“Vecchi” Ma Buoni! James Taylor- Feel The Moonshine & Georgia On My Mind

james taylor feel the moonshine

James Taylor – Feel The Moonshine 1976 Broadcast – All Access 2012

James Taylor – Georgia On My Mind Live In Atlanta 1981 – Iconography 2014

Sembrava che quest’autunno sarebbe finalmente arrivato il momento di un disco di canzoni nuove di James Taylor, ma la voce è stata regolarmente smentita, anche questa volta falso allarme. Sono passati ormai 12 anni da October Road, l’ultimo disco di canzoni originali: in mezzo non è che comunque Taylor abbia poltrito, sono usciti un paio di Live, uno da solo, One Man Band, un altro, bellissimo, con Carole King, Live At The Troubadour, in CD+DVD, un disco natalizio, in due edizioni diverse, A Christmas Album e anche Covers, come da titolo un disco dedicato all’esercizio della reinterpretazione di canzoni altrui, pure questo uscito in diversi formati. Quindi, per fare passare il tempo, in attesa di qualcosa di nuovo, ci “accontentiamo” di questi due CD registrati dal vivo a fronte di broadcast radio (l’ultima moda del momento, ormai ne escono a decine, formalmente sono dei bootleg, ma escono e circolano più o meno regolarmente, e quasi sempre sono incisi piuttosto bene); non fanno eccezione entrambi i concerti in oggetto, usciti più o meno recentemente, Feel The Moonshine da un paio di anni, ma non ce ne eravamo mai occupati e Georgia On My Mind sul finire dell’estate. Andiamo in ordine cronologico, sia di uscita che di data di registrazione: Feel The Moonshine viene da una trasmissione radiofonica della WDVE-FM https://www.youtube.com/watch?v=yaj2IG9JErEdel concerto registrato il 25 luglio del 1976 al Syria Mosque di Pittsburgh, PA. Gran bel concerto, band da sogno, con David Lindley alla slide e al violino, Danny Kortchmar alle chitarre, Clarence McDonald alle tastiere, David Sanborn al sax, Leland Sklar al basso e Russel Kunkel alla batteria, più una serie di vocalist di supporto, non accreditati nelle note di copertina, ma chiaramente udibili nel corso del concerto, grazie anche all’eccellente qualità sonora, un FM stereo radiofonico nitido.

james taylor longhair 1

Lighthouse,posta in apertura, viene da Gorilla del 1975 e ha un mood alla CSNY, con degli splendidi impasti vocali, poi segue una sezione acustica prima con Lindley al violino in Riding On A Railroad e poi all’acustica in Secret Of Life, che sarebbe uscita su JT solo l’anno successivo. Tra gli highlights del concerto, 19 brani in tutto (ma il doppio bootleg del concerto completo ne riportava 23): una ottima Shower The People, full band, dall’appena uscito In The Pocket, Bartender’s Blues, anche questa inedita all’epoca, Anywhere Like Heaven da Sweet Baby James, con la lap di Lindley che sembra quasi una pedal steel, Mexico, bellissima come sempre, Fire And Rain, con David Lindley di nuovo strepitoso alla lap steel, una delle più belle versioni mai sentite, come pure Carolina On My Mind dove David passa al banjo. Family Man, sempre dal nuovo disco di allora, con un suono decisamente rock e il violino a duettare con le tastiere e il sax e James che si lancia in uno spericolato falsetto, I Was A Fool To Care, con un ottimo assolo di Sanborn. Ottime anche How Sweet It Is, trascinante come sempre e una lunga e bluesatissima Steamroller, con il pubblico in visibilio e Lindley che fa i numeri, prima della conclusione con Sweet Baby James, ma tutto il concerto è tra i migliori in assoluto mai sentiti di Taylor, ancora nell’epoca lungocrinita.

james taylor georgia on my mind live in atlanta 1981

E anche Georgia On My Mind, registrato cinque anni dopo all’Atlanta Civic Center per il tour di Dad Loves His Work, non scherza un c…, altra band strepitosa, solo Lee Sklar rimane al basso, ma se aggiungete Waddy Wachtel e Dan Dugmore alle chitarre, Don Grolnick alle tastiere, Rick Marotta alla batteria, e David Lasley e Arnold McCuller alle voci di supporto, il risultato non può cambiare di molto, sempre un gran concerto. James Taylor, a proposito di capelli comincia a perdere i colpi, ma la voce, è sempre in gran forma e quando serve arriva anche JD Souther, che passava di lì per caso (più o meno spinto dalla casa discografica), a duettare in Her Own Too che era il successo del momento e poteva essere la canzone più bella del disco appena citato, una ballata veramente sontuosa https://www.youtube.com/watch?v=CQR1In6lGCg .

james taylor 2

La qualità sonora è sempre eccellente https://www.youtube.com/watch?v=JmfwCKqmiXE , forse un filo inferiore a Moonshine (anche perché si sente il fruscio del bootleg originale, vinile o statica?), e così si possono godere una tiratissima e lunga How Sweet It Is posta in apertura, ma anche molti brani differenti dall’altro live, Stand And Fight, con le chitarre ruggenti di Wachtel e Dugmore, una delicatissima Up On The Roof, Daddy’s All Gone sofisticatissima, con le mani dei musicisti che scivolano quasi sui loro strumenti, Country Road, un’altra delle più belle di James (ma ne ha fatte di brutte? Forse, comunque poche), Money Machine che sembra anticipare le future atmosfere white funky soul dei Simply Red (strano, ma fateci caso) e per concludere You’ve Got A Friend, che mancava nel concerto precedente. Direi che per il momento ci si può accontentare!

