Cofanetti Autunno-Inverno 14. Forse Non E’ Un Album Come “Nessun Altro”, Ma Di Certo Andrebbe Rivalutato! Gene Clark – No Other

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Gene Clark – No Other – 4AD Deluxe 2CD – Super Deluxe 3CD/BluRay/LP/45rpm Box Set

(*NDM: vorrei iniziare con una piccola premessa, e cioè che questa recensione, pur rientrando nella serie dedicata ai cofanetti, è fatta sulla base dell’ascolto del doppio CD, dato che questa volta proprio non me la sono sentita di prendermi il box sborsando circa 160 euro in più per avere un terzo dischetto aggiuntivo il cui contenuto è comunque simile a quello del secondo).

No Other, quarto album solista di Gene Clark dopo l’allontanamento dai Byrds (sesto se includiamo i due lavori con Doug Dillard usciti come Dillard & Clark), è un disco segnato da uno strano destino, in quanto è considerato da alcuni critici come il capolavoro assoluto del musicista originario del Missouri (mentre io personalmente preferisco ancora White Light e Roadrunner) e da altri forse con un po’ di esagerazione come uno dei migliori album mai pubblicati, ma all’epoca della sua uscita (1974) il successo fu praticamente nullo ed il fallimento economico fu notevole. Ciò avvenne principalmente per i costi altissimi del progetto, che vantava la presenza di un gruppo stellare di sessionmen che però vollero giustamente anche farsi pagare, ed in più le continue sovraincisioni e manipolazioni sonore volute da Clark stesso e dal produttore Thomas Jefferson Kaye non contribuirono certo a tenere le spese sotto controllo; inoltre Clark decise di non portare il disco in tournée, e questa fu la goccia che fece traboccare il vaso con la Asylum di David Geffen (l’etichetta che pubblicò l’album all’epoca), che in pratica si rifiutò di promuoverlo e lo mise addirittura fuori catalogo soltanto due anni dopo.

L’insuccesso di No Other fu una botta psicologica non da poco per Clark, che aveva puntato molto su quel disco per rilanciare una carriera fino a quel momento avara di soddisfazioni per quanto riguarda le vendite, nonostante critiche eccellenti: il nostro non si riprese per diverso tempo e cadde ancora di più nel tunnel della droga e dell’alcolismo, e gli abusi che ne deriveranno saranno tra le cause della sua prematura scomparsa avvenuta nel 1991, dopo solo altri due album solisti pubblicati (uno dei quali in duo con Carla Olson), uno inciso ma uscito solo postumo (Firebyrd) e la poco riuscita avventura con i vecchi compagni nel trio McGuinn, Hillman & Clark. No Other ha avuto poca fortuna anche con le successive ristampe in CD, la prima nel 1991 e quella targata Warner del 2003 con alcune bonus tracks, anch’esse sparite presto dalla circolazione. Devo quindi applaudire la 4AD, etichetta indipendente britannica, per aver messo a punto questa sontuosa riedizione dell’album in due configurazioni: un doppio CD in un’elegante confezione dalla copertina dura e ricchissima di testi, foto e dettagli ed il già citato cofanetto con un dischetto aggiunto, la versione dell’album in vinile argentato, un 45 giri, un BluRay con No Other in diverse vesti sonore nella parte audio ed un documentario inedito in quella video più un libro di 80 pagine, il tutto per poco meno di 200 euro.

Il suono è stato completamente remixato e rimasterizzato nientemeno che da Sid Griffin, leader dei Long Ryders e grande fan dei Byrds, e John Wood, leggendario produttore e tecnico del suono di artisti perlopiù britannici come Fairport Convention, John Martyn, Nick Drake, Cat Stevens e Richard Thompson. No Other torna quindi in una veste che ce lo fa apprezzare in tutta la sua bellezza: sì, perché nonostante la brutta copertina e le pose di Gene degne di una star del glam alla David Bowie nelle foto interne, stiamo parlando di un album davvero bello e coinvolgente, con Clark in ottima forma sia come songwriter che come cantante, ed una serie di brani come sempre in bilanciamento tra rock, country e folk (ed un pizzico di psichedelia) che non sono stati per nulla rovinati dalla produzione di Kaye, tendente al ridondante  ma comunque mantenendo i piedi per terra. Come ciliegina, i musicisti coinvolti nelle sessions, una serie impressionante di nomi che fanno tremare i polsi solo a leggerli: Chris Hillman, Timothy B. Schmit, Jesse Ed Davis, Danny Kortchmar, Ben Keith, Leland Sklar, Russ Kunkel, Stephen Bruton, Butch Trucks, Mike Utley, Craig Doerge, Cindy Bullens, Joe Lala e Clydie King. Il primo CD inizia con la splendida Life’s Greatest Fool, una canzone giusto a metà tra country e rock, ritmo cadenzato e melodia deliziosa, un brano che nel suo genere sfiora la perfezione in ogni dettaglio ed è dotata di un ritornello corale vincente. Silver Raven è una ballata distesa e limpida nel tipico stile elegante del suo autore e raffinatissima dal punto di vista strumentale, mentre la title track ha un’introduzione di stampo quasi psichedelico, ed il brano stesso ha più di un aggancio con il sound californiano di fine anni sessanta, compresa la voce trattata con l’eco e l’uso del coro femminile, ed in più c’è una bella performance di Utley al piano elettrico.

