In Deciso Anticipo Ma…David Bromberg – Use Me – Uscita Ufficiale 12 Luglio

david bromberg.jpg

 

 

 

 

 

 

 

David Bromberg – Use Me – Appleseed Recordings/Ird

Ma…quale sarebbe il vantaggio di avere un Blog indipendente con Post giornalieri se non ne approfitti? E quindi anche se manca più di un mese alla uscita ufficiale del nuovo album di David Bromberg Use Me visto che per vari motivi ne posso parlare, parliamone!

Intanto il disco “aleggiava” nell’aria (e nel sito di Bromberg) già da tempo, insomma era atteso dagli addetti ai lavori.

brombg4.jpg

 

 

 

 

 

 

Esattamente 40 anni fa, nel 1971, usciva il primo disco omonimo del nostro amico (Columbia C 31104, proprio questo sopra) e poi in rapida successione altri tre grandissimi album sempre per la Cbs americana, Demon In Disguise nel 1972, Wanted Dead Or Alive nel 1974 e Midnight On The Water nel 1975. Album che sono stati tra i primi caposaldi di quella che allora non si chiamava ancora “Americana” o Roots Music ma in fondo lo era. Una fusione di rock, blues, folk, country (ma anche bluegrass e jazz) e musica da cantautore che seguiva l’esempio della Band, dei Little Feat, dei Grateful Dead meno lisergici e anticipava altri artisti che negli anni ’70 avrebbero frequentato questi percorsi.

Grande chitarrista elettrico ed acustico, ma anche violinista e ottimo al dobro, alla pedal steel e al mandolino. Sessionman con Dylan, George Harrison (che firmerà con Bromberg The Holdup presente nel disco di esordio), con Jerry Garcia, con Jerry Jeff Walker di cui riprenderà Mr. Bojangles in una delle più belle versioni in assoluto. Ma anche ottimo cantante, con quella sua voce particolare, sorniona, in grado di spaziare in tutti i generi rimanendo sempre sé stesso. Nella seconda metà degli anni ’70 passa alla Fantasy con cui esordirà con l’ottimo doppio How Late’ll Ya Play ‘Til?, metà in studio e metà dal vivo e poi ancora con Reckless Abandon, Bandit in Bathing Suit, My Own House, meno belli ma sempre di notevole spessore. Poi un paio di album a fine anni ’80, inizio ’90, Long Way From Here e Sideman Serenade e infine un lungo silenzio che faceva pensare ad un suo ritiro, interrotto da qualche antologia e disco d’archivio.

Nel 2007 esce per la Appleseed un nuovo album, Try One More Time, completamente acustico e tradizionale che ottiene anche una nomination ai 50esimi Grammy nella categoria Best Traditional Folk Album. E finalmente oggi (evidentemente ci ha ripreso gusto) esce questo Use Me che lo riporta ai fasti dei primi album. Undici brani con la partecipazione di alcuni musicisti straordinari che magari non vendono ma sono tra i migliori in circolazione.

Si parte con Tongue (l’unico brano firmato da Bromberg), la prima di due collaborazioni con Levon Helm (alla batteria per l’occasione), si prosegue alla grande con Ride On Out A Ways scritta appositamente per l’occasione da John Hiatt, uno di quei suoi tipici brani che Bromberg interpreta alla perfezione nello spirito dell’autore. Bring It With You When You Come è l’altro brano con Levon Helm e sembra uscito da un vecchio disco della Band, con Larry Campbell che produce. La caratteristica del disco è che il buon David si è recato nei vari studi degli ospiti sparsi per gli States e ha colto lo spirito della musica dei vari partecipanti.

E quindi il bluegrass di Tim O’Brien in Blue Is Fallen, il New Orleans Fonk nella “indiavolata” You Don’t Wanna Make Me Mad scritta per l’occasione da Dr.John che si esibisce anche, ovviamente, al piano e Bromberg che rispolvera per l’occasione la slide d’ordinanza. Ma anche dell’ottimo Blues nell’accoppiata con Keb Mo’ in Diggin’ In The Deep Blue Sea che è una rivisitazione scritta ai giorni nostri, in coppia con Gary Nicholson, del classico Texas Flood di Larry Davis.

Anche il duetto con i Los Lobos nel valzerone messicano The Long Goodbye è particolarmente ispirato. Cosi’ come il duello a colpi di solista con i Widespread Panic di Jimmy Herring nella jam chitarristica di Old Neighborood e Bromberg è ancora un grande al suo strumento. Ottimo anche il rendez-vous con una “vecchia amica” come Linda Ronstadt per la cover della soul ballad di Brook Benton It’s Just A Matter Of Time.

Poteva mancare il country primo amore? Se ti si presenta un certo Vince Gill con una nuova canzone scritta per l’occasione insieme a Guy Clark, Lookout Mountain Girl certo che no! Anzi gli lasci pure l’assolo di chitarra. Per concludere, un brano con i Butcher Brothers, una coppia di fratelli produttori di Philadelphia, Phil & Joe Nicolo, che spaziano da Bob Dylan ai Cypress Hill, per una cover morbida e melliflua del classico di Bill Withers, Use Me che dà il titolo all’album.

E voi (noi) dovrete aspettare più di un mese per ascoltare tutte queste meraviglie? Sono crudele ma non fino a questo punto, un uccellino mi ha sussurrato che il CD dovrebbe approdare nelle nostre lande, in netto anticipo sull’uscita ufficiale, nei prossimi giorni. Nell’attesa vi potete ascoltare questi brani dal suo sito useme02.html.

Bruno Conti

Giovani Talenti Crescono 2. Caitlin Rose – Own Side Now

caitlin rose own side now.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Caitlin Rose – Own Side Now – Names records

Come promesso eccoci qua a parlare di un altro debutto assai sfizioso. Come nel caso di Dylan LeBlanc siamo nel settore country e dintorni ma anche se il disco di Caitlin Rose è stato registrato in quel di Nashville siamo fortunamente ben lontani sia dal country più bieco che dal “pop country” adolescenziale di Taylor Swift, forse a causa della produzione a cura dell’ottimo Mark Nevers dei Lambchop.

L’età resta un mistero, varia dai 21 ai 23 anni (a giudicare dalle foto anche meno) a seconda delle fonti ma la voce è già “adulta”, cristallina e squillante, piena di coloriture che si erano già potute apprezzare nel primo EP Dead Flowers pubblicato all’inizio dell’anno. I primi paragoni, addirittura con Patsy Cline e una Stevie Nicks più country si sono sprecati, io aggiungerei la Linda Ronstadt dei dorati anni ’70 e tra i contemporanei la deliziosa Jenny Lewis da sola o con i Rilo Kiley (a proposito sta per uscire un disco nuovo come Jenny and Johnny).

Tornando a questo Own Side Now devo dire che i giudizi sono stati quasi unanimente positivi o molto positivi salvo che per il mio amato Mojo (che ultimamente comincia a perdere i colpi) che ha parlato di “opportunità sprecata”, ma mi sa che l’hanno sprecata loro. Gli altri in breve hanno così votato (poi dico il mio parere e i brani più interessanti): “La 21enne con la voce cristallina come una campana difficilmente sbaglia un passo” Uncut, 4 stellette, ” Il suo debutto supera abbondantemente le aspettative. Materiale affascinante” Q, 4 stellette, “La vulnerabilità nella voce di Caitlin suona vera come il rumore di una monetina inserita in un vecchio jukebox”, NME, 8/10. Disco della settimana per Sunday Times, Evening Standard, Independent, disco del giorno per la BBC e quattro stellette come piovesse per quasi tutti i giornali inglesi. In America non è ancora uscito.

Io non posso che accodarmi. Il disco è delizioso, le pedal steel ci sono e si sentono, come nell’iniziale Learnin’ to ride, unita a mandolini, chitarre acustiche a go-go, belle armonie vocali e quell’aria country indolente che solo chi ha classe sa instillare in un brano.

La voce è effettivamente molto matura per i suoi anni e mette il suo stampo su tutti i brani, come nella dolce Own Side dove il suono ricorda appunto quello della citata Patsy Cline, ma anche Linda Ronstadt, Maria Muldaur e Karla Bonoff che ad inizio anni ’70 proponevano questo stile che pescava dalla canzone d’auore, dal rock e dal country classico, ma anche dal suono weastcoastiano e californiano.

Un’altra che fa questo stile ai giorni nostri è la sopraffina Shelby Lynne, For The Rabbits avrebbe fatto il suo figurone in un disco dedicato a Dusty Springfield con il suo stacco di chitarra molto anni ’70, quell’organo vintage, gli archi e la voce disincantata e potente di Caitlin Rose che porge ogni nota con classe innata. watch?v=FeDcB5Q_Auk

Shangai Cigarettes ha un piglio country-rock quasi aggressivo e rocca e rolla con gusto con una seconda voce maschile di supporto che aggiunge vigore al sound e con una sequenza di brevi assoli di chitarra da parte dell’ottimo gruppo di musicisti che la accompagna.

New York City ha quel sapore classico anni ’40 – ’50 che trasudava anche da canzoni senza tempo come Midnight at the Oasis di Maria Muldaur mentre Spare me con pedal steel, armonica e chitarre twangy ha quell’atmosfera molto alla Nitty Gritty, quel country-rock senza tempo e un pizzico di swing alla Dire Straits, in ogni caso una piccola perla di equilibri sonori sempre cantata con quella voce superbamente naturale, non costruita.

Things change è un altro esempio di questo fare musica adulta che può piacere anche alle nuove generazioni riproponendo brani dove la qualità delle composizione va a braccetto con l’esecuzione vocale, precisa e perfetta e con arrangiamenti sempre diversi e complessi pur in una “falsa” semplicità di fondo, questa è pop music ma nel senso più nobile di “popolare”.

Il reparto cover è affidato ad una ripresa del brano That’s Alright dei Fleetwood Mac di Stevie Nicks che diventa un pezzo country-rock nello stile degli Eagles dei primi tempi mentre Sinful Wishing Well sembra addirittura quasi una di quelle ballate malinconiche dal repertorio di Lucinda Williams o Mary Chapin Carpenter.

La conclusione è affidata a Coming Up che dopo un inizio acustico e tranquillo con la classica pedal steel “piangente” improvvisamente si anima e si trasforma in una sorta di rvisitazione della vecchia Revolution dei Beatles, ma la #4 quella country dell’album Bianco, con tanto di chitarra elettrica con distorsore che non sentivo da quei tempi e la stessa atmosfera sonora.

Lo so è bieco, ma l’hanno detto in tanti fatelo dire anche a me, “Una nuova Rosa è sbocciata!”

Bruno Conti