Anche Se Il CD Non Esiste Ne Varrebbe Comunque La Pena: I “Fiori Di Serra” Sono Rifioriti! Hothouse Flowers – Let’s Do This Thing

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Hothouse Flowers – Let’s Do This Thing – Self Realesed

*NDB Come avrete notato sul Blog di solito non parliamo di album che non esistono in formato fisico ma solo per il dowload. Però, per gli artisti che ci piacciono e meritano, facciano qualche eccezione. Già qualche anno fa era successo proprio per gli Hothouse Flowers http://discoclub.myblog.it/2011/01/02/riuscira-una-delle-migliori-band-sul-pianeta-a-farsi-pubblic/  e ora eccoli di nuovo solo in veste digitale. La parola a Tino…

A volte ritornano (per fortuna), verrebbe da dire: sembravano scomparsi, certamente ai tanti loro “fans” avevano fatto perdere, ma non del tutto, le tracce, risucchiati da un mercato discografico che necessita (purtroppo) sempre di nuovi volti e di nuovi personaggi. Sembravano scomparsi, si diceva, e invece per nostra fortuna sono vivi e vegeti, e sono tornati in sala d’incisione: stiamo parlando degli irlandesi Hothouse Flowers, che dopo un inizio di carriera per un importante “major” (la Polygram dei tempi, oggi Universal), avevano cercato con alterna fortuna di emulare i fasti dei più noti (e sponsorizzati) connazionali U2. La band ieri come oggi si regge sulle composizioni di Fiachna O’Branoin e di Peter O’Toole, elevate all’estrema potenza dalla voce e dall’interpretazione del leader indiscusso Liam O’Maonlai. Così a distanza di 14 anni dall’ultimo lavoro in studio Into Your Heart (04), e 7 dallo splendido live Goodnight Sun (10), puntualmente recensito su queste pagine, tornano con questo inaspettato Let’s Do This Thing, registrato nei noti  Windmill Lane Studios di Dublino, in cui è ancora una volta Liam il personaggio chiave di questa band, voce, tastiere e chitarre, a dirigere l’attuale line-up del gruppo composta dai citati Fiachna O’Braonàin alle chitarre e voce, Peter O’Toole al basso, e dal nuovo componente Dave Clarke alla batteria.

E il carisma di Liam è intatto e ben centrato a giudicare dalla splendida ballata iniziale Three Sisters, a cui fanno seguito il ricco e corposo arrangiamento di una quasi recitativa Sunset Sunrises, la strumentale e pianistica The Yacht (dove si evidenzia ancora una volta la bravura di Liam), per poi passare alle atmosfere rarefatte e “groove” di Back Through Time. Il pianoforte è ancora lo strumento principe e dominante della sofferta e accorata ballata Baby Is It Over Now, per poi proseguire con le note ossessive di una spettrale Blue Room (dove Liam si “traveste” quasi da John Trudell), riscoprire l’amore per il grande Van Morrison in una grande ballata come Let’s Do This Thing, senza dimenticarsi di tornare anche alle origini del gruppo, con la rabbia “soul” di una quasi “psichedelica” Are You Good?. La parte finale del disco viene affidata alle aperture “jam” e infatuazioni della band per la musica nera, con Music That I Need e Dance To Save The World cantate in falsetto da Liam,,che sembrano trascinare il gruppo verso i mai dimenticati compatrioti irlandesi dei Commitments. Questo nuovo lavoro Let’s Do This Thing è una prova evidente che la band sa scrivere ancora ottime canzoni, un lavoro che riesce a proporre con disarmante semplicità tutte le influenze del gruppo, trasformando l’energia del tempo degli esordi (una miscela di sana musica irlandese, con influenze soul, gospel e rock), in una prova matura, dove emerge al solito la grande capacità interpretativa di Liam O’Maonlai (dotato di una voce sublime come Bono e Van Morrison), un cantante in grado di trasformare ogni canzone (anche la più banale), in un piccolo capolavoro.

