Blues Come Ai “Vecchi” Tempi, Anche Troppo! Little G. Weevil – Moving

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Little G. Weevil – Moving – Apic/Vizztone

Comprendo ed approvo quei bluesmen che vanno alla ricerca delle radici della musica del diavolo, che so, una Rory Block o un John Hammond (ma anche quelli che se la schitarrano di brutto!), però mi sembra che in questo disco il buon Little G. Weevil abbia addirittura esagerato. Uno che all’anagrafe fa Gabor Szucs e viene dall’Ungheria, anche se è cittadino americano a tutti gli effetti, avendo sposato una ragazza di Atlanta, Georgia, dove vive, non può venirmi a dire nelle note del suo nuovo disco: “Sono innamorato del Blues crudo, vecchia scuola. Anche se ho iniziato elettrico (fino al 2011 su disco, NDB) mi ricordo ancora di quando ho acquistato per 75 dollari la mia prima chitarra a Memphis in un banco pegni” e aggiunge “Con questo disco ho voluto catturare ancora una volta il suono dei vecchi dischi, le registrazioni sul campo, dove sullo sfondo si sentiva un cane abbaiare, una sporta sbattere, una moto che passava…questa session è stata effettuata nel centro di Atlanta, dove Blindie Willie Mctell suonava per le piccole offerte dei passanti, in uno stanza 20×15, con solo un piccolo microfono al centro…e poi prosegue.

Ripeto, va bene l’autenticità, ma se per ottenere questo effetto volutamente distorci la tua voce in modo che sembri quella di un nero degli anni ’20, ma la chitarra si distingue alla perfezione, vai in solitaria solo canto, acustica, al limite con bottleneck, battito dei piedi per tenere il tempo, addirittura oscuri la tua foto in copertina per far sì che in controluce non si avverta il colore della tua pelle, tra il chiaro e lo scuro, valigia da emigrato in mano, mi sembra che sia troppo. Per sembrare Ray Charles uno si deve cavare gli occhi? O Solomon Burke, mangiarsi qualche bufalo intero per raggiungere quel peso? Ma poi lo diventi? Anche se viene dalla terra che ci ha dato Gabor Szabo, il nostro Gabor, pur avendo ricevuto la citazione come migliore nei Top 10 dei dischi Blues del 2012 della rivista Mojo e nel 2013 l’International Blues Challenge a Memphis, come miglior duo/solo performer, ha ottenuto questi ottimi risultati per un disco, The Teaser, uscito nel 2011, che era elettrico e vibrante, tra R&R e blues urbano e che forse, per chi scrive, non era il migliore di quell’anno (sarà stato perché il precedente era su etichetta King Mojo Records?) ma comunque un fior di disco.

Ora, per essere sinceri, perché è nella mia natura, e magari mi attiro l’ira dei puristi, devo ammettere che ascoltando questo disco qualche sbadiglio me lo sono fatto: ci sono anche due o tre brani dove è accompagnato da un trio, contrabbasso, armonica e batteria (notevole la conclusiva e poderosa Swing In The Middle, che ha qualcosa della grinta del grande John Lee Hooker, che Little G. Weevil cita tra le sue fonti di ispirazione), e la voce non è molto filtrata, ma la serie di brani originali firmati dallo stesso Little G. Weevil, a parte un traditional rivisitato, Let’s Talk It Over (Come On Baby), non a caso molto intenso, non mi sembra così straordinaria da superare un McTell o Robert Johnson, o Son House, Mississippi John Hurt, chi volete voi, e questo non lo fa nessuno, neanche nel rock, di essere originale e “nuovo” a tutti i costi, però mi sembra che in questo disco, peraltro consigliato se siete amanti del country blues acustico, si vuole invece essere “vecchi” a tutti i costi e non ci sia nulla di così straordinario, ma magari sbaglio io e ad altri piacerà moltissimo. Quindi un disco da tre stellette per addetti ai lavori, perché non è per nulla brutto, ma gli altri, se vogliono, possono anche astenersi. Vado a risentirmi qualche ristampa di Hendrix, ops,  Charley Patton!

Bruno Conti