Strength Of Strings è introdotta da una slide e da un coro sognante molto CSN, poi il brano si rivela essere una sontuosa rock ballad dal grande pathos ed un accompagnamento solido e forte che si regge sulle splendide doppie tastiere di Utley e Doerge; lo squisito e toccante slow pianistico From A Silver Phial, servito ancora da un motivo di prim’ordine, precede il centerpiece del disco: la lunga Some Misunderstanding, più di otto minuti di grande musica che iniziano con semplici accordi di chitarra acustica, poi entra il resto della band con Gene che intona una melodia intensa e malinconica con la sua voce decisamente espressiva, il tutto in un crescendo sonoro di notevole impatto. Chiudono il primo CD nonché l’album originale la scintillante country song The True One, una delle più belle e dirette, e l’ariosa ballata Lady Of The North, dedicata da Clark all’allora moglie Carlie McCummings. Il secondo dischetto comprende versioni alternate inedite di tutti i pezzi dell’album, meno rifinite e senza parecchi degli overdubs aggiunti in seguito, per una visione da una prospettiva diversa ma indubbiamente interessante.

Alcuni brani sono simili a quelli poi messi sul disco (Lady Of The North, The True One, Strength Of Strings, No Other), altri sono abbastanza differenti, come una From A Silver Phial meno elaborata e forse più riuscita, una Silver Raven più lenta e rockeggiante (oltre che più lunga di due minuti), Life’s Greatest Fool più country e soprattutto Some Misunderstanding, più breve e con un arrangiamento maggiormente acustico, non ancora il “piece de resistance” che sarebbe diventato in seguito. Come bonus abbiamo una bellissima versione di Train Leaves Here This Morning, scritta da Gene con Bernie Leadon e già pubblicata dagli Eagles nel loro album d’esordio del 1972: puro country-rock anni settanta al suo meglio. Il terzo CD riprende gli stessi nove pezzi del secondo in altrettante takes alternate (più le single versions di Life’s Greatest Fool e Silver Raven) ma, come ho già scritto all’inizio, per ascoltarlo dovete accaparrarvi il box spendendo una piccola fortuna.

Marco Verdi

Passato E Presente Di Un Grande Cantautore Olandese! Ad Vanderveen – Presents Of The Past/Requests Revisited

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Ad Vanderveen – Presents Of The Past/Requests Revisited – Blue Rose/Ird 2 CD

Qualche tempo fa su queste pagine mi sono occupato di una interessante e sconosciuta band olandese, i Point Quiet http://discoclub.myblog.it/tag/point-quiet/ , adesso è giunto il momento di occuparsi di un signore nato per caso in Olanda (precisamente a Hilversum), ma di formazione artistica “americana”, in quanto il padre è di origine canadese. Dovete sapere che il buon Ad Vanderveen suona la chitarre e scrive canzoni già dall’ età di 14 anni, prima di fondare la sua band personale negli anni ’80, facendosi poi notare dagli addetti ai lavori con l’album Continuing Stories, che gli permette di aprire i concerti di artisti del calibro di Flaco Jimenez, Al Kooper e Al Perkins. Nei primi anni ’90 Vanderveen decide di intraprendere una sua carriera da solista, che raggiunge forse l’apice con The Moment That Matters (03), in più abbiamo una serie di collaborazioni collaterali, con una band “garage” come gli O’Neils e con Eliza Gilkyson e Iain Matthews nell’ottimo More Than A Song (02). Come suggerisce il titolo del nuovo album c’è una connessione tra i due CD che sembrano consentire a questo lavoro (una sorta di concept album) di essere una panoramica sul lavoro di una carriera che dura da quasi quarant’anni.

Il “presente” parte con la tenue e quasi recitativa Welcome To My Kitchen, a cui fanno seguito le dolci note della title tack Presents Of The Past e di Long Ride con al controcanto Kersten De Ligny, compagna del nostro, mentre un’armonica introduce Well That Never Runs Dry, il chiacchiericcio in sottofondo di una dolce ballata folk come Small Time Real Life Stories, per poi passare ad una filastrocca country come Another Life, alla commovente ballata The Future Has Changed in duetto con Lynn Miles, alle arie irlandesi di Music Waiting For Words, per poi chiudere con una World So Crowded cantata alla James Taylor e una sussurrata Sister, forse la migliore del lotto.

Il “passato” è più elettrico, a partire dall’iniziale First Feeling, mentre le seguenti Anchor  e Blues So Bad ricordano il David Crosby più intimista, passando poi al country di una Emigrant Family (che ricorda “spudoratamente” If I Were A Carpenter di Tim Hardin), e non poteva mancare la nota The Moment That Matters qui rifatta in versione pianistica, un inno alt-country come la dolce Well Of Wonder, l’ elettrica Soul Power e la pianistica Wonders Of The World, il folk americano di Driftwood, e la sempre bella Still Now dall’album omonimo, cantata in duetto sempre con la brava DeLigny, andando infine a chiudere con una traccia nascosta di ben 20 minuti Water Under The Bridge, una lunga epopea elettrica che rimanda alle mitiche Cortez The Killer e Like A Hurricane di Neil Young con i suoi fidati Crazy Horse, con un finale incredibile che annovera ben quattro chitarristi più tastierista, bassista e batterista, con Leland Sklar e Harry Stinson sugli scudi. Imperdibile https://www.youtube.com/watch?v=GRuIR1aj-uA !

Sicuramente il nome di Ad Vanderveen dirà poco a molti, ma che sia un ottimo musicista è ormai un dato di fatto, certificato da questo lavoro, un doppio CD che divide in due l’anima dell’autore e il suo “songwriting”, con una parte più ingentilita e folkie (le canzoni nuove), e un’altra più elettrica (le nuove versioni delle canzoni del passato), a dimostrazione che le belle canzoni hanno bisogno di poco, il talento e una bella voce, basta e avanza.!

Tino Montanari