Per chi scrive, ma sono dichiaratamente di parte, se non fosse per gli Hothouse Flowers il grande panorama del rock irlandese sarebbe molto più piatto, in quanto canzoni come Your Love Goes On, This Is (Your Soul), Don’t Go, Forgiven, Sweet Marie, Christchurch Bells, Giving It All Away, One Tonque, I Can See Clearly Now, e la lancinante bellezza di una stratosferica If You Go (la trovate su People), non si possono discutere e rappresentano un patrimonio della musica irlandese. In fondo la differenza sostanziale fra gli “stellari” U2, e la band di Liam O’Maonlai, è che i primi si sono fatti “fagocitare” dal business musicale, i secondi ne hanno preso le distanze preferendo mantenere un rapporto sereno tra la loro vita e la loro musica, e se ascolterete i loro dischi proverete sicuramente delle genuine emozioni, e magari se avrete la fortuna di assistere ai loro concerti, energia e calore https://www.youtube.com/watch?v=0hGuUWOoA08 . In conclusione, se devo portare dei dischi sulla famosa “isola deserta”, sicuramente la scelta è obbligatoria in toto per la discografia dei Hothouse Flowers, la band più sottostimata del pianeta. Bentornati Fiori Di Serra!

Tino Montanari

NDT:  Let’s Do This Thing è stato inciso nel Settembre 2015, per poi essere “pubblicato” nel Novembre 2016, ed è attualmente è disponibile sul loro sito solo per il “download”http://hothouseflowers.com/product/lets-do-this-thing/ .Quindi se siete ammiratori di questa grande band (come il sottoscritto), ora sapete cosa fare!

Come Stanno Le Cose Dopo La Fine Di Un Matrimonio ? Andy White – How Things Are

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Andy White – How Things Are – Floating World Records 2014

A distanza solo di un anno ( si fa per dire, è uscito il 25 Febbraio dello scorso anno, ma viene distribuito solo ora dalle nostre parti) è con grande piacere che mi accingo a (ri)parlarvi del “ribelle gentile” Andy White; come mi successe da che rimasi folgorato da Rave On, Andy White (86), il suo splendido album d’esordio, e come sempre mi accade, da allora ho seguito la sua carriera (con alti e bassi), e mi sono appassionato alle sue produzioni, anche se onestamente quell’episodio rimane in assoluto il suo lavoro migliore, il più ruvido e spontaneo, in cui aleggiava il suo spirito libero. Da allora il ragazzo “dell’Ulster” con una certa frequenza ha pubblicato vari album: Kiss The Big Stone (88), Himself (90), Out There (92), Destination Beautiful (94), una intrigante collaborazione sotto il nome di Alt (con Liam O’Maonlai dei grandi Hothouse Flowers e Tim Finn dei Crowded House) Altitude (95), Teenage (93). Dopo un periodo di stasi e alcune raccolte (la migliore è Rare (99) che conteneva versioni alternate di brani già noti, outtakes e performance sparse del periodo precedente), ritorna con un buon lavoro Boy 40 (03) che ricalca le incisioni dell’esordio, spiazzando poi il suo pubblico con un album sperimentale dal titolo emblematico Garageband (06), dal suono corposo, con molto ritmo e un uso intelligente della parte elettronica, ritornando di nuovo alle sue radici con il significativo titolo Songwriter (09), registrato in quel di Vancouver con l’apporto di alcuni dei più bei nomi della scena canadese, John Leckie, Allison Russell delle Po’ Girl, Stephen Fearing dei poco conosciuti Blackie And The Rodeo Kings, con l’apporto di membri delle Be Good Tanyas e della Neko Case Band. Dopo una breve pausa trova collaborazione con Stephen Fearing con l’omonimo Fearing And White (11), recensito su queste pagine dal sottoscritto http://discoclub.myblog.it/2011/06/20/una-misteriosa-strana-coppia-fearing-and-white/ , e Tea And Confidences (14) (un’altra collaborazione con Fearing, uscita più o meno in contemporanea con il nuovo album), prima di tornare in studio con questo lavoro solista How Things Are, dal forte impatto emotivo (racconta della dolorosa fine di un matrimonio durato quindici anni). Il disco registrato interamente nel proprio studio The Growlery, insieme al figlio Sebastian alla batteria e percussioni, e con un’intera sezione d’archi suonata dalla sola violinista Domini Forster, propone uno stile che spazia da un vigoroso pop-rock, a tracce piacevoli in forma più acustica https://www.youtube.com/watch?v=OYbdHmFEfcw .