Bruno Conti  

james taylor backstage

*NDB Nel frattempo il nostro amico è partito per un lungo tour mondiale, che ad inizio primavera del 2015 lo porterà, per 6 date, anche in Italia http://d0a7x.s57.it/frontend/nl_preview_aspx?idNL=332   

Cantautore, Attore, Pittore… E Altro! Peter Himmelman – The Boat That Carries Us

peter himmelman the boat that carries us

Peter Himmelman – The Boat That Carries Us – Himmasongs Recordings

Per chi scrive, Peter Himmelman è uno dei “songwriters” meno celebrati dell’intero panorama cantautorale americano, talmente poco riconosciuto che i suoi lavori ultimamente se li deve distribuire e produrre con mezzi propri (ma questa sta diventando una caratteristica di gran parte della scena musicale americana), come quest’ultimo The Boat That Carries Us. Nonostante sia ormai più noto come attore televisivo (ha partecipato a serie importanti come il Giudice Amy e Bones), il buon Peter vanta un lungo e dignitoso trascorso da rock’n’roller. Originario di Minneapolis, l’attività artistica di Himmelman era iniziata con i Shangoya già nel lontano ’78 per continuare poi con il gruppo dei Sussman Lawrence in cui militò fino al ’84. La sua carriera solista vera e propria parte con This Father’s Day (85), e il secondo colpo lo mette a segno sposando nel 1988 Maria Dylan figlia adottiva del grande Bob (la cui madre è l’ex moglie di Dylan, Sara Lowndes), e dopo undici album con punte altissime quali Flown This Acid World (92), Skin (94) https://www.youtube.com/watch?v=Vbz1D08muFw , Unstoppable Forces (04) e due album dal vivo Stage Diving (96) e Pen And Ink (08), oltre a cinque album dedicati ai ragazzi, si ripresenta un po’ a sorpresa, dopo l’esperimento Minnesota http://discoclub.myblog.it/2012/11/25/file-under-bella-musica-minnesota-are-you-there/ , con questo lavoro prodotto da Sheldon Gomberg (Ben Harper).

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Per l’occasione Peter ha riunito sulla stessa “barca” musicisti di grande talento come David Steele alle chitarre (Steve Earle, John Prine, Emmylou Harris), Lee Sklar al basso (tra i tantissimi Leonard Cohen, Jackson Browne, James Taylor), Jim Keltner alla batteria (John Lennon, Richard Thompson, e il genero Dylan, oltre ad una infinità di altri, forse si fa prima a dire con chia non ha suonato), Will Gramling alle tastiere (Colbie Caillat), e penso che con questi elementi sia molto difficile che non esca un prodotto di qualità come questo The Boat That Carries Us, una sorta di “concept album” scritto da Himmelman mentre era coinvolto nelle sue varie professioni.

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La barca salpa con la title track, un brano folk dalla morbida melodia acustica https://www.youtube.com/watch?v=RZFQkA77V0w , a cui fanno seguito il ritmo e l’energia di Afraid To Lose http://discoclub.myblog.it/2012/11/25/file-under-bella-musica-minnesota-are-you-there/ , l’atmosfera avvincente che si crea con Green Mexican Dreams (una delle migliori del disco), la divertente For Wednesday At 7pm (I Apologize) sostenuta da un buon “groove”, mentre 33K Feet è animata dalla chitarra di Steele, e Never Got Left Behind dalla batteria spazzolata di Keltner. Il viaggio prosegue dolcemente con la preghiera sincera di Mercy On The Desolate Road (splendida), il ritmo “sincopato” di In The Hour Of Ebbing Light, la pianistica Double Time Sugar Pain rubata dai solchi del miglior Randy Newman, passando per l’energia rock di Angels Die, con una grande ritmo dettato dalla batteria di Keltner, il sussurrato piano e voce di  Tuck It Away, il riff chitarristico di That’s What It Looks Like To Me, attraccando la barca al porto con il moderno gospel acustico di una solenne Hotter Brighter Sun. Hallelujah!

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Peter Himmelman pur rimanendo ai margini dell’industria discografica, è pur sempre una delle penne più vitali e creative della scena americana, uno di quei musicisti che non si nascondono e,essendo ormai una star televisiva, si può permettere di sfogarsi attraverso dischi, autoproducendoli come gli pare e piace (simpatica la trovata di utilizzare nel retro di copertina del CD la stessa grafica che utilizzarono i Clash per London Calling), per esempio questo The Boat That Carries Us, energico, ispirato e suonato come Dio comanda,e quindi, sempre per chi scrive, soldi ben spesi.

Tino Montanari