarristico nella tirata Everyday Is A Struggle, e qui la solista viaggia che è un piacere; la conclusione è affidata all’unica cover dell’album, una bella versione del sensuale classico di Marvin Gaye, Let’s Get It On, piacevole ma non memorabile, al di là del solito bel assolo della solista, giudizio che si può applicare a tutto l’album. Non indispensabile, ma ben suonato, per chi ama i chitarristi.

Bruno Conti