Andy White Back Cover Photo

In questi brani ricchi di “ricordi dolorosi” Andy ha messo il suo genio letterario e musicale, sin dall’iniziale Driftin’  con un arrangiamento che ricorda i primi R.E.M., a cui fanno seguito una straziante Separation Street con echi à la Van Morrison, le trame acustiche di You Got Me At Hello , Band Of Gold e All It Does Is Rain https://www.youtube.com/watch?v=3oVY_Pd-IzU , passando per i ritmi sincopati di Jessica Says, le note melodiche di Everyone’s In Love, e ancora la “dylaniana” Closest Thing To Heaven, lo strumentale  Thank You, chiudendo questa storia sulla fine di un matrimonio con una struggente ballata alla McCartney come Picture Of You, e già che siamo in tema di Beatles, citando addirittura John Lennon nella traccia conclusiva Who Said We’re Gonna Get Another Lennon.

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In circa trent’anni di onorata carriera Andy White, nato e cresciuto a Belfast ma cittadino del  mondo (oggi vive a Melbourne in Australia), è riuscito a costruire una solida base di fedelissimi “fans” che lo seguono nei suoi concerti all’estero (è stato anche nel mitico Spazio Musicadi Pavia), tenendo alto il vessillo della canzone d’autore, e facendolo con la naturalezza e la semplicità di un talento innato che meriterebbe la giusta attenzione dagli amanti della buona musica.

Tino Montanari

*NDB Proprio in questo mese di gennaio Andy White è in giro per l’Italia a presentare il suo nuovo album:

ITALY

Jan 8 OSNAGO (LC) La Locomotiva
Jan 9 GARDA (VR) Can e Gato*
Jan 10 COSTERMANO (VR) La Val*
Jan 12 REGGIO EMILIA (RE) Aloisius*
Jan 13 LIVIGNO (SO) Marco’s Pub*
Jan 14 PAVIA (PV) Spaziomusica*
Jan 15 LIVORNO  Surfer Joe Diner (Radio Folk Festival)
Jan 16 VERCELLI (VC) Birrificio BSA Glu Glu Club
Jan 17 TREVIGLIO (BG) Big Mamy
Jan 18 SCANDIANO (RE) Red Mosquito*
Jan 19 CANTÙ (CO) All’Una e Trentacinque Circa*
Jan 22 ALESSANDRIA (AL) Mag Mell
Jan 23 GORIZIA (GO) L’Alchimista
Jan 24 MILANO (MI) Arci Noeuva

* feat. Lele Borghi on drums

Un Paio Di Novità Dalle Nostre Lande, Anche “Basse”! Lowlands – Beyond & Music is Love A Tribute To CSN&Y

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Oggi esce ufficialmente (ma circola già da un paio di giorni), il nuovo album dei Lowlands, si intitola Beyond, è prodotto da Joey Huffman, in passato tastierista con Soul Asylum, Drivin’n’Cryin e Georgia Satellites, anche ingegnere del suono in vari album di buon rock. L’etichetta è la Gypsy Child di Ed Abbiati, e il CD è il secondo del 2012 dopo il Tributo a Woody Guthrie. Ovviamente, anche per gli avvicendamenti nell’organico (non c’è più Chiara Giacobbe al violino, o meglio appare solo in Fragile Man), il suono è decisamente più elettrico del solito, addirittura quasi punk nell’iniziale Angel Visions, ma non mancano ballate e brani visionari tipici del gruppo. Alla chitarra, per il momento, c’è ancora Roberto Diana e alle tastiere e fisa Roberto Bonfiglio; la nuova sezione ritmica è quella di Ligabue (e prima dei gloriosi Rocking Chairs), ovvero Rigo Righetti al basso e Roby Pellati alla batteria. Una ennesima eccellente produzione italiana, dalla bassa pavese alla conquista del mondo: auguri Ed! Poi ci torno con calma, per il momento prendete nota e provvedete.

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Martedì 9 ottobre uscirà questo doppio CD, Music Is Love A Singer Songwriters’ Tribute To CSN&Y, una co-produzione della italiana Route 61 di Ermanno Labianca, che è uno dei produttori con Francesco Lucarelli, e la Hemifran, a cura di Peter Holmstedt. Lo scopo del disco è raccogliere fondi per la Equestrian Therapy Co-Op di Brandeis, California (sarebbe la nostra ippoterapia per aiutare bambini ed adulti con problemi psico-motori). Quindi scopo nobilissimo e il disco ha anche tutta l’aria di essere notevole, il primo vero grande tributo alla musica di Crosby, Stills, Nash & Young, con fior di musicisti, take a look:

CD 1
01. For What It’s Worth (Ron LaSalle) 02. Triad (Steve Wynn) 03. Helplessly Hoping (Judy Collins) 04. Lady Of The Island (Liam Ó Maonlaí) 05. Bluebird (Sugarcane Jane) 06. Birds (Elliott Murphy) 07. Guinnevere (Bonoff, Cowan, Szcześniak & Waldman) 08. You Don’t Have To Cry (Sonny Mone) 09. Down By The River (Bocephus King) 10. Love The One You’re With (Jennifer Stills) 11. After The Gold Rush (Venice) 12. Teach Your Children (Sadie Jemmett) 13. Fallen Eagle (The Coal Porters)

CD 2
01. Rockin’ In The Free World (Willie Nile) 02. It Doesn’t Matter (Cindy Lee Berryhill) 03. Out On The Weekend (Clarence Bucaro) 04. Hey You (Looking At The Moon) (Neal Casal) 05. Cortez The Killer (Carrie Rodriguez( 06. Bittersweet (Marcus Eaton( 07. Just A Song Before I Go (Eileen Rose & The Legendary Rich Gilbert) 08. Long May You Run (Nick Barker) 09. Southern Cross (Michael McDermott & Heather Horton) 10. Thrasher (Andy Hill & Renée Safier) 11. Wasted On The Way (Louis Ledford) 12. Tracks In The Dust (Mary Lee’s Corvette) 13. I’ll Be There For You (Jenai Huff) 14. Music Is Love (Ian McNabb).

Anche in questo caso, ci torniamo con calma, appena possibile.

Bruno Conti

 

 

Riuscirà Una Delle Migliori Band Sul Pianeta A Farsi Pubblicare I Propri Dischi? Hothouse Flowers -Goodnight Sun

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Hothouse Flowers – Goodnight Sun – 2CD Self Released

Ce l’abbiamo fatta! Non purtroppo a farlo pubblicare, quello no, ma almeno mi sono deciso a parlarne che è il primo passo verso una maggiore conoscenza di questa meravigliosa Band (almeno si spera) e di questo stupendo disco dal vivo.

Intanto due parole sugli Hothouse Flowers che in circa 25 anni di carriera (con alcune pause) si sono trasformati dalla “Best Unsigned Band In Europe” come li aveva definiti la rivista Rolling Stone nel lontano 1985 al “Miglior gruppo senza contratto nel mondo” di oggi. Considerevoli passi avanti direi. Quando apparvero, prima sulla scena irlandese e poi dovunque, con la loro eccitante miscela di rock, soul, gospel e musica celtica che in mancanza di un termine migliore definiremo Celtic Soul, nessuno si sarebbe aspettato che sarebbero diventati prima così famosi e poi sarebbero scomparsi in una sorta di oblio. Cinque album pubblicati nella prima fase, quella più gloriosa, con i fantastici People del 1988 e Home del 1990 che rimangono tra i dischi più belli pubblicati in quegli anni. Poi, dopo il Live del 1999 una lunga pausa che li porta alla pubblicazione dell’ottimo Into Your Heart nel 2004, l’ultimo album di studio del gruppo, pubblicato a livello indipendente dall’etichetta RubyMusic. Il leader e cantante Liam O Maonlai ha pubblicato un album solista intitolato Rian nel 2005 (in precedenza nel 1995 aveva dato vita agli ALT con Andy White e Tim Finn). Questo in breve e sulla carta la carriera di questo straordinario gruppo irlandese che negli anni ’80 duellava in popolarità con gli U2 almeno sulla scena irlandese e inglese, ma c’era posto per entrambi come erano soliti dire e in fondo Bono e soci erano quelli che avevano permesso loro di incidere i primi brani per l’etichetta Mother.

Ma i quattro irlandesi continuano a fare musica e che musica! Liam O Maonlai non ha perso una virgola della sua proverbiale carica, i loro concerti, per chi può assistervi, sono sempre dei piccoli eventi. Questa serata in particolare in quel di Kansas City, Missouri al Kansas City Irish Festival del 2009, anche per i loro standard, rimane uno dei punti più alti della loro carriera.

Sono 13 brani sparsi su 2CD (che potete trovare sul loro sito news.asp o, con grande fatica, anche in qualche negozio italiano, a prezzi elevati, ma vale ogni singolo centesimo dell’investimento) che ripercorrono il meglio della loro carriera più alcune covers fantastiche.

Le “danze” (é proprio il caso di dirlo) si aprono con una sinuosa versione di Santa Monica, un brano che coniuga il meglio della musica americana da highways con le melodie della musica irlandese, rock come se ne ascolta poco in giro, una sezione ritmica agile e inventiva, la chitarra di Fiachna O Braonain e il piano elettrico e la voce espressiva di Liam ti prendono per mano e ti portano sulle strade della California e del mondo, tra gli svolazzi soul delle armonie vocali del gruppo, una meraviglia tanto per cominciare, se proprio volete una pietra di paragone pensate al Van Morrison più rock di Wavelength (e il mitico Van The Man rimane sempre il punto di riferimento della musica degli Hothouse Flowers).

Ma il quartetto irlandese ama anche le proprie origini e spesso esegue in concerto struggenti arie popolari cantate in gaelico come la successiva Ar Bhruach na Laoi che si inserisce senza soluzione di continuità in una versione di I Can See Clearly Now (il pezzo reggae di Johnny Nash) che definire sontuosa è farle un torto, quasi dieci minuti di musica in crescendo e in apnea dove viene estratta ogni singola stilla di quanto di meglio ci si possa ascoltare dalla musica dal vivo, partecipazione del pubblico, melodie incredibili, una intensità quasi dolorosa tra i picchi e valli della canzone che rimane la versione di riferimento e inarrivabile di questo standard del rock. La parte centrale ti trascina e trasporta con una veemenza inarrestabile. Difficile fare della musica migliore.

Ma la successiva Forevermore è un altro piccolo gioiello di equilibri sonori, una canzone che è un inno alla speranza cantata con grande slancio da O Maonlai (forse i cognomi impronunciabili sono l’unica cosa negativa di questo complesso) e scivola su una base musicale quasi antemica, che è una caratteristica del sound della band, questa tendenza a fare della musica semplice ed epica al tempo stesso, caratteristica dei grandi talenti ma che non ha portato loro fortuna dopo l’innamoramento iniziale. Ovviamente il pubblico apprezza. Isn’nt It Amazing è una lunga ballata rock evocativa, ancora illuminata dalla chitarra di Fiachna e dal piano elettrico di Liam, che estrae dalle corde vocali una interpretazione struggente sorretto dall’urgenza della sezione ritmica che propelle il ritmo del brano con una costante accelerazione verso lidi rock’n’soul e tra delicate armonie vocali (tutte frutto del genio della band che sembra più numerosa dei quattro elementi che la compongono). In questo brano mi ricordano i momenti più epici di un altro grande e sfortunato complesso, i Waterboys di Mike Scott nel periodo della “Big Music” di This Is The Sea, altro grande musicista tra genio e sregolatezza, a livello musicale, a livello personale non mi permetterei mai di giudicare.

Be good è uno dei loro brani più celebri e anche orecchiabili, se volete, con un ritornello cantabile e un groove divertente e ritmato che fonde ancora una volta la migliore musica pop con il soul e la canzone d’autore in modo perfetto. Sweet Marie è uno dei momenti più intimi del concerto, una dolce canzone appoggiata su una chitarra acustica e sul piano acustico del leader che canta con grande impegno cercando di ricreare quei momenti catartici (mi è venuto così) tipici della musica del grande Van già citato in precedenza ( e che verrà a sua volta citato nella seconda parte del concerto con una pillollina di In The garden, da No Guru No method No teacher), e ci riesce anche. Semplicemente bellissima!

Il primo CD si conclude con un’altra meraviglia sonora che risponde al nome di Trying To Get Through, altri dieci minuti di goduria musicale (ma brani scarsi o mediocri non ce ne sono), un’altra perla di gospel profano in cui il rock e la musica soul si mescolano in modo inestricabile e divino.

Il secondo CD è composto solo da cinque brani ma che brani ragazzi! Si parte con l’intensa An Emotional Time dove Liam o Maonlai si cimenta anche in alcuni arditi falsetti sostenuto dalla slide di O Braonain per una ballata mid-tempo dalle atmosfere sognanti. Poi è party time! Si inizia con gli oltre tredici minuti della stupenda Your Love Goes, altro brano dal crescendo inarrestabile, punteggiato da una chitarra wah-wah malandrina e dalle imprenscindibili (sto esaurendo i vocaboli) armonie vocali. Fa la sua apparizione anche un flauto quasi da folk celtico che aggiunge un’aria paesana alle procedure musicali prima delle sciabolate rock della chitarra che illuminano la notte del Missouri. Anche nelle parole della band che potete trovare sul loro sito pare che quella sia stata una serata magica e irripetibile, fortunamente fermata su nastro (si diceva così una volta) per i posteri. Il finale call and response con il pubblico, in puro stile gospel, su disco probabilmente non rende l’eccitazione della musica ma almeno ci prova. Altri dodici minuti per le travolgenti arie celtiche e gaeliche della bellissima Si De Mhamo I, tra rock e musica popolare nella migliore tradizione della musica irlandese. Ancora un brano gaelico, lento e maestoso, Amhkran na Tra Baine che forse spezza un po’ i ritmi del concerto prima del gran finale con la profetica Don’t Go, oltre 16 minuti di pura gioia sonora per uno dei loro cavalli di battaglia, che mescola anche musica africana, ritmi cubani e tanto altro al melting pot caleidoscopico della musica degli Hothouse Flowers per un finale festoso e quasi infinito che conferma la loro incredibile ecletticità (a questo punto ho esaurito aggettivi ed avverbi per almeno 2 o 3 Post).

In due parole: “Una meraviglia”! Scusate il ritardo con cui ne ho parlato e confermo che si tratta di uno dei dischi dal vivo (e in assoluto) più belli del 2010 appena finito. Buona ricerca!

Bruno